
Alla fine dell'Ottocento, in anni di profonde lacerazioni all'interno dell'Opera dei Congressi, Giuseppe Toniolo matura il suo pensiero politico e affronta la questione più delicata dell'epoca, quella della democrazia e della sua accettazione da parte dei cattolici. E lo fa spostando l'attenzione sugli aspetti etico-sociali della teoria democratica, partendo da una visione dell'uomo e della storia, che a ragione giudicava il vero fulcro di tutte le dispute della modernità. Il suo obiettivo polemico è quel positivismo materialistico e meccanicistico che tanta fortuna ebbe in quegli anni. Le accuse di scarso realismo, ancorché comprensibili alla luce della successiva evoluzione in senso istituzionale del pensiero democratico-cristiano, non potevano negare la validità del suo contributo. La sua è una vera e propria metafisica della democrazia, una coerente teoria dell'obbligazione politica e della legittimazione dell'ordinamento civile in chiave teleologica.
Questo libro è un viaggio senza ritorno nei gironi infernali della storia italiana più recente. Racconta infatti quarant’anni di relazioni segrete, occulte e inconfessabili, tra politica e criminalità mafiosa, tra Stato e Cosa nostra. Perno della narrazione è la vicenda di Vito Ciancimino, “don Vito da Corleone”, uno dei protagonisti assoluti della vita pubblica siciliana e nazionale del secondo dopoguerra, personaggio discutibile e discusso, amico personale di Bernardo Provenzano, già potentissimo assessore ai Lavori pubblici di Palermo, per una breve stagione sindaco della città, per decenni snodo cruciale di tutte le trame nascoste a cavallo tra mafia, istituzioni, affari e servizi segreti.
A squarciare il velo sui misteri di “don Vito” è oggi un testimone d’eccezione: Massimo, il penultimo dei suoi cinque figli, quello che per anni gli è stato più vicino e lo ha accompagnato attraverso innumerevoli traversie e situazioni pericolose. Il suo racconto – che il libro riporta per la prima volta in presa diretta, senza mediazioni, arricchito dalla riproduzione di documenti originali e fotografie – riscrive pagine fondamentali della nostra storia: il “sacco di Palermo”, la nascita di Milano 2, Calvi e lo Ior, Salvo Lima e la corrente andreottiana in Sicilia, le stragi del ’92, la “Trattativa” tra pezzi dello Stato e Cosa nostra, la cattura di Totò Riina, le protezioni godute da Provenzano, la fondazione di Forza Italia e il ruolo di Marcello Dell’Utri, la perenne e inquietante presenza dei servizi segreti in ogni passaggio importante della storia del nostro paese. Attualmente la testimonianza di Massimo Ciancimino è vagliata con la massima attenzione da cinque Procure italiane e non è possibile anticipare sentenze. Non c’è dubbio però che i fatti e i misfatti qui raccontati arrivino dritti al “cuore marcio” del nostro Stato, accompagnandoci in una vera e propria epopea politico-criminale che per troppo tempo le ipocrisie e le compromissioni hanno mantenuto nascosta.
Un club esclusivo di poche migliaia di persone, non elette democraticamente, che decide i destini di intere popolazioni, in grado di manipolare i mercati finanziari e di imporsi sulla politica e sugli Stati. Chi sono, come agiscono e quali obiettivi hanno i banchieri - i famigerati bankster - che guidano i giochi delle banche centrali e vivono sulle spalle della classe media e dei ceti più poveri? Il libro di Ciarrocca riesce a mappare il genoma della finanza mondiale attraverso la rete di società finanziarie e industriali che di fatto controllano l'economia mondiale, e ne denuncia la pericolosità. Ecco come i grandi istituti commerciali azionisti delle banche centrali, innanzitutto la Federal Reserve e la Bce, riescono a veicolare le informazioni e a tirare le fila del capitalismo mondiale. Il prezzo di materie prime, azioni, obbligazioni, valute, non è frutto di una contrattazione libera, quella è solo una messa in scena. La realtà è ben diversa: sono i bankster a condurre il gregge dei piccoli risparmiatori e dei contribuenti, complici le agenzie specializzate come Moody's e Standard & Poor's e i governi loro alleati, pronti a scaricare sulla collettività il peso delle crisi e l'onere di generare nuovo cash. Come uscirne? La proposta c'è, e l'autore ce la illustra. I cittadini sarebbero finalmente svincolati dai diktat della finanza, e i governi non dovrebbero più cedere il potere di creare moneta. Una rivoluzione dalla parte della gente che lavora e dell'economia reale.
Fabrizio Cicchitto, vicepresidente del gruppo parlamentare di Forza Italia e membro della commissione d'inchiesta sul "Dossier Mitrokhin", fa rivivere in queste pagine gli episodi salienti della nostra storia repubblicana, dalla guerra civile del 1943-45 ai giorni nostri, passando per il dopoguerra, gli anni di piombo, la lotta alla mafia, Tangentopoli. Indagando sulle motivazioni che hanno portato in Italia all'attuale situazione di tensione tra potere politico e giudiziario, Cicchitto ci racconta una vicenda lunga sessant'anni in cui, passando dagli stabilimenti della Fiat alle aule dei tribunali, dalla Banca d'ltalia agli uffici dei partiti della Prima e della Seconda Repubblica, sfilano personaggi del calibro di Agnelli, Andreotti, Falcone, Cuccia...
La storia italiana è caratterizzata da una serie di anomalie che ne hanno influenzato il corso. Tra queste, la politicizzazione di una parte della magistratura, che ha causato una crisi dello Stato di diritto e alimentato una conflittualità permanente tra gli organi costituzionali; la forte presenza della criminalità organizzata; il delicato ruolo geopolitico dell'Italia nel Mediterraneo; la collusione fra il capitalismo privato e lo Stato che ha prodotto il sistema di Tangentopoli; la catena di attentati dal 1969 al 1974 e l'esplosione del terrorismo di destra e di sinistra, con il conseguente "attacco al cuore dello Stato" avvenuto con l'assassinio di Moro. Ma la maggiore anomalia del nostro sistema politico rimane l'esistenza - fino alla caduta del muro di Berlino - del più grande partito comunista d'Occidente, che ha condizionato in modo determinante anche le formazioni politiche nate da quell'esperienza e che a quella tradizione si sono costantemente richiamate (PDS, DS e parte del PD). Questa è "la linea rossa" che ha attraversato la vicenda politica, sociale e culturale dell'Italia. In un grande affresco, Fabrizio Cicchitto ripercorre la storia del PCI e della sinistra post-comunista, dalle origini a oggi, analizzando le ragioni di un fenomeno tutto italiano: le figure di Gramsci, Togliatti e Berlinguer sono oggetto di una ricostruzione minuziosa, volta smontare i miti che la sinistra ha edificato grazie a un predominio incontrastato in vasti settori della cultura.
Fabrizio Cicchitto, vicepresidente del gruppo parlamentare di Forza Italia e membro della commissione d'inchiesta sul "Dossier Mitrokhin", fa rivivere in queste pagine gli episodi salienti della nostra storia repubblicana, dalla guerra civile del 1943-45 ai giorni nostri, passando per il dopoguerra, gli anni di piombo, la lotta alla mafia, Tangentopoli. Indagando sulle motivazioni che hanno portato in Italia all'attuale situazione di tensione tra potere politico e giudiziario, Cicchitto ci racconta una vicenda lunga sessant'anni in cui, passando dagli stabilimenti della Fiat alle aule dei tribunali, dalla Banca d'ltalia agli uffici dei partiti della Prima e della Seconda Repubblica, sfilano personaggi del calibro di Agnelli, Andreotti, Falcone, Cuccia...
Cosa lega la mafia alla 'ndrangheta e alla camorra? Si tratta solo di atteggiamenti culturali o di vere o proprie organizzazioni con tanto di gerarchle, cerimonie di affiliazioni, regolamenti interni ecc. ? Questo libro di Enzo Ciconte ricostruisce la storia delle tre più potenti organizzazioni criminali italiane (senza tuttavia tralasciare le altre) dimostrando come vi siano alla base dei caratteri comuni che consentono di considerarle come un unico fenomeno che si esplia secondo modalità e forme diverse.
«In Piemonte, prima che in Lombardia, la 'ndrangheta ha cercato contatti con il mondo della politica perché ha un disegno organico di conquista di questa regione. Potrebbe imitarsi a fare riciclaggio e invece lavora per entrare nei palazzi. Questo perché vuole stabilizzarsi in questi territori e per farlo ha bisogno di potere».
Uscirà domani in tutte le librerie d'Italia «Politici (e) malandrini», (Rubbettino), l'ultimo di 18 libri di Enzo Ciconte, 65 anni, storico delle mafie laureato in Lettere a Torino, docente a Roma Tre e l'Aquila, che ha dedicato un intero capitolo al Piemonte. Dal caso «Domodossola» negli anni Ottanta a "Minotauro, passando per Cuorgnè l'amarcord di contatti scomodi tra alcuni esponenti di partito e quella che poi si sarebbe rivelata la criminalità calabrese, racconta l'escalation dei tentativi della 'ndrangheta di avvicinare le istituzioni. Partiamo dall'inizio. Perché la 'ndrangheta ha interesse per la politica?
«Non certo per difenderne gli ideali, ma perché ritiene sia la via più facile per varcare il portone di accesso ai lavori pubblici e agli appalti» Quando si registrano in Piemonte i primi contatti tra affiliati e rappresentanti di partiti?
«Il rapporto divenne visibile a metà degli anni Ottanta. In Val d'Ossola ci fu la progressiva occupazione del Psi. Ci riuscirono facendo iscrivere in massa dei corregionali ignari delle finalità di quell'iscrizione. Erano soltanto una massa di manovra, pedine inconsapevoli. Già allora la 'ndrangheta aveva in testa un progetto politico».
Poi cita Bardonecchia. Un caso unico. Perchè?
«Bardonecchia è il primo caso di scioglimento di un Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose al di fuori dei confini calabresi. Una decisione senza precedenti in una cittadina in cui ci sono stati investimenti miliardari. Con il cosiddetto racket delle braccia Rocco Lo Presti creò una base elettorale che garantì voti al sindaco di allora, ma anche ad altri politici...».
E arriviamo ai giorni nostri, a Minotauro.
«Il vostro giornale ha fatto un titolo efficacissimo: la mafia nel tinello di casa. Qui la 'ndrangheta diventa più invasiva nel cercare rapporti con la politica rispetto al passato. Adesso c'è un atteggiamento di avvicinamento sistemico, aggressivo. I casi sono tanti e si sono svolti con modalità diverse tra di loro. I politici - che non sono indagati hanno detto di non sapere di avere a che fare con 'ndranghetisti. Dicono di aver agito in buona fede, ma il problema resta il ritardo con cui i partiti affrontano il problema delle preferenze e dei voti».
Si spieghi meglio. Cosa intende dicendo che il problema sono le preferenze?
«Non è accettabile che in nome del consenso tu chieda voti a qualcuno senza sapere il bacino da cui li attinge. Se lasci briglia sciolta in nome di un appoggio elettorale, finisci con il trovarti tra i piedi questi personaggi, anche inconsapevolmente. Nel caso in cui chiedi appoggio a una personalità conosciuta è chiaro che quella sposterà un voto d'opinione, ma se non è cosi devi essere sicuro da dove provengono quei voti. Devi accertarti che siano limpidi, trasparenti. E questo lo dico per il bene del Piemonte».
Niccolò Machiavelli è considerato uno dei più grandi teorici della ragione politica. In effetti è straordinaria la capacità con cui analizza le situazioni, i rapporti di forza, le alternative. Ma non è solo questo. È anche un visionario capace di sporgersi oltre le barriere dei canoni consueti, di vedere al di là delle situazioni di fatto, di proporre soluzioni 'eccessive', straordinarie: appunto, «pazze». Non per nulla gli amici gli attribuiscono capacità profetiche, cioè di prevedere cosa sarebbe, infine, accaduto. Machiavelli condivide naturalmente il giudizio sulla pazzia come mancanza di senso della realtà, stravaganza, addirittura idiozia: fare le cose «alla pazzeresca», come dice nella Mandragola, gli è completamente estraneo. La 'pazzia', però, può essere anche un'altra cosa: capacità di contrapporsi alle opinioni correnti, di rischiare il tutto per tutto inerpicandosi sul crinale che divide la vita dalla morte, di combattere affinché le ragioni della vita - cioè della politica, dello Stato - possano prevalere sulle forze della crisi, della degenerazione, pur sapendo che sarà infine la morte a prevalere sulla vita, perché questo è il destino di ogni cosa. Realismo e 'pazzia': è in questa tensione mai risolta che sta il carattere non comune, anzi eccezionale, dell'esperienza di Machiavelli rispetto ai suoi contemporanei. Una pazzia totalmente laica e mondana, senza alcun contatto con la follia cristiana di Erasmo.
In un dialogo coinvolgente, dai toni appassionati e forti, don Luigi Ciotti (prete "antimafia" per antonomasia) e Nichi Vendola (politico scomodo e di frontiera) confrontano le loro esperienze di lotta alla criminalità organizzata e indicano un percorso di riscatto. Quello che emerge è un bisogno di cittadinanza consapevole e attiva, un'urgenza di legalità. È un libro a tratti duro, che interroga la coscienza di ognuno e richiama con forza ai doveri civili.
"Ambizione di questo libro è contribuire a una visione d'insieme degli eventi politici ed economici che si sono intrecciati negli ultimi cinquanta anni e che, pur con diverse sembianze, sono sempre finiti per sfociare in crisi economiche. Non si può comprendere la crisi da petrolio del 1974 senza parlare della guerra del Vietnam e delle tensioni in Medio Oriente. Analogamente, la bolla finanziaria globale del 2008 è intimamente legata alle modalità con cui si è entrati in guerra contro il terrorismo internazionale. Non si possono immaginare scenari di economia stabili con politiche internazionali di scontro militare. Evidenziare i legami tra economia e politica, esplicitare la concatenazione degli eventi, tentare di capire dove va il mondo e quali potrebbero essere le prossime crisi globali, se si continua per questa strada, sono gli obiettivi di questo libro. La storia è una variabile che spiega molto degli eventi che viviamo. Purtroppo abbiamo tendenza a dimenticare troppo facilmente quello che è successo, così ripetiamo gli stessi errori convinti di fare cose nuove. Con il rischio che, alla fine, il mondo sprofondi nell'egoismo e nella voglia di nazionalismo che ogni tanto riemerge dalle ceneri dell'intelligenza umana. Anche di questo si parlerà, come un futuro da dimenticare".
Un saggio che per la prima volta affronta la crisi che attanaglia la citta` eterna con metodologie innovative per la politica romana in grado di svegliare il gigante che dorme da oltre un decennio. Scrive Innocenzo Cipolletta nella prefazione: “Cipollini avanza diverse critiche a quello che oggi è Roma, ma sa che questa città non ha solo una grande storia ma anche un grande futuro che aspetta solo di essere avviato. Come? Cipollini risponde con un approccio che coniughi la politica con il management. Lascio volentieri al lettore di scoprire cosa si intende per un mix tra politica e management, ricordando che Cipollini è un esperto di management e, con generosità, ha riversato questa esperienza nelle problematiche di gestione di una città”. L'autore nel libro esplora e approfondisce la conoscenza della situazione attuale, propone tecniche per affrontare la complessità della città e individua le priorità da cui ripartire per fare di Roma una capitale moderna. Un nuovo sistema di governo per superare i vecchi approcci che non sono piu` in grado di cambiare il volto della citta` e le sue varie realtà sociali ed economiche. Con il coraggio e la responsabilità del cambiamento e l'obiettivo del bene comune.
Claudio Cipollini è un manager esperto nelle tematiche dell'innovazione dello sviluppo locale maturate in Italia e all'estero in grandi gruppi imprenditoriali pubblici e nel privato. Dopo la laurea in architettura con lode e il diploma in gestione e amministrazione aziendale è stato tra l'altro responsabile ambiente e direttore per l'innovazione a Bonifica (Iri-Italstat), direttore della valorizzazione del patrimonio a Ferrovie dello Stato Italiane, direttore generale di Metropolis (FS Italiane), di MediaCamere e ReteCamere (Camere di Commercio) e di Amam (Comune di Messina) e direttore dell'European Business Promotion Center (Shanghai, Cina). Attualmente sta gestendo l'avvio di alcune start up d'imprese e di volontariato. È stato professore a contratto sulle tematiche del non profit e della responsabilità sociale d'impresa alla Sapienza, Università di Roma. Ha pubblicato, oltre vari articoli e contributi, La Mano Complessa - Condivisione e collaborazione per la gestione dei territori (2011 ETS); L'innovazione integrata - Imprese e amministrazione pubblica: nuovi paradigmi digitali per un progresso sostenibile (2012 Maggioli). Ha ideato e diretto la prima rivista italiana sulla progettazione ambientale VIA progettare nell'ambiente.

