
La democrazia diretta invocata dai populisti rischia di sfociare nella dittatura della maggioranza. Il peggiore nemico del populismo sono i corpi intermedi della cosiddetta società civile: associazioni, partiti, sindacati, autorità indipendenti, amministrazioni pubbliche. La lucida analisi di una questione essenziale per il futuro del nostro mondo, e una proposta concreta sul tema dell'immigrazione.
La disoccupazione è calata negli ultimi dieci anni, ma gli italiani sono insoddisfatti: i loro salari sono più bassi della media europea ed è sempre più difficile entrare nel mercato del lavoro dalla porta principale. Soltanto uno su dieci riesce a trasformare il contratto a tempo definito in un'assunzione a tempo indeterminato. Se poi perdi il lavoro e non appartieni a una grande impresa nessuno ti aiuta. E allora, cosa fare contro la precarietà? I rimedi ci sono: contratto unico senza scadenza per tutti i lavoratori e con tutele gradualmente crescenti. Occorre anche un salario minimo e riformare gli ammortizzatori sociali. Sarà così possibile rilanciare il lavoro e aiutare i giovani, le donne e i disoccupati di tutte le età, smettendo di sostenere solo chi è dentro il mercato. A costo zero per il contribuente. Ma perché nessun governo finora lo ha fatto?
"Siamo chiamati a reinventare noi stessi in quanto specie", si legge in questo saggio scritto dal brasiliano Leonardo Boff, ex francescano, riconosciuto a livello mondiale come uno dei massimi esponenti della teologia della liberazione, e dal ricercatore e educatore statunitense Mark Hathaway. Il compito non è certo facile, ma per "liberazione", suggeriscono gli autori, va inteso un cambiamento radicale della coscienza umana. A occupare la scena è la crisi odierna, una società "spiritualmente" malata, ossessionata dalla crescita e dal consumo materiale, attaccata a valori che hanno portato al progressivo saccheggio delle risorse e all'aumento delle disuguaglianze. La grande sfida del XXI secolo è allora quella di invertire rotta, operando una trasformazione che sia allo stesso tempo individuale e collettiva. Come? Gli autori tracciano un cammino di guarigione - Tao è l'antico termine cinese per "via" - cercando il punto di intersezione tra la tradizione cattolica e quella orientale. Non solo, la rinascita spirituale che invocano si nutre dell'apporto di psicologia e fisica quantistica, femminismo e cosmologia, economia ed evoluzionismo. Solo incrociando le prospettive di scienze, religioni e saggezze antiche si può produrre una rivoluzione della percezione, il preludio al cambiamento delle nostre abitudini.
Uno studente universitario e una professoressa discutono, in un 'dialogo socratico', del populismo. I chiostri dell'Università Cattolica di Milano fanno da sfondo al loro intenso scambio di idee, in cui si avvicendano argomenti storici, economici, sociologici, politici nel tentativo di circoscrivere un fenomeno che si rivela sfuggente. Ideologia 'sottile', capace di combinarsi con altre ideologie 'piene' come il socialismo, il liberalismo o il nazionalismo, il populismo ha un'ampia dimensione storica (se ne trovano tracce in molte epoche, da Giulio Cesare in poi) e geografica (dal Sud America all'Europa). Spesso ha rasentato il totalitarismo e mantiene sempre un rapporto conflittuale con le democrazie rappresentative. Diversi sono i 'fattori di domanda' che spingono la gente a richiedere politiche di protezione (globalizzazione, diseguaglianze, crisi del welfare, flussi migratori), così come i 'fattori di offerta' che stimolano la nascita di leader carismatici, movimenti e partiti populisti. Il libro li affronta affidando al personaggio dello Studente le domande che tutti vorremmo porre sull'argomento e alla Prof il compito di spiegare con rigore scientifico ma insieme con disponibilità e passione civile questo fenomeno sempre più rilevante nella politica di oggi.
Quando Laura Boldrini giunge a Montecitorio e diventa la terza donna a presiedere la Camera dei deputati, appare subito come un presidente anomalo. Lei, che si è occupata per anni di diritti umani, di conflitti, di rifugiati e migranti, vuole aprire un dibattito sulle grandi questioni della società, e trasformare il Parlamento nella "casa della buona politica". E la buona politica è fatta di giustizia civile e sociale, di riconoscimento della dignità, di restituzione della speranza a chi sembra averla perduta. Raccontando dall'interno l'istituzione di cui ha accettato di mettersi al servizio, Laura Boldrini conferma la volontà di farla divenire anche il luogo di una nuova cittadinanza, dimostrando che la rotta può essere invertita.
Il libro affronta il tema dell'identità europea alla luce dei recenti processi migratori. A partire dalla diffusa domanda di "identità" che segna lo scenario socio-culturale contemporaneo, i diversi contributi del volume mettono a fuoco il problema dell'esistenza e del senso dell'identità europea, analizzando il profilo sociologico, filosofico e giuridico delle nuove dinamiche sociali. Quest'ultime non richiedono solo l'approntamento di politiche migratorie criticamente avvertite, ma impongono un radicale ripensamento delle tradizionali categorie filosofico-giuridiche. In una prospettiva futura si tratterà di comprendere se l'Europa avrà ancora un ruolo decisivo a livello planetario e, in tal caso, quale configurazione essa assumerà senza rinunciare al suo originale patrimonio di civiltà.
Il volume propone una riflessione sul rapporto tra la guerra e la politica, dal momento che mai una guerra è nata per caso o per follia ma sempre come l'esasperazione parossistica di una concezione della politica, e il suo scoppio è la prova di un fallimento dei rapporti tra gli Stati. La guerra è politica, ma la politica non è soltanto guerra. Guardando alla storia, sia remota sia recente, si noterà che, pur cambiando le strategie militari, le dottrine diplomatiche, le istituzioni internazionali, le pubbliche opinioni e i valori, le guerre restano sempre uguali, nella ripetitiva e inutile banalità del combattere e uccidere, dove distruzione e rovine non distinguono vincitori da vinti. L'autore ne conclude che, tra gli straordinari progressi conseguiti dall'umanità nella sua storia, finora è mancato quello di abolire la guerra.
Cos'è la guerra? Come la si fa? Perché la si fa? Una ricostruzione della guerra in tutte le sue dimensioni: antropologica, strategica, storiografica, filosofica. Luigi Bonanate insegna Relazioni internazionali presso la facoltà di Scienze politiche dell'Università di Torino.
«Ma che sono queste relazioni internazionali? Non ce ne interessiamo tutti i giorni, ma lo scoppio di una guerra o un terribile attentato possono catturare la nostra attenzione e non liberarla più per giorni o mesi e anni. Ecco dunque a che cosa dovrebbe servire l’insegnamento delle relazioni internazionali: a creare una sensibilità diffusa e condivisa nei confronti della portata dei problemi che affronta.»
Luigi Bonanate spiega una disciplina imprescindibile per comprendere i fatti del mondo.
Indice
I. Il mappamondo - II. La costituzione della disciplina - III. Alla ricerca di una società internazionale - IV. La disciplina nei suoi diversi «stati» - Considerazioni conclusive - Bibliografia - Indice dei nomi - Indice analitico
Le sempre più frequenti criticità della politica internazionale contemporanea sono dovute in parte al superamento dei modelli politici tradizionali sovranità, legittimità, ingerenza - e in parte al declino dei principi di ordine politico che avevano dominato il Novecento. Grandi discontinuità come la fine del bipolarismo e l'attacco alle Torri gemelle dell'11 settembre 2001 ci hanno offerto l'occasione - che purtroppo la politica non ha saputo cogliere - per riflettere sulle trasformazioni in corso nel mondo, che superano le tradizionali logiche diplomatiche e che vertono piuttosto sull'individuazione del futuro prossimo della Terra. Nel libro si argomenta che l'anarchia che si sta sviluppando nel mondo potrà essere contrastata soltanto se in esso aumenterà la quantità di democrazia.
L’articolo 11 reca una importante e nobile direttiva, perché sceglie per l’Italia una vera e propria, nonché totale, astensione dalla guerra, di qualsiasi tipo, fuorché ovviamente la legittima difesa. Frutto di un accordo largamente consensuale tra le forze politiche del tempo, questo articolo venne ben presto a trovarsi in contrapposizione con alcune decisioni dei governi del Dopoguerra, in particolare l’adesione al Patto atlantico e al dispositivo militare dell’articolo 5 del Trattato nato. Negli anni, il dibattito scientifico e politico sulla reale portata e sui limiti della dichiarazione di intenti in esso contenuti è stato vivacissimo. La rinuncia alla guerra è totale e doverosa, ciononostante molti sono stati i casi in cui si è cercato di aggirare il dettato dell’articolo 11, avanzando dubbi sulla sua applicabilità.
Il volume fa parte della serie Costituzione italiana:i Principi fondamentali diretta da Pietro Costa e Mariuccia Salvati.
Perché leggere la Costituzione italiana? E perché viene così spesso evocata nei dibattiti politici e citata sulle pagine dei giornali, a volte senza neanche essere ben conosciuta? Che cos'hanno di speciale i dodici articoli con cui si apre? I principi e i diritti fondamentali che vi sono enunciati sono viva realtà? Nel settantesimo anniversario della sua nascita, una serie di brevi volumi illustra la straordinaria ricchezza di motivi e implicazioni racchiusa nei principi fondamentali della nostra Costituzione ricostruendone la genesi ideale, ripercorrendo le tensioni del dibattito costituente, interrogandosi sulla loro effettiva applicazione e attualità.