
Il problema del potere riproduce le dispense del corso di "Scienza della politica" che Norberto Bobbio tenne nell'Università di Torino nel 1966. Un nuovo (e pionieristico) campo di indagine per il filosofo del diritto, che tuttavia rappresenta per certi versi un approdo quasi naturale nel suo itinerario: non solo per gli studi sui teorici dell'elitismo che egli aveva avviato già dalla fine degli anni Cinquanta, ma anche per gli esiti della sua teoria giuridica, giunta a mettere in discussione la chiusura del sistema kelseniano e a guardare, oltre la Norma fondamentale, verso il territorio in cui il diritto incontra il potere. Da questo momento in poi Bobbio ripeterà numerose volte la fortunata formula secondo la quale «diritto e potere sono due facce della stessa medaglia», sintetizzando efficacemente la convinzione che ispirerà tutta la sua successiva riflessione giuridica e politica: lo studio del diritto non può non implicare la riflessione sul potere, e viceversa.
"Il Dizionario di Politica è un'opera importante, unica nel suo genere, non soltanto in Italia, ma anche all'estero dove è stato apprezzato e tradotto. Rigoroso nelle definizioni, articolato e convincente nella trattazione dei termini politici, questo Dizionario, opportunamente rivisto e aggiornato, è uno strumento istruttivo, utile per gli studenti, per i docenti e sicuramente anche per tutti coloro che di politica vogliono saperne meglio e di più."
"Il Dizionario di Politica è un'opera importante, unica nel suo genere, non soltanto in Italia, ma anche all'estero dove è stato apprezzato e tradotto. Rigoroso nelle definizioni, articolato e convincente nella trattazione dei termini politici, questo Dizionario, opportunamente rivisto e aggiornato, è uno strumento istruttivo, utile per gli studenti, per i docenti e sicuramente anche per tutti coloro che di politica vogliono saperne meglio e di più."
Un dialogo fra due studiosi diversi per età e formazione, uniti dalla passione civile e dalla preoccupazione per il futuro della nostra Repubblica. Norberto Bobbio e Maurizio Viroli discutono i grandi temi politici - l'amore per la patria, la libertà, la corruzione, i diritti e i doveri - e si pongono domande sulla fede religiosa, sul significato della vita e della storia e sulle ragioni e i limiti dell'etica laica.
Un dialogo fra due studiosi diversi per età e formazione, uniti dalla passione civile e dalla preoccupazione per il futuro della nostra Repubblica. Norberto Bobbio e Maurizio Viroli discutono i grandi temi politici - l'amore per la patria, la libertà, la corruzione, i diritti e i doveri - e si pongono domande sulla fede religiosa, sul significato della vita e della storia e sulle ragioni e i limiti dell'etica laica.
In "Piccolo Cesare" aveva analizzato la figura e le ambizioni di grandezza di Silvio Berlusconi; in "Basso Impero" si era concentrato sul maldestro e violento Impero americano di George W. Bush. In questo volume Giorgio Bocca denuncia la società italiana e la sua crescente e passiva accettazione del "regime" berlusconiano. Il giornalista vede il risorgere del pericolo autoritario proprio nell'atteggiamento rassegnato e cinico diffuso anche tra coloro che non si riconoscono nel progetto di smantellamento della Costituzione, della giustizia e della solidarietà sociale perseguito, a suo parere, dalla Destra.
In breve
“Perché gli italiani temono un ritorno a qualcosa di molto simile al fascismo? Perché si conoscono, perché dai rapporti di ogni giorno con il loro prossimo sanno di essere una somma di piccoli autoritari in potenza.” Giorgio Bocca racconta il nostro Annus Horribilis con la veemenza e l’intransigenza di cui può essere capace solo un grande “antitaliano” come lui.
Il libro
La crisi economica e l’autoritarismo strisciante, il circo berlusconiano e il discredito internazionale. Il suicidio della sinistra e il ritorno dei fascisti. L’Italia delle ronde e l’Italia dei respingimenti. Il 2009 sarà ricordato come un anno nero della nostra storia. Un anno in cui molti nodi sono venuti al pettine, tutti insieme, e ci hanno riconsegnato un paese stanco, involgarito, ripiegato su se stesso e sui suoi atavici difetti.
Giorgio Bocca racconta il nostro Annus Horribilis con la veemenza e l’intransigenza di cui può essere capace solo un grande “antitaliano” come lui. La sua è un appassionato j’accuse contro i mali apparentemente inestirpabili della nostra vita pubblica: il trasformismo, l’opportunismo, la memoria corta, la furberia diffusa, l’impunità, l’ossequio al potente di turno.
Almeno due generazioni di italiani non hanno un ricordo di Palmiro Togliatti da vivo. Sono passati cinquant'anni dalla sua morte e di Togliatti è sopravvissuta forse un'immagine di uomo freddo, scostante, che portava occhiali da professore, un intellettuale avaro nei sentimenti, un politico scaltro e cinico, troppo filosovietico e ortodosso per ispirare o appassionare. Ma bisogna allora spiegare perché l'Italia proletaria fu pronta all'insurrezione armata quando si attentò alla sua vita, e perché milioni di italiani di ogni ceto ebbero il sentimento, nel giorno della sua morte, che con lui se ne andava uno dei padri della Repubblica. "Quegli incredibili funerali! Un milione di persone al seguito del feretro, gente arrivata da ogni parte d'Italia, comunisti e non comunisti, gente che ha preso il primo treno, il primo aereo per vederlo l'ultima volta nella camera ardente, gente che saluta con il pugno chiuso o chinando il capo, o segnandosi con la croce, donne e uomini in lacrime come se piangessero un loro padre. Ma l'uomo che è morto non è colui che ha sempre ritenuto la politica cosa troppo importante per lasciarla fare alla gente semplice? Che cosa è che gli italiani piangono in quell'uomo?" Giorgio Bocca tentò nel 1973 di rispondere a queste domande: anche solo osare occuparsi di Togliatti per un giornalista (non uno storico) non comunista significava esporsi a critiche e attacchi di ogni tipo. Prefazione di Luciano Canfora.
Il fenomeno-Berlusconi è il segnale di un'involuzione politica più generale, di una degenerazione della democrazia che coinvolge non solo l'Italia, ma tutto il mondo occidentale. Mentre alcuni aspetti del fenomeno possono apparire folcloristici, altri non lo sono affatto, e sono anzi l'anticamera di una qualche forma postdemocratica di società: ne sono un esempio il governare, secondo il giornalista, esclusivamente per i propri interessi, l'uso sistematico della menzogna, la demonizzazione degli avversari, lo screditamento di tutte le istituzioni, la furia di produrre a ogni costo leggi nuove che eliminino le tracce del sistema precedente.
Da questo racconto, rigorosamente fondato su fatti e notizie rimasti finora insabbiati, prende vita l'esperienza collettiva degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, quando la democrazia italiana fu messa a dura prova dai terrorismi nero e rosso.
Vi siete chiesti perché esiste la giornata nazionale della stipsi? O quella dedicata alla timidezza? Ci fanno sentire costantemente malati, così le aziende incassano miliardi vendendo farmaci inutili. Tutto è business nello sgangherato mondo della sanità italiana. Sono un affare gli anziani: spuntano dovunque residenze assistenziali abusive che sembrano "lager", e il ministero non sa nemmeno quante siano. Sono un affare le mamme: vengono convinte a fare decine di esami inutili e a partorire con il cesareo, così le Asl guadagnano di più. Ci sono policlinici dove gli universitari si spacciano per specialisti, e ci sono ospedali minuscoli senza pazienti, che però restano aperti solo per assicurare il posto (e lo stipendio) ai primari. E poi, tangenti sui grandi appalti, malaffare tra dirigenti, case farmaceutiche che schedano i dottori per corromperli, valvole aortiche che costano il triplo del normale. Tutto, sempre, sulla nostra pelle. L'articolo 32 della Costituzione, "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti", è una bugia. Non vale più. Non per tutti, almeno. La verità è che lo Stato non riesce più a garantire la nostra salute. Nonostante spenda 114 miliardi di euro all'anno in sanità, 2 milioni di italiani non possono accedere alle cure pubbliche. Esodati per colpa di ticket diventati troppo cari a causa dei debiti accumulati da amministratori scellerati.
"Lo Stato liberale secolarizzato vive di presupposti che non è in grado di garantire." Questa celebre tesi costituisce il centro del percorso intellettuale di Böckenförde, che spazia dal pensiero politico alla dottrina della costruzione, dalla storia delle idee alla teoria del diritto. È a partire da quella tesi che si è sviluppato il noto dibattito tra Habermas e Ratzinger sul ruolo della religione nelle società democratico-pluraliste e sulla loro crisi etico-culturale. L'intuizione fondamentale di questo lavoro è che quanto costituisce la forza e l'identità della modernità politica sia anche la fonte della sua perenne difficoltà. Ovvero che il prezzo della secolarizzazione, la quale accompagna lo Stato costituzionale di diritto, sia un permanente deficit di legittimazione, che deve essere colmato attraverso un'opera di autoriflessione culturale e etica diffusa, senza illudersi sulla presunta autosufficienza delle procedure. Modernità non può né deve significare neutralità assoluta. Dalle indagini sulla natura dello Stato moderno e sul suo ruolo nella laicizzazione delle società, fino all'analisi della prospettiva sopranazionale europea come compimento di un patrimonio costituzionale comune, nutrito di cultura politica e non solo di tecnocrazia, attraverso l'approfondimento di grandi classici come Hegel e Schmitt, il saggio offre un percorso ragionato del pensiero di uno degli esponenti più rappresentativi della cultura giuspolitica tedesca contemporanea.

