
"Dahl ci dà una "guida" in grado di spiegare il tasso di democraticità delle singole società e indicarne le possibili evoluzioni." (Antonio Calabrò) Robert A. Dahl, uno dei massimi scienziati della politica, è professore emerito all'Università di Yale. Autore di numerosi testi fondamentali, molti dei quali tradotti in Italia, ha pubblicato, tra l'altro, "Politica e virtù. La teoria democratica nel nuovo secolo" (2001), "Intervista sul pluralismo" e "Quanto è democratica la Costituzione americana?".
La realizzazione dell'uguaglianza politica all'interno degli Stati è davvero un obiettivo alla portata degli esseri umani o sarebbe più saggio concentrarsi su finalità maggiormente realizzabili? In agili capitoli, uno tra i più autorevoli politologi mondiali analizza lo straordinario avanzamento verso la democrazia avvenuto nel corso degli ultimi secoli, la crescita delle istituzioni democratiche, l'ampliamento della cittadinanza e i molteplici ostacoli che si sono frapposti al suo progresso. È possibile, dice Dahl, che l'ineguaglianza cresca e prevalga in tutto il mondo, ma è altrettanto possibile che si realizzi lo scenario opposto: "Predire quale di questi (o altri) futuri possibili finirà effettivamente per prevalere, va al di là delle mie capacità. Ma sono certo che il risultato può essere fortemente influenzato dalle iniziative e dalle azioni individuali e collettive che noi e i nostri discendenti sceglieremo di intraprendere".
Palmiro Togliatti è stato uno dei più acuti interpreti del fascismo. I suoi scritti principali sul tema, 'A proposito del fascismo' del 1928 e 'Lezioni sul fascismo' del 1935, rappresentano secondo Renzo De Felice, rispettivamente, "l'analisi più compiuta e più matura del fascismo italiano elaborata fra le due guerre mondiali da un autorevole esponente comunista" e "un modello metodologico che può benissimo essere applicato anche ad una ricerca di tipo storiografico e non solo ad una analisi politico-pratica". Giuseppe Vacca - con un'ampia introduzione - inquadra storicamente gli scritti di Togliatti nello svolgimento degli avvenimenti e nel dibattito internazionale sul fascismo, sviluppando un confronto con i testi di Gramsci.
Se un attacco nel cuore dell'Europa ci ha colto impreparati, è perché eravamo impegnati nella nostra autodistruzione. Il disarmo strategico dell'Occidente era stato preceduto per anni da un disarmo culturale. L'ideologia dominante, quella che le élite diffondono nelle università, nei media, nella cultura di massa e nello spettacolo, ci impone di demolire ogni autostima, colpevolizzarci, flagellarci. Secondo questa dittatura ideologica non abbiamo più valori da proporre al mondo e alle nuove generazioni, abbiamo solo crimini da espiare. Questo è il suicidio occidentale. L'aggressione di Putin all'Ucraina, spalleggiato da Xi Jinping, è anche la conseguenza di questo: gli autocrati delle nuove potenze imperiali sanno che ci sabotiamo da soli. Sta già accadendo in America, culla di un esperimento estremo. Questo pamphlet è una guida per esplorare il disastro in corso; è un avvertimento e un allarme. Gli europei stentano ancora a capire tutti gli eccessi degli Stati Uniti, eppure il contagio del Vecchio continente è già cominciato. Nelle università domina una censura feroce contro chi non aderisce al pensiero politically correct, si allunga la lista di personalità silenziate, cacciate, licenziate. Solo le minoranze etniche e sessuali hanno diritti da far valere; e nessun dovere. L'ambientalismo estremo, religione neopagana del nostro tempo, demonizza il progresso economico e predica un futuro di sacrifici dolorosi oppure l'Apocalisse imminente. I giovani schiavizzati dai social sono manipolati dai miliardari del capitalismo digitale. L'establishment radical chic si purifica con la catarsi del politicamente corretto. È il modo per cancellare le proprie responsabilità: quell'alleanza fra il capitalismo finanziario e Big Tech pianificò una globalizzazione che ha sventrato la classe operaia e impoverito il ceto medio, creando eserciti di decaduti. Ora quel mondo impunito si allea con le élite intellettuali abbracciando la crociata per le minoranze e per l'ambiente. La questione sociale viene cancellata. Non ci sono più ingiustizie di massa nell'accesso alla ricchezza. C'è solo «un pianeta da salvare», e un mosaico di identità etniche o sessuali da eccitare perché rivendichino risarcimenti. In America questo è il Vangelo delle multinazionali, a Hollywood e tra le celebrity milionarie dello sport. In Europa il conformismo ha il volto seducente di Greta Thunberg e Carola Rackete. Le frange radicali non hanno bisogno di un consenso di massa; hanno imparato a sedurre l'establishment, a fare incetta di cattedre universitarie, a occupare i media. Possono imporre dall'alto un nuovo sistema di valori. La maggioranza di noi subisce quel che sta accadendo: non abbiamo acconsentito al suicidio.
«Nel 1997, con il titolo Sudafrica. Storia politica, usciva in italiano una nuova edizione, rielaborata e aggiornata in modo sostanziale, del mio volume pubblicato per la prima volta nel 1952 a Città del Capo con il titolo 300 Years. A history of South Africa. Quanto scrivevo nella Conclusione del 1997 è stato confermato dagli eventi che si sono susseguiti fi no al 2010, quando il Sudafrica ospita il Campionato del mondo di calcio. L’euforia successiva alle elezioni del 1994, che furono incoronate dalla presidenza di Nelson Mandela, iniziò già a trasformarsi in una diffusa delusione quando il presidente portò l’ANC in un’instabile coalizione con il National Party di Frederick de Klerk, espressione del mondo dei coloni bianchi. Ma nei primi tre anni del "nuovo" Sudafrica, mentre le grandi compagnie straniere e quelle dei coloni, che si muovevano all’interno e nell’orbita della Chamber of Mines, i reali padroni del Sudafrica, esportavano capitali e profi tti, il cambio del rand rispetto al dollaro americano cadde del 30%. Il "potere nero" stava già perdendo la sua gara con il "capitale aureo". Quando il prezzo dell’oro crebbe oltre il valore del suo punto critico di equilibro, 330 dollari l’oncia, fi no a schizzare alle stelle oltre i 1.300 dollari l’oncia nel 2010, all’aumento si accompagnarono tanto la disillusione quanto le aspettative e le ottimistiche speranze espresse anche dal terzo presidente, Jacob Zuma, che gode ancora di diffusa popolarità. Nello stesso tempo il fl usso migratorio nei ghetti urbani crebbe di sette milioni di persone e parallelamente centinaia di migliaia di "bianchi" si trasferirono all’estero oppure nei nuovi quartieri suburbani di lusso. Come l’oro, anche il razzismo sta vincendo la gara con il Sudafrica "non razzista".
Al centro di questo grave deterioramento delle condizioni di vita di 45 dei 50 milioni di sudafricani, ci sono due realtà organicamente connesse e i problemi che esse pongono: il monopolio quasi esclusivo della terra e del lavoro africano a basso costo nelle mani di quel gigante capitalista e coloniale che è la "Chamber of Mines" e l’enorme e innaturale esodo di popolazione e povertà dalle campag"Pass laws", le leggi che, per tutelare l’apartheid, limitavano la libera circolazione all’interno del paese.
Il volume Sudafrica. Storia politica ripropone il compito urgente e terribile di far fronte a questo problema negli anni a venire». (dalla prefazione dell’autore)
Il Sud si sta svuotando di anime, culture e popolazione, tra emigrati e denatalità. Marcelle Veneziani non parte dal Nord e si ferma a Eboli, come Levi col suo Cristo, ma parte dal Sud più estremo e profondo e arriva a Eboli. Risultato del suo viaggio è un rapporto letterario e civile sul Meridione presente e passato che si dipana tra rifiuti e ricordi, tradizioni e degrado, cafonerie e cavallerie rusticane, ragioni e sentimenti, passando per contrade reali e allegoriche. Le località toccate diventano location per ambientare temi e personaggi, scorci e denunce, colore e cultura, malavita e folclore. Rabbiose critiche si alternano ad appassionate difese, partorite entrambe dall'amore per quelle terre. Nelle sue storie e storielle, Veneziani capovolge l'idea crociana di un paradiso abitato da diavoli, e teme invece che il Mezzogiorno stia diventando un inferno abitato da angeli in fuga per salvarsi da soli e non dannarsi insieme. Il suo resoconto assume una varietà di registri narrativi: dalle denunce giornalistiche alle nostalgie, dai ritratti parodistici al saggio storico, fino a lambire un sobrio «matriotti-smo» terrone e comporre una specie di manifesto sudista.
Francesco Bonini, La testimonianza politica e sociale cristiana Nel settantesimo anniversario della morte di De Gasperi Il governo di centro e la costruzione della democrazia. Alcide De Gasperi presidente del Consiglio (1945-1953) A cura di Pier Luigi Ballini e Federico Mazzei Pier Luigi Ballini e Federico Mazzei, Introduzione Pier Luigi Ballini, De Gasperi: il "centrismo". Temi e vicende Daniela Preda, Oltre lo Stato nazionale: De Gasperi e il nuovo ordine internazionale Giovanni Tassani, De Gasperi e i giovani. Due generazioni di fronte a uno statista Federico Mazzei, Comunicare la democrazia. De Gasperi e la stampa Storia Maria Teresa Antonia Morelli, Le parlamentari della prima legislatura repubblicana (1948-1953) Musica Valerio Ciarocchi, Musica in oratorio. Riflessioni a partire da alcune significative esperienze Anniversari Gennaro Luise, L'eredità della pax kantiana. Intervista a Daniela Falcioni In ricordo di Mimmi Cassola Marina Valmaggi, Alcuni passi con Mimmi Cassola Rassegna bibliografica - storia antica Alberto Barzanò, Novità sulla bibliografia scientifica di Storia antica La nostra biblioteca P. Fausto Gianfreda S.J., Anna Laura Sanfilippo.
"La consueta parte monografica della nostra rivista è forse il modo più adeguato per introdurci nel nuovo capitolo della campagna elettorale permanente che caratterizza oggi la nostra e le maggiori democrazie avanzate. Le lezioni del Parlamento europeo in calendario nel prossimo maggio saranno un appuntamento importante. Anche perché questa Europa non va. ma quella europea è l'unica prospettiva possibile per tutti i paesi dell'Unione (Gran Bretagna compresa) oltre che per il futuro della democrazia..." (Francesco Bonini)
Quindici tra i più noti accademici israeliani affrontano dal di dentro le questioni più attuali relative allo Stato di Israele: lo Stato e l'identità nazionale; che cos'è il sionismo; il significato filosofico di uno stato democratico ed ebraico; cosmopolitismo e identità; l'Olocausto come narrazione sionista ed antisionista; il significato costituzionale dell'ebraicità di Israele; è possibile uno stato ebraico e democratico? Israele come Stato-Nazione nei giudizi della Corte Suprema; la politica dell'immigrazione in Israele; religione e Stato; il diritto alla Terra; la minoranza arabo-palestinese; la società israeliana si sta disintegrando? Il tentativo dei palestinesi israeliani di sfidare lo Stato ebraico in materia di istruzione; Il futuro nazionale di Israele.
Il volume contiene un gruppo di saggi, scritti da autori latino-americani, dedicati alla figura di Antonio Gramsci: si tratta della prima antologia che offre, al lettore italiano, una scelta di testi rappresentativi della ricerca gramsciana sviluppatasi in anni recenti in America centrale e meridionale. Questa area del mondo ha infatti ormai assunto, per gli studi su Gramsci, una posizione di primo rilievo nel quadro della vasta bibliografia contemporanea: l'interesse per il politico italiano prese l'avvio già negli anni Sessanta, ma si intensificò notevolmente durante gli anni delle dittature militari, sino a conoscere una grande fioritura con il ritorno della democrazia nel continente. Oggi si dedica a Gramsci una vasta comunità scientifica latino-americana, che ha avuto un ruolo non marginale nella formazione delle culture politiche protagoniste dell'attuale rivoluzione democratica. Il volume è stato allestito assieme ad alcuni tra i maggiori specialisti latinoamericani di Gramsci, ai quali è anche affidata l'introduzione delle quattro sezioni in cui si divide, dedicate rispettivamente all'Argentina, al Brasile, al Cile e al Messico.
Secondo Edward Luttwak, studioso di storia militare, consulente strategico del governo americano e commentatore politico, ogni guerra è un'esperienza unica e irripetibile; eppure, nel corso degli anni e dei secoli, emergono similitudini, modelli comuni, linee di tendenza. Per questo lo studio di eventi passati come le vicende dell'impero romano o la seconda guerra mondiale possono offrire nozioni cruciali per capire il nostro mondo e per prendere le decisioni giuste nei conflitti che dobbiamo affrontare. E la storia insegna che spesso la strategia migliore è quella che a prima vista sembra la meno diretta, la più paradossale, la più contradditoria.