
«La musica prima di tutto» è un celebre motto del poeta francese Paul Verlaine, precursore del movimento simbolista. A suo giudizio, nella poesia contano innanzitutto la sonorità e il ritmo perché l'unità del poema è un'unità di tonalità. Anche un testo biblico è come uno spartito di musica e il testo «vive» solo quando è interpretato. Per questo è essenziale individuare la tonalità di un brano biblico appena si inizia la lettura. L'esegeta può essere tentato di fermarsi subito e di scrutare alcune note, l'uno o l'altro accordo, dimenticando di sentire l'intera melodia, con le sue variazioni, le sue sfaccettature e la sua complessità. Molti lettori dei testi biblici sono al corrente del contesto dei brani letti e spiegati. Vale la pena, tuttavia, cercare di ascoltare la melodia prima di soffermarsi sul fraseggio di una formula o di un versetto. Che vi siano diverse voci, diversi strumenti e, ogni tanto, più di una variazione sullo stesso tema in un passo dato non cambia molto il problema di fondo. Occorre sempre evitare di leggere parola per parola, balbettando, perché il testo è una totalità, non la semplice somma dei suoi componenti.
Il racconto lucano dell’infanzia di Gesù si articola in tre sequenze: il concepimento, la nascita e l’arrivo del dodicenne alla sua prima maturità. Con questa successione di fatti, Luca mette in scena il progressivo ingresso di Gesù nella storia; egli esiste «secondo carne» e «secondo Spirito», mentre la risurrezione costituisce lo snodo decisivo tra queste due dimensioni. Vedendo già nell’origine verginale di Gesù una realtà operata dall’azione dello Spirito, Luca organizza la narrazione dell’infanzia proprio a partire dal concepimento, facendone il perno non solo del suo racconto iniziale, ma anche del suo impianto cristologico generale. In questo modo, la prospettiva che vede lo Spirito all’opera già nel Gesù terreno, trova il suo fondamento più solido nei fatti della nascita e nell’identità della sua persona. Il rapporto della comunità cristiana con lo Spirito Santo, descritto con tanta incisività negli Atti degli apostoli, si presenta perciò come il pieno sviluppo di quanto adombrato nel vangelo lucano dell’infanzia di Gesù.
Le nanotecnologie, che manipolano la materia a livello atomico e molecolare, trasformano anche la società. Nell'economia mettono pressione sugli altri prodotti e sugli altri processi affinché siano allineati all'introduzione dei suoi artefatti competitivi. Hanno potenzialmente la capacità di influenzare le istituzioni e di trasformare le relazioni sociali, il lavoro, l'economia. In altri termini, prende piede un modo diverso di vedere il mondo, di formare la nostra comprensione della natura, delle strutture e quadri legali, sociali ed etici. Nei prossimi vent'anni l'assistenza medica, la pubblica amministrazione, la politica, l'educazione, la scienza, il trasporto e la logistica dipenderanno sempre più dalle applicazioni che decideremo di usare in queste aree. È facile prevedere rischi e benefici per l'ambiente, la sicurezza e la salute, mentre è più complesso immaginare come sopravviveranno, per esempio, la privacy e le libertà civili in un mondo in cui ogni artefatto, non importa quanto a buon prezzo, è incluso in una rete di computer.
La beatificazione del cardinale John Henry Newman (1801-1890), celebrata a Birmingham da Benedetto XVI il 19 settembre 2010, ha riportato alla memoria della Chiesa uno dei suoi personaggi più illustri e una delle più grandi figure teologiche del secolo XIX. Dalla lontana Inghilterra, chiusa nei suoi radicati pregiudizi antiromani, egli portò il suo decisivo contributo a una Chiesa bisognosa di un profondo aggiornamento, richiesto dal mutare dei tempi e delle situazioni e dal ristagno in cui la comunità cristiana si trovava dopo l'ormai lontana celebrazione del concilio di Trento e l'estenuante polemica che l'aveva seguito. Quella di Newman è una figura a tutto campo che ha avuto il merito di anticipare in larga misura le intuizioni del concilio Vaticano II e che in ogni settore ha fatto sentire la sua presenza e la sua originalità, dal movimento patristico alla promozione del laicato in una Chiesa clericale e gerarchica. Il volume ripercorre l'opera di Newman a partire dalla conversione dall'anglicanesimo al cattolicesimo e presenta, in particolare, la sua teologia del laicato, l'elaborazione del rapporto tra fede e ragione fino agli sviluppi dell'escatologia.
L'evento cristiano può essere definito, nel suo nucleo centrale, un incontro di comunione fra Dio che si manifesta (rivelazione) e l'uomo che accoglie in sé la parola e la vita che gli viene comunicata (fede). Con linguaggio chiaro e discorsivo l'autore analizza questi due concetti nelle varie sfaccettature storico-bibliche e teologiche, mostrando la relazione biunivoca che lega rivelazione e fede.
Il volume costituisce una presentazione sintetica e organica della ricchezza della teologia sistematica, uno strumento che pone nelle mani del lettore quanto è necessario sapere per comprendere e stimare il dogma cristiano. La trattazione avviene a tre livelli successivi: gli interrogativi che la cultura contemporanea pone al tema; la lettura del tema fatta dalla Bibbia e dalla tradizione della Chiesa; la risposta sistematica aggiornata agli ultimi sviluppi e alla presente situazione culturale, tenendo conto delle difficoltà che da essa sorgono nei confronti della verità cristiana. Sintesi, chiarezza, interlocuzione con l'oggi e con le varie anime della tradizione cristiana sono le caratteristiche più evidenti del volume. La nuova edizione è stata rimaneggiata dall'autore per gli opportuni ammodernamenti.
La quaestio de laicis attraversa l'intero XX secolo e trova il suo apice nel concilio Vaticano II, ove si è assistito all'intenzione di custodire e rilanciare lo «spazio dei laici», senza tuttavia riuscire a svolgerne in positivo la figura. La tradizionale e benemerita «teologia del laicato» è andata esaurendosi nell'atto in cui la Lumen gentium ha assegnato una valenza positiva alla figura di tutti i credenti - nessuno escluso - conformati a Cristo nel battesimo e membra vive della Chiesa-popolo di Dio. La novità di questa ricerca sta nella proposta di «storicizzare» il termine e la figura del laico, per innescare un ripensamento radicale della questione, in vista di un fattivo riassestamento della sistematica teologica e della teologia pratica, lasciando affiorare un promettente e suggestivo rilancio nella nozione teologico-fondamentale di cristiano-testimone.
Le comunità cristiane, in nome della loro comprensione della fede, possono suggerire cambiamenti alla dottrina cattolica ufficiale su questioni non insegnate in modo definitivo dal magistero? I pastori, da parte loro, possono decidere di accogliere tali richieste? Come interpretare sul piano teologico la legittimità di possibili evoluzioni dottrinali che hanno tratti di discontinuità? Questo volume nasce da una domanda di natura specialistica che ha enormi ricadute sul piano pastorale. Si tratta della questione dello sviluppo della dottrina della fede, cioè di quelle verità che la Chiesa cattolica e le altre Chiese insegnano ai loro membri come parte integrante dell’esperienza cristiana. Da un lato – sostiene l’autore – è del tutto legittima la possibilità di uno sviluppo anche relativamente discontinuo della dottrina della fede, ovviamente per le sole verità che non sono state insegnate in modo definitivo dal magistero. Dall'altro, non è possibile motivare adeguatamente tale possibilità se non ripensando complessivamente le categorie concettuali, cioè filosofiche, su cui si è costruita la teologia cristiana a partire dall'antichità. Più precisamente, si tratta di utilizzare una nuova metafisica, nella quale il cambiamento non sia un fatto accidentale o problematico, quanto piuttosto la ragion d'essere della realtà.
Questo libro studia il complesso tema della Chiesa, quale germe e inizio del Regno di Dio, a partire dalla sua sacra mentalità e prendendo le distanze da un’ermeneutica che riduca questo fondamentale concetto conciliare a un semplice attributo ecclesiale. La matrice sacramentale viene qui collocata sia nel suo risvolto personalistico, in quanto realtà con-costitutiva della Chiesa, sia nel suo risvolto trinitario, in quanto realtà connessa con il Regnum Dei. L’epilogo teoretico di questo duplice volto della Chiesa è, infatti, un’ontologia trinitaria, vista come partecipazione della persona nella Chiesa all’essere trinitario di Dio, che si manifesta nello statuto di donazione che conduce l’uomo alle soglie dell’incontro con il mistero del Dio-crocifisso.
Sommario
Abbreviazioni e sigle. Prefazione (A. Clemenzia). Introduzione. I. La Chiesa del «paradosso». II. La sacramentalità del Regnum Dei. III. La sacramentalità personalistica della Chiesa. IV. Un’ontologia trinitaria come orizzonte dell’ecclesiologia. Conclusione. L’incontro con il Dio crocifisso. Bibliografia.
Note sull'autore
Nicola Salato, frate minore cappuccino, è professore associato di Teologia sistematica presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale sezione San Luigi, dove dirige il Settore di Teologia dogmatica, indirizzo ecclesiologico. Tra le sue pubblicazioni: Persona e Chiesa: un sentiero interrotto. Indizi per un personalismo ecclesiologico (Il Pozzo di Giacobbe 2013) e Oltre il fenomeno. La risoluzione personalistica del problema dell’Einfühlung (Diogene 2013). Ha inoltre curato Fenomenologia dell’ Einfühlung. Studi su Edith Stein (Diogene 2016).
Il Concilio Vaticano II è il momento in cui la coscienza storica diviene decisamente l'orizzonte della teologia e della vita della Chiesa. La difficile «conversione intellettuale» che ha segnato il post Concilio giunge con papa Bergoglio a un kairos. Per questo si rivela importante il confronto tra il pensiero di Francesco e quello del gesuita Bernard Lonergan, considerato uno dei maggiori teologi del Novecento. «Non dico che Francesco abbia letto Lonergan», osserva Whelan; «suggerisco che il loro pensiero sia convergente, tanto che Lonergan può risultare utile a comprendere Francesco quale "segno dei tempi" per la teologia e per la vita della Chiesa».
Due versetti di Paolo - 1Corinti 15,3 e Romani 3,25 - sono al centro di questa ricerca di storia delle idee. Se legati assieme, essi affermano che Gesù è morto per i peccati degli uomini e che la sua morte fu sacrificio espiatorio. Queste frasi vanno lette all'interno dell'intero corpus paolino, dove emerge anche un'altra cristologia, basata sul rapporto di contrapposizione tra il primo Adamo e l'ultimo Adamo, che si caratterizza per la sua obbedienza. In altri termini, con il metodo storico-critico la morte di Cristo non fu sacrificale, né in remissione dei peccati, mentre ciò si può affermare con il metodo tipologico. Poiché Paolo non utilizzerà mai più la frase di 1Corinti 15,3 e Romani 3,25 non è altro che una trasposizione del linguaggio del sacrificio del kippur sul sangue di Cristo, ne segue che questi è come il Propiziatorio, per la giustificazione di tutti gli uomini.
Nell’ambito del rapporto con le altre discipline, la funzione della Teologia spirituale è quella di ricondurre a unità i frammentati interessi degli insegnamenti teologici, colmando quel gap che spesso si frappone tra il tema di studio e l’esperienza concreta. Da questo punto di vista, la Teologia spirituale si presenta come vertice e sintesi della sistematica e come risorsa prima che può rendere il cristianesimo – come scriveva Karl Rahner – necessariamente mistico.
Il volume si colloca in una collana di testi rigorosi e agili a un tempo, rivolti soprattutto al pubblico di università, facoltà teologiche, istituti di scienze religiose e seminari.