
In questi ultimi anni si è manifestato un progressivo interesse teologico e pastorale verso la realtà della ministerialità della Chiesa ed è maturata una sensibilità particolare per il ministero ordinato del diacono. Tale interesse ha avuto nella riflessione conciliare e postconciliare la fase più qualificata di approfondimento, sviluppando una rinnovata attenzione verso il ruolo che il diacono ha nella Chiesa. Scopo del presente volume è quello di offrire una panoramica sullo sviluppo del ministero diaconale secondo la Sacra Scrittura, la Tradizione e il Magistero della Chiesa, cercando di evidenziarne le radici per comprenderne la specificità ministeriale e le potenzialità di sviluppo nella vita pastorale ecclesiale e nella società odierna. Prefazione di Sergio Ubbiali.
"Ciò che Dio ha unito, l'uomo non deve separare". Questo insegnamento di Gesù sul matrimonio è stato vissuto nella chiesa dei primi secoli, che non si stancava di predicare la monogamia. Come interpretare tuttavia altre parole di Gesù ("Colui che ripudia il proprio coniuge e ne prende un altro, è adultero". "La persona divorziata che si risposa, è adultera". "Colui che sposa una persona divorziata, è adultero")?. La chiesa cattolica latina a partire dal medioevo ha creduto di dover rispondere a questo problema con il sistema dei tribunali ecclesiastici che verificano se la prima unione era davvero "ciò che Dio ha unito". La chiesa dei primi secoli invece considerava l'adulterio, nel senso in cui il termine è usato nell'evangelo, come uno dei tre peccati più gravi, ma rivendicava il potere di assolvere tutti i peccati, compreso questo. È ciò che emerge dalle testimonianze relative alla controversia novaziana, e soprattutto dal canone 8 del concilio di Nicea. Ragioni pastorali e ragioni ecumeniche sembrano rendere opportuno che la chiesa cattolica ritorni oggi alla prassi penitenziale della chiesa dei primi secoli, conservata in oriente e riscoperta da diverse chiese d'occidente.
Le pagine che seguono costituiscono un frammento di una riflessione più ampia, la quale ruota attorno ad una questione di fondo: il matrimonio, inteso sia come atto costitutivo della famiglia (matrimonium in fieri, come dicono i canonisti) sia come la famiglia stessa che su questo si fonda e che dura nel tempo (matrimonium in facto esse), è un istituto strutturato dal diritto o un istituto strutturato dalla legge? L'interrogativo oggi si pone per più ragioni, non ultima quella relativa alla differenza sessuale quale prerequisito inderogabile del matrimonio. In questo ambito si coglie un divario tra le ideologie del gender, che distinguono e contrappongono natura e cultura, ed il diritto canonico, che viceversa continua ad esprimere una concezione la quale tiene insieme natura e cultura. Nel testo si tenta di dare una risposta all'interrogativo iniziale e cioè che si tratta di istituto strutturato dal diritto e non dalla legge, nel senso che "veritas, non auctoritas facit matrimonium."
"Con questa Rivelazione Dio invisibile con immenso amore parla agli uomini come ad amici" (DV 2). La Rivelazione di Dio non è mero evento informativo, ma evento di autodonazione gratuita che ha la sua fonte nell'"abundantia caritatis": Dio è amore. Dio, come un innamorato, si mette alla ricerca degli uomini, parla e si intrattiene con essi perché possano partecipare, nella fede e con la fede, alla pienezza di vita che Lui dischiude ed entrare nello spazio vitale e trasformante della sua amicizia, l'unica che libera le grandi potenzialità dell'umano.
Qual è la differenza tra anima e spirito? Spesso questi termini vengono confusi o usati col medesimo significato, sminuendo così l’inesauribile ricchezza dell’interiorità umana. In un tempo in cui la materialità prevale sulla spiritualità diventa importante riscoprire la dimensione della corporeità, quella della spiritualità e ciò che lega queste due. Il presente lavoro esamina l’evoluzione che le due locuzioni hanno avuto nel corso della storia del pensiero e della riflessione teologica. Nella prima sezione se ne analizza sinteticamente l’etimo partendo dalla lingua ebraica e passando poi a quella greca. Successivamente si prendono in esame le informazioni che arrivano dalla sacra Scrittura per capire in che maniera, all’interno dei vari libri e generi che la compongono, questi vengono utilizzati. Nella terza sezione si analizzano le riflessioni che la speculazione teologico–filosofica del passato ci ha consegnato, con particolare riguardo al rapporto che intercorre tra i due sin dai primi secoli. Nella quarta sezione si prendono in considerazione i significati che emergono dagli interventi magisteriali partendo dal Concilio Vaticano II per arrivare ai nostri giorni. Si termina con uno sguardo d’insieme facendo sintesi dei contenuti acquisiti e introducendo alcune interessanti ricerche odierne sul fronte delleneuroscienze, dove si stanno facendo interessanti passi in avanti nella comprensione della complessità dimensionale dell’uomo.
Il terzo millennio sembra essersi aperto con gli stessi interrogativi politici e culturali che hanno accompagnato le vicissitudini del secondo dopoguerra. Il lavoro prende le mosse dalle attuali contingenze intendendo accostarsi al giurista e politologo che, prima degli altri, ha intuito, dedotto e descritto la genesi di questa crisi: Carl Schmitt. L’Autore si è proposto di esplorare il tema dal punto di vista storico-concettuale, dando voce ai protagonisti e a quei commentatori che, meno lontani nel tempo, hanno dato vita in Italia alla riflessione sulla teologia politica. Il tentativo è stato quello di investigare cosa si debba intendere per teologia politica, offrendo le coordinate di riferimento a quei lettori che volessero orientarsi in un dibattito che in questi ultimi anni sembra aver ripreso particolare vigore.
Nel 2000 l'autrice ha pubblicato un piccolo volume il cui obiettivo era quello di trovare un solido fondamento metafisico alla differenza sessuale. Gli studi raccolti in questo volume si collegano, ognuno con una sua fisionomia, a quel testo e, ad eccezione del primo che è anteriore e che si propone come un iniziale svolgimento dei temi del libro, intendono sviluppare le linee tracciate nel 2000, muovendosi in diverse direzioni. Altro punto di contatto tra le due opere, pur così diverse, è il piano su cui esse si collocano. Un piano legato all’indagine filosofica, con intenzionali aperture alla prospettiva teologica, ritenuto di livello prioritario.
Credere in Deum è espressione utilizzata da Tommaso d'Aquino per definire un aspetto della fede cristiana: l'amore e la tensione verso Dio inteso come fine e senso della fede. Secondo Tommaso, è l'amore per Dio - donato da Dio stesso - che porta ad affidarsi a lui e a credere quanto egli ha rivelato. La tesi di fondo di questo libro è che un legame così decisivo, che costituisce l'orizzonte entro il quale si spiega l'intera esperienza del credente, risulti orientamento e criterio anche per la sua indagine filosofica. Nella prima parte del libro questa tesi viene indagata attraverso la lettura di testi dell'Aquinate, nella convinzione che, nel panorama dell'attuale riflessione filosofica, molte delle intuizioni e delle argomentazioni tommasiane non risultino ancora evidenziate e valorizzate come meritano. La seconda parte è dedicata a confermare questa convinzione indagando la lettura - le convergenze e le divergenze, le comprensioni e i fraintendimenti - che di tali intuizioni e argomentazioni è stata offerta da alcuni filosofi del nostro tempo: Alvin Plantinga, Eleonore Stump, John Jenkins, Étienne Gilson, Emanuele Severino.
Il presente volume, oltre ad essere debitore dei numerosi e diversificati saggi del mariologo Stefano De Fiores, ha l'umile intenzione di continuare, seppur in modo diversificato, la sua opera e di segnalare con una ponderata e documentata anamnesi storico-culturale e teologica, quanto di buono e di utile è stato prodotto e proposto dalla teologia e dalla mariologia odierna in questi cinquant'anni di creativa recezione della dottrina del Concilio Vaticano II sulla Madre del Signore.
È possibile parlare di mistica in un mondo altamente globalizzato e digitalizzato? L’avanzare della tecnica frena coloro che vivono un’esperienza profonda di Dio? Le ragioni della scienza hanno sconfitto definitivamente il sentimento religioso? E la psicologia ha definito ciò che avviene nella mente quando un individuo dice di avere fatto esperienza di Dio? Questi interrogativi sono al fondo del presente studio che ha per scopo quello di dialogare con il mondo contemporaneo a partire dalla mistica. Ci sono sfide che coinvolgono non solo l’uomo religioso, ma l’uomo in quanto tale, perché il fatto spirituale non è solo di competenza di coloro che sono esperti di teologia, ma è oggetto di studio di tutte le discipline umanistiche. Ciò è dovuto al fatto che si parla di una relazione che l’uomo intreccia con Dio. È un’esperienza ed una vita in cui Dio e l’uomo si interfacciano per realizzare un mondo nuovo. I mistici, uomini e donne, indicano che la presenza di Dio trasforma non solo se stessi, ma le loro relazioni ecclesiali e sociali. Il mondo ha bisogno dei mistici per poter guardare sempre oltre la propria storia e il proprio limitato contesto.

