
Rivista trimestrale teologica, n. 2/aprile - giugno 2007.
Quattro brevi meditazioni sul Natale, che cercano di trasmettere qualcosa della bellezza di questa nascita, anche mediante il commento a cinque icone a colori riprodotte nel testo.
Libro di ottima divulgazione sul tema dell'evoluzione e della creazione.
La schiavitu' della colpa e il dolore lacerante del rimorso, da un lato, e la grazia liberatrice, dall'altro, sono due esperienze comuni a tutti noi.
Libro di ottima documentazione su di un tema oggi discusso, l'ammissione delle donne al sacerdozio ministeriale.
L'autore, con il suo consueto linguaggio semplice ed efficace, ci racconta esperienze di vita e meditazioni sulla liberta', quella autentica ed esaltante, quella che eleva la personalita' di ogni uomo.
Rivista quadrimestrale n. 49/gennaio - aprile 2008. Cristocentrismo e storia. L'uso dell'anagogia nella cristologia di Hans Urs Balthasar.
Thomas Crean si confronta con passione e criticamente con le tesi esposte nel bestseller di Richard Dawkms "L'illusione di Dio". Dawkins presenta Gesù di Nazaret allo stesso tempo come una artificiosa illusione e come tracotante personaggio storico, presenta i Vangeli come inattendibili e come i prodotti logici e credibili di menti vanagloriose per un mondo fondato tanto sul materialismo quanto sull'idealismo, in cui i fatti, pur documentati storicamente, sono spesso falsificati come fantasiose e deliranti congetture. Crean smonta le tesi dì Dawkins, non si ferma ai luoghi comuni, ma sceglie di percorrere con intelligenza i sentieri della verità umana e divina, per ridonare alla persona umana la chiara consapevolezza della sua dignità e della sua più autentica e profonda vocazione.
Thomas Crean si confronta e critica con passione le tesi esposte nel bestseller di Richard Dawkins L’illusione di Dio. Dawkins presenta Gesù di Nazaret come tracotante personaggio storico che genera artificiose illusioni. Sostiene che i Vangeli sono inattendibili poiché – a suo dire – frutto di menti vanagloriose, risultato di falsificazioni fantasiose e di insensate congetture. Dawkins ritiene che la religione sia in sostanza una grossa allucinazione che provoca un danno psicologico, intellettuale e sociale e si propone l’obiettivo di spazzar via quelle che lui considera le nebbie di un’educazione paurosa, cieca e infantile.
Crean smonta elegantemente, con competenza, sicurezza e ironia, le tesi di Dawkins. L’Autore non si ferma ai luoghi comuni, ma sceglie di percorrere con intelligenza i sentieri della verità umana e divina, per ridonare alla persona umana la consapevolezza della sua dignità e della sua più autentica vocazione. Si scopre che le tesi di Dawkins sono non solo, storicamente e dottrinalmente, farraginose, superficiali e infondate, ma sono più di tutto contraddittorie.
Dall’inizio della civiltà l’uomo si è trovato di fronte a un enigma insolubile, che si manifesta come il problema più grave della nostra condizione, l’ostacolo insormontabile sul cammino - individuale e collettivo - verso la felicità. Perché esiste il male? Quali sono le sue cause? Ci sono possibili rimedi, in grado di sconfiggerlo?
Tra tutte le risposte al problema del male ce n’è una che si impone con particolare autorevolezza: quella data dalla rivelazione cristiana. Il depositum fidei, custodito dalla Chiesa, contiene l’insegnamento sul peccato originale: la ribellione a Dio di alcuni angeli, la successiva caduta dei progenitori della specie umana, la perdita irreversibile dello stato di grazia, l’offerta salvifica di Dio che non ha abbandonato l’uomo «in potere della morte».
Tuttavia, proprio perché si rivolge alla ragione e non (esclusivamente) al sentimento, la risposta della rivelazione cristiana - e quindi della Chiesa - al problema del male deve confrontarsi con gli esiti delle ricerche filosofiche, storiche, scientifiche su tale argomento. Esiti che talora appaiono in contrasto, anche radicale, con i dati di fede custoditi dalla tradizione ecclesiale: ma che non possono realmente contraddirli, se si confrontano con essa in modo leale e ragionevole.
Ma esiste davvero, questa “verità”? Si può propriamente parlare de “la” verità?
La presente indagine storica ricostruisce il dibattito avvenuto nel tardo Impero Romano (secc. II-IV d. C.) tra i sostenitori del politeismo e i primi cristiani.
È singolare che la discussione e gli interrogativi dell’epoca evocano le controversie di cui siamo, oggi, spettatori. Ora come allora, pare che solo l’antico politeismo e il pluralismo religioso garantiscano la tolleranza e la pacifica convivenza, mentre il cristianesimo, con la sua concezione della verità, ostacoli i processi di pacificazione fra i popoli, generando intolleranza.
Ma la ricerca storica conferma davvero queste opinioni?