
Questo libro parla del canto e della musica come via privilegiata alla lode di Dio, espressione della fede in Lui e della bellezza dell'incontro con il Suo amore. Coloro che sono resi nuovi dal dono della vita nuova ricevuta in Cristo, restano mendicanti del cielo in cammino verso la Città celeste e come tali sono chiamati a cantare con la voce e con la carità vissuta la nostalgia, l'esperienza e l'attesa di Dio... «Questo testo ci spinge a riflettere e meditare sulla musica, dono stupendo di Dio, che ci rende capaci di esprimere ciò che le parole non possono dire per raccontare la nostra anima. Bruno Forte descrive il potere straordinario della musica, indagando sul suo valore non solo spirituale, ma anche teologico. Sono pagine che potranno aiutare tanti ad amare la musica e ad accostarsi ad essa per riceverne luce, forza, consolazione, anche sul piano spirituale» (Marco Frisina). «Queste pagine vorrebbero invitare a fare esperienza del modo in cui la musica bella, quella sacra e quella che hanno saputo esprimere i geni assoluti della forma musicale, aiuta a camminare sulle vie del Mistero, accedendo il desiderio dell'amore che da Dio viene e a lui conduce» (Bruno Forte).
È cosa lecita e utile venerare i santi e invocare la loro intercessione. Questo insegna la Chiesa cattolica, pur mettendoci in guardia da eccessi e abusi. Oggi, però, questa devozione ci tocca sempre meno: sentiamo di poter tranquillamente tralasciare il ricordo orante dei defunti, siamo anzi scettici sul fatto che si possano davvero mettere in comunicazione morti e viventi. Sono espressioni della fede che "puzzano di vecchio". Ecco perché Rahner sente di dover fornire una giustificazione teologica profonda e rigorosa di questa prassi. Il teologo gesuita intreccia mediazione e immediatezza, ricollega amore di Dio e amore del prossimo, ribadisce che il culto dei santi è contemporaneamente adorazione di Dio. Andrea Grillo, nell'Appendice, applica questi saldi princìpi teologici al caso delle indulgenze, prolungando con fine sensibilità contemporanea la riflessione di Rahner. "Queste pagine di Rahner sono alla radice del grande passo argomentativo con cui papa Francesco ha riletto la tradizione dell'indulgenza, conducendola di nuovo nell'alveo della preghiera della Chiesa" Andrea Grillo. A che servono i morti? Non sono semplicemente svaniti in un vuoto passato? Davvero possiamo credere in una loro "intercessione" per noi? È pensabile una solidarietà perdurante con i defunti, entrati nel silenzio di Dio? È vero che l'accesso a Dio si dà per noi soltanto accostandosi all'altro nell'amore?
I martiri sono più un fenomeno di oggi che un ricordo di ieri. O meglio: in tutti i tempi, incluso il presente, vi sono stati ovunque cristiani che hanno affrontato liberamente la morte per la loro fede o per il loro impegno per la giustizia. Dall'estrema fermezza di questi testimoni della fede - che disprezzano il dolore e ambiscono alla vita eterna - arriva un segnale inquietante, provocatorio, scomodo per i cristiani "normali". Che cosa significano i martiri per la vita di una chiesa mondiale e per la testimonianza da rendere al vangelo? È sufficiente porre la propria vita al servizio di una causa per la quale morire? E se uno decide di votarsi al sacrificio volontario, ciò deve per forza avere un senso anche per altri, per la fede e la vita di tutti i cristiani? E, infine: che cosa distingue un martire da un fanatico attentatore kamikaze? Riandando all'originaria teologia del martirio e prendendo posizione contro un utilizzo inflazionato del concetto, il libro approfondisce questi temi e li mette in relazione con la testimonianza dei tanti martiri contemporanei.
Riscoprire nell'amore misericordioso di Dio il "cuore del vangelo" implica anche - e forse soprattutto - considerare la misericordia come il criterio per bene interpretare la Legge di Dio nel suo aspetto "oggettivo". Il libro propone all'attenzione del lettore in primo luogo questo compito, nonostante tutto poco rilevato nei recenti studi sulla misericordia. Ferretti mostra, al tempo stesso, come tale compito comporti rilevanti problemi teorici e pratici - vere e proprie sfide alla teologia e alla prassi della chiesa. È necessario, per esempio, superare del tutto il fondamentalismo biblico e la concezione arcaico-sacrale di Dio, ripensare il rapporto tra rivelazione e morale, evidenziare l'intimo intreccio di misericordia, giustizia e verità. Ma occorre anche approfondire la natura dell'ermeneutica teologica e impegnarsi a una lettura con misericordia dei "segni dei tempi" odierni: la secolarizzazione, la postmodernità, la povertà nel mondo globalizzato dell'economia finanziaria.
Tanti sono i segni di Dio nel mondo e nella storia. Ma fra tutti spiccano quei segni che sono il papà e la mamma: da loro l’essere umano riceve – insieme ai fratelli, agli amici e ai compagni – non soltanto la vita, ma anche la parola, l’amore e un compito. I genitori sono il segno più pro- fondo di Dio.
Per gli ebrei è Yhwh (“Io sono colui che sono”), ma non si osa pronun- ciarne il nome. Per i cristiani lo si deve chiamare Padre (abbà) – ed è anche madre (immà in aramaico, la lingua di Gesù) – perché lo stesso Gesù ha insegnato a pronunciare così il suo nome. Questo libro racconta allora la storia e il significato del Dio della Bibbia, dando particolare risalto ai nomi con cui è stato invocato, quale Padre del Signore nostro Gesù Cristo, ma pure – rivoluzionando certi presupposti radicati nelle tradizio- ni religiose dell’umanità – nei suoi tratti, a ettivi e materni, di tenerezza.
«L’esperienza di Dio come Padre-madre è inseparabile dal percorso di vita concreto e quotidiano di Gesù. Lui si è a dato a Dio Padre-madre: ha vissuto quella forma, in dialogo con la tradizione del suo popolo e il suo ambiente, ma soprattutto vivendo in modo trasparente davanti al Dio che è Padre-madre».
Sperare è operazione veramente difficile, soprattutto oggi: sperare, cioè spingersi oltre ciò che contrasta la vita e la sua pienezza, non è cosa scontata. Proprio per questo è importante riscoprire il senso della speranza, dal punto di vista sia umano che religioso. E questo è l’intento del presente saggio.
Ancona sviluppa il suo percorso toccando in successione queste tappe: lo sperare umano, quale azione fondamentale nell’esperienza di ogni persona; la difficoltà a sperare nel clima culturale del presente; lo sperare dell’uomo religioso, e del cristiano in particolare; la preghiera, la sofferenza, l’agire e il giudizio come luoghi specifici di apprendimento dello sperare; l’esercizio concreto dello sperare nella storia.
È reso così disponibile al lettore un itinerario che lo motiva a scommettere ancora sulla speranza. Perché sperare – non solo per se stessi, ma anche per gli altri e anzi per l’intera creazione – è bello e rende liberi: sperare prospetta come realizzabile una compiutezza cui tendiamo, apre a una totalità che dischiude ulteriori orizzonti di senso.
«La grazia suppone la cultura, e il dono di Dio si incarna nella cultura di chi lo riceve» (Evangelii gaudium, 115). Non può esistere una fede cristiana - ricorda con quell'espressione inconsueta papa Francesco - che non sia mediata dalla condizione storica e pratica dell'essere umano. La "legge dell'Incarnazione" richiede di considerare la storia come elemento costitutivo della fede: come suo spazio vitale concreto, verso cui uscire non per dare un'occhiata, ma per rimanere senza ritorno. Il confronto con esponenti autorevoli del pensiero filosofico e teologico contemporaneo - Metz, ?i?ek, Milbank, Taylor, Habermas, Theobald... - permette allora di affrontare in maniera originale ed efficace alcune problematiche: la fenomenologia come modo nuovo di immaginare l'esperienza cristiana; il superamento del dualismo tra credere e conoscere; la misericordia come "architrave" del legame sociale ed ecclesiale; la sfida complessa del dialogo interreligioso. Perché è sempre più urgente investire le migliori risorse intellettuali e spirituali per riattivare il nesso vitale che congiunge la fede cristiana con l'azione storica.
Il cardinal Kasper è uno dei più noti e influenti teologi cattolici contemporanei. Con la sua riflessione sulla misericordia, che rinsalda il legame fra teologia e vangelo di Gesù, in presa diretta con la prassi, Kasper si è rivelato una delle fonti d'ispirazione del pontificato di papa Francesco. Mantenendo sullo sfondo le sue vicende biografiche e personali, il teologo Walter Kasper viene qui presentato da George Augustin svolgendo una panoramica complessiva del suo pensiero. Nei testi-chiave degli ultimi anni, appositamente selezionati per questa raccolta e in gran parte inediti in italiano, traspare il suo volto di docente di dogmatica, emerge il suo qualificato profilo di esperto di ecumenismo e risalta pure la sua profondità come autore di scritti spirituali. Ecco allora una sorta di antologia ragionata del Kasper teologo, vescovo, cardinale, che ne compendia il pensiero più autorevole e maturo.
«L’opera di Michael Lee ci permette di entrare nell’anima di un uomo di chiesa che è stato un testimone straordinario della misericordia di Dio in un mondo spietato, che ha incontrato il Dio della vita nei cuori di coloro che sono crocifissi oggi» Daniel G. Groody
Descrizione
A svariati anni dalla morte di Óscar Romero, stiamo ancora assimilando il lascito dell’arcivescovo di San Salvador reso martire per il suo impegno a favore dei poveri e della giustizia sociale. Michael Lee attinge documentazione dalla vita di Romero, dalle sue omelie e dai suoi scritti – oltre che dalle memorie delle comunità cristiane – per esaminare la sua testimonianza. Il martire salvadoregno ci sfida a reimmaginare una spiritualità cristiana vigorosa, nella quale l’incontro mistico con Dio si sposi con l’impegno profetico per la giustizia.
Il libro si spinge allora oltre il classico ritratto agiografico, per riflettere a fondo sulle implicazioni derivanti dal riconoscimento ecclesiale di questa persona come santa.
Alla luce della canonizzazione, Michael Lee evidenzia così quale eredità teologica “rivoluzionaria” (esemplificata concretamente nell’immagine di conversione, nel modello di discepolato) mons. Romero offra alla chiesa universale oggi.
All'inizio c'erano i riti: prima di scrivere le pagine del Nuovo Testamento, i cristiani hanno vissuto la presenza del Signore attorno al pane e al vino eucaristici. Poi sono nate delle questioni attorno ai riti, e i cristiani hanno offerto le loro risposte, spiegando tutto ciò che ruota attorno ai sacramenti (materia, forma, ministro, effetti...). Da qualche secolo a questa parte, però, noi occidentali abbiamo grossi problemi con i riti, e solo da pochi decenni la teologia ha iniziato a occuparsi seriamente della questione. Il risultato è una situazione complessa: prassi secolari, definizioni consolidate, pensieri nuovi e sfide pastorali inedite si incontrano e, non raramente, si scontrano. I sacramenti cristiani talvolta ci propongono piccoli-grandi rompicapi: teologie, definizioni e soluzioni pratiche - che, prese singolarmente, hanno buone ragioni - una volta inserite in un quadro unitario evidenziano clamorose incongruenze. Il libro, nato dall'insegnamento e in dialogo costante con gli operatori pastorali, tenta allora di mettere a nudo alcuni paradossi del celebrare cristiano, aprendo qualche cantiere per approdare a conclusioni sempre più accettabili.
Da alcuni anni si sente parlare di "teologia pubblica" con una certa frequenza. L'espressione si riferisce al lavoro di alcuni teologi attenti anche alla vita sociale e politica. L'idea di una teologia pubblica esprime il desiderio di essere in grado di dirigere la riflessione teologica sulla vita socio-politica per la società plurale nel suo insieme, senza limitarsi ai membri della comunità cristiana. Dietro quella dicitura sta un'intuizione profonda, una linea di riflessione interessante e originale per la società e la cultura in cui viviamo oggi. Allo stesso tempo, la gamma degli approcci possibili giustifica la varietà degli usi dell'etichetta "teologia pubblica" e dice che l'espressione non è univoca. Il saggio si incarica di avvicinare questa innovativa corrente teologica per conoscerla a fondo, per scorgere le sue possibilità e i suoi limiti, per pensare a sue possibili applicazioni.
Molti sono i volti che assume oggi la paura: per esempio la paura di attentati terroristici, l’ansia dettata da un’immigrazione fuori controllo e da una perdita di identità, il timore dei populismi di destra e di una scarsa lungimiranza in chi guida le nazioni... Quali risorse può mobilitare la fede per affrontare le paure che incombono su di noi – minacciose come altrettante spade di Damocle –, senza subirle né arrendersi? Possiamo lasciarci alle spalle le nostre ansietà? Senza avanzare pretese mirabolanti, Werbick esplora in profondità le diverse forme della paura e individua come la si possa vivere alla luce della fede biblica in Dio. Il suo è uno sguardo realistico, corretto, capace davvero di infondere coraggio in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo. «Non intendo eliminare del tutto la paura, però non voglio nemmeno compiacerla o, peggio, consegnarmi a lei. Difficilmente la semplice obiezione la impressiona. Mi piacerebbe riuscire a dirle la frase che la colpisce al cuore e la turba davvero. E, per farlo, devo intavolare un discorso attendibile...».

