
Teresa, come Teresa è. La vita, II Castello interiore, Le Fondazioni, Il Cammino di perfezione, le Poesie, sino alle opere minori - che minori non sono - rappresentano un corpo solo, capace di parlare con efficacia alla donna e all'uomo del terzo millennio. Il linguaggio di Teresa - qui esigente, là consequenziale, fintamente distratto e falsamente inconsapevole - parla come parla l'uomo d'oggi: per rimandi, schizzi, analisi ed effetti, che rendono difficile se non impossibile una traduzione "perfetta". Di qui, dunque, una nuova e invincibile scommessa: una traduzione delle opere della santa di Avila corredata del testo originale a fronte. Nuova, perché è la prima volta che così questi scritti sono presentati; invincibile perché la passione di "dire" porta spesso Teresa a esprimersi con un linguaggio tattico e paratattico, in cui denotazione e connotazione giocano in una sorta di ping-pong di sensazioni e possibili versioni, in cui si succedono riflessioni e ricordi come flash back cinematografici, apparentemente slegati, in realtà uniti da un filo che conduce parole e frasi dalla dimensione del saggio a quella della poesia, e da questa - per via d'ironia - alle vette della spiritualità. Qui a parlare è l'amore di Dio, per primo ricevuto dall'anima e da questa accettato, a superare il desiderio per poi tutta ritrovarsi nell'Altro dato. E questo, in Teresa, non si ferma alla teoria: l'ascolto si tramuta in fatti.
Il 29 agosto 1976, in una sala di Lilla, alla presenza di migliaia di fedeli entusiasti, mons. Marcel Lefebvre, nel corso della messa, pronuncia un'omelia che ha vasta eco. Il 'sermone di Lilla' segna una tappa ulteriore nel suo contenzioso con Paolo VI e costituisce un punto di riferimento fondamentale per i suoi seguaci della Fraternità San Pio X. Ma soprattutto ripete una condanna senza appello del concilio Vaticano II, il grande accusato. Tre decenni dopo, il decreto della Congregazione dei vescovi rimuove la scomunica di Giovanni Paolo II contro i quattro vescovi consacrati illecitamente da mons. Lefebvre. La revoca è firmata dal prefetto della Congregazione, ma la decisione, com'è ovvio, era stata di Benedetto XVI. Giovanni Miccoli traccia la storia della Fraternità e dell'atteggiamento assunto nei suoi confronti dai papi nei quasi cinquant'anni successivi al concilio. L'interesse che una tale storia presenta è molteplice: la relazione tra Roma e la Fraternità è illuminante per capire la realtà e i caratteri della drastica contrapposizione che si espresse all'interno del concilio, un vero e proprio scontro fra due modi diversi di pensare e vivere il cristianesimo e la Chiesa. Ma anche per indicare in quale direzione papato e curia hanno inteso di volta in volta dirigere la Chiesa cattolica, sia in riferimento alla sua vita interna sia nei suoi rapporti con gli 'altri'.
Un mondo variegato e percorso da tante correnti di pensiero, quello dei cattolici legati ai temi della sinistra. Spiccano innanzi tutto le figure di quei credenti che in entrambe le culture ritenevano vi fosse un forte interesse per i poveri e che si potessero trovare elementi comuni tra le idee della tradizione cristiana e l'utopia marxista. Fra questi ci sono don Primo Mazzolati, David Maria Turoldo e Camillo De Piaz, Ernesto Balducci, oltre a Giuseppe Dossetti e Giorgio La Pira. Altri credenti maturarono la convinzione che fosse possibile dividere la sfera religiosa da quella politica e dunque essere cattolici ossequienti alle direttive dell'Istituzione romana e insieme comunisti: professare una dottrina religiosa 'tradizionale' non poteva insomma precludere l'adesione al partito dei lavoratori. Poi ci sono stati i cattolici moderati che, in condizioni particolari (ad esempio negli anni delle violenze fasciste), ipotizzarono collaborazioni politiche con la sinistra e altri ancora erano convinti invece che l'associazionismo cattolico dovesse abbandonare la sua dimensione militante e spesso politica. Di tutti i nodi e i temi che Saresella indaga, uno dei più importanti è la questione dell'unità politica dei cattolici che, auspicata per molti decenni, andò scomparendo con la fine del ruolo di coagulo dei voti moderati e anticomunisti assunto dalla Dc nella Prima Repubblica. Infine, elemento di discussione che tornò in più occasioni fu quello del confronto teorico tra marxismo e cristianesimo.
In questo libro i documenti costitutivi che definiscono il carisma, l'organizzazione e le linee operative di questa associazione diffusa ormai in 30 Paesi del mondo che offre una speranza e, spesso, una famiglia, a coloro di cui non si innamora nessuno". "
Il card. Michele Pellegrino, nell'omelia pronunciata a Livorno per i suoi funerali, disse di don Emilio Guano: "Quando si scriverà la storia della chiesa negli ultimi decenni forse la figura e l'opera di lui prenderanno un rilievo inaspettato". Mons. Emilio Guano, una delle personalità più significative ed autorevoli della chiesa italiana nel novecento, viene ricordato in questo volume con le riflessioni di alcuni studiosi e le testimonianze di chi lo conobbe. I testi evidenziano l'attualità di don Guano, il suo radicamento nella chiesa genovese, la sua spiritualità, la sua santità, l'insistenza sulla vita di preghiera, la sua originalità emersa soprattutto durante l'esperienza del concilio Ecumenico Vaticano II. In particolare vengono affrontati tre aspetti peculiari della sua luminosa vicenda di presbitero e vescovo e del suo vasto pensiero: gli anni della formazione nella citta natale e nella Fuci, l'aiuto che egli forni nella redazione della costituzione conciliare Gaudium et Spes, il suo contributo nella definizione del profilo teologico del laicato.
La montagna simbolicamente riunisce il cielo alla terra, per questo in ogni mitologia e religione è considerata sacra, collocata al centro del mondo. Il libro rappresenta un'autentica spedizione, attraverso montagne sacre e cosmiche, che si svolge a tappe. Nella prima si seguono le linee essenziali del pensiero orientale invitanti all'ascesa del monte Meru, del Kailash, del Taishan, del Kunlun, del Koya, del Fuji. La seconda tappa è la ricerca degli influssi mesopotamici, persiani ed ellenici, con la ziqqurat, il picco di Hara, l'Olimpo, che confluiscono sulla cima del Nemrud Dagi. I grandi monoteismi si rivelano sul Sinai, sul Monte delle Beatitudini, sulla Montagna della Luce; aspirano al Qaf. Nella terza i sentieri reali, che non sono mai tali, scompaiono per lasciare spazio a mistiche salite interiori. Il fine dell'intero percorso è avvicinarsi al vuoto e al silenzio: peculiarità della montagna e cuore di ogni insegnamento profondo.
Alfano I fu monaco in Santa Sofia a Benevento, quindi a Montecassino; divenne abate del monastero di San Benedetto a Salerno e poi arcivescovo della città nel 1058. Personaggio eclettico, fu uno dei maggiori esponenti tra gli intellettuali benedettini del medioevo: scrittore versatile e colto, produsse pregevoli Inni, in qualche punto ispirati ad una notevole conoscenza di Orazio. Fu anche medico esperto, membro della Scuola Medica Salernitana, ed è proprio alla sua notevole conoscenza in questo campo che si deve la traduzione dal greco dell'opera di Nemesio, "Premnon Physicon" o "De natura hominis". Nel presente volume, oltre all'ampia introduzione che permette di comprendere appieno lo spessore culturale di Alfano I e di contestualizzare la composizione della sua opera nel panorama culturale dell'epoca, l'edizione critica del "De natura hominis" si arricchisce della collazione di un nuovo manoscritto, il codice Harley lat. 3969, superando quindi per completezza ed integrità, le edizioni precedenti, dalla prima, pubblicata da Holzinger nel 1887, fino all'ultima, presentata dal Burkhard nel 1917.
Il Cristianesimo è una religione politica o ha introdotto un principio di essenziale separazione tra sfera religiosa e sfera politica? Il tema è stato molto dibattuto nei tempi recenti da storici che sono andati a verificare i propri assunti alle origini del movimento cristiano. Invece di discutere il problema dell'essenza, Vittorio Frajese esamina il problema in un periodo determinato della storia europea: l'Italia del '500 e del '600. Comunque sia della sua essenza, è infatti certo che nell'Italia moderna la chiesa è stata un'istituzione politica e la religione è stata parte essenziale del governo degli uomini e della società. Il libro ricostruisce dunque alcuni aspetti essenziali del rapporto tra politica e religione nell'Italia moderna raccogliendolo in quattro grandi temi: la discussione sui rapporti tra potere ecclesiastico e potere civile avvenuta tra '500 e '600; le strategie pratiche e teoriche da due oppositori della chiesa controriformistica: Paolo Sarpi e Ludovico Zuccolo; le forme della censura; ed infine le specifiche categorie politico-religiose forgiate dalla cultura della Controriforma. Frajese ne individua quattro principali che hanno più profondamente inciso sulla storia italiana: il gesuitismo, il machiavellismo, l'ateismo e la "superstizione". Seguendo il filo di questi quattro concetti creati, o essenzialmente caratterizzati, nel corso della Controriforma, il libro indaga le categorie dello spirito italiano.
"L'Apologia de' teologi scolastici", scritto durante i dodici anni di detenzione a causa dei dissidi con le autorità ecclesiastiche, si presenta come un'analisi sull'incapacità del cristianesimo di adattarsi alla vita civile. Non a caso tale opera era preceduta dai "Discorsi sulle deche di Tito Livio", che sottolineava come invece i Romani avessero una religione del tutto compatibile con lo sviluppo della vita civile. Nell'Apologia Giannone cerca di dimostrare che gli errori della teologia scolastica erano solo conseguenze delle precedenti invenzioni e fraintendimenti dei Santi Padri, senza salvare in questa disamina né Agostino né Gerolamo.
La dimensione religiosa nella società italiana - in primo luogo il ruolo del cattolicesimo romano, ma anche quello delle altre forme religiose - è uno degli aspetti più intensamente indagati dagli studiosi di storia. Le proposte interpretative - come i terreni d'indagine, spesso luoghi di sperimentazioni innovative - sono state molteplici e talora contrastanti. Un tratto generale ha accumunato questo ricco dibattito: la persuasione che sul lungo periodo - e dunque ben al di là dell'opposizione cattolica allo Stato unitario e della ricomposizione concordataria del dissidio in età fascista e poi repubblicana la spiegazione dei caratteri fondamentali della penisola trovi un fattore decisivo nelle sue vicende religiose. Tuttavia assai poco è stato fatto per ricostruire questo corposo indirizzo dell'indagine storiografica. L'obiettivo del volume è proprio questo: descrivere per temi e figure l'itinerario dipanato dagli storici italiani del '900 - da Benedetto Croce a Renzo De Felice, passando per Ernesto Buonaiuti, Arturo Carlo Jemolo, Giovanni Tabacco etc. - nel delineare i volti assunti dal paese alla luce del ruolo svolto dalla religione.