
Nato nel 1932 nel Bronx, un quartiere periferico di New York, Mons. Hilary C. Franco racconta, in questo volume dal sapore profondamente autobiografico, la sua intensa esperienza pastorale negli Stati Uniti agli inizi degli anni Sessanta, ripercorrendo le tappe più importanti della sua vita, interamente spesa al servizio della Chiesa, lungo il pontificato di ben sei Papi: l'esperienza nel profondo Sud, il suo lavoro a Roma durante il Concilio Vaticano II, il tempo trascorso nelle missioni diplomatiche a Washington DC e alle Nazioni Unite. Monsignor Franco condivide i ricordi di alcune delle personalità più affascinanti che ha conosciuto nel corso degli anni. Presidenti degli Stati Uniti, Capi di Stato stranieri e santi come Padre Pio e Madre Teresa di Calcutta. Dal Bronx si ritrovò a lavorare con le figure più autorevoli e influenti della Chiesa cattolica. Frequentò da giovane il più importante Seminario di Roma, divenendo, di lì a poco, assistente speciale dell'arcivescovo Fulton J. Sheen, di cui è in corso la Causa di Beatificazione.
La spiritualità medievale, in particolare quella femminile, più che nelle classiche categorie della castità e della povertà, si esprime attraverso il cibo e la sua simbologia. E' sul cibo che si concentrano le preoccupazioni di quell'età affamata: nei peccati di gola si ravvisa la peggior forma di lussuria, nel digiuno la più dolorosa delle rinunce e l'atto del mangiare è la via più diretta per incontrare Dio. L'autrice ricostruisce le espressioni simboliche e artistiche di una religiosità complessa. Ne emerge un uso del cibo e della corporeità variegato che quasi nulla ha in comune con le moderne patologie alimentari.
Questo libro non è una biografia, ma una raccolta di testi frizzanti e profondi con cui, don Giorgio Buzzo, sacerdote veneziano, ha conquistato il cuore di tanti giovani, molti dei quali hanno abbracciato, grazie anche al suo sorriso contagioso e alla sua opera instancabile, la chiamata a dedicarsi al Signore. Un testo dedicato ai ragazzi adolescenti e agli adulti educatori con indicazioni non scontate sulla vocazione e sulle nostre comunità.
In questo secondo volume dell'opera "La porta della modernità" il pensiero teologico, la spiritualità, il lavoro pastorale e culturale nella diocesi di Milano sono incentrati su due uomini e due sedi: Carlo e Federico Borromeo con il loro rispettivo operato presso due palazzi della città, quello di Brera, per Carlo, e l'Ambrosiana, per Federico. In loro, e nelle istituzioni da loro fondate, una seria opposizione ai temi della Riforma protestante si sviluppa a partire dalla ben radicata consapevolezza dei grandi meriti di Milano, seconda solo a Roma. I gesuiti, presenti a Brera fino alla soppressione dell'Ordine, garantirono la continuità con un passato dottrinale che lentamente aprirono alle svolte moderne della coscienza filosofica e agli sviluppi del sapere scientifico. In Ambrosiana, l'ampio indirizzo culturale inaugurato da Federico, oltre a dimostrarsi sensibile alla riscoperta delle proprie radici, si spalancò alle civiltà antiche e ai mondi che si affacciavano in Occidente grazie alle relazioni dei missionari e dei viaggiatori. Il cattolicesimo non si avvitò così su se stesso ma, attraverso un processo incerto e faticoso, entrò in rapporto fecondo con chi intendeva plasmare il mondo dell'uomo senza negare la signoria di Dio. Qui s'intuisce già lo sforzo tipico dell'illuminismo cattolico lombardo.
L'Europa trova le sue radici culturali nell'eredità della civiltà greca e latina, potentemente innervata, corretta e rilanciata dall'alterità del pensiero cristiano. Il cristianesimo, infatti, ergendosi sui pilastri portanti della religione ebraica, ha potuto assumere, approfondire e piegare alle novità della rivelazione ebraico-cristiana anche le strutture del pensiero greco e la forza organizzativa e pratica del mondo latino. L'energia plasmatrice della cultura cristiana ha dato forma alla civiltà europea in Oriente e in Occidente, nonostante le dolorose fratture, succedutesi nel corso dei secoli, all'interno dell'unica Chiesa. Il libro, focalizzandosi, anche a livello di arti figurative, sul momento critico della Riforma e delle sue conseguenze, intende mostrare come le dimensioni fondamentali che definiscono l'universale appartenenza al consorzio umano - esprimibili in termini di anima, libertà, ragione, fede, volontà, azione e spirito - abbiano attraversato il mondo occidentale dando luogo a forme diverse di cultura cristiana che aspirano a una rinnovata unità. Tale unità può far leva sul caposaldo culturale e politico del Consiglio d'Europa, sorto prima ancora dei vari trattati economici. Si evidenzia così come il recupero dello spirito del Consiglio, immune dalla contingenza accusatoria formulata da un composito fronte sovranista, sia il rinnovato principio culturale della famiglia cristiana europea. Con un testo di Fabio Trazza.
Il sapere teologico elaborato dopo il Concilio di Trento reagisce agli attacchi della Riforma, e risponde ai problemi legati alla conquista violenta e all’evangelizzazione del Nuovo Mondo. Vengono alla ribalta gli interrogativi sulla libertà e la grazia, mentre la contrapposizione teologica tra “natura” e ”soprannatura” accredita anche il rinnovato interesse per il diritto naturale in campo giuridico e politico. Cresce perciò la riflessione sulla comune natura umana, sul significato e il valore dei costumi, delle leggi e delle istituzioni di popoli diversi da quelli fino ad allora noti. Altrettanto florida risulta la riflessione sulle ragioni della vita umana associata e sulla legittimità, la necessità e i limiti del potere politico in seno alla società civile. In ambito europeo, mentre si intensificano i conflitti tra le diverse confessioni cristiane, per altro ugualmente esposte al pericolo turco, si impone il problema della convivenza di confessioni e organizzazioni ecclesiali diverse.
GLI AUTORI
Franco Buzzi, nato nel 1948, è sacerdote della Diocesi di Milano dal 1972. Ha studiato teologia e filosofia a Milano, Roma e Monaco di Baviera. E’ membro del Collegio dei Dottori della Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Si tratta di un libro sull’intera teologia protestante, vista come in un lampo nella sua evoluzione storica e contenutistica, a partire dalla preriforma di Hus e Wycliff fino alle teologie contemporanee della speranza proposte da Moltmann e Panennberg.
Il testo è semplice e scorrevole per incoraggiare chi è digiuno di questi temi ad accostarsi ad essi con fiducia e a comprendere le affascinanti evoluzioni della storia, dalla preriforma alla teologia post-dialettica.
Il discorso si evolve per medaglioni, ma con un nesso logico continuo ed esplicito.
Spargimenti di sangue per dispute religiose, stragi, massacri e violenze di ogni genere sono una costante di ogni epoca storica. Anche oggi, in un mondo segnato dalla cultura del diritto e della legalità, si continua ad assistere a episodi efferati nei quali la fede viene issata a baluardo come folle giustificazione per ogni genere di crimine che venga commesso. Nel volume, che muove i suoi passi dall'efferatezza dell'utilizzo strumentale della religione per legittimare ogni azione compiuta, il filo conduttore è dato da una parola diametralmente opposta: tolleranza. La tolleranza come ragionevolezza degli umanisti e degli illuministi, come categoria politica o come incrocio tra eresia e ortodossia. E accanto a ciò la libertà, che dalla tolleranza trae la propria forza nell'esercizio della religione così come nella società civile.
La figura di Marianna Saltini (1889-1957) e la sua opera si inquadrano nel panorama storico tra la fine dell'Ottocento e il primo cinquantennio del Novecento in quella terra emiliana meglio nota come "bassa modenese", percorsa da violente lotte sociali che contrappongono il bracciantato, sostenuto dai socialisti, e la proprietà fondiaria detenuta da pochi ricchi. A partire dalla vasta documentazione raccolta dalla diocesi di Carpi negli anni '90 al fine di preparare la Positio per il processo di beatificazione, il volume inquadra Marianna Saltini nel più ampio impegno sociale (apostolato, mutuo soccorso, leghe, banche) della Chiesa cattolica locale e insiste sul contributo dato all'opera di ricostruzione fisica e morale del periodo postbellico anche dalle iniziative del fratello di Marianna, don Zeno, fondatore della comunità di Nomadelfia. Lo sforzo di documentazione dell'autrice si configura come un iniziale tentativo di rispondere al quesito sulla presenza, nelle terre emiliane, di una vivace tradizione di cristianesimo popolare ancora da indagare e approfondire nell'ambiente culturale e sociale esterno alla Chiesa. Prefazione di Ermenegildo Manicardi.
Gennaio 1964. Otto reportages al seguito di Paolo VI: un viaggio storico in cui per la prima volta un Pontefice visita i luoghi di Gesù.
La ricostruzione dell'allontanamento dal monastero di Bose del suo fondatore Enzo Bianchi.