
Nei monasteri del XII secolo una delle occupazioni fondamentali era la lectio divina secondo il metodo dell'antica tradizione. Poiché si riteneva che la semplice lettura del testo non fosse sufficiente per coglierne il senso profondo, l'unità interiore e il messaggio trascendente, si praticava una "lettura spirituale" di quella che veniva definita "Sacra Pagina" e, alla scuola dei Padri della Chiesa, la Bibbia veniva interpretata in modo allegorico. Se una tradizione culturale ispirata ai canoni dell'illuminismo aveva rigettato come insignificanti molti scritti di spiritualità monastica, gli studi più recenti ne hanno, al contrario, messo in luce il rilievo sapienziale e, come ha più volte ribadito Benedetto XVI, l'attualità e l'importanza nella vita della Chiesa. Raccordandosi con l'epoca patristica, la teologia monastica ne accoglie e sviluppa il metodo, i contenuti e lo stile, che si arricchiscono e si perfezionano nel corso dei secoli. Essa si differenzia dalle altre teologie, in particolare da quelle speculative, che sorgeranno più tardi, come la Scolastica, pur avendo in comune il riferimento alla Sacra Scrittura. La teologia monastica, infatti, non si propone primariamente l'elaborazione speculativa e razionale del dato biblico, ma la sua "comprensione spirituale" mediante una lettura "sapienziale" al fine di portare l'anima all'intimità con Dio.
Il silenzio appartiene alla parola, e la parola al silenzio. Scegliere questo atteggiamento, che è componente essenziale della vita contemplativa e cristiana, significa entrare nell'ascolto, riconoscere noi stessi come il "tu" di Dio. Nel poetico verso di Montale "Il tuo unico modo di vedere / era ascoltare" è racchiusa l'intuizione di questo volume: attraverso un itinerario guidato dalla luce dei Padri della Chiesa, il silenzio si disvela come sorgente nascosta e attrattiva liberante della parola umana, che si riconosce come parola verace nell'additare l'orizzonte divino.
Il volume rielabora un corso di esercizi su alcuni temi fondamentali del ciclo di Elia: la vocazione e la preparazione del profeta; la vedova di Zarepta: JHWH è il Signore della vita; Elia e Achab: la contestazione della storia che devia; il sacrificio del Carmelo: il richiamo della fede originale; il cammino dell'Oreb: il ritorno alle origini della fede; la vigna di Naboth: fede e giustizia sono inscindibili; il carro di fuoco: la morte come incontro con il Dio vivo.
La lotta di Giacobbe con l'angelo, narrata in Genesi 32,23-34, è contrassegnata dall'interrogazione e dal combattimento nel suo svolgersi, dalla ferita e dalla benedizione nell'esito conclusivo. È una suggestiva metafora dell'esperienza dei mistici: tensione irrisolta e lancinante, che scava nella carne e nello spirito, trova la sua traduzione nella preghiera di invocazione e di richiesta, di adorazione e di appello. E in due abbandoni: quello del Dio, che sembra continuare a nascondere il suo volto alla casa di Giacobbe (Is 8,17) e che genera desiderio e nostalgia, fatica ed esasperazione, e quello dell'orante, che dice affidamento e riconsegna nelle mani dell'Altro. Addentrarsi nella mistica e nella preghiera nel '900 significa incontrare alcune grandi figure di donne: Simone Weil, Adrienne von Speyr, Edith Stein; significa incrociare teologia e filosofia, preghiera e bellezza, preghiera e poesia. Significa anche interrogarsi su una via che l'ecumenismo ha poco frequentato, perché la mistica testimonia "l'esistenza di una Ecclesia spiritualis che riunisce tutti i suoi, nella forza e nel trionfo di uno stesso paradosso" (H. Corbin); "i mistici di quasi tutte le tradizioni religiose si assomigliano quasi fino all'identità" (S. Weil).
L'impegno cui l'autore ha consacrato tutta la propria vita è stato quello di studiare come poter essere ponte fra Oriente e Occidente. Il cuore della sua riflessione è l'insegnamento di John Main (1926-1982), un benedettino che ha fondato a Montréal una comunità la cui spiritualità è ora diffusa in tutto il mondo. John Main e Bede Griffiths hanno cercato di vivere, l'uno in Occidente e l'altro in Oriente, una vita monastica ricondotta a due elementi essenziali: la contemplazione e la comunità. Così, pur nelle differenze della sperimentazione di nuovi stili di vita monastica, la lettura profonda che padre Bede ha fatto degli scritti di padre John ha finito per far confluire i due movimenti.
Che cos’è la vita spirituale? Nel clima culturale postmoderno molte sono le forme di spiritualità oggi dilaganti: forme vagamente religiose, eclettiche, prive di un centro e spesso senza alcun riferimento alla persona, forme che tendono a confondersi e che in molti casi hanno ormai poco a che fare con l’autentica esperienza ascetico-spirituale cristiana, che trova nella sequela di Cristo il suo fulcro. Sollecitati dalla necessità di fare chiarezza anche in ambito cristiano, i contributi raccolti nel volume – frutto di un fecondo e appassionato confronto – tentano di far interagire i diversi ambiti della ricerca teologica intorno al significato attuale della spiritualità cristiana. Lo sforzo non è soltanto di riconsiderare la peculiarità spirituale cristiana per comprendere verso quale esperienza stiamo camminando, ma anche di sollecitare una più feconda interazione tra ricerca teologica, etica e vita spirituale, rivolgendo una particolare attenzione al concretizzarsi di questo incontro nell’esperienza di fede quotidiana.
Nella loro diversità e complementarità di percorso, gli autori si sono lasciati realmente interpellare dalle delicate questioni in gioco, ricercando con attenzione e cura prospettive concrete di orientamento della vita spirituale, a livello sia personale sia di azione pastorale comunitaria.
Note sul curatore
Natalino Valentini. Laureato in Filosofia all’Università di Bologna, ha svolto gli studi teologici presso l’ISSR dell’Università di Urbino sotto la direzione del prof. don Italo Mancini e corsi di specializzazione presso il Pontificio Istituto Orientale di Roma. Successivamente ha conseguito un dottorato di ricerca in etica ed antropologia presso l’Università di Lecce. La sua ricerca si è concentrata prevalentemente sul pensiero religioso russo del Novecento e sulla teologia ortodossa. Attualmente è direttore dell’ISR "A.Marvelli" della Diocesi di Rimini e collabora con il prof. Piergiorgio Grassi alla cattedra di Filosofia della religione dell’Università di Urbino. Svolge inoltre corsi seminariali di Spiritualità e teologia ortodossa presso l'Istituto Teologico Marchigiano di Ancona (aggregato alla Pontificia Università Lateranense). Oltre ai numerosi saggi dedicati prevalentemente al pensiero religioso russo, ha pubblicato: Memoria e Risurrezione in Florenskij e Bulgakov, Pazzini, Verucchio (RN) 1997; Pavel A.Florenskij: la sapienza dell’amore. Teologia della bellezza e linguaggio della verità, EDB, Bologna 1997. Negli ultimi anni ha curato alcune opere inedite di P.A.Florenskij: Il cuore cherubico. Scritti teologici e mistici, Piemme, Casale Monferrato 1999; Il significato dell’idealismo, Rusconi, Milano 1999; "Non dimenticatemi". Dal gulag staliniano le lettere alla moglie e ai figli del grande matematico, filosofo e sacerdote russo, Mondadori, Milano 2000; Ragione e dialettica, Morcelliana, Brescia 2001 (di prossima pubblicazione). Recentemente ha curato il volume: Cristianesimo e bellezza. Tra Oriente e Occidente, Paoline, Milano 2002.
Il motto della vita benedettina ora et labora evidenza l’importanza dell’equilibrio tra attività e preghiera. La Regola di Benedetto utilizza tre parole-chiave nel trattare la problematica: vocazione, ovvero l’essere chiamati a ‘fare’; ministerialità, ovvero il prendersi cura di ciò che è stato dato; obbedienza nel servirsi reciprocamente. Il volume sviluppa questi temi, applicandoli all’esperienza di lavoro nel mondo moderno, nello sforzo di testimoniare come ancora oggi il lavoro ci faccia collaboratori di Dio nel portare a compimento l’intera creazione.
Note sull'autore
Il motto della vita benedettina ora et labora evidenza l’importanza dell’equilibrio tra attività e preghiera. La Regola di Benedetto utilizza tre parole-chiave nel trattare la problematica: vocazione, ovvero l’essere chiamati a ‘fare’; ministerialità, ovvero il prendersi cura di ciò che è stato dato; obbedienza nel servirsi reciprocamente. Il volume sviluppa questi temi, applicandoli all’esperienza di lavoro nel mondo moderno, nello sforzo di testimoniare come ancora oggi il lavoro ci faccia collaboratori di Dio nel portare a compimento l’intera creazione.
Ritornare all’archetipo monastico dei primi secoli è sempre fonte di grande arricchimento, e ancor più se ad accompagnare nel percorso è un maestro del vaglio di p. Adalbert De Vogüé. Il suo metodo di studio è storico, muove cioè dal vivere concreto delle comunità delle origini, e la sua ricerca è di tipo esegetico: a partire dai testi, giunge a dare ragione delle evoluzioni del pensiero teologico-monastico, sia nel contesto dell’Oriente cristiano che nel passaggio al monachesimo d’Occidente.
Il volume propone in lingua italiana quattro studi tra i più significativi apparsi nella voluminosa raccolta di scritti dell’autore pubblicata col titolo Regards sur le monachisme des premiers siècles (Studia Anselmiana 130, Roma 2000, pp. 910). Sono i temi classici del monachesimo che vengono approfonditi: la separazione dal mondo, l’obbedienza, i ritmi e gli orari della preghiera, il lavoro, la lettura e la meditazione, l’importanza del silenzio.
Descrivendo la necessità del cenobitismo e insieme il grande valore della vita eremitica, De Vogüé presenta i rapporti costitutivi tra eremitismo e vita comune per una autentica e sana vita monastica: non si tratta infatti di due vie in opposizione ma piuttosto complementari ed entrambe decisive per la costituzione ecclesiale del monachesimo.
Sommario
Presentazione (A. Barban). 1. Per leggere i monaci antichi. 2. Le comunità dei monaci alla luce del Nuovo Testamento. 3. Vita religiosa. 4. Rinuncia e desiderio.
Note sull'autore
Adalbert De Vogüé (1924) è monaco benedettino nell’abbazia Sainte-Marie de la Pierre-qui-Vire (Francia). Massimo studioso della Regula Magistri e della Regula Benedicti, ha dedicato la sua ricerca agli autori, alla dottrina e alle istituzioni dei primi secoli del monachesimo cristiano. Per molti anni è stato professore di teologia monastica presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo (Roma). Tra le sue opere, in italiano: La Regola di S. Benedetto. Commento dottrinale e spirituale, Abbazia di Praglia 1988; Il monachesimo prima di S. Benedetto, Abbazia S. Benedetto di Seregno 1999; S. Benedetto uomo di Dio, Cinisello Balsamo 1999; in francese, sette volumi sulla Regola di Benedetto nella collana «Sources Chrétienne» (nn. 181-186); De saint Pachome à Jean Cassien. Etudes littéraires et doctrinales sur le monachisme égyptien à ses débutes (Studia Anselmiana 120), Roma 1996.
Il volume costituisce una rilettura a più voci dell’esperienza monastica benedettina camaldolese, che si presta anche ad essere un’occasione per meglio comprendere la spiritualità monastica cristiana nei suoi tratti costitutivi.
Il discorso ruota attorno a due poli di riferimento: la memoria della propria identità e l’ascolto della Parola di Dio.
Un’identità fedele alla propria tradizione e insieme dinamicamente aperta nella relazione alle complessità del mondo odierno; una memoria viva in cui passato e presente, trascendenza e storia si richiamano e si intrecciano; un’attenzione all’ascolto della Parola come cuore della stessa vita religiosa, secondo le indicazioni del Vaticano II, e come luogo di maturazione e consapevolezza del proprio essere cristiani a servizio dell’intero popolo di Dio.
Sommario
Introduzione. a) Dove va il monachesimo? (A. Barban). b) “Come acqua di sorgente” (J.H. Wong). I. Contesto. 1. Monaci oggi nella Chiesa (E. Bargellini). II. Memoria. 2. Vita contemplativa e monachesimo camaldolese (I.G. Gargano). 3. Triplex bonum: carisma romualdino-camaldolese (J.H. Wong). III. Polarità complementari. 4. Pro privilegio amoris (G. Cicchi). 5. Solitudo aurea (P.D. Belisle).
IV. Preghiera. 6. Centro di unificazione: spiritualità liturgica (E. Bargellini). 7. «Una cosa ha detto Dio, due ne abbiamo udite» (Sal 62,12). Il cammino spitituale della lectio divina (A. Barban). 8. L’acqua viva: Preghiera silenziosa e continua (J.H. Wong). V. §Testimonianza. 9. I camaldolesi in dialogo (T. Matus).
10. Responsabilità e servizio (S. Frigerio, L. Saraceno). 11. Due testimoni (M. Porcellato, B. Cozzarini).
VI. Profezia. 12. Grammatica dell’ospitalità (S. Rotili). 13. Presenti al presente. Intrecci fra cultura contemporanea e monachesimo (I. Nicoletto). 14. Il futuro della sapienza monastica (B. Barnhart).
Note sui curatori
Alessandro Barban è monaco camaldolese e priore dell’eremo di Fonte Avellana (Pesaro-Urbino). Laureato in storia presso l’Università degli studi di Bologna, ha poi studiato teologia al Pontificio Ateneo S. Anselmo e alla Pontificia Università Gregoriana. Ha pubblicato La fede pregata (Paoline 1997) e ha curato l’edizione italiana di R. Kearney-Gh. Lafont, Il desiderio e Dio (San Paolo 1997); dirige la collana Quaderni di Camaldoli (EDB).
Joseph H. Wong, cinese di Hong Kong, monaco dell’eremo di New Camaldoli in California, ove è maestro degli studenti, è il visitatore della comunità monastica di Camaldoli. Laureato in teologia alla Pontificia Università Gregoriana, con una tesi su K. Rahner (Logos-Symbol in the Christology of Karl Rahner, 1984), già professore di teologia presso l’Università Pontificia Salesiana, è ricercatore presso il Ricci Institute for Chinese-Western Cultural History dell’Università di San Francisco. È autore di numerosi saggi di teologia e spiritualità in inglese, cinese e italiano, e curatore, insieme con B. Barnhart, di Purity of Heart and Contemplation: A Monastic Dialogue between Christian and Asian Traditions (2001). Tiene corsi di teologia nel seminario di Shanghai, Cina.
Che cos'è la vita spirituale? È qualcosa che riguarda solo la dimensione interiore, il luogo nascosto in noi, lo spazio della verità oppure investe la complessità della vita a partire dalle esperienze più quotidiane e concrete? Quali forme e quali percorsi assume? Queste sono solo alcune delle tante domande che possono sorgere quando ci si imbatte o ci si inoltra in questo vasto orizzonte. La stessa espressione "vita spirituale" è molto ampia e può essere usata con diverse accezioni, sino a giungere alla rarefazione, pericolo forse inevitabile poiché questa dimensione della vita riguarda ogni uomo nel momento in cui si pone alcune domande fondamentali e nel momento in cui scende in profondità. A partire dalla loro esperienza di monaci, gli autori evitano di identificare con troppa facilità vita spirituale e vita monastica. Il monastero favorisce certamente la "vita secondo lo Spirito" come struttura, modello, forma, ma non la garantisce se non c'è la scelta quotidiana di lasciarsi guidare dallo Spirito nei cammini che formano l'uomo interiore.
La spiritualità monastica ha un valore paradigmatico per l’insieme della vita della Chiesa. Il monaco è solo un cristiano che cerca di prendere il suo battesimo sul serio e per questo la sua esperienza parla a tutti i fedeli che desiderano fare altrettanto anche in stili di vita diversi. Al monachesimo è sempre associata l’idea di saggezza, cioè di un’esperienza lungamente distillata nei suoi due millenni di storia; esso infatti integra profondamente spiritualità e umanità coltivando tutti gli aspetti del vivere e cercando la santità non solo nella preghiera, ma anche attraverso il lavoro, la condivisione del cibo, il sonno, la vita fraterna.
Questo saggio si sofferma in particolare su vari aspetti del monachesimo che possono ispirare la vita ecclesiale: l’evangelizzazione, l’agire cristiano, il celibato e la castità, la leadership, la sofferenza e la prova, l’esperienza di Dio, la riforma delle strutture e l’attività teologica.