
Strumento dell’arte spirituale, la regola di vita ha caratteristiche che la differenziano radicalmente da ogni altra regola che si elabori in ambiti convenzionali (il gioco, le scienze matematiche, la lingua), è opera d’arte, segno che connota la singolarità di un’esistenza umana. In questo libro se ne ricerca il sorgere, la si rintraccia della narrazione evangelica e nell’esperienza cristiana originaria, la si colloca entro polarità significative. E, infine, si propone un itinerario per scoprire, creare, la propria regola di vita.
Contro i mali del mondo Dio crea l'essere umano. Lo educa attraverso la bellezza. Non gli risparmia la sofferenza, perché «nulla di fronte agli uomini sfigura il corpo più della sofferenza, ma nulla davanti a Dio abbellisce l'anima più dell'aver sofferto» (Meister Eckhart). Cristo "apprende dal dolore che cosa significhi essere uomo". Non viene sulla terra a dare una spiegazione alla sofferenza, ma a prenderla su di sé, a darle un senso, a trasformarla in grandezza, in opportunità, in un tentativo di squarciare il Cielo con un urlo. E il Cielo non rimane muto. Risponde. Fa comprendere al credente che l'ultima parola non è mai la morte. L'ultima parola è sempre: Amore. Questi i messaggi del teologo Valentino Salvoldi che - alternando, con parole semplici e profonde allo stesso tempo, l'esegesi alla teologia narrativa - ci aiuta ad amare quel Dio che si nasconde e tace perché l'essere umano si manifesti, possa parlare ed entrare nel Mistero. E imparare che la croce non si spiega, si adora.
Un economista e un biologo dialogano sulla loro esperienza di fede. Partendo dalla ragionevolezza della fede cristiana e dalla considerazione di come la ricerca, scientifica e sociale, abbia la necessità di allargare i confini della ragione, il dialogo offre al lettore informazioni sulla regolazione della sintesi proteica e l'economia di mercato. L'esperienza di fede scaturita da tali considerazioni reclama poi un coinvolgimento più personale degli autori, da cui emergono le loro (non lievi) differenze culturali e politiche, ma anche l'irriducibilità dell'esperienza di Dio.
Attraverso dei temi chiave (debolezza, verità, autenticità, relazioni, ferialità e grazia) il testo cerca di indagare quale dovrebbe essere il profilo spirituale di un testimone. La testimonianza è un tema chiave per il cristianesimo perché dice che l'esperienza di fede non ha solo come scopo quello di santificarci ma anche quello di essere segno per gli altri. In che senso il cristiano è segno? In che senso deve diventare guida? In che senso la sua luce non può restare nascosta? Il testo cerca di rispondere a queste domande cercando di riportare alla luce del sole ciò che la cultura contemporanea vuole rilegare all'intimistico.
Quante promesse fa Dio al suo popolo, e quante ne fa Gesù a chi incontra sul suo cammino? Innumerevoli. E una sola! Nei Vangeli la parola “promessa” non appare neppure, così come non appare nell’Antico Testamento. Dio semplicemente parla, non ha bisogno di promettere, “dice”, e la sua parola è profezia che si attua, certezza, dono gratuito. Perché ogni volta che Dio promette si “compromette”, pronto a pagare di persona perché quanto dice si realizzi, a cominciare dalla promessa pronunciata sulla croce a un brigante qualsiasi: “Sarai con me in paradiso”.
Mistica è una parola che, da quando è stata adoperata dai romantici per indicare l’irrazionalità che loro stessi attribuivano all’esperienza religiosa, ha perso la sua precisione. In questo volume è stata però indagata nella sua accezione classica di percezione particolarmente lucida del mistero di Dio. Il libro propone una fitta trama di testi, antichi, moderni e contemporanei, che si inseriscono in un’architettura solida, congegnata per offrire al lettore un approfondimento del fenomeno mistico attraverso la lettura antologica di alcuni testi paradigmatici della letteratura cristiana, che vengono qui analizzati e commentati.
a prudenza è radicamento consapevole nella realtà, attenta valutazione delle circostanze ed equilibrio delle virtù. La prudenza è il segreto del dialogo. Cosa è necessario affinché il nostro cuore si incontri con quello dell'altro? Come deve essere il dialogo perché porti a unire? Di cosa abbiamo bisogno perché le parole dette e quelle ascoltate diventino pilastri di un ponte su cui incontrarci a metà strada, così da mettere a fuoco le rispettive esigenze, aspettative, sogni, timori e scoprire che, in fondo, stiamo cercando la stessa cosa? Giuseppe l'egiziano ci viene in soccorso per insegnarci cosa significa prendere una strada abbagliati dalla presunzione, per poi fallire, cadere, rialzarci, imparare a leggere tra le pieghe dei sogni, affidarci e incontrare di nuovo chi ci sta più a cuore.
Come è stato interpretato e utilizzato il grido d'abbandono del Crocifisso che si legge in Mc 15,34/Mt 27,46 da parte dei Padri della Chiesa? L'autore offre un percorso da Giustino fino ai Padri del V secolo inclusi. In concreto essi si riferiscono sempre a Mt 27,46, ciò che conferma il poco interesse al vangelo secondo Marco. A questo grido è legato anche la sentenza di Dt 21,23 "maledetto di Dio l'appeso al legno", di cui bisogna tenere conto. La ricerca termina con un bilancio che sintetizza l'insieme, presentando un quadro della ricerca esegetica attuale sull'argomento.
Dio ci parla attraverso la sua Parola, per mezzo della natura, degli eventi o tramite le persone. Ma non riusciamo a comprendere le sue parole se non siamo capaci a farle echeggiare nella nostra intimità. Tutto diventa Parola, invece, se impariamo a leggere la nostra parabola personale. Le parabole contenute in questo volume sono storie che l'autore ha ascoltato negli anni del suo primo incontro con la fede, quelli dell'adolescenza, e poi ha trasformato, arricchendole con riflessioni, digressioni e dialoghi, in veri e propri racconti, a corredo dei quali propone agili approfondimenti esistenziali, esegetici e spirituali che accompagnano il lettore nella meditazione. Come tutte le parabole, anche quelle qui proposte possono essere raccontate ai bambini e ai ragazzi, ma sono scritte fondamentalmente per i grandi e per grandi(re), cioè per diventare grandi, per apprendere l'arte di osservare la realtà nelle sembianze di una fiaba.
Il giudizio ci permette di conoscere la realtà colmando lo spazio che c'è tra l'astrazione e la concretezza. Ma l'atto di giudicare si traduce molto spesso nella pratica di pensare male senza motivo. Nel Vangelo Gesù dice: «Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato» (Mt 12, 36-37). Attraverso riflessioni, approfondimenti e meditazioni, il volume consente di comprendere come giudicare male sia sempre una mancanza d'amore, poiché equivale a ignorare il cuore, la storia e il mondo di un'altra persona. Tutti noi siamo chiamati a guardare gli altri non attraverso i nostri occhi ma lasciandoci ispirare dal Signore.
In un mondo che predica la velocità, venera il "tutto e subito" ed è schiava della possibilità di essere sempre online, la pazienza non è debolezza ma la sola possibilità, umana e cristiana, di scardinare il tempo. In essa convivono dolore e passione ed è proprio in questo contrasto che risiede la sua forza. È per questa sua natura che la pazienza è tra le virtù che identificano le vite dei santi, dei saggi, dei samurai, dei monaci, dei pescatori, dei contadini e degli artisti. Perché la pazienza è una forza che trasforma e modella. E tutto ottiene.
Pur in un’epoca di grandi cambiamenti, ci sono verità che restano sempre attuali. La verità non si acquisisce una volta per tutte, ma è frutto di una continua ricerca, anzi essa stessa è ricerca. Ciò, tuttavia, non osta al fatto che ci siano aspetti della vita più veri di altri e che non tutto sia equivalente. Almeno alcune verità, pur modificandosi sotto tanti punti di vista, nella sostanza resistono al tempo. Certo non sono verità perentorie, assolute. Si presentano piuttosto come piste di ricerca e di scoperta ineludibili: il sapere chi siamo noi come persone, qual è il fine ultimo della nostra esistenza, come si debba camminare per giungere alla meta del nostro viaggio. Sono queste verità intergenerazionali di cui urge parlare.

