
Nel nostro frettoloso e distratto andare, spesso non siamo in grado di cogliere quei particolari che ci parlano dell'Amore di Dio, della Sua divina presenza tra noi. Il Respiro del giorno nasce attraverso un cammino fatto di silenzio e di preghiera, dove lo Spirito Santo trova spazio per illuminare e dare un significato nuovo a cose, persone, esperienze... cercando di cogliere quella particolare novità nascosta in ogni realtà. Prefazione Renato Boccardo. Postfazione Luciano De Michieli.
Un mazzo di fiori variegati viene raccolto nel grande prato del mondo e tenuto insieme da un nastro rosso: la speranza. È la speranza cristiana la vera ed incondizionata protagonista delle nove storie di donne che vengono proposte. L'intento è quello di dimostrare come il Signore attraverso vie a volte molto capillari, entra nella nostra vita per portarci un'ancora di salvezza, una possibilità di rinascita. Basta un po' di lievito, per fermentare la pasta della nostra umanità e lasciando agire la grazia divina, possiamo diventare come il pane, qualcosa di bello e di nuovo, che non avremmo mai immaginato.
Le tre meditazioni di p. Lepori, predicate agli annuali esercizi per sacerdoti proposti da Comunione e Liberazione, partono dall'esperienza della misericordia del Padre per condurci ad una rilettura dei Vangeli intesa a concepire noi stessi come uomini che vivono alla presenza di Cristo, consapevoli di essere oggetto di un amore che nessun altro può rivolgerci.
GLI AUTORI
P. Mauro-Giuseppe Lepori, nato a Lugano nel 1959, si è licenziato in filosofia e teologia presso l’Università Cattolica di Friburgo (Svizzera). Entrato nel 1984 nell’Abbazia cistercense di Hauterive, presso Friburgo, ne è stato eletto abate nel 1994. Per Marietti ha pubblicato L'amato presente (Genova-Milano2003) e Simone chiamato Pietro (Genova-Milano 2004).
Che senso ha vivere se dobbiamo morire? Questo saggio è stato ispirato essenzialmente da questa domanda. Che senso ha la vita umana, così grande e così fragile, così sublime e così misera, tesa all'infinito e sfidata dal limite? È questa la domanda che anima il desiderio di vivere e stimola la ragione. E la risposta adeguata non può mai essere solo un discorso astratto, una teoria, ma la testimonianza di un'esperienza, di un incontro, di un avvenimento che soddisfano il cuore placando la sua naturale inquietudine. Solo un'esperienza di vita che vince la morte senza censurarla è la risposta adeguata alla vita che domanda una pienezza più grande dei suoi limiti.
La tentazione di ogni essere umano è quella di cercare la propria libertà lontano da ogni dipendenza. È la tentazione adolescenziale di voler vivere la propria libertà, e quindi la propria vita, senza padri e senza maestri. La tentazione di conoscere la verità senza impararla, e di vivere senza essere generati. La pretesa di essere liberi senza obbedire, senza ascoltare e senza seguire. Per uscire da questa deviazione, non solo del nostro comportamento, ma della nostra natura umana, occorre anzitutto ritornare col cuore e con la vita ad un padre e maestro. L'umiltà che ci è chiesta è quella, infatti, di credere veramente che ci è dato di conoscere tutto accogliendo anzitutto il rapporto di amicizia col Signore. Come lo dice in altre parole san Benedetto: "Non preferire nulla all'amore di Cristo" (RB 4,21). Preferire l'amore di qualcuno: è questa in fondo la migliore definizione dell'amicizia.
Il capitolo 7 della Regola di San Benedetto parla di Cristo e della nostra adesione totale a Lui: l'umiltà, essendo la forma della vita e del mistero di Cristo, e' la via della nostra conformazione a Lui, e della nostra partecipazione al mistero pasquale, quindi la forma con cui viviamo liberamente e pienamente la grazia del nostro battesimo.Questo vuol dire che la sola ragione di abbracciare l'umiltà e di progredire in essa e' il desiderio di Cristo, il desiderio di aderire e conformarci a Gesù Cristo. Solo in Lui e per Lui l'umiltà ha senso e si può vivere come pienezza di vita.
L'epoca moderna ha cercato di conservare molti valori di origine cristiana - ragione, libertà, verità, fratellanza, giustizia - separandoli dalla loro sorgente. Ma la storia dimostra che, se non permane Colui che li fa sorgere, «queste grandi cose senza le quali non c'è vera umanità diventano irreali» (De Lubac). Da dove ripartire in un tempo che papa Francesco ha definito di «cambiamento d'epoca»? Dallo stupore di fronte alla misericordia di Dio che si manifesta in Cristo: «Volle venire Colui che si poteva accontentare di aiutarci» (San Bernardo). Le meditazioni contenute in questo libro sono un aiuto e un invito a lasciarci trascinare dal venire di Cristo nel mondo. Seguendo quell'uomo, come per Giovanni e Andrea, inizia un cambiamento di sé e della realtà. Anche l'operare acquista la sua vera consistenza. «Solo uno stupore per l'avvenimento di Cristo ci può mandare, anzi: portare, attirandoci, verso tutte le periferie in attesa della Salvezza» (padre Lepori).
Terzo volume della collana Ascolta e Cammina che raccoglie gli scritti dell'abate generale dei Cistercensi Padre Mauro Giuseppe Lepori. Per il modo di esprimere i suoi pensieri e di fermarli sulla carta Lepori è uno degli autori più letti e seguiti nel panorama della cultura cattolica italiana. Nel libro il padre Lepori approfondisce il tema della preghiera che rappresenta un canale privilegiato per parlare e per ascoltare Dio. L'autore attingendo dalla tradizione dell'Ordine cistercense, di cui è abate generale, compie suggestive riflessioni sulla spiritualità propria del monachesimo occidentale.
"In Christi amore prò inimicis orare. Pregare per i nemici nell'amore di Cristo." (KB 4,72). È questo il consiglio della Regola di San Benedetto che meglio sintetizza il centro e l'ampiezza della mistica, del cuore mistico della nostra vocazione cristiana e monastica. Mistica non vuol dire essere fuori dalla realtà, ma vivere con la coscienza della realtà totale, quindi mettere al centro della nostra vita e del nostro cuore il rapporto con Dio. Non essere coscienti della natura profonda del nostro cuore ci rende meno vivi, non solo nel vivere le esperienze drammatiche ed estreme, ma la vita quotidiana, la vita che ci è data da vivere ogni giorno con pienezza. È urgente che ci aiutiamo a capire come vivere consapevolmente l'esperienza centrale del cristianesimo, perché essa è appunto l'esperienza centrale della nostra natura umana, è il cuore della nostra umanità, è la scoperta del nostro cuore. Perché è solo da lì che può sempre rinnovarsi e fiorire una vita, una vocazione, una comunità, un Ordine, la Chiesa tutta.
«Chi è l'uomo che vuole la vita e desidera vedere giorni felici?» (RB, Prol. 15) Dio e l'uomo si cercano. Dio ha bisogno dell'uomo e l'uomo ha bisogno di Dio. Hanno bisogno l'uno dell'altro per realizzare la stessa opera: l'immagine di Dio nell'uomo. L'umiltà di riconoscere e adorare Dio nell'uomo è ciò che ci rende perfettamente umani, totalmente umani. Umani nel rapporto nuovo di comunione, di onore e di carità che possiamo offrire a tutti, offrendolo anzitutto a Cristo stesso. È così che l'avvenimento cristiano, di cui san Benedetto ci educa a fare esperienza, ha trasfigurato, trasfigura e potrà sempre di nuovo trasfigurare il mondo umano. E oggi è più necessario che mai. Vi invito a ripartire umanizzando il mondo con l'umiltà totale che adora e accoglie Cristo in ogni persona che incontrerete.
«Che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell'uomo, perché te ne curi?» (Sal 8,5) Avere cura degli altri è l'atteggiamento che sintetizza l'esercizio della misericordia. Incarna l'amore per la vita dell'altro, per la sua crescita, per la sua felicità. San Benedetto è cosciente che la cura per l'altro inizia dall'attenzione che esercitiamo verso le necessità e le miserie dei fratelli e delle sorelle. E l'attenzione è uno sguardo, un vedere ciò di cui l'altro ha bisogno, una sensibilità per il bisogno degli altri, come quella del Padre, di Gesù. «Imiti il misericordioso esempio del buon Pastore» (RB 27,8): la cura del buon Pastore si esercita anzitutto nel vegliare sul gregge, nel tenerlo sott'occhio. San Benedetto ha fissato gli occhi su Gesù, Pastore misericordioso, e quando chiede all'abate di imitarne il pio esempio, la prima cosa che gli chiede è che anche l'abate impari come deve essere e agire «tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,2).