
Albert Schweitzer, teologo protestante e musicista, partì missionario e in un appassionato sforzo di imitazione di Cristo si diede alla cura della popolazione africana fondando un ospedale (a Lambaréné, nel Congo francese). Divenne, nel mondo, simbolo della generosa dedizione ai malati di lebbra. Fu a causa di questo fascino che un grande romanziere di formazione cattolica come Gilbert Cesbron volle dedicargli questo dramma teatrale. Nei tre personaggi del dramma (il dottore, il costruttore, il missionario) si esprimono tre modi di intendere la promozione umana e l'esito della carità. La figura di padre Carlo emerge per maggiore umiltà e ragionevolezza. Nell'amicizia e nella differenza tra lui e Schweitzer è proposto il tema profondo dell'opera.
Un libretto augurale con frasi di santa Teresa di Calcutta e di papa Francesco che aiutano a comprendere il senso del Natale.
Nelle parole di Madre Teresa, la vera essenza del Natale: il messaggio di pace e speranza da trasmettere a tutti gli uomini.
Un simpatico libricino per tutti sul tema della nascita.
Un giorno mi trovavo in compagnia di amici e, notando il mio sguardo perso, uno di loro mi ha chiesto che cosa stessi facendo. «Sto pensando», ho risposto. «Beato te che c'hai tempo». Una risposta che mi ha colpito come un pugno in faccia, e al malessere che il mio sguardo perso nascondeva si è aggiunto quello per il mio amico, che vedeva quel mio pensare come una perdita di tempo. È nato così un viaggio nel mio mondo interiore che è poi diventato una sorta di diario, attraverso continui riferimenti alla mia vicenda esistenziale e a quella delle persone che, nella mia vita da prete, incontravo ogni giorno. In queste pagine troverete il mio personale tentativo di ritornare dentro di me; evitando trappole e ulteriori nascondimenti e perlustrando con attenzione le tappe di un cammino interiore che è il solo che può donare pace. Proprio per questo il libro andrebbe letto con lentezza e senza fretta. Cercando di fare soste prolungate nelle zone ecologiche che vi si trovano, ricordando che «quello che conta è il percorso del viaggio e non l'arrivo» (Thomas S. Eliot).
Ogni parola di questo libro nasce da un fatto, da una lacrima, da una tragedia, da una nuova possibilità.
E ogni fatto di speranza è ripetibile, a portata di mano di ogni uomo e di ogni donna, a qualsiasi latitudine. Se un uomo o una donna imparano a non vedere nell'altro un nemico, un affare, un problema, entrano nel campo delle opportunità. Perché nell'altro ci possiamo rispecchiare, nell'altro possiamo trovare un riflesso di sapienza, un maestro. La mia vita ha incontrato la logica del «non bussate, è già aperto», mi sono lasciato incontrare da migliaia e migliaia di persone: poveri e ricchi, ultimi e primi, piccoli e grandi. Attraverso la fatica mia e degli uomini in cui mi sono rispecchiato, lentamente ma decisamente ho cancellato le parole «mio», «nemico», «diverso», «infedele». Questa scelta mi ha disarmato! Ogni incontro ha allargato il mio cuore e la mia mente, mi ha reso diverso. Non è retorica quando dico che sono un bambino di strada, una prostituta, uno straniero, un malfattore. Conosco il dolore, conosco i limiti, conosco le contraddizioni della vita, ma in tutto questo ho scoperto la speranza. È a lei che dedico questo libro per dire che il bene esiste nella misura in cui trova casa in me, in noi, in tutti, e che solo il bene può trasformare il male. Senza finzioni, senza moralismi, senza trionfalismi. Mi piacerebbe che chi legge questo libro potesse dire: «È capitato a lui, può capitare anche a me».
Ernesto Olivero
Giovanni Paolo II nel 2000 si è inginocchiato nella Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme e ha detto con emozione e con sicurezza: «Questo è il luogo più sacro del mondo. Questa tomba vuota è la testimonianza silenziosa dell'evento centrale della storia umana». Perché? Perché Cristo è vivo ed è risorto! È da questa certezza che si snoda la riflessione del card. Comastri, per mostrare come la luce della Risurrezione abbia lasciato degli inconfondibili segni in tutta la storia umana.
Di fronte alla fatica quotidiana, che invoca un bisogno di libertà e, insieme, ci impedisce di sentirci fuori dal terribile senso di colpa che spesso ci attanaglia, nelle nostre relazioni umane e anche nel rapporto con Dio, la Scrittura ci offre una via d'uscita unica e rasserenante. Le pagine bibliche, infatti, rovesciano il nostro modo di pensare, chiuso su noi stessi, per aprirci a una nuova prospettiva: non siamo noi al centro della storia — o meglio, lo siamo, ma solo quando ci confrontiamo con l’amore di Dio svelato nello splendore di Cristo e del suo dono. Così ribadisce l’autore di queste pagine: «Di fronte alla bellezza di Cristo non possiamo che smettere di sentirci in colpa, per quello che siamo stati o per quello che non abbiamo saputo essere. Resta solo una voglia — matta e lucida — di voler diventare finalmente noi stessi. Ecco come si supera quel senso di colpa di cui facciamo così fatica a liberarci: con il senso di stupore per quanto Dio ha voluto compiere, donandoci suo Figlio e svelandoci quanto il suo amore possa ammettere sconfitte ma sia incapace di rinunciare a noi». Secondo di tre volumi che mettono a tema la libertà dell’uomo nel suo rapporto con Dio — ma leggibile anche autonomamente dal precedente, Non siamo stati noi — questo libro nasce da predicazioni serali, a contatto diretto con un pubblico di giovani e meno giovani: una lettura biblica originale e moderna, benché rigorosa sia nelle intuizioni sia nella scritttura, personale e curatissima.
Di fronte alla fatica quotidiana, che invoca un bisogno di libertà e, insieme, ci impedisce di sentirci fuori dal terribile senso di colpa che spesso ci attanaglia, nelle nostre relazioni umane e anche nel rapporto con Dio, la Scrittura ci offre una via d'uscita unica e rasserenante. Le pagine bibliche, infatti, rovesciano il nostro modo di pensare, chiuso su noi stessi, per aprirci a una nuova prospettiva: non siamo noi al centro della storia - o meglio, lo siamo, ma solo quando ci confrontiamo con l'amore di Dio svelato nello splendore di Cristo e del suo dono. Così ribadisce l'autore di queste pagine: «Di fronte alla bellezza di Cristo non possiamo che smettere di sentirci in colpa, per quello che siamo stati o per quello che non abbiamo saputo essere. Resta solo una voglia - matta e lucida - di voler diventare finalmente noi stessi. Ecco come si supera quel senso di colpa di cui facciamo così fatica a liberarci: con il senso di stupore per quanto Dio ha voluto compiere, donandoci suo Figlio e svelandoci quanto il suo amore possa ammettere sconfitte ma sia incapace di rinunciare a noi». Secondo di tre volumi che mettono a tema la libertà dell'uomo nel suo rapporto con Dio - ma leggibile anche autonomamente dal precedente, Non siamo stati noi - questo libro nasce da predicazioni serali, a contatto diretto con un pubblico di giovani e meno giovani: una lettura biblica originale e moderna, benché rigorosa sia nelle intuizioni sia nella scritttura, personale e curatissima.
I brevi racconti e le riflessioni di padre Panont si distinguono per una saggezza che ci viene incontro attraverso l'esperienza vissuta attorno a quel messaggio unico che è il Vangelo, la bella notizia che Dio ci ama. Sono attinti dalla vita e dalle situazioni di ogni giorno e ci aiutano in modo semplice e immediato (proprio alla maniera delle parabole) a riflettere sul nostro cammino di fede. Questo nuovo titolo, centrato sul tema della misericordia, è particolarmente adatto al periodo del Giubileo straordinario del 2016.
Il presente lavoro costituisce il completamento di una trilogia iniziata nel 2005 con la pubblicazione del Diario personale di Mariacristina Cella Mocellin (Una vita donata) e proseguita poi nel 2009 dalla sua Biografia (Cara Cristina, di A. Zaniboni). Questa edizione integrale delle sue lettere, in occasione del ventesimo anniversario della sua salita al cielo, tiene conto anche della meravigliosa storia di grazia che in questi anni ha accompagnato il cammino della figura di Mariacristina nella Chiesa e nel mondo.
Una risposta per i nostri tempi.

