
Chi è Paolo: «l’inventore del cristianesimo» o piuttosto «colui che meglio comprese e interpretò l’opera del Maestro»? Di certo tra Paolo di Tarso e Gesù di Nazaret, pressoché coetanei, la distanza culturale, sociale e teologica è inversamente proporzionale alla vicinanza di tempo: l’uno vive nei villaggi, l’altro nelle metropoli; l’uno parla aramaico, l’altro greco; Gesù esprime la cultura orale, Paolo dà inizio alla letteratura cristiana.
Dopo più di un secolo e mezzo di ricerche sul confronto tra i due, è possibile registrare tra gli studiosi opinioni diametralmente opposte: da una parte quanti individuano in Paolo il vero fondatore del cristianesimo come nuova religione, dall’altra coloro che riconoscono una sostanziale continuità tra Maestro e apostolo.
Con un approccio rigorosamente storico, Barbaglio presenta un bilancio dei legami che uniscono i due e delle diversità che li separano, fino a giungere ad affermare, dati alla mano, che Paolo né si è appiattito su Gesù, né si è distanziato da lui fino a ignorarlo. Egli individua tra i due soprattutto un paio di contiguità fondamentali. Entrambi presentano un Dio accogliente e includente, un Dio dei figli prodighi, dei senza-legge: «se nella sua prospettiva il nazareno ha abbattuto le barriere erette nella piccola società giudaico-palestinese del tempo, allo stesso modo ha operato l’apostolo, ma su più vasta scala, sul palcoscenico dell’umanità intera e del mondo». Entrambi sono inoltre pervasi da una prospettiva escatologica positiva, sotto il segno della grazia, «annunciatori di gioia del dies salutis, non profeti di sventura del dies irae».
Sommario
Introduzione. 1. Problema dei tempi moderni. 2. Dislocazione: da un mondo a un altro. 3. Transizione da Gesù a Paolo. 4. Due grandi convertiti, due straordinari visionari. 5. Tempo e mondo. 6. Divinizzazione di Gesù. 7. Il Dio di Gesù Cristo. 8. «Gesù annunciava il regno ed è venuta la Chiesa». 9. Discorso della montagna, libertà dello spirito. 10. Fedeltà ebraica. Conclusione. Indici.
Note sull'autore
Giuseppe Barbaglio (1934), studioso di scienze bibliche, cura presso le EDB due collane di argomento biblico: La Bibbia nella storia e Scritti delle origini cristiane (con Romano Penna); ha curato Schede bibliche pastorali (8 voll.), La spiritualità del Nuovo Testamento e l’edizione greco-italiano del Merk; è autore di La Prima lettera ai Corinzi. Introduzione, versione, commento (22005), La teologia di Paolo. Abbozzi in forma epistolare (22001), Gesù ebreo di Galilea. Indagine storica (52005); Il pensare dell’apostolo Paolo (22005); Davanti a Dio. Il cammino spirituale di Mosè, di Elia e di Gesù (22001), insieme a Piero Stefani; Canti d’amore nell’antico Israele. Traduzione poetica del Cantico dei Cantici (22004), insieme a Luigi Commissari.
Ha inoltre curato insieme a Rinaldo Fabris e Bruno Maggioni la traduzione e il commento de I Vangeli, Cittadella, Assisi 1978 e ha pubblicato: Paolo di Tarso e le origini cristiane, Cittadella, Assisi, 32002; Le lettere di Paolo, 2 voll., Borla, Roma, 21990; Dio violento? Lettura delle scritture ebraiche e cristiane, Cittadella, Assisi, 1991; San Paolo, Lettere, 2 voll., Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1997, di cui ha curato l’introduzione e la traduzione.
Descrizione dell'opera
Il volume intende colmare le lacune esistenti nel campo della storiografia biblica con una esposizione sintetica e sistematica delle più importanti questioni relative al rapporto donna - Sacre Scritture.
La marginalità delle donne nella Bibbia è forse ad un tempo causa e conseguenza dello scarso riconoscimento che esse raccolgono nelle Chiese e in ambito teologico. All’interno di questa situazione storica è però possibile individuare una lunga tradizione interpretativa della Sacra Scrittura portata avanti dalle donne (parte I del volume), evidenziare una particolare presenza di donne nei testi sacri (parte II) e delineare, infine, a livello ermeneutico, i tratti specifici di un’esegesi al femminile, praticata da donne cristiane ed ebree (parte III). La novità dell’opera, che si articola in 12 contributi, va riscontrata non solo nell’impostazione interconfessionale, che si avvale di specialisti cattolici, protestanti ed ebrei, ma anche nella messa a confronto dell’approccio storico con quello esegetico.
Sommario
Introduzione generale (A. Valerio). I. Donne e Bibbia: una lunga tradizione interpretativa. 1. Donne e Bibbia nel cristianesimo tra II e V secolo (C. Mazzucco). 2. La Bibbia delle mistiche nei secoli XII-XIV (F. Santi). 3. La Bibbia nell’umanesimo femminile (secoli XV-XVII) (A. Valerio). 4. Donne interpreti della Bibbia nella tradizione protestante (J. Økland). 5. Elisabeth Cady Stanton e la Woman’s Bible: un’esegesi femminista nel XIX secolo (A. Berlis). 6. Le ebree di fronte alla Bibbia (M. Del Bianco Cotrozzi). II. Donne nei testi sacri. 7. Donne nell’Antico Testamento (I. Fischer). 8. Discepole di Gesù (M. Perroni). 9. Leadership femminile nelle comunità cristiane dell’Asia Minore (E. Estévez López). 10. Il simbolismo della donna nella letteratura apocalittica (L. Arcari). III. Ermeneutica. Donne ed esegesi a confronto. 11. La donna nella tradizione ebraica: spunti poetici (L. Voghera Luzzatto). 12. Tendenze attuali nell’esegesi femminista: Mc 5 (M. Navarro Puerto). Indici.
Note sulla curatrice
Adriana Valerio, laureata in filosofia e in teologia, insegna Storia del Cristianesimo all’Università “Federico II” di Napoli. È presidente della “Fondazione Pasquale Valerio per la storia delle donne” e dell’AFERT (Associazione Femminile Europea per la Ricerca Teologica). Tra le sue pubblicazioni: Cristianesimo al femminile (Napoli 1990); Donna potere e profezia (Napoli 1995); I sermoni di Domenica da Paradiso (Firenze 1999); Donne e Religione a Napoli (Milano 2001); La Bibbia nell'interpretazione delle donne (Firenze 2002); L'Archivio per la Storia delle donne, 2 voll. (Napoli 2004-2005).
Descrizione dell'opera
L'ambito della ricerca pluriennale dell'autore è costituito dalla soteriologia elaborata dall'apostolo Paolo, attorno alla quale non si è pervenuti sinora da parte degli studiosi a una comprensione minimamente condivisa. Il saggio interviene quindi nel dibattito con pretesa di una certa originalità.
Una volta messa a tema, la questione della soteriologia si rivela a Romanello come una sorta di sasso gettato in uno specchio d'acqua, che ingenera vari cerchi d'onda concentrici. Di questi, vengono presi in esame gli sviluppi relativi alla questione dell'identità.
Le questioni sono affrontate con una disamina a livello esegetico, o più precisamente di teologia biblica, ossia di ricerca di strutture costanti del pensiero paolino. Ne risulta un quadro di forte coerenza interna, la cui organicità rivela sicuri motivi di fascino e di attualità anche per un lettore non specialista.
Sommario
Prefazione. 1. Definiamo l'ambito: come e perché parlare dell'identità credente? 2. L'evento sorgivo. 1. L'incontro con il Risorto 3. L'evento sorgivo. 2. La morte di Cristo. 4. I credenti: giustificati e riconciliati. 5. I credenti: uniti a Cristo e perciò figli. 6. I credenti e la legge mosaica. Conclusioni. Bibliografia. Indici.
Note sull'autore
STEFANO ROMANELLO è presbitero dell'arcidiocesi di Udine. Licenziato in esegesi biblica al Pontificio Istituto Biblico e dottorato alla Pontificia Università Gregoriana, insegna esegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale (MI), alla Facoltà Teologica del Triveneto (PD), allo Studio Teologico affiliato del Seminario Interdiocesano di Gorizia, Trieste, Udine e all'ISSR di Udine. Oltre a numerosi articoli di ricerca, ha pubblicato: Una legge buona ma impotente. Analisi retorico-letteraria di Rm 7,7-25 nel suo contesto, EDB, Bologna 2000; Lettera agli Efesini, Paoline, Milano 2003; Lettera ai Galati, Messaggero, Padova 2005; con R. Fabris, Introduzione alla lettura di Paolo, Borla, Roma 22009; inoltre ha curato, con R. Vignolo, Rivisitare il compimento. Le Scritture d'Israele e la loro normatività secondo il Nuovo Testamento, Glossa,Milano 2006.
È opinione largamente condivisa tra gli studiosi che il Vangelo di Giovanni vada letto su due piani storici: quello della vicenda originaria di Gesù, su cui apre una finestra, e quello della comunità giovannea, per cui il Quarto Vangelo è scritto e di cui è uno specchio. Le due storie sono fuse, ma non confuse, nell'incontro dei due orizzonti storici. La ricerca di Segalla si sofferma anzitutto su quella vicenda originaria per analizzare come attraverso la tradizione sia pervenuta a una redazione, in cui si riflette la comunità giovannea (cap. 1); esamina poi quali sono i garanti di questa storia (cap. 2), quali le coordinate spazio-temporali (cap. 3) e quali quelle culturali (cap. 4). Il volume costituisce la prima parte di un'ampia Introduzione al Vangelo secondo Giovanni, cui Giuseppe Segalla stava lavorando per le EDB e che la morte gli ha impedito di concludere. Viene pubblicato come titolo a parte per rispettare un'esplicita indicazione dell'autore. In Appendice il lettore trova l'intero impianto del progetto di ricerca, così come previsto dall'autore stesso.
Una caratteristica dei racconti biblici è la presenza di numerosi personaggi secondari che svolgono un ruolo essenziale nella narrazione. Un esempio fra tanti è quello della ragazzina ebrea, schiava di Naaman il Siro, che fornisce la soluzione al problema del suo padrone lebbroso mandandolo dal profeta Eliseo. Provenendo spesso da fonti popolari che celebrano la rivincita dei piccoli sui grandi e dei deboli sui potenti, le storie della Bibbia esprimono la mentalità di un popolo che non può vantare conquiste, ricchezze o particolari realizzazioni artistiche. Inoltre, Israele si riconosce nei suoi re e nei suoi potenti, ma anche nei servitori, nei pastori, negli artigiani. In questa galleria di figure primeggiano Giuseppe che salva l'Egitto dalla carestia, la vedova Giuditta che libera il suo popolo da un potente nemico o le levatrici dell'Esodo che ingannano il faraone per salvare i figli d'Israele. Ma anche la donna che libera la città di Tebes spezzando il cranio di Abimelek con una macina buttata dalle mura, l'anziana di Tekoa che riconcilia Davide con il figlio Assalonne o la donna saggia di Abel che discute con Gioab, generale di Davide, e pone fine alla ribellione di Seba.
Questo studio suggerisce che Dio «rubi» spesso la scena agli attori umani e impedisca che vi sia, nella Bibbia, una vera letteratura eroica simile a quella greca e latina. Ma proprio l'onnipresenza del personaggio divino - a volte sul palcoscenico, altre volte dietro le quinte - getta una luce molto particolare proprio sui gesti più semplici e sulle figure che occupano il fondale.
Trucchi e inganni, vendette e punizioni, famiglie lacerate, rapimenti donne, omicidi, stupri, guerre e massacri. Nel libro dei Giudici è mostrato al lettore il lato peggiore dell'umanità e anche il personaggio di Dio sembra vinto dalla violenza di cui diviene uno dei fomentatori.
Poco conosciuto, snobbato dalla liturgia cattolica domenicale, considerato poco edificante perché pieno di storie violente, il libro dei Giudici è tra i testi più belli e istruttivi della Bibbia ebraica. Privilegiando l'approccio narrativo, André Wénin invita a cogliere la pedagogia paziente del Dio dell'alleanza nei confronti di un popolo al quale cerca di farsi conoscere, ma la cui resistenza finirà per metterlo in scacco. L'analisi di quattro episodi relativi a fatti violenti mostra inoltre che l'essenziale sta nel modo in cui vengono raccontati; la loro forza risiede nella capacità di «riscattare» l'inumano per mezzo di ciò che è più nobile, l'arte, dotata della singolare facoltà di educare alla riflessione e alle scelte etiche.
Una questione centrale e poco approfondita del dialogo ebraico-cristiano risiede in un orientamento teologico-dottrinale di potente rilievo e di lunghissima durata storica: la tendenza più o meno marcata, ma spesso inconsapevole, della Chiesa a porsi come sostituto di Israele nelle prerogative peculiari del popolo ebraico sotto il profilo teologico. Un fenomeno tanto ampio quanto trascurato o, ancora più spesso, ignorato: al punto che lo stesso lessico concettuale teologico mostra di conoscere soltanto un tipo di sostituzione, quella vicaria del Figlio, in ambito cristologico. La questione teologica e storico-politica suscitata dalla pretesa cristiana di essere il Verus Israel non è presente nel dibattito pubblico e accademico, e al contempo si assiste a una sua sorprendente rimozione nell'ambito dello stesso dialogo ebraico-cristiano, anche da parte ebraica. Così, se da un lato oggi il pensiero teologico cristiano accredita l'acquisito superamento dell'idea stessa di sostituzione della Chiesa a Israele, dall'altro il linguaggio teologico ed ecclesiale la ripropone continuamente anche in documenti ufficiali di quello stesso magistero che pratica una relazione con l'ebraismo di segno opposto a quello antigiudaico storico.
L'originale conclusione del vangelo di Marco, con le donne che fuggono silenti dal sepolcro senza comunicare a nessuno l'annuncio di risurrezione, ha da sempre interrogato il mondo dell'esegesi. Perché le donne sono descritte travolte dalla paura, subito dopo aver appreso che il Crocifisso è risorto? Come mai il racconto non si conclude in un'atmosfera di gioia e di successo, come sarebbe lecito e ragionevole aspettarsi? Perché Marco avrebbe deciso di arrestare il motore della sua narrazione proprio nel momento in cui le prime testimoni della Pasqua di Gesù «falliscono» il mandato di diventarne anche annunciatrici ai suoi discepoli? Questo libro si propone di offrire un'originale risposta a queste domande, interrogando testi significativi del secondo vangelo e mostrando come la scelta di «non concludere» con l'ovvietà di un lieto fine corrisponda, in realtà, all'intenzione di non fallire l'obiettivo di realizzare una comunicazione adeguata a esprimere la follia e lo scandalo di un Cristo risorto perché crocifisso.
Nel Vangelo di Marco il tema del gridare è presente, con sfumature diverse, lungo tutto l'arco della narrazione e si consolida attorno a figure ed episodi che si rivelano significativi, ricchi di fascino e attuali, soprattutto se letti in chiave comunicativa. Le numerose grida riportate dall'evangelista, pur essendo differenti per ambientazione, occasione, contenuto e scopo, accomunano diversi personaggi e descrivono una reazione che esprime un complesso inestricabile di sentimenti, spesso contrapposti. Il grido, infatti, a volte precede le parole, altre volte le veicola o addirittura le supera, ma sempre comunica uno stato d'animo, specchio di un particolare momento di vita, ed esprime il desiderio o la necessità di una relazione. Ogni grido, a prescindere dal soggetto che lo emette e dal contesto in cui è inserito, è un atto linguistico e come tale può avere interpretazioni differenti a seconda delle intenzioni con cui viene usato e delle circostanze nelle quali viene proferito. Il grido pertanto non dà solo contenuto a un atteggiamento, né descrive semplicemente un'azione, ma, uscendo dal testo, entra nell'oggi del lettore coinvolgendolo in un importante cammino ermeneutico.
Il pasto è un evento altamente simbolico. Attorno alla mensa, nei pasti in famiglia o tra amici, nei pranzi d'affari o nei banchetti diplomatici, si vivono, si nutrono e si tradiscono i rapporti umani e sociali. L'atto del mangiare presenta inoltre un legame intrinseco con la violenza, poiché consiste in una modalità di appropriarsi del cibo che implica una distruzione. Anche nella Bibbia il cibo occupa fin dalle prime pagine una posizione strategica. La disposizione del Creatore riguardo al menù vegetale dei viventi (cf. Gen 1,29-30) suggerisce che il cibo è il luogo simbolico di una scelta tra violenza e mitezza, che occorre limitare la violenza per rispettare la vita. Quando Dio fa dell'uomo un essere in relazione, gli ordina di non mangiare tutto quello che viene dato (Gen 2,16-17), lasciando una possibilità alla riconoscenza e alla condivisione. Per vivere non basta infatti mangiare: è altrettanto necessario intrattenere rapporti con gli altri, convertire in mitezza le proprie forze brute per aprire un posto all'altro in vista dello scambio e della relazione. In questo studio André Wénin, tra i più acuti interpreti del testo biblico del nostro tempo, anticipa i maggiori temi delle sue ulteriori ricerche, in un percorso di lettura dell'Antico Testamento che annoda in modo fecondo e affascinante Bibbia e antropologia.
André Wénin è professore emerito di Antico Testamento e di Ebraico biblico all'Università cattolica di Louvain-la-Neuve. Per EDB ha pubblicato di recente "Abramo e l'educazione divina"(2017), "Salmi censurati" (2017), "Il miracolo del mare"(2019), "Dieci parole per vivere" (2019), "Abramo" (2019) e "Il libro dei Giudici" (2021)