
Quello che nella Chiesa latina rappresentano le autobiografie di santa Teresa d'Avila e di san Givanni della Croce, nella Chiesa bizantina d'Oriente trovano un riscontro significativo nella sublimità e nella forza teologica di Simeone il Nuovo Teologo. Totalmente originale è la sua "visione di Dio" e la dottrina che ne consegue.
Questo saggio rappresenta un'ampia analisi dell'attività intellettuale di un uomo della fine dell'antichità, degli ideali che cercava di realizzare in essa, degli elementi a sua disposizione, degli studi compiuti nella sua formazione, degli scopi, dei metodi e delle tecniche, messi in atto per compiere una trasformazione in senso cristiano dell'intelligenza. In Agostino si trovano condensate e articolate una molteplicità di esperienze intellettuali: dalla complicità con i quadri dell'eloquenza e dell'erudizione antica, si passa alla dimensione di una ricerca metafisica che, abbandonando l'ingenuo gnosticismo manicheo, si inoltra nella speculazione più pura della ragione e verità cristiana. Senza rinunciare mai allo studium sapientiae, Agostino sente acutissima l'esigenza di una scienza specificamente cristiana subordinata all'intelligenza delle Scritture e in funzione di un insegnamento delle verità rivelate: nasce così la definizione di tutte quelle regole che stanno alla base dello sviluppo medievale della teologia.
Considerando la frequenza con cui la nozione di civitas ricorre nell'itinerario intellettuale di Agostino e il ruolo che vi ricopre, appare manifesto che il De civitate Dei non è un'opera semplicemente occasionale, ma piuttosto che risponde ad un preciso progetto teologico e religioso a lungo pensato. Nella visione teologica e religiosa offerta dal De civitate Dei, la vita perde ogni connotazione puramente occasionale e contingente, per svilupparsi secondo un itinerario ben definito e in vista di un fine saldamente stabilito. La traduzione è tratta dall'edizione critica latino italiana dell'Opera Omnia di sant'Agostino pubblicata in Italia da Nuova Biblioteca Agostiniana - Città Nuova.
Questo primo volume propone i trattati 1-37 che commentano i capitoli del Vangelo di Matteo dall'1 al 7 (conclusione del Discorso della Montagna).
La piu antica opera esegetica matteana in latino.
In questa opera c'e tutto il fascino dell'Oriente e della mistica del deserto, nella quale Teodoreto torna e ritorna sul tema del colloquio incessante dell'anima con Dio.
Storia Ecclesiastica, l'opera cui è legata la fama di Eusebio e alla cui stesura lo scrittore dedicò venticinque anni di instancabile lavoro, non è concepita come un'esposizione continua ed ordinata dello sviluppo della Chiesa attraverso le tappe più importanti della sua storia, ma come una raccolta di materiale dell'antichità cristiana, che Eusebio dispose secondo il criterio cronologico. Suo scopo infatti è di "mettere per iscritto le successioni dei santi apostoli, i tempi trascorsi a partire da quelli del nostro Salvatore", per tracciare - attraverso l'esposizione di questi documenti, spesso di valore inestimabile - un'apologia storica del cristianesimo, genere di cui Eusebio è considerato l'inventore. Tradotta in siriaco, armeno, copto e in latino, l'opera ha conosciuto da subito una vasta diffusione e ad essa si ispirarono, nella struttura e nel metodo, molte storie della Chiesa.
Tra i dodici profeti minori quello che suscita maggiori curiosità per le vicende di cui è protagonista è sicuramente Osea, il profeta che riceve da Dio il compito di sposare una prostituta, Gomer, per generare da lei una progenie. Dall’unione con la donna nascono tre figli. In seguito Gomer, tornando alle antiche abitudini, tradisce Osea e lo abbandona. Le disgrazie matrimoniali del profeta, narrate nei primi tre capitoli del libro, sono la chiara allusione ai tradimenti del popolo di Israele nei confronti di Dio, cioè alle continue trasgressioni dell’alleanza stipulata ai piedi del Sinai. Il commento di Girolamo in tre libri è un’originale fusione di componenti di origine varia: tradizione rabbinica, esegesi patristica (Orige-ne su tutti) e cultura classica profana. Girolamo parte dal confronto condotto versetto per versetto tra la propria traduzione dall’ebraico e quella dei Settanta e fa spesso ampio ricorso agli Hexempla di Origene, applicando scrupolosamente i procedimenti della filologia di allora. Tuttavia non si limita ad una mera apologia della propria versione biblica, ma fornisce una puntuale interpretazione attuata su un doppio livello, l’uno storico-letterale e l’altro allegorico, senza sacrificare il primo al secondo.

