
Sotto il nome di Letten Cattoliche sono tradizionalmente annoverate 7 epistole che si trovano tra il corpus delle lettere di Paolo e l'Apocalisse: una dell' apostolo Giacomo, due di Pietro, tre di Giovanni, e una dell'apostolo Giuda. Vengono definite «cattoliche», ovvero encicliche o circolari, perché non sono inviate a una nazione o una città particolare come quelle di Paolo -, ma a tutti i credenti nel mondo, ossia ai giudei della diaspora. Grazie ad esse possiamo ricostruire la vita delle prime comunità cristiane e l'atmosfera intellettuale e spirituale che ha plasmato le prime generazioni. Da Gemente di Alessandria, Didimo il Cieco, Giovanni Cristostomo (per la tradizione greca) ad Agostino, Girolamo, fino a Gregorio Magno (per la tradizione latina), i Padri hanno lasciato ampi commentari su tali lettere, la cui raccolta accompagna e illumina il testo neotestamentario.
Attribuito per lungo tempo a Gregorio Magno, questo Commento al Primo Libro dei Re è in realtà opera di un monaco del XII secolo, Pietro Divinacellus, che nell'esegesi del testo biblico si sarebbe ispirato agli scritti di Gregorio Magno. Si tratta di un'acquisizione recente, degli anni Novanta. Del testo la prima traduzione in lingua moderna è quella curata da A. De Vogué per le Sources Chrétiennes e terminata nel 2004. La presente, prima traduzione italiana, è dunque la seconda in assoluto e si riferisce ai sei libri che coprono un commento ai primi sedici capitoli circa del Primo Libro dei Re che vengono identificati con il Primo Libro di Samuele. Consapevole della polisemia del testo biblico, Pietro Divinacellus, partendo dalla comprensione del senso letterale, accede al senso tipico - con il quale fatti e personaggi dell'Antico Testamento vengono letti come profezie e prefigurazioni del Nuovo - che diventa a sua volta fondamento del senso morale.
Di fronte ad una società disgregata, afflitta da calamità e da sventure e con l'incubo di essere travolta dai barbari, quale era quella del VI secolo in cui viveva, Gregorio Magno sentiva che la missione della Chiesa doveva essere quella di recare aiuto e porre riparo ai mali che devastavano le strutture e la vita dei singoli. È questa la condizione spirituale da cui nasce la Regola pastorale. In essa l'Autore delinea la figura ideale del sacerdote offrendo un quadro ampio e ricco dei compiti connessi con la cura animarum; dando consigli preziosi e illuminanti riguardo ai criteri di comportamento; indicando le virtù indispensabili da vivere. Definita dagli studiosi sia un codice di santità sacerdotale sia un trattato di teologia pastorale, l'opera ha conosciuto nel Medioevo grandissima diffusione e continua a costituire un testo di riferimento imprescindibile per i sacerdoti di oggi.
La composizione del Commentario a Matteo si colloca nel periodo compreso tra il 244 e il 249, nell'ultima stagione della vita che Origene trascorse nella città di Cesarea di Palestina. Eusebio parla di venticinque tomi origeniani sul Vangelo di Matteo; di questi, la tradizione testuale ne ha trasmessi soltanto otto in versione greca comprendenti il commento da Mt 13, 36 a 22, 33. Opera della maturità, di grande originalità, ricchezza e complessità, portata a compimento al termine di una vita spesa nella riflessione, nel commento e nell'insegnamento della Parola, si colloca nell'ambito dell'attività didattica origeniana. È essenzialmente organizzata sulla sequenza del dettato evangelico, attraverso la scomposizione continuata del testo in unità abbastanza brevi, i lemmi, a cui fa seguito l'interpretazione; interpretazione retorico-grammaticale e storico-scientifica. Il presente tomo è il primo di 4 volumi.
"Il 'Dialogo con Eraclide' (d'ora in poi Dial) è un'opera di Origene rimasta sconosciuta fino all'agosto del 1941, quando, in modo del tutto inatteso, militari dell'esercito britannico ritrovarono alcuni papiri a Tura, una località egiziana a poca distanza dal Cairo. I papiri, dispersi nel mercato cairota, furono parzialmente recuperati grazie alla tenacia di due studiosi francesi, Octave Guérard e Pierre Nautin. Successivamente furono conservati e catalogati nel Museo delle Antichità della capitale egiziana. Apparve immediatamente rilevante l'importanza della scoperta di questo materiale, che conteneva estratti di opere esegetiche e apologeticbe di Origene e commentari biblici di Didimo il Cieco." (Dall'Introduzione)
Solo nel XIX secolo si è risvegliato un nuovo interesse per Gregorio di Nissa, il più giovane dei Padri Cappadoci (335-395 ca.): un proliferare di studi che valicano i confini isolati dei soli cultori di patristica. Un serio interesse scientifico verso uno dei più grandi autori dell'epoca tardo-antica che in queste pagine prende corpo seguendone l'opera e il pensiero e dando una analitica interpretazione dei punti più problematici - ma anche più significativi per la posterità - attraverso una minuziosa indagine esegetica, sempre compiuta facendo riferimento ai testi originali. Un tentativo di ricostruzione storico-critica del Cappadoce, come figura poliedrica: "ricercatore" appassionato, letterato versatile, profondo conoscitore della cultura antica e autentico mistico. Il lavoro è diviso in quattro sezioni: alla parte introduttiva ne segue una dedicata al pensiero su Dio e una alla dottrina antropologica, mentre l'ultima è dedicata alla cristologia, ecclesiologia ed escatologia. È una sintesi che tenta di armonizzare in un quadro organico la complessa produzione di Gregorio. Sintesi auspicata da Jean Daniélou, uno dei suoi più grandi interpreti novecenteschi, cui si deve la definizione di fondatore della "teologia mistica" attribuita al nisseno per la sua profonda indole teoretico-speculativa.
Raccoglie le Carl Newell Jackson Lectures tenute dal Werner Jaeger alla Harvard University nel 1960.
"Le differenze topiche" è l'ultima monografia logica di Severino Boezio (ca 480-524 d.C.) scritta intorno al 522 d.C., poco prima della sua carcerazione e morte. L'opera, composta in quattro libri, illustra l'arte di risolvere ogni genere di questione mediante il ricorso a principi e schemi universali del ragionamento, chiamati 'luoghi', in grado di racchiudere e contenere entro se stessi lo sviluppo di tutte le argomentazioni poste a servizio di qualsiasi ambito disciplinare. Boezio ereditava tale insegnamento dalla tradizione greca e dalla tradizione latina: l'una risalente ai 'Topica' di Aristotele mediata attraverso Temistio e di natura eminentemente dialettica, l'altra proveniente dai "Topica" di Cicerone e di natura prevalentemente retorica. Alla luce delle divergenze riscontrate, Boezio intraprese la stesura del trattato su "Le differenze topiche" proprio allo scopo di mostrare la possibile via di conciliazione tra queste due tradizioni filosofiche e trasmettere una visione unitaria della materia. Ciò non poteva, tuttavia, avvenire senza che a nascere fosse al tempo stesso qualcosa di nuovo. Era, infatti, inevitabile che ad essere trasmessi fossero non soltanto due distinti insegnamenti, ma che ad emergere fosse anche l'originalità propria con cui Boezio operò la loro sintesi. Infine, il quarto libro, interamente dedicato alla retorica, conserva il dato più originale dell'opera, laddove il filosofo romano ha definitivamente riformato il modo di concepire quest'arte, fondando teoreticamente la direzione verso cui la retorica, insieme alla dialettica, deve guardare per realizzare se stessa e raggiungere il proprio fine: la ricerca della verità. L'arte dell'argomentazione contenuta nel trattato su "Le differenze topiche" rappresenta lo snodo principale di trasmissione della dialettica aristotelica al Medioevo latino e rende quest'opera una tappa essenziale per chiunque voglia comprendere gli sviluppi della logica europea attraverso il Medioevo e il Rinascimento.