
Composti intorno al 364-367 d.C., i Commenti ai Salmi di llario di Poitiers rappresentano il primo commento in lingua latina che l'antichità cristiana abbia lasciato del Salterio. Scritto al rientro dall'esilio in Asia Minore, dove Ilario era entrato in contatto con l'universo teologico orientale e con la tradizione esegetica origeniana, il presente commento si ispira, ma con un atteggiamento libero e originale, all'imponente lavoro esegetico di Origene sui Salmi, andato perduto. Secondo il metodo allegorico dell'Alessandrino e con l'intento di offrire spunti significativi di insegnamento, Ilario legge il Salterio mettendòlo in relazione con l'annuncio evangelico in modo che «con la voce di qualunque persona lo spirito. profetico abbia parlato, tutto sia riferito in ogni caso alla conoscenza della venuta del Signore» come egli stesso precisa nel Prologo.
Il paradigma dialogico è un elemento cruciale nell'intera opera di Agostino: intimamente convinto che la disputatio e l'esercizio dialettico dell'interrogazione e della risposta siano il modo più adatto per cercare e trovare la verità che risiede nell' animo umano, egli elabora un paradigma di pensiero vissuto e condiviso che non cotraddistingue soltanto lo specifico genere letterario dei dialoghi giovanili, ma attraversa tutta la produzione della maturità. La funzione maieutica del dialogo non soddisfa del tutto la ricerca: è necessario che la mente, anzichévolgersi fuori di sé, diriga la propria attenzione verso i suoi contenuti più nascosti. Ed ecco che il dialogo in Agostino riaffiora nella forma inedita di un colloquio dell'io con se stesso, con Dio e con gli altri, alimentando ininterrottamente con la sua linfa l'intero pensiero occidentale. Il presente studio intreccia un duplice percorso di approfondimento e di analisi intorno al tema della ricerca filosofica intesa come dialogo, da un lato approfondendo il paradigma agostiniano nelle sue diverse sfaccettature e influenze, dall' altro disegnando un percorso tematico parallelo in cui il confronto con Agostino si colloca sullo sfondo. Nel panorama ricco e articolato che ne risulta, emerge da un lato l'idea.
Il pensiero di Agostino percorre il tempo ed esplora tematiche quanto mai attuali. Agostino ha vissuto in un’epoca caratterizzata da drammatici conflitti religiosi che, pur nella evidente distanza storica, presenta elementi comuni con la nostra. L’Ipponate si è interrogato sulle radici di tali conflitti e sulla possibilità di elaborare un metodo per la loro composizione. Il volume contributi rileggono, nella prima parte i rapporti di Agostino con il manicheismo con ricchezza straordinaria di documentazione riguardo alle fonti del manicheismo al tempo di Agostino e il vissuto autobiografico. Seguono alcuni approfondimenti specifici. Nella seconda parte si riapre il dossier della dolorosa polemica con i donatisti, esplorandone un momento cruciale nella conferenza di Cartagine del 411. Attraverso l’esame approfondito di due prospettive conflittuali – così diverse e insieme così interconnesse – è possibile cogliere la riflessione di Agostino, sullo sfondo di una società attraversata da spinte disgregatrici e da pulsioni tribalistiche, abbandonata a se stessa da una politica inerme.
Il Commento ad Abacuc, composto tra il 389 e il 392, è dedicato a Cromazio, vescovo di Aquileia. Girolamo offre una lettura spirituale: Nabucodonosor è il diavolo e i Caldei sono i suoi seguaci, ovvero i demoni o gli eretici. Nel Commento ad Abdia, composto intorno al 396, gli Idumei che aggrediscono gli Israeliti alludono agli eretici che insidiano i credenti e li spingono ad uscire dalla Chiesa. Nei due commenti, seppure in misure diverse, Girolamo ricorre al suo repertorio esegetico consueto che combina letteratura patristica, cultura classica profana e tradizione giudaica.
Il volume delle Opere di Cassia (IX sec.) presenta per la prima volta in lingua italiana l'edizione integrale della produzione letteraria delle sue opere. Il suo lascito letterario comprende due forme distinte: la prima è quella della poesia religiosa, con versi che sono presenti nei due principali libri liturgici della Chiesa orientale, il Menaion e il Triodion, mentre la seconda attinge al genere letterario della produzione sentenziosa e gnomica. In entrambi i casi si tratta di un unicum che giustifica il ruolo privilegiato che questa donna ha nel panorama della letteratura bizantina.
Il libro vuole essere un contributo ad una conoscenza introduttiva del cristianesimo bizantino, nella consapevolezza che, nonostante le difficoltà nel cammino di unità tra le Chiese, è solo l'incontro e il reciproco arricchimento tra di loro che può additare un futuro di fede per l'Europa e per le Chiese degli altri continenti, ispirandosi ai paradigmi creativi di inculturazione del primo millennio.
Nella Gallia della seconda metà del IV secolo nascono figure di monaci singolari: Sulpicio Severo è una di queste: "avvocato" uscito dalla scuola di Bordeaux, conquistato dall'ideale della solitudine, autore della Vita di Martino. Singolare è pure il protagonista dello scritto: si tratta di un ex soldato, poi monaco, poi vescovo che non rinuncia alla vocazione eremitica, apostolo delle Gallie, taumaturgo, capace di lottare contro il diavolo e contro le sopraffazioni dei potenti; un personaggio il cui fascino deriva dalle infinite anomalie che lo contraddistinguono.
Il volume, curato da M. Forlin Petrucco, raccoglie le lettere che Giovanni Crisostomo, deposto dall'episcopato di Costantinopoli e allontanato dalla città, scrisse dall'esilio alla diaconessa Olimpide. Sono il documento di prima mano del rapporto tra due personaggi eccezionali, travolti entrambi dagli intrighi della politica ecclesiastica loro contemporanea. Sono lettere che raccontano non solo la vita quotidiana dell'esule ma soprattutto l'esperienza straordinaria di una direzione spirituale a distanza, fatta di esortazioni, parole di consolazione, riflessioni sulla natura, certezze in merito al premio celeste e fiducioso abbandono all'amore di Dio.
Questo importante testo di Gregorio il Taumaturgo, del terzo secolo, è stato sottoposto dal curatore M. Rizzi, ad una rigorosa e innovativa analisi letteraria, storica, filosofica e teologica. Questo ha permesso di far emergere intenzioni e obiettivi che superano quelli del tradizionale discorso di ringraziamento per raggiungere obiettivi politici che mirano a presentare l'ideale cristiano come modello dell'ideale civile imperiale.
Si presenta in questo volume una serie di studi dedicati a Vigilio di Trento, accomunati da una attenzione privilegiata alle fonti letterarie, e soprattutto ai testi delle sue due cosiddette epistole. Sulla base d’una attenta analisi filologica dei testi, si è cercato di stabilire innanzitutto, nella maniera più completa possibile, il retroterra culturale (classico, biblico ed ecclesiastico) di una personalità non ancora studiata sotto questo profilo e liquidata, forse troppo frettolosamente, come di scarso rilievo culturale. Poi, l’analisi della concezione del martirio, che discende dai due testi, è strettamente connessa con la sottostante visione dell’evangelizzazione e pastorale in genere, che motiva e spiega le modalità della testimonianza martiriale stessa. Il capitolo su Vigilio scrittore rappresenta il primo tentativo di giudizio letterario complessivo sul ‘modus scribendi’ di Vigilio e, più latamente, sulla sua concezione espressiva. Un’attenzione specifica è riservata al testo dei due documenti letterari vigiliani, presentati secondo le loro linee compositive e analizzati nel loro dettato; di essi si offrono non poche proposte di lettura discordanti dalle edizioni oggi in uso, e si dà una nuova versione corredata di un commentario analitico. L’esito di queste ricerche sembra offrire di Vigilio una visione sicuramente più completa e complessa; permette di inserirlo in un circuito culturale e pastorale aperto e dialogante, ben lontano da quella semplificante posizione contrappositiva che ci si attenderebbe da un ambiente e da un’epoca che parevano destinati a favorire chiusure e separatismi.
Ilario di Poitiers è stato anche poeta. Suo è il Liber hymnorum, primo innario cristiano in lingua latina. Ilario lo compone negli ultimi anni di vita, e in esso riversa tutta la sua sensibilità culturale, molto arricchitasi negli anni di esilio in Oriente: validamente vi coniuga l'intelligenza della fede nicena e della polemica con gli ariani, la familiarità con la pagina biblica e l'evidente formazione retorica della scuola tradizionale. Così echi classici, citazioni scritturistiche, dichiarazioni conciliari si miscelano, accanto a veri neologismi linguistici; il Liber appare difatti segnato da una netta scelta di originalità e da una qualità poetica complessa, non oscurata dalla frammentarietà della tradizione. Questo volume si offre quale studio complessivo del Liber hymnorum, a un secolo dalla sua ultima edizione commentata. La struttura è in tre parti: introduzione, testo critico con traduzione e commento. Nell'introduzione è descritto il contesto storico-religioso, oltre che la pregressa innografia cristiana; vi si presentano poi le fonti e i criteri per la nuova edizione, una dettagliata analisi metrica, i temi teologici del Liber e le ipotesi di una sua resa liturgica. Il commento affronta, procedendo ad verbum, le questioni filologiche, di lingua e stile, di contenuto. E' così valorizzata una produzione poetica tanto singolare e significativa, prima del suo genere in Occidente.