
La Dottrina sociale della Chiesa (DSC) è presentata e analizzata attraverso i documenti, in materia, più significativi della Chiesa e dei suoi pastori, in una prospettiva dinamica, quale accumulazione di vari tasselli, a partire dall'encliclica Rerum Novarum (1891), fino all'enciclica Laudato Si' (2015) e successive addizioni. La presentazione dei documenti avviene con ampi rinvii ad altri documenti della Chiesa, precedenti o successivi, e con osservazioni, commenti e precisazioni di studiosi individuali o di organismi ecclesiali o laici, nonchè con approfondimenti e considerazioni proprie dell'Autore, con l'obiettivo di attualizzare al giorno d'oggi i contenuti dei documenti stessi. La costruzione della DSC risulta così un processo dinamico di creazione di un corpus dottrinale di una Chiesa "che cammina insieme a tutta l'umanità lungo la strada della storia". Due sono i principi fondanti attorno ai quali si è sviluppata la DSC: la centralità della persona e la fraternità - che concorrono a formare la dignità della persona, persona che è, allo stesso tempo, e individuo e comunità umana e membro interattivo del creato. La DSC assume pienamente la centralità e la dignità della persona al punto di assumerli quali assiomi di base delle proprie argomentazioni assieme al terzo assioma dello sviluppo umano integrale: la centralità e la dignità della persona sono l'unico modo attraverso il quale si realizza lo sviluppo umano integrale (che coinvolge tutti gli aspetti della persona). Dopo aver evidenziato ed acquisito lo sviluppo umano della DSC per comprendere gli avvenimenti umani ( di natura morale, economica, sociale, politica, culturale, ambientale), il volume affronta gli avvenimenti economici e sociali correnti alla luce del modello della DSC, per trarre da esso gli insegnamenti rguardo alle linee d'azione capaci di realizzare un nuovo umanesimo nell'economia e nella società.
"Sono passati ormai quasi due anni dalla morte del Card. Nicora, ma la sua memoria rimane viva in tutti coloro che hanno avuto la grazia di conoscerlo e, direi, anche solo di incontrarlo [...]. La sua fu una personalità capace di intrecciare dimensioni tra loro distinte, come una vita interiore schiva e riservata ed un'elevata sensibilità pastorale, una ricca umanità ed una formazione giuridica di altissimo livello. [...] Tanti erano i suoi interessi e tanti i risultati ottenuti, sebbene, come traspare dalle pagine di questo prezioso volume, il ruolo per il quale verrà sempre ricordato è l'impegno profuso nel suo incarico di Co-Presidente per la Parte ecclesiastica della Commissione Paritetica italo-vaticana incaricata di predisporre, nel quadro della Revisione del Concordato Lateranense, la riforma della disciplina relativa ai beni e agli enti ecclesiastici, e alla sua successiva - e forse ancora più difficile - fase attuativa. In quegli anni il Card. Nicora ha speso ogni energia, senza alcuna riserva, per affrontare e risolvere, con spirito di innovazione, gli snodi essenziali della nuova amministrazione ecclesiastica che si andava configurando in quel periodo." (dalla Predazione del Card.Parolin)
La presente raccolta di studi esamina la preparazione, i contributi e la recezione del Vaticano II nelle diciassette diocesi laziali. dopo un saggio sulla nascita e il cammino storico del "Lazio ecclesiastico" e della Conferenza episcopale regionale, costituitasi all'indomani del Concilio, il volume si suddivide in tre parti, dedicate rispettivamente alla diocesi di Roma, alle diocesi suburbicarie e alle altre diocesi della Regione. All'opera hanno collaborato ben ventuno studiosi di diversa competenza scientifica e impegno ecclesiale, alcuni dei quali personalmente coinvolti nel cammino - entusiasmante e difficile a un tempo - della recezione conciliare. Recezione che, come ha affermato pure papa Francesco, è per molti versi ancora agli inizi. Né potrebbe essere diversamente, trovandoci di fronte a un evento che ha profondamente riplasmato l'autocoscienza della Chiesa nel contesto di un mondo in rapida trasformazione. Il volume vuole appunto inserirsi nel cammino della recezione del Concilio, cioè della sua appropriazione vivente e creativa all'interno delle Chiese locali, partendo da quelle che, per singolare privilegio, costituiscono la provincia romana, di cui il papa è «arcivescovo e metropolita».
"I luoghi fanno le cose. Non è solo uno slogan pubblicitario, ma il senso di una pubblicazione che celebra l'incontro di una comunità cristiana con il metropolita ambrosiano, l'arcivescovo di Milano Mario Enrico Delpini. L'occasione delle celebrazioni centenarie per la consacrazione della nuova chiesa di Calino, avvenuta a metà del XVIII secolo come recita la lapide nella bella parrocchiale di San Michele Arcangelo, ha permesso di ripercorrere la vicenda millenaria della fede in terra lombarda, senza tuttavia distogliere lo sguardo sull'attualità. E non poteva essere altrimenti perché la storia - grande o piccola che sia, locale o generale, comune o straordinaria - è sempre intrecciata con la vita delle persone che la interpretano: quando accade, quando la si interroga, quando la si ricostruisce. La visita di mons. Delpini si è trasformata così in un dialogo aperto, che ha varcato i confini delle colline della Franciacorta in cui si è tenuta per il messaggio di speranza che ha lasciato, per il tono familiare e spontaneo con cui è avvenuta, per la diretta social che ha registrato livelli di ascolto davvero rilevanti, nonostante le limitazioni sanitarie in atto." (F. Anelli, Prefazione)
L'Enciclica Laudato si' costituisce un prezioso orizzonte di senso che invita a costruire insieme una rinnovata cittadinanza ecologica, custodita e coltivata in un più ampio progetto di ecologia integrale. L'intento precipuo di questo lavoro vuole sottolineare la rilevanza dell'educazione del carattere nell'accogliere la sfida educativa che la Laudato si' propone. Il volume rappresenta una proposta corale, di respiro internazionale, suddiviso in due parti. Nella prima parte sono indagate alcune prospettive di ricerca utili a focalizzare specifiche questioni di senso che promanano dalla Laudato si' e che trovano proprio nell'educazione del carattere un felice interlocutore ed uno strategico terreno di fioritura. Nella seconda parte vengono sottolineati alcuni promettenti ambiti di azione, pensati in particolare per la scuola e l'università.
Le organizzazioni sono caratteristiche pervasive e durevoli della nostra società, un ambiente quasi "naturale" in cui ci muoviamo e che sembra delimitare il raggio della nostra personale responsabilità. Una fenomenologia non naturalistica mostra che la questione della responsabilità individuale non è riducibile all'interrogativo circa la misura materiale dei doveri verso l'organizzazione, verso l'ambiente sociale e naturale. Riguarda invece anche e soprattutto il senso di quei doveri e regole procedurali, i modi cioè con cui la coscienza può e deve assumere una necessità obiettiva, materiale e spogliate d'ogni senso religioso. L'adozione della prospettiva del soggetto consente una visione non riduttiva della responsabilità individuale e delle strutture organizzative. Queste si rivelano reti di rapporti umani, dove è possibile il riconoscimento dell'altro come prossimo: è la base comune che permette di affermare insieme la responsabilità verso le organizzazioni e la libertà di spirito nei loro confronti.
L'idea di questo volume nasce con l'intento di dare seguito a quanto affermato nella Relazione di Sintesi della Prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, lì dove si chiede di «promuovere, in sede opportuna, il lavoro teologico di approfondimento terminologico e concettuale della nozione e della pratica della sinodalità prima della Seconda Sessione dell'Assemblea» (1p) e si richiede pure «un analogo chiarimento (per) le implicazioni canonistiche della prospettiva della sinodalità» (1q). In tal senso, si è ritenuto opportuno lavorare per approdare ad un ulteriore chiarimento della nozione di sinodalità come tratto costitutivo della Chiesa (inerente al soggetto ecclesiale in rapporto alla sua identità) e come "stile ecclesiale" (modo di essere ad intra e ad extra), sanando la dicotomia tra definizione/nozione di "sinodalità ecclesiale" e pratica/esercizio della sinodalità. La questione che ha orientato il lavoro è stata la seguente: Qual è lo specifico di una teologia della sinodalità, che ci aiuti a riscoprire il carattere sinodale della Chiesa ("costitutivamente sinodale"), a partire da una lettura e un'analisi del processo sinodale in corso? Tale problematica ci introduce alla comprensione teologica della pratica sinodale (o esercizio della sinodalità), intesa come "stile ecclesiale" già in atto, per giungere a chiarire la nozione di "sinodalità ecclesiale".
Partendo da incontri, dialoghi, esperienze personali maturate nei luoghi più diversi del mondo il libro si muove su temi fondamentali: l'identità cristiana dell'Europa insidiata dalla minaccia del relativismo, e il ruolo che l'Europa potrebbe svolgere - ma purtroppo non svolge - nel dialogo delle civiltà, unica alternativa ai pericoli apocalittici di un mondo dove, secondo un'espressione ripresa dallo stesso Benedetto XVI, «non a torto si è ravvisato il pericolo di uno scontro delle civiltà». La conclusione è che questo dramma si risolve nell'avere voltato le spalle a Cristo e nel tentativo di costruire una torre di Babele europea senza Dio e senza la Chiesa, destinata come quell'antica torre a un crollo fragoroso.
Una lunga battaglia navale di quelle antiche, con sangue, scrosci d’acqua, clamori e grida ovunque. Una battaglia navale che, per di più, si svolge nella notte, "dove nessuno più conosce l’altro, ma tutti sono contro tutti". Non solo: una battaglia navale notturna su un mare che è in tempesta. È questa la metafora che san Basilio (330-379) usa per descrivere la situazione della Chiesa dopo il Concilio di Nicea del 325, e che Benedetto XVI ha evocato due volte a proposito degli anni successivi al Concilio Vaticano II. Che quella del cosiddetto postconcilio sia stata una lunga notte oggi non è più messo seriamente in dubbio da nessuno. Ma che c’entra esattamente con questa notte il Concilio? I suoi testi e documenti ne sono responsabili? Oppure, come insegna Benedetto XVI e come sostiene l’autore di questo volume, i documenti del Concilio sono stati traditi da un’ermeneutica errata e spesso maliziosa? E davvero la notte è scesa solo dopo il Vaticano II? Andava proprio tutto bene in quei decenni preconciliari che qualcuno oggi tende a idealizzare?
Il Brasile, il più grande Paese cattolico del mondo e per anni il centro della "teologia della liberazione" d’ispirazione marxista, offre a Massimo Introvigne, uno dei più noti studiosi italiani di religioni, un punto di partenza originale per riflettere sui decenni precedenti al Vaticano II, sul Concilio e sul postconcilio, seguendo l’itinerario spirituale e dottrinale di Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995) e delle varie associazioni da lui fondate o che da lui derivano, fra cui la TFP, la Società Brasiliana di Difesa della Tradizione Famiglia e Proprietà. Sulla base di una vastissima documentazione in gran parte inedita, Introvigne mostra come un confronto con questo pensatore cattolico brasiliano — che ha avuto e mantiene una grande influenza in tutto il mondo, ma in Italia è spesso conosciuto (quando non misconosciuto) soltanto per sentito dire — può costituire un punto di vista nuovo per comprendere lo scenario storico e sociologico in cui è maturata la crisi nella Chiesa postconciliare, e le prospettive di un suo superamento alla luce del Magistero sul Concilio di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Una sorta di affascinante viaggio ideale alla conoscenza del Concilio Vaticano II, in ascolto dei protagonisti e della loro autorevole interpretazione. Quasi un diario di bordo che consente di comprendere la genesi dei documenti, lo svolgimento delle Congregazioni, le acquisizioni dottrinali e pastorali della Chiesa del nostro tempo. Un manuale necessario all’approfondimento dell’evento ecclesiale più importante del XX secolo, che induce a « guardare al Concilio con riconoscenza a Dio e con fiducia per l’avvenire della Chiesa », senza dimenticare le radici di una lunga storia di fede (Paolo VI, discorso alla CEI, 23 giugno 1966).
Don Giuseppe Militello
(1965) è parroco nella diocesi di Savona-Noli. Dottore in Ecclesiologia presso la Pontificia Università Lateranense, è docente stabile presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Albenga-Imperia. Autore di saggi scientifici e spirituali, relatore in trasmissioni radiofoniche, è scrittore attento ed impegnato nel dare fondamenti storici alla spiritualità e alla dottrina cristiana. Tra i suoi scritti ricordiamo: Un vescovo al Concilio: Mons. G. B. Parodi (2001); San Giuseppe. Custode del Redentore (2003); Signore, perché? Via Crucis (2009); Chi legge le Letture? Introduzione al ministero del lettore (2009).
In un discorso ormai divenuto famoso, del 22 dicembre 2005, Benedetto XVI ha visto nell’interpretazione del Concilio ecumenico Vaticano II e nella lotta tra due ermeneutiche contrapposte – quella «della discontinuità e della rottura» e quella «della riforma, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato» – uno dei principali problemi del nostro tempo. Secondo l’ermeneutica della rottura – che ha goduto spesso «della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna» – con il Concilio ha avuto inizio una nuova Chiesa, relegando quella del passato tra i rottami della storia.
In realtà quello che il Concilio ha inteso fare è una riforma, in cui il passato continua ad essere rispettato ed amato, e l’immutabile deposito della fede, cioè il Vangelo, viene riproposto in modo rinnovato, purificato, ed arricchito nella sua comprensione e formulazione. Alcuni però, in gran parte scandalizzati dall’arbitrario predominio dell’ermeneutica della discontinuità, spesso accompagnato da una retorica altisonante, prepotente e vuota, hanno reagito interpretando ogni novità conciliare come una rottura con la Tradizione della Chiesa, giungendo così ad un aperto «anticonciliarismo», come lo stesso papa ha definito questa reazione speculare e sbagliata (Auronzo di Cadore, 24 luglio 2007). Pietro Cantoni affronta questo argomento, spesso accostato in modo solo passionale e sentimentale, con il distacco e l’oggettività di una teologia che vuole essere fedele alla Parola di Dio, al Magistero della Chiesa e alla metafisica classica. Che un Concilio ecumenico non chiuda ma apra delle discussioni, che ci voglia tempo, fatica e sacrificio perché il senso vero ed autentico dei suoi documenti venga recepito e tradotto in pratica non stupisce chi conosce la lunga, tormentata ma sempre affascinante storia della Chiesa.
Pietro Cantoni, nato a Piacenza il 19 aprile 1950, si è laureato in filosofia nel 1975 all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e licenziato in teologia dogmatica nel 1984 alla Pontificia Università Lateranense di Roma. Ordinato sacerdote nel 1978, è attualmente docente di filosofia e teologia presso lo Studio Teologico Interdiocesano di Camaiore (LU). Autore di diverse pubblicazioni, collabora abitualmente a Cristianità e a il Timone. Dal 1976 guida corsi di esercizi ignaziani.