
Simone Weil e Bernard Lonergan: i rispettivi contributi alla riflessione filosofica e teologica contemporanea.
Il volume propone una nuova coniugazione tra ricerca spirituale e prassi politica. L'intera storia moderna viene riletta alla luce delle radici giudaico-cristiane e con l'obiettivo di rilanciare la potenza originaria della speranza messianica, cioè della speranza di un Regno di pace, di giustizia e di libertà. Il libro contiene la Carta della Nuova Umanità, un documento presentato il 25 marzo 2023 all'Università Pontificia Salesiana e che può essere sottoscritto da quanti avvertono i pericoli dell'attuale visione antropologica materialistica.
Il futuro entra in noi prima che accada (R. M. Rilke). Il futuro digitale è entrato già in noi, e sta per accadere. I governi autoritari sembrano trovare nei controlli informatici nuovi strumenti di oppressione, mentre le democrazie sono in difficoltà per il potere di grandi monopoli. Come progettare la formazione, curare le capacità di attenzione, concentrazione, giudizio critico? Abbiamo bisogno di un umanesimo digitale, capace di farci vivere connessi, ma anche in relazione. Questo libro apre uno sguardo sul presente e sui futuri, al plurale, della nostra vita sociale e personale.
Noi siamo il risultato di una serie di imperfezioni che hanno avuto successo. Il nostro cervello e il nostro genoma, due tra i sistemi più complessi che la natura abbia prodotto, sono pieni di imperfezioni. Sono le strutture imperfette a farci capire come funziona l’evoluzione, che non è un ingegnere che ottimizza le sue invenzioni ma un artigiano che fa quel che può e trasforma con fantasia il materiale a disposizione, arrangiandosi e rimaneggiando. Anche la storia naturale che ci ha condotto fin qui è un catalogo di imperfezioni che hanno funzionato, a partire da quella infinitesima deviazione nel vuoto quantistico primordiale da cui nacque l’universo.
Il filosofo della scienza ed evoluzionista Telmo Pievani, tra gli scrittori di scienza italiani più affermati, ritorna con un saggio sorprendente in cui Lucrezio e la scienza del XXI secolo vanno a braccetto. Ripercorrere la storia dell’imperfezione è importante perché oggi una potentissima specie imperfetta domina il pianeta: dunque, comprereste un’auto usata da Homo sapiens?
Cosa accadde a Lisbona il 1° novembre del 1755? Perché l'immane disastro del terremoto, che in quel giorno rase al suolo la capitale portoghese e fu avvertito in buona parte dell'Europa, è un evento che ancora ci riguarda? Lisbona inaugura un significato inedito della parola "catastrofe" e, insieme, segna l'inizio dell'epoca in cui stiamo vivendo. Se una data può essere indicata per il passaggio di consegne fra il passato e l'epoca secolare, questa data va fissata nell'evento-soglia costituito dal terremoto di Lisbona, dalle reazioni degli intellettuali illuministi e dalla partecipazione emotiva della nascente opinione pubblica europea. Il Poema di Voltaire, la lettera di risposta di Rousseau, i saggi in cui il giovane Kant rifl ette sulle cause fisiche del terremoto lusitano, intarsiati alle considerazioni sullo spettacolo e sull'amministrazione del disastro, sulle geometrie morali della compassione e sull'ottimismo gnoseologico e ontologico della scienza, sono le voci di un dibattito che, come la catastrofe, rimane, da allora, sempre drammaticamente attuale.
Due interviste non solo sulla politica estera statunitense, le lotte popolari, l'anarchia, il libero mercato, le libertà civili e il progresso umano, ma anche sull'etica, la natura umana, il linguaggio, gli intellettuali, la filosofia e la scienza.
Secondo la vulgata pseudoprogressista l'immigrazione è sempre un bene e le frontiere esistono soltanto per essere valicate, l'Occidente deve espiare la sua stessa esistenza, il genere è separato dal sesso ed esiste in infinite varianti, la famiglia naturale è male, il cristianesimo è un relitto da cancellare, la vita umana non inizia mai e finisce quando lo decidiamo noi, il transumanesimo è l'orizzonte dell'uomo contemporaneo... Si potrebbe continuare a lungo con questo campionario di affermazioni grottesche, e a lungo si potrebbe riderne, se le conseguenze non fossero libri proibiti, censurati e al macero; parole e idee vietate; intellettuali processati e accademici allontanati... Perché la «diversità» è sì la nuova bandiera, ma non vale se a essere diverse sono le opinioni. Come si può continuare nella difesa di una civiltà di cui non ci permettiamo di vedere la straordinaria e mostruosa trasformazione? Una civiltà che, per uno strano paradosso, volendo emancipare l'individuo lo ha reso schiavo? Qualche anno fa si è a lungo parlato di «scontro di civiltà»? Ma oggi forse non esistono neppure più civiltà che potrebbero scontrarsi, tutte sono scomparse a favore di una «cultura» standardizzata, i cui vari elementi sono difficilmente distinguibili se non per lievi e innocue differenze di colorazione. Quello a cui stiamo assistendo è piuttosto lo shock della non-civiltà. In questo nuovo regime, libertà illimitata e dispotismo illimitato non sono più in opposizione. Si sono fusi.
Quale sarà il volto estremo dell'uomo? Alla fine della storia ritroveremo l'animale, come prospettano, in singolare e discorde consonanza, sia gli ultimi dialettici sia gli antichi messianici? Animalità antropomorfa e umanità teromorfa costituiranno il nostro mobile orizzonte post-storico? Più che dalle filosofie della congiunzione uomo-animale, Agamben parte dal ripensamento del 'mistero pratico-politico' della loro separazione.
I due saggi riuniti in questo volume sono le versioni rivedute di due articoli apparsi rispettivamente nel 1967 e nel 1963 e inseriti da Hannah Arendt nell'edizione americana del 1968 di "Tra passato e futuro". Il primo, scritto in occasione delle polemiche seguite alla pubblicazione del reportage sul processo Eichmann, investe quella caratteristica essenziale del totalitarismo che consiste nel fabbricare verità. Il secondo propone alcune riflessioni sul significato e sulle implicazioni della ricerca scientifica e della tecnica in un quadro teorico che è quello delineato in "Vita activa".
In questo libro, Luce Irigaray, uno dei più innovativi pensatori del nostro tempo, torna a interrogare il rapporto con l'alterità. Siamo infatti abituati a considerare l'altro come un individuo tra tanti senza dedicare abbastanza attenzione al mondo e alla cultura a cui appartiene. La nostra maniera di vivere l'alterità risulta quindi sottoposta ai nostri propri valori e l'altro, sia esso il nostro compagno o la nostra compagna, un figlio, un amico, un'amica, oppure uno straniero, è avvicinato come un simile. La differenza tra noi è allora percepita in modo esclusivamente quantitativo, non qualitativamente, e questo non favorisce la coesistenza, la pace, l'amore. Dopo la critica nietzcheana alla tradizione culturale dell'Occidente e la decostruzione heideggeriana della nostra concezione della verità, Luce Irigaray, in quanto donna, chiama in causa la validità dei concetti di similitudine, similarità, identità e, perfino, uguaglianza, che stanno alla base della logica occidentale. L'autrice spiega come, prima di cercare la trascendenza in qualche ideale soprasensibile, che non corrisponde alla nostra totale e universale umanità, sia necessario rispettare la trascendenza dell'altro, qui e vicino a noi, cioè la sua irriducibile alterità.
Pugnace censore di ogni forma di dogmatismo e fanatismo, Bertrand Russell è stato uno dei fondatori della filosofia analitica e ha avuto un ruolo di primo piano, con G. E. Moore, nella «rivoluzione» che ha travolto l’idealismo della filosofia anglosassone d’inizio Novecento: rivoluzione di cui i Principi della matematica (1903) rappresentano uno dei testi fondativi. «L’opera – scrive Russell – ha un duplice scopo: primo, provare che tutte le proposizioni della matematica pura sono deducibili da un numero piccolissimo di principi logici fondamentali; [...] secondo, spiegare i concetti fondamentali che la matematica accetta come indefinibili – un compito puramente filosofico, e io non mi illudo di aver fatto altro che indicare un vasto campo di ricerche».
l'autore
Bertrand Russell (1872-1970), logico e filosofo, diede una ricostruzione della matematica sulla base della teoria dei tipi. Nobel 1950 per la letteratura, negli ultimi anni della sua vita si dedicò a un’intensa azione di propaganda antimilitarista.
Bello è un concetto di inquietante complessità, un giacimento di idee e intuizioni dilatatosi nel tempo fino ai confini estremi della riflessione. Bello, bellezza, sono tra le parole più ricorrenti per definire immagini, aure, fantasie e nutrire estri letterari, indugi filosofici. Si parla di bello in riferimento all'aspetto di una persona, alla suggestione di un paesaggio, alla forza comunicativa di un'opera d'arte. Ma si usa anche per indicare la capacità argomentativa di un discorso, la qualità di un'idea, la coerenza di una legge o la configurazione di una galassia. Eppure, a dispetto di una così grande diffusione, non vi è affatto chiarezza né univocità nel modo di intendere questo concetto. Umberto Curi delinea un percorso affascinante e innovativo che, muovendo dal mondo classico greco-latino, quando il bello era ritenuto il requisito di ciò che non mancava di nulla, conduce al pensiero moderno e contemporaneo e ai "tremendi" angeli rilkiani, quando ormai il bello deve lasciare spazio all'assenza. L'apparire del bello, suggerisce Curi, coincide con la manifestazione di un'ambivalenza insuperabile, con la rivelazione di uno scandalo, con l'emergenza di una contraddizione, che tuttavia scalda il cuore e ci consola.

