
Una guida sicura per chi si addentra per la prima volta alla filosofia. Questo manuale ha l'intento di fornire una guida sicura a chi si addentra per la prima volta nei percorsi affascinanti ma impegnativi della filosofia. Padre Battista Mondin si e' sforzato di presentare un testo comprensibile anche ai principianti, offrendo un'esposizione omogenea e lineare della scienza filosofica.
E' la seconda edizione. La prima edizione era nota con il titolo Manuale di Filosofia sistematica vol. 4". E' un trattato completo pensato per essere una guida sicura a chi si addentra per la prima volta nei percorsi affascinanti ma impegnativi della filosofia. "
Trattato di etica filosofica per le facoltà di filosofia. Il testo, con linguaggio piano, introduce lo studente di filosofia, che affronta riflessivamente per la prima volta la problematica etica, dentro tematiche obbiettivamente assai difficili.
Questo tratta di Etica sociale, o applicata, si pone l'obiettivo di individuare le implicazioni della vita buona, o felice, nell'insieme delle varie relazioni umane che costituiscono il tessuto della vita quotidiana, ovvero le reazioni famigliari, sociali, professionali e politiche.
Al fine di superare le carenze e i limiti dell'etica classica su questi temi, l'autore attinge spesso alla riflessione della filosofia personalistica che trae le sue radici nella filosofia kantiana ed è rappresentata da filosofi come Solovev, Guardini, J. de Finance, K. Wojtyla, Spaemann, Taylor, ecc.
Il libro compie un excursus sugli autori più importanti della filosofia moderna che hanno contribuito a disegnare le linee prevalenti del pensiero degli ultimi secoli, mettendo in discussione i principi della metafisica classica e dando vita a forme di pensiero caratterizzate dal soggettivismo. Queste sfociano poi in correnti, ideologie e atteggiamenti, divenuti comuni nella nostra epoca, quali razionalismo, empirismo, illuminismo, idealismo e nichilismo. Lo scopo di questo lavoro non è trattare in modo completo e particolareggiato la Storia della filosofia moderna, ma delineare alcune categorie interpretative che permettano di approfondire quelle filosofie che nell?epoca moderna si sono affermate come dominanti, al punto da cambiare in gran parte i valori e lo stile di vita del mondo occidentale.
La logica si presenta, oggi, come una disciplina totalmente astratta, priva di qualunque aggancio “empirico” con l’esperienza, addirittura più della matematica che, alla fine ha a che fare con calcoli che terminano con dati numerici utili a “qualcosa” e non sempre solo con simboli vuoti. Eppure la logica, originariamente, nasce anch’essa come una scienza in qualche modo “sperimentale”... La differenza con le “scienze sperimentali” come la fisica, la biologia, ecc., consiste nel fatto che queste ultime hanno come oggetto delle entità reali “extra-mentali”, osservabili con i nostri sensi esterni, mentre l’oggetto della logica è tratto dall’esperienza “interna” (mentale, non esternamente sensibile) e studia le regole di funzionamento del pensiero, considerato indipendentemente dal suo significato, dal suo possibile riferimento al mondo extra-mentale, finendo per distaccarsene completamente. In questo nostro percorso ci interesseremo, in una prima parte, della logica aristotelica, il cui impiego è basilare anche per accostare tutte le altre, occupandoci in primo luogo della logica “formale” e in secondo luogo della logica “materiale”, nel senso di logica della “dimostrazione”. In una seconda parte vedremo come si è giunti ad introdurre l’uso dei “simboli” nella logica moderna e nella logica matematica, fino ad ottenere una sua formalizzazione totale. Accenneremo poi alle problematiche che hanno riaperto una sorta di “via empirica” anche per la logica odierna (“incompletezza” dei sistemi assiomatici) e ai più recenti sviluppi che aprono la strada a quella nuova disciplina che va sotto il nome di “ontologia formale”, riaffacciandosi così anche alla logica e alla metafisica classica.
Questa opera potrebbe apparire, ad un primo sguardo, la semplice raccolta degli atti di un convegno. Infatti, i contributi che compongono questo volume sono stati presentati nell’VIII workshop della SISRI svoltosi a Roma dal 30 al 31 Maggio 2015 e dedicato al rapporto tra le visioni filosofiche del mondo e il lavoro scientifico. L’occasione era l’anniversario dei 400 anni dalla composizione della Lettera a Madama Cristina di Lorena da parte di Galilei. Lo scienziato pisano fu chiamato, in un drammatico momento della sua carriera, a rendere conto della conciliabilità tra il credo cristiano e la sua ricerca scientifica. In realtà, anche oggi ci poniamo con urgenza le stesse domande e cerchiamo risposte che riconosciamo come mai interamente conclusive e sempre aperte a maggiori approfondimenti. Questo carattere di “apertura” del domandare che, muovendo da settori disciplinari specifici, trascende i limiti imposti dai riduzionismi dei singoli metodi di ricerca, è l’aspetto fondamentale che illumina il senso di questa pubblicazione. Anche se potrebbe stupire l’eterogeneità dei contributi, dalla matematica alla biologia, dalla teologia alla storia della scienza, l’unità è visibile nella tensione ad una sintesi del sapere che concepisce i confini tra i campi delle scienze non come muri invalicabili, ma come interne distinzioni di un insieme organico.
Il titolo di questo libro riflette il modo sintetico e netto con cui abitualmente si distingue l’impostazione dell’etica classica, fondata sulla virtù, dall’impostazione dell’etica moderna, fondata sull’obbligo e sul dovere. Il contenuto però punta a dimostrare che questa distinzione va superata in quanto fondata su una comprensione non sufficientemente accurata della filosofia morale classica, in particolare dell’etica di Aristotele, e di quella moderna. E in questo tentativo l’autore va a minare le fondamenta stesse su cui poggia buona parte dell’attuale Virtue Ethics, con la chiara pretesa di contrastare non solo la posizione di Prichard, ma anche quella, a suo parere ancora più inesatta, della Anscombe. L’autore non si limita a realizzare un mero esercizio di analisi e dissezione di testi, antichi o moderni, fine a se stesso, ma vuole rispondere alla domanda che – malgrado Prichard – ritiene non solo ragionevole ma ineludibile per ogni filosofo etico e per ogni uomo: perché dovrei comportarmi in un determinato modo? Perché dovrei perseguire il bene? Si tratta dunque di trovare una risposta alla questione del dovere morale. Tale risposta Irwin pensa di trovarla, almeno in nuce, nell’etica aristotelica che, pur sottolineando l’importanza della virtù, non può essere ritenuta una Virtue Ethics così come alcuni oggi la intendono, ovvero fondata soltanto sulla ricerca di una felicità e di un bene esclusivamente attraenti; per Irwin, infatti, anche nell’etica aristotelica è presente il dovere ancorato a ragioni esterne, a imperativi non solo ipotetici ma categorici, detto in termini kantiani. Se questa interpretazione dell’etica aristotelica è esatta, allora la pretesa distinzione tra l’impostazione etica classica, aristotelica, e quella moderna va riveduta, perché l’etica classica può puntare sulla virtù in quanto ha il sostegno di un bene fondato su ragioni esterne al desiderio del soggetto, senza bisogno però di una legge e di un legislatore.
Il lavoro è un tema che appare sempre più attrarre gli studi filosofici. In particolare, emerge oggi la tendenza a non valutare il lavoro solo dal punto di vista del risultato e in termini di efficienza. Vi alludono già un insospettato F. Nietzsche (Così parlò Zaratustra), per il quale il lavoro può divenire un agire perfettivo (praxis teleia, in Aristotele) un bene e un fine, e non solo mezzo: «cercasi lavoro per un salario: in ciò tutti gli uomini sono uguali; per tutti il lavoro è mezzo e non fine in sé [...]. Esistono però uomini rari che preferiscono morire, piuttosto che mettersi a fare un lavoro senza piacere di lavorare: sono quegli uomini dai gusti difficili, di non facile contentatura, ai quali un buon guadagno non serve a nulla, se il lavoro stesso non è il guadagno dei guadagni». A Nietzsche si aggiunge Ch. Péguy (Il denaro): «un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice ad un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta [...]. Non occorreva fosse ben fatta per il salario, o in modo proporzionale al salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone, ma essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura [...]. Un assoluto, un onore, esigevano che quella gamba di sedia fosse ben fatta. E ogni parte della sedia che non si vedeva doveva essere lavorata con la medesima perfezione delle parti che si vedevano». È chiaro però che il fine in sé non è tanto il lavoro, in quanto ben fatto, ma il retto amore verso sé stessi, quando ci si mette in gioco, nel lavoro ben fatto al servizio degli altri. Il lavoro è formativo della persona. In occasione del 500º anniversario della Riforma protestante, il Convegno The Heart of Work (Roma, 19-20 ottobre 2017), organizzato dalla Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce e dal centro di ricerca Markets, Culture and Ethics, ha cercato di approfondire l'idea cristiana del lavoro professionale. Con gli scritti raccolti in questo secondo volume degli Atti del Convegno The Heart of Work si vuole offrire un contributo filosofico allo sviluppo di un'anima del lavoro professionale. In vari contributi del volume emerge la figura di san Josemaría Escrivá (1902-1975), che ha indicato nella santificazione del lavoro il cardine della santità nella vita quotidiana. Emerge la presenza della stessa theoria, nell'esercizio del lavoro, che già Aristotele preconizza, quando include la tekne tra le virtù intellettuali (dianoetiche): la possibilità di ideare e contemplare il progetto dell'opera, prima ancora della sua realizzazione. La "contemplazione" nel lavoro si può poi sviluppare ed estendere in diversi ambiti, ivi quello religioso.