
Rimasto sostanzialmente sconosciuto assieme alla sua poesia per oltre un secolo, Hölderlin si è trovato al centro di una grande attenzione nella stagione che ha assistito alla fine del vecchio ordine europeo, in particolare a partire dal 1914, anno in cui sono stati pubblicati i suoi testi inediti. Un’attenzione che continua ancora oggi e che coinvolge nell’indagine della sua opera un numero sempre maggiore di discipline. Non a caso è autore studiato e citato da papa Francesco.
Il volume offre un’interpretazione di alcune delle poesie di Hölderlin che mettono in luce un progressivo movimento di rottura con le idee fino ad allora dominanti nel panorama della cultura occidentale. Il congedo da quelle idee si può riassumere nella separazione del divino dal mondo e dal linguaggio umano, con il lascito di un silenzio minaccioso. È qui che la narrazione cristiana assume un nuovo significato rispetto alla ricerca di un linguaggio adeguato per nominare il divino. Proprio nel congedo da tutte le idee dominanti e nella ricerca di un nuova modalità espressiva risiede l’attualità dell’opera di Hölderlin.
Sommario Introduzione. I. Le poesie a Hölderlin. 1. «Empio e dissacrato», Hermann Hesse. 2. «... il dio che precorre fuori di quella morte ti spingeva», Rainer Maria Rilke. II. Le poesie di Hölderlin. 3. Quand’ero fanciullo. 4. Il congedo. 5. Ritorno a casa. Ai parenti – mancano i sacri nomi. Epilogo e panoramica. Note.
Note sull'autore Jakob H. Deibl insegna al Dipartimento di «Ricerca sulle basi fondamentali della teologia» della Facoltà cattolica di teologia dell’Università di Vienna.
Sappiamo alla perfezione cosa vogliamo avere - ricchezza, piacere, potere - ma non sappiamo più chi vogliamo essere . Nella grave crisi in cui siamo immersi, necessitiamo continuamente di avversari per definire le nostre identità, e spesso ci scopriamo nemici addirittura di noi stessi, in una sorta di permanente guerra interiore. La filosofia di Vito Mancuso è un'àncora preziosa in questi tempi difficili: rinnovando in noi il desiderio di antiche riflessioni, ci indica la strada per risalire alle radici profonde della nostra coscienza, e ci insegna come il senso e la direzione della nostra vita su questa Terra vadano ricostruiti a piccoli passi, giorno dopo giorno, nella consapevolezza di trovarci al cospetto di qualcosa di più importante di noi stessi. Solo così sapremo entrare in armonia con la logica che determina il nostro cammino e amare quella semplicità naturale dentro di noi che è il vero segreto per una vita degna, una vita che vale la pena vivere, una vita autentica.
"Agli studenti bisogna dire di non leggere le critiche, ma di leggere i testi. Tutto il mio libro è un grido d'orrore per ciò che accade nel mondo universitario. I miei studenti a Cambridge hanno un esame in cui discutono l'opinione di T.S. Elliot su Dante senza dovere leggere Dante, un solo verso di Dante. (...) Quello che ci vuole è un'interpretazione dinamica, un'interpretazione che sia azione e non passività. Leggere la critica, leggere i testi "secondari", significa essere passivi, come davanti alla televisione; significa rinunciare alla responsabilità dell'azione. (George Steiner da un'intervista su "Linea d'ombra")
Parla senza ascoltare, ha sempre ragione: è presuntuoso. Ha soldi e potere, tutto gli è dovuto: è borioso. E' bello e irraggiungibile, concentrato sul proprio corpo: è vanitoso. Sono questi oggi i superbi, esseri meschini, nei quali sembra difficile rintracciare qualcosa del bellissimo Lucifero che si ribella a Dio, o della tracotanza di Prometeo che ruba il fuoco o degli eroi omerici puniti dagli dei per la loro temerarietà e ambizione. La superbia occupa, nella gerarchia dei vizi, un posto speciale, ne è la regina perché radicata nella condizione originaria dell'uomo come male ambiguo, come desiderio di conoscere ma al tempo stesso di eccedere la misura. Queste pagine ci avvicinano ai grandi superbi della cultura occidentale: da Adamo ed Eva ai tiranni prigionieri delle ideologie, fino ai protervi paladini della tecnoscienza che manipola la vita, e alle figure banalmente arroganti dei nostri tempi. Con un interrogativo: la superbia ha definitivamente abdicato al suo senso eroico in favore della vanità e del narcisismo?
Laura Bazzicalupo insegna Filosofia politica nell'Università di Salerno. La sua area di ricerca è la biopolitica. Tra le sue pubblicazioni più recenti "Il governo delle vite. Biopolitica ed economia" (Laterza, 2006) e "Politica, identità, potere. Il lessico politico alla prova della globalizzazione" (Giappichelli, 2004).
E' il vizio che si vede, perché inscritto nella carne, oltre che nell'anima: cosa si può dire che non sia già stato detto sulla gola, sul vizio che con la sua diffusione planetaria è alla base del fenomeno dell'obesità globale o "globesity", come viene chiamata l'epidemia mondiale del sovrappeso? Si possono illustrare, accanto ai caratteri tradizionalmente attribuiti a questo peccato, tutti gli aspetti moderni che l'hanno modificato, attraverso gli eccessi del fast food e della McDonaldizzazione da un lato, e la ricerca dello slow food, del cibo genuino, biologico dall'altro. Il libro ripercorre le vicende dell'ingordigia, dagli smisurati e tragici banchetti del mondo antico ai menu del commissario Montalbano, dagli abusi gastronomici delle tavole imperiali all'insaziabile ingurgitare di Pantagruele. Se il rapporto col cibo è sempre stato difficile, ancor più difficile è trovare una misura tra concessione e proibizione. Ma poi peccato o malattia? Vizio volontario o predisposizione genetica, come si chiedono oggi dietologi e medici?
Francesca Rigotti insegna nelle Università di Lugano e di Zurigo. Per il Mulino è autrice di "La filosofia in cucina" (II ed. 2004), "Il filo del pensiero. Tessere, scrivere, pensare" (2002) e "Il pensiero pendolare" (2006). Ha inoltre pubblicato "Il pensiero delle cose" (Apogeo, 2007).
I saggi qui raccolti, contraddistinti dalla piacevole scorrevolezza delle lezioni da cui originano, costituiscono l'essenza delle riflessioni di Paul Ricoeur sui temi della memoria e dell'oblio. Ma sono anche un contributo al dibattito storiografico che ossessivamente propone di non dimenticare. Ricoeur propugna una cultura del perdono in cui il passato gravato dalla colpa non viene cancellato o rimosso, ma mediante il riconoscimento del ricordo dell'Altro, ne allevia o toglie il peso. Una ventata d'aria fresca, si potrebbe dire, anche per il nostro paese dove il furore della memoria accende talvolta il dibattito pubblico e impedisce analisi più pacate.
Proprio come l'Idra, il mostro mitologico le cui teste, mozzate da Ercole, avevano il potere di rinascere raddoppiandosi, il capitalismo, un tempo solo occidentale oggi planetario, ricompare sulla scena del mondo riproponendo nuove e più sofisticate forme di schiavitù. Ma se è vero che dai grandi conflitti del '900 il capitalismo è uscito vincitore trionfando su ogni rivoluzione, è altrettanto vero che «l'uguaglianza è una necessità che si ripresenta continuamente, come la fame». Nella trama della storia qual è il posto di questo anelito, proprio delle religioni di salvezza e del comunismo moderno?
La figura della Vergine col suo bambino ha svolto un ruolo straordinario nella civiltà europea. Attraverso questa immagine, che assume forme diversissime, che è chiamata e invocata con nomi anche contrastanti, questa civiltà non ha pensato soltanto il proprio rapporto col divino, la relazione di Dio con la storia umana, ma l'essenza stessa di Dio. Perché Dio è generato da una donna? Pensare quella Donna costituisce una via necessaria per cogliere quell'essenza. E le grandi icone di quella Donna, come la Madonna Poldi Pezzoli del Mantegna, non sono illustrazioni di idee già in sé definite, bensì tracce del nostro procedere verso il problema che la sua presenza incarna.
In questo testo dedicato all'ecosofia, a quella saggezza della Terra che l'uomo ha purtroppo dimenticato di ascoltare, Panikkar offre una cornice interculturale-ermeneutica globale ai fini di instaurare rapporti equilibrati tra il sé e la Natura. Oggi il pericolo non viene dagli Dèi né dalla Natura, bensì da un mondo "arte-fatto" e fuori controllo che ha squilibrato l'intera Natura. In misura maggiore che in qualsiasi epoca del passato, le diverse culture hanno assoluto bisogno l'una dell'altra. Nessuna cultura, da sola - e le religioni, filosofie, scienze naturali sono fenomeni culturali - può pretendere di fornire la risposta ai problemi dell'esistenza. Non che vi siano universali culturali, tuttavia si trovano costanti antropologiche di base e visioni omeomorfiche della realtà. Nella sua globalità, la realtà si presenta in tre dimensioni reciprocamente irriducibili, ma ognuna delle quali presuppone l'altra: sono indicate dai termini Cosmo (materia/energia, Mitwelt cioè co-mondo), Uomo (consapevolezza, io/sé), Dio (abisso insondabile, energia, mistero inaccessibile). Qual è quindi il valore di questa intuizione cosmoteandrica del nostro rapporto con la Natura, basato sulla percezione della Realtà nel suo complesso e nelle sue parti, che fa tesoro della sapienza di tutte le epoche e le culture? Nella prima parte l'autore intende rispondere a tale domanda sviluppando nove tesi.
Il testo qui proposto affronta la drammatica crisi in cui versa il mondo contemporaneo, una vera e propria "conflagrazione cosmica", secondo la definizione dell'autore, attraverso il mito della divinità hindù di Indra. Per Panikkar Indra assume un valore paradigmatico rispetto alla condizione umana attuale, un simbolo delle energie demoniache e divine che si contendono la supremazia al fondo della nostra più invisibile interiorità. L'India ha ceduto alla tentazione di mettere la scienza e la tecnologia sul piedistallo di Indra andando nella direzione sbagliata: "... la via verso la modernizzazione che l'India ha preso non ha portato alla liberazione promessa. Non ha conseguito il suo scopo. Ha fallito!". La prima parte di questo studio prepara lo sfondo per la tesi di Panikkar. Per questo la megalopoli Mumbai è un'illustrazione spaventosa, ma adatta. Nella seconda parte si presentano le cause più profonde del problema: le civiltà indiche sono incapaci di affrontare il complesso tecnocratico della modernità; il loro carattere autodistruttivo è inerente alle civiltà tecnocratiche. Da questo punto di vista il libro non si limita a descrivere ciò che accade nel sub-continente indico, ma ha l'ambizione di indicare al mondo intero una trasformazione radicale, una sorta di "Utopia" che ha tutte le risorse per realizzarsi, per divenire "concreta".
"La vita, il sapere della vita e, tra vita e conoscenza, il discorso quotidiano. Cioè il fluire continuo di quella lingua che ci fa al tempo stesso contemporanei e antichi, figli del nostro tempo ed eredi di tradizioni e di epoche passate che in noi e attraverso di noi coesistono simultaneamente. Questo il quadro teorico, che ha a fondamento Inizio (Jaca Book, 2016) e che qui si snoda in tre scritti esemplificativi ed esemplari. Nel primo e nell’ultimo il riferimento è a Giovanni Gentile: in occasione del celebre incontro con Mussolini sul Lago di Garda nel 1943, che causò in seguito la morte violenta del filosofo; e poi nel controverso rapporto personale di Gentile con Croce, sino alla sua drammatica fine. Il testo centrale vede agire in contemporanea vari personaggi, con riferimento all’anno 1857 sia a Ginevra, sia, più in generale, all’Europa: Wagner e sua moglie Minna; Mathilde Wesendonck, modello di Isotta; Alfred Escher, il padre della ferrovia del Gottardo; Francesco De Sanctis in esilio; Marx ed Engels di fronte alla crisi economica; la prima rivoluzione indiana contro gli inglesi; il terremoto della Basilicata. In questo mondo in rapida rivoluzione industriale si snodano i discorsi della borghesia colta, della conoscenza, del pensiero e dell’arte, e il loro sottile, invisibile tratto comune."
In questa conversazione con Silvia Ronchey lo psicologo e filosofo americano James Hillman celebra i "piaceri del pensiero, la passione delle idee, l'erotismo della mente". Sono i piaceri perseguiti con dedizione nel corso di una lunga vita operosa, che scorre davanti agli occhi del lettore in una sorta di autobiografia per immagini. E, guidato e stimolato da Silvia Ronchey, Hillman offre le sue riflessioni su alcuni temi centrali del suo pensiero: l'Anima del Mondo come organismo vivente che trascende la nostra individualità, il Daimon che ci mostra ciò che dobbiamo diventare, la vecchiaia come rivelazione del carattere, il mito come origine e spiegazione del mondo, la Bellezza e la Giustizia come unici scopi della politica.