
La religione è sempre stata un tema centrale della filosofia di Severino, a partire dagli anni di insegnamento all'Università Cattolica (culminati nel processo canonico che, nel 1970, proclamò l'incompatibilità tra la visione del filosofo e il cristianesimo). Questo libro esamina con rigore e, non di rado, spirito polemico le posizioni della Chiesa cattolica sull'idea di verità e di natura, sulla bioetica, la libertà d'insegnamento, le leggi dello Stato, l'economia. Severino illustra da un lato il conflitto radicale tra la Chiesa e la scienza, la democrazia, il capitalismo, l'Occidente liberale nel suo complesso; e dall'altro la paradossale appartenenza del pensiero espresso dalla Chiesa all'autentica tradizione dell'Occidente: il nichilismo.
Nel mondo del Ventunesimo secolo sono esplose tensioni forse tra le più laceranti della storia: il contrasto tra la globalizzazione, e la crisi economica che ne è conseguita, e le istanze locali delle forze del passato; le migrazioni delle masse di poveri che premono alle porte del ricco Occidente; lo scontro tra le forme della cultura e la tradizione occidentale, che sino a poco tempo fa poteva considerarsi dominante, e il terrorismo di matrice islamica. A questi problemi la politica non è in grado di offrire soluzioni efficaci: non sul piano internazionale, dove ogni forma di cooperazione tra Stati viene messa in seria discussione, né all'interno dei singoli Paesi, dove ha ceduto all'economia la gestione della società, limitandosi a garantire il funzionamento del mercato. In relazione a questo quadro Emanuele Severino riprende e sviluppa qui temi a lui cari come il rapporto tra politica, tecnica e filosofia e propone una chiave di lettura per smascherare il significato profondo della volontà di disfarsi di quella adesione alla verità assoluta che il tempo presente vuole abbandonare. In questo processo il capitalismo, per trionfare sui propri nemici, dopo aver emarginato la politica, deve sfruttare a fondo le potenzialità della tecnica, la quale è divenuta sempre più forte e ora da serva si sta trasformando in padrona, svuotando il capitalismo del suo scopo e conducendolo quindi alla morte. Quello che oggi ci pare uno scontro epocale tra valori è in realtà soltanto l'espressione di una battaglia di retroguardia, tra le diverse "verità" che intendono piegare il mondo alla loro visione ma che in realtà sono tutte destinate a essere sconfitte dall'avvento della tecnica, che potrà compiersi pienamente solo quando quest'ultima potrà godere del sostegno della filosofia e raggiungere il proprio scopo: realizzare tutto quanto è possibile.
«Forse non immagini nemmeno - scriveva Simone Weil all'amica Albertine Thévenon - cosa voglia dire concepire tutta la propria vita davanti a sé e prendere la risoluzione ferma e costante di farne qualcosa, di orientarla da cima a fondo, con la volontà e col lavoro, in un senso determinato». Come testimonia l'ampia scelta di testi proposti in questo volume, la vita di Simone Weil è stata uno sforzo prolungato per dare forma a quel «qualcosa» senza il quale esistere non avrebbe per lei avuto senso. La quantità di problemi sociali, politici, storici, filosofici, religiosi affrontati con estrema lucidità nel vivo dei conflitti, dà la misura del compito che si era prefissa, avendolo precocemente individuato come l'impegno cruciale richiesto dalla crisi epocale dell'Occidente.
Descrizione
Elaborata lentamente nei lunghi anni dell’esilio dalla dittatura franchista, Dell’Aurora è una straordinaria opera di pensiero che fuoriesce dagli schemi del discorso filosofico: una trama poetica in cui si riannodano, riconoscibili ma trasfigurate, le domande, le riflessioni e le ricerche che occupano la scrittura di tutta una vita. La ricerca di una diversa modalità espressiva della ragione raggiunge in questo testo un’espressione compiuta nella forma di una filosofia poetica.
Sommario
1. Prima parte. I. Prima di cominciare. II. Alcuni impossibili prolegomeni: sospiri. III. Il rumore. IV. L'apparizione del confine. V. Guida Aurora.
2. Seconda parte. I Lo sguardo. II Dell'occaso. III. Della notte. IV. Quando il giorno comincia come una fiamma. V. L'alba coagulata e disseminata. VI. Il celeste. VII. Prima dell'occultamento. VIII. La linea dell'Aurora. IX. Il limite impenetrabile. X. La bilancia dell'Aurora. XI. Il vuoto. Le ombre. XII. Il germinare silenzioso dell'Aurora. XIII. La parola perduta. XIV. La rugiada.
3. Terza parte. I Una progressione: fuoco, parola, fiamma. II. La parola e gli dèi: la germinazione dell'Auroraa. III. La parola indicibile, la parola che si perde. IV. Dei numeri e degli elementi. V. Lo sguardo e il dire. VI. Il balbettio. VII. Il linguaggio e la parola. VIII. La linea della scrittura. IX. Linguaggi non umani.
La Aurora della parola (Tre frammenti). La fiamma.
4. Quarta parte. Finalmente, l'Aurora. I. La geografia dell'Aurora. II Il gallo dell'Aurora. III. Del regno del sole. IV. L'occultamento: il nominare. V. Il regno dell'Aurora. VI. Gli esseri dell'Aurora. VII. La pura Aurora accesa.
María Zambrano, filosofa dell'Aurora di Elena Laurenzi
Notizie biografiche
Note sull'autore
María Zambrano (1904-1991), filosofa e saggista spagnola, allieva di José Ortega y Gasset, all’avvento della dittatura franchista prende la via di un lungo esilio durato 45 anni, di cui dieci trascorsi a Roma. Rientrata in Spagna nel 1984, si impegna nella difesa della giovane democrazia spagnola.
Il titolo allude a I demoni di Dostoevskij, che sono assunti a simbolo dei due grandi mali che hanno condotto alle tragedie del Novecento e hanno alimentato le ideologie totalitarie: il mito della palingenesi sociale e il mito della gestione scientifica dei processi sociali. L'idea aberrante che l'umanità debba essere ricostruita dalle fondamenta ha generato quell'"odio di sé" che ha corrotto la civiltà europea e che François Furet ha definito come la capacità di generare uomini che odiano l'aria che respirano senza averne mai conosciuta un'altra. Le manifestazioni estreme di questa malattia – lager e gulag – esprimono quei miti fondatori: i miti palingenetici (politica razziale o purificazione sociale di classe), la gestione scientifica della deportazione, del lavoro forzato e dello sterminio di massa. L'umanità europea compie azioni di penitenza ma sembra non aver compreso le radici della catastrofe che l'ha devastata. L'"odio di sé" si manifesta nelle ideologie postcomuniste e dell’estremismo pacifista; mentre l'adesione critica all'ideologia scientista assume le forme di un relativismo radicale che nega ogni spazio all'etica, alla morale e alla religione nella vita pubblica, e oltretutto nega la scienza come conoscenza, aumentando così il degrado civile.
L' uomo e lo Stato, l'opera politica più nota e sistematica di Maritain, pubblicata in inglese nel 1951, è il risultato di sei conferenze tenute a Chicago nel 1949. Accolto come testo di grande spicco e tradotto in molte lingue, il libro costituisce il momento conclusivo di ricerche iniziate oltre vent'anni prima. Con questo volume - un classico del pensiero politico, e una delle maggiori espressioni della scuola democratica - l'autore prende posto nella galleria dei pensatori moderni insieme con Hobbes, Rousseau, Locke, Hegel. Le sue idee hanno ispirato la formulazione di varie Carte costituzionali, nonché personalità, movimenti e partiti in più continenti: A. De Gasperi, G. La Pira, G. Dossetti, A. Moro in Italia; E. Frei, R. Caldera, N. Duarte in America Latina; R. Shuman, la resistenza francese, E. Borne, St. Mazowieski in Europa. Per Maritain lo Stato ha per contenuto il bene comune e nella sua azione deve portare alla solidarietà in una democrazia che pone al centro delle relazioni sociali la persona con i suoi diritti e doveri.
GLI AUTORI
Jacques Maritain (Parigi 1882 - Tolosa 1973). Dopo aver aderito in gioventù al socialismo rivoluzionario, si convertì al cattolicesimo sulla spinta del pensiero di Léon Bloy. Insegnò filosofia all'Institut Catholique di Parigi e venne poi chiamato in varie università americane. Dal 1945 al 1948 fu ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. Tutti i suoi scritti hanno notevolmente contribuito alla apertura del cattolicesimo sul piano morale, pedagogico e politico.
Il volume raccoglie gli studi sviluppati da vari collaboratori in vista della Tavola Rotonda su L'amore come perfezione dell'esistenza. La sezione storica, con 8 contributi, approfondisce la concezione dell'amore in Aristotele, Padri Cappadoci, Alberto Magno, Dante, Leibniz, John Stuart Mill, Kierkegaard e Arendt. La sezione teoretica, con 6 contributi, presenta le riflessioni sull'amore di Tommaso Demaria, Sabino Palumbieri, nel "Nahe Biti Boot" di Timor Est, in Gabriel Marcel, in Tommaso d'Aquino e in Emmanuel Lévinas. La sezione teologica, con 8 contributi, spazia in ambiti suggestivi: nell'islam africano occidentale, in Bernard Lonergan, sul ruolo educativo dell'eros, nella liturgia, in Francesco di Sales, in don Bosco, nel grande mistico Giovanni della Croce e in Maria di Nazaret.
I "Pensieri" di Pascal sono pagine di confessioni e non coacervo di sillogismi; illuminazioni rapide e non discorsi filati di filosofica saggezza; più spesso vangate nel sodo per smuovere il terreno irto di cardi e di sterpi d'una inveterata albagia razionalista; talvolta crisalidi cui basta un'aria di tepore primaverile per mutarsi in svolazzanti e iridate farfalle, e quasi sempre grido di un'anima ora triste della "tristezza di non essere santi" (Bloy), ora gioiosa della letizia del cristiano in grazia.
Cosa c'è, per ognuno di noi, di più caro, di più importante, ma anche di più rischioso dell'io? Esso è già completo e si accompagna a noi dal momento della nascita, o è il risultato di un processo di formazione, elaborazione e consolidamento? A queste e ad altre domande, Dubuisson risponde consultando sul tema filosofi, letterati, antropologi, sociologi e uomini di fede di tutti i tempi. Differenti, piene d'interesse e spesso affascinanti, le varie posizioni vengono raccontate dall'autore. Posizioni che si possono raccogliere in due schieramenti contrapposti: da una parte chi non ha dubbi sull'esistenza sostanziale dell'io e sul suo stato di buona salute; dall'altra chi parla di "coscienza labile" pronta a smarrirsi, di "intermittenze del cuore", o di impermanenza e vacuità del soggetto. L'atteggiamento più giudizioso, secondo l'autore, sarà allora quello di ricostruire le tappe e i modi in cui l'uomo è giunto alla propria formazione: i maggiori contributi sono venuti dalle sapienze antiche e orientali, dalla spiritualità mistica cristiana; le moderne scienze umane hanno, invece, perso di vista l'individuo nella sua singolarità e nella sua problematica esistenziale.
Ci troviamo, oggi, dinanzi a un incredibile potenziamento dei mezzi a disposizione per comunicare, lavorare, produrre, incrementare, potenziare e migliorare la gamma delle nostre prestazioni. È come se, per la prima volta nella nostra storia, si facesse largo l'idea che in linea di principio non v'è più alcun ostacolo alla possibilità di disporre in modo incondizionato non solo del mondo, ma anche di noi stessi. Tuttavia, in questa sterminata proliferazione di dispositivi funzionali, qualcosa sembra paradossalmente non funzionare come dovrebbe. La "macchina" gira a una velocità inaudita, ma in questo vortice - che la nostra quotidianità subisce come un destino inevitabile - fatichiamo a trovare una collocazione capace di donare senso alle nostre azioni. Il disorientamento è totale. Cultura dell'effimero, iperattivismo sfrenato, comunicazione senza contenuti, sono alcuni dei fenomeni analizzati nelle pagine del libro, con l'obiettivo di disegnare il profilo dell'epoca in cui viviamo, e aiutarci a capire "dove siamo finiti". Ma anche da dove, forse, è possibile ricominciare. Il volume costituisce un'impietosa riflessione sull'ideologia contemporanea e sui suoi meccanismi di dissimulazione; da ogni pagina traspare l'insofferenza e il disagio nei confronti di una cultura rassegnata e opportunista, del tutto incapace di assumersi la responsabilità per una progettualità di lungo respiro.
Il libro esamina i grandi cambiamenti che le nuove tecnologie stanno approntando rispetto ai concetti di base dell'esistenza umana, ponendo in evidenza i più importanti fuochi di metamorfosi e gli slittamenti di significato inaugurati dalle prassi biomediche e dall'immaginario del virtuale. Termini come cyborg, morte cerebrale, intelligenze non umane, clone, avatar, identità mutante mettono a dura prova le tradizionali coordinate antropologiche e le cornici epistemologiche chiamate a interpretarli. Ci troviamo di fronte a una profonda rivoluzione culturale capace di affascinare taluni e atterrire altri, che richiede però un'attenta riflessione nei suoi prospetti paradigmatici e nei suoi innumerevoli risvolti. Non è possibile affrontare le grandi questioni di bioetica riferibili alla vita e alla morte, ai concetti di accanimento terapeutico ed eutanasia, agli scenari inaugurati dall'ingegneria genetica e dalle staminali senza comprendere le modifiche che la dimensione umana ha vissuto negli ultimi due decenni. La filosofia post-umanista offre delle risposte nuove rispetto agli scenari che si presentano, conoscerle vuol dire avere degli strumenti in più per affrontare le sfide del XXI secolo.