
La città di Dio e la città dell'uomo per una nuova democrazia. Sono quattro ondate di pensiero che muovono dal profondo della storia e portano a riva per un verso la concezione occidentale dell'essere come diritto-a-essere, per l'altro la concezione francescana dell'essere come dono-di-essere; mentre la prima pone al centro il primato della razionalità e dunque della volontà di potenza o di autoaffermazione, l'altra, invece, il primato della libertà e dunque della volontà oblativa o di servizio. Ciò che il francescano denuncia non riguarda il potere, che il sapere assicura, ma il suo carattere dominatorio; non il primato della normativa, pilastro della convivenza, ma la sua anima rivendicativa; non la razionalità, ma la sua risoluzione nel diritto-a-essere. L'approdo è costituito dalla libertà creativa di segno oblativo, con cui si cerca di fare interagire la tensione dell'età contemporanea verso nuove forme di convivenza con la fonte ispirativa della plurisecolare avventura francescana, costituita dalla conoscenza come riconoscenza, tradotta nella storia attraverso una pastorale di difesa della dignità di tutti, a partire dai più poveri.
La ricerca della felicità accomuna tutti gli uomini, al di là di ogni differenza. È il motore del mondo, il fine cui tendono tutte le nostre azioni. Raggiungerla è una sorta di "privilegio". Basti pensare che nella tradizione ellenistica era appannaggio pressoché esclusivo degli dèi, a cui - unici tra tutti gli esseri - era riservato l'attributo di makarios (beato). Oggi, più democraticamente, la riteniamo un diritto. A volte bisogna lottare, essa è l'ambìto premio nella lunga gara dell'esistenza, ed è qualcosa di straordinario, non può essere la condizione normale della vita: «La felicità, quella specie di spasimo dell'anima, non può durare che poco: sarebbe insopportabile, sennò» (Carlo Cassola). Talvolta, invece, «la felicità è una ricompensa che arriva a chi non l'ha cercata» (Émile-Auguste Chartier): si tratta solo di saper aspettare. Capita infatti che in un solo istante una gioia inattesa faccia capolino, e rischiari un'esistenza. La felicità, infatti, è composta anche «di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore», come spiega Richard Bach nel famoso Gabbiano Jonathan Livingston. La felicità è una direzione e non un luogo, per questo abbiamo bisogno di orientamenti per aspirare a una vita felice. Ecco dunque spiegata la funzione di questo libro, che offre 365 letture memorabili per attingere ispirazioni utili ad affrontare la vita di ogni giorno.
Ciò che si propone il libro è questo: dalla tendenza ad ignorare o a colmare o ad esorcizzare il negativo, passare invece a pensare il lavoro che il negativo riesce a fare, come sciogliere legami non liberi, sgombrare la mente da costruzioni inutili, alleggerire la volontà da fardelli insensati. Ci ha orientato una domanda: come possiamo impedire che il negativo che c'è nelle nostre vite "vada a male", si traduca cioè in qualcosa di irrimediabilmente deteriore? Questa domanda viene declinata nel testo in modi diversi. Quando il negativo si lascia introdurre nel discorso, vuol dire che, poco o tanto, è uscito dalla sua assoluta negatività e non pretende di trionfare da solo.
L'applicazione della filosofia del linguaggio di Ludwig Wittgenstein continua a ricevere notevole attenzione in diversi ambiti di sviluppo del pensiero contemporaneo. Un esempio in tal senso concerne, in particolare, il pensiero femminista. Questo libro fornisce un quadro d'insieme del dibattito attualmente in corso sulle possibili interazioni tra la filosofia di Wittgenstein e il femminismo. La trattazione mette in evidenza in che modo il pensiero di Wittgenstein possa continuare ad arricchire il dibattito sviluppatosi nel pensiero femminista e stimolarlo in modo nuovo.
Perché istintivamente quando pensiamo alla filosofia, ci riferiamo alla filosofia classica, quella sviluppatasi nella "polis" ateniese dimenticandoci la successiva, lunga e prolifica stagione della filosofia ellenistica? Forse una spiegazione sta nell'esiguità degli scritti che di questi autori si sono conservati. Eppure lo scetticismo, l'epicureismo e lo stoicismo hanno conosciuto una decisiva rivalutazione e l'immagine complessiva della filosofia ellenistica si è andata rinnovando. Il testo di Lévy analizza che cosa s'intende per filosofia ellenistica ed esplora le sue espressioni più note e rilevanti (scetticismo, epicureismo e stoicismo).
In questo testo lo sguardo dell'autore si rivolge alla costituzione della realtà, nella sua forma singolare e plurale. Quello che la tradizone filosofica ha chiamato "essere" non è che la relazione originaria attraverso cui le singole esistenze si incrociano in un nodo comune. A partire da questo presupposto il libro di Nancy si presenta non come un trattato sistematico bensì nella forma di un'interrogazione profonda e radicale della nostra contemporaneità: dei suoi bagliori e delle sue rovine, dei suoi idoli e delle sue potenzialità. Dal dispiegamento della tecnica alla società dello spettacolo, dalla mondializzazione alla metamorfosi dei corpi, dalla fuga del senso alle sue nuove configurazioni. Introduzione di Roberto Esposito.
Quel che da Anassimandro a Kant, da Pierce a Wittgenstein si trasmette è la natura cartografica dei sensi del mondo. Al punto che ancora si crede che la mappa sia la copia della Terra senza accorgersi che è la Terra che fin dall'inizio ha assunto, per la nostra cultura, la forma di una mappa. Oggi non è più possibile contare, nel rapporto con la realtà, sulla potentissima mediazione cartografica che, riducendo a un piano la sfera terrestre, ha fin qui permesso di evitare di fare i conti con la Terra così come davvero essa è, con il globo. Questo è un manuale di geografia privo di qualsiasi carta, in esso non soltanto si dà conto della geografia umana di oggi, ma si ridefinisce la natura dei principali modelli di descrizione del mondo in nostro possesso.
Questo libro raccoglie i frutti dell'insegnamento universitario di Vegetti su Platone, e vuol essere una presentazione del grande filosofo ateniese chiara e accessibile a ogni lettore, anche inesperto. L'autore ricostruisce a questo scopo non solo il pensiero platonico, ma anche il contesto storico in cui Platone visse e praticò la filosofia. Ma il testo, scritto con chiarezza, va al di là dell'obiettivo didattico, in quanto, alla luce della sua conoscenza del filosofo antico, Vegetti offre una sintesi lucida e profonda del pensiero platonico, che dà conto dell'importanza di Platone, pietra miliare del pensiero occidentale, e della sua influenza nei secoli.
Il libro ricostruisce la storia di un sistema di pratiche filosofiche che si proponeva di formare gli animi piuttosto che informarli, attraverso un lavoro su se stessi che coinvolgeva non solo il pensiero, ma anche l'immaginazione, la sensibilità e la volontà. Così interpretata, la filosofia diviene per gli antichi esercizio attivo, continua rimessa in discussione di se stessi e del proprio rapporto con gli altri, uno stato di liberazione dalle passioni, di lucidità perfetta, una maniera di vivere prima che un sistema di pensiero. Dal dialogo socratico e platonico a Epicuro, da Seneca a Epitteto fino all'età contemporanea, il libro esplora la centralità, il declino e l'intermittente ripresa di una dimensione riflessiva della storia del pensiero.
Pronunciata all'Athénée Royal nel 1819, questa conferenza è il testo teorico più noto e discusso di Benjamin Constant. La sua dicotomia fra libertà degli antichi e libertà dei moderni ha suscitato un dibattito sui rapporti fra libertà politica e civile, cittadino e Stato, diritti dell'individuo e soprusi del potere, che dura tuttora. La presente edizione inquadra il testo nell'insieme del pensiero constantiano e del momento storico, nonché il suo posto nel quadro dello sviluppo del pensiero liberale: l'introduzione di Giovanni Paoletti, basata su una disamina dei manoscritti e delle varianti, ne ricostruisce il contesto e la struttura argomentativa; il saggio di Pier Paolo Portinaro ne propone un'attualizzazione.
"Romanzo della vita umana" è secondo Leibniz la storia universale, la sola storia vera, già da sempre contenuta in quella sterminata biblioteca che è la mente di Dio. Ci sarà chi prenderà Leibniz alla lettera e scriverà quel romanzo in chiave filosofica: tale è la hegeliana Fenomenologia dello Spirito, romanzo della storia universale o storia universale come romanzo filosofico che condanna all'inattualità tutti gli altri romanzi. Negli ultimi tre secoli, a cominciare da Leibniz e da Hegel, la filosofia ha inseguito il sogno dell'unica storia vera, la sola degna di essere pensata filosoficamente. Ma che ne è oggi della filosofia della storia? Che cosa resta dell'ultimo, grande sogno della ragione?
Pubblicati clandestinamente nel 1975, questi saggi, eretici in rapporto al marxismo e al dogmatismo dominanti dell'epoca, si interrogano sul senso che può avere la storia, non tanto come svolgimento cronologico, ma in quanto storia dell'essere umano in cerca della sua umanità. Una domanda che si riallaccia alla tradizione filosofica inaugurata nella polis greca, il luogo che ha reso possibile l'apparizione quasi simultanea della filosofia, della politica e della storia, le tre dimensioni essenziali dell'umanità occidentale. Filosofia e politica sono nate insieme ed entrambe mettono in dubbio la tradizione e le certezze. Per il pensatore boemo, la filosofia che ha condotto all'idealismo ha fallito nella sua pretesa di afferrare la soggettività nel suo rapporto col mondo, laddove si fonda la storia. Scavando nelle origini della filosofia europea, l'autore affronta i temi della scelta, dell'autenticità della vita, dell'impegno e della violenza.