
Dedicato al senso che ci mette in contatto con gli alimenti facendocene conoscere il sapore, il volume mette in discussione uno dei più radicati luoghi comuni della riflessione filosofica che ha considerato il gusto (al pari dell’olfatto) un senso inferiore, il più carnale e il più viscerale, il più arbitrario e perciò il più distante dalla conoscenza. Rosalia Cavalieri elegge a oggetto d’interesse filosofico il gusto materiale, e tutte le attività che lo riguardano (mangiare, bere, degustare), avvalendosi del contributo di diversi saperi (biologia, psicologia, neuroscienze, antropologia, etologia, scienze gastronomiche e scienze sensoriali), con l’obiettivo di mostrare il valore intellettuale e culturale di un senso che solo nell’animale umano ha raggiunto la sua forma più raffinata. Siamo, infatti, i soli animali capaci di cucinare, di concepire un piatto, di apprezzarlo e di condividerne il consumo, e di descrivere un vino o una vivanda. Articolato in cinque capitoli il libro offre un’ampia e informata panoramica sul gusto come sapere, come intelligenza del corpo e, nel contempo, come fonte di piacere raffinata e propriamente umana, non mancando di sottolinearne l’intrinseca attitudine conviviale e linguistica, e rivela come approfondire la conoscenza e l’uso consapevole e avvertito di un senso sopraffatto da una mentalità prevalentemente visivo-acustica possa allargare la nostra maniera di stare al mondo.
"Il 12 febbraio del 1809 nasceva un uomo schivo che ebbe in sorte di cambiare per sempre il nostro modo di intendere la natura, e il posto della specie umana in essa. Uno scienziato che ha saputo condensare in una vita sola: una giovinezza spensierata senza troppa voglia di studiare; un viaggio avventuroso di cinque anni attorno al mondo così denso di meraviglia da apparire come un perfetto romanzo di formazione; un secondo viaggio londinese, tutto mentale questa volta, all'inseguimento di un'intuizione rivoluzionaria e inconfessabile; venti lunghi anni di silenzio operoso nella campagna del Kent; la morte della figlia più amata; e poi un precipitare quasi teatrale di accadimenti con la lettera occasionale di un potenziale rivale, la corsa alla pubblicazione, il successo mondiale dell'"Origine delle specie", lo scandalo nella buona società dell'epoca, il sottrarsi alle polemiche, la fama internazionale, le opere apparentemente bizzarre della vecchiaia, le ansie di vita eterna della moglie, un ultimo libro sui lombrichi, gli onori della sepoltura in Westminster. Il tutto in un uomo solo, che forse non cercava tanto". Telmo Pievani racconta l'affascinante e rocambolesca vita dello scienziato che con la sua teoria dell'evoluzione per selezione naturale ha cambiato per sempre la nostra concezione del mondo vivente
Spesso nel corso della storia del pensiero occidentale la filosofia politica ha dovuto misurarsi con transizioni, più o meno epocali, che essa stessa ha contribuito a interpretare concettualmente e a governare sul piano pratico. Ogni mutamento sfida le costellazioni teoriche consolidate e reclama processi di ripensamento e rivisitazione, che fanno della filosofia un campo di esplorazione in continuo movimento. Il volume offre al lettore una sintetica mappatura delle diverse teorie che hanno contribuito in modo originale al comune processo di inquadramento e lettura delle complesse e ambigue dinamiche che connotano l'attualità. In particolare l'attenzione è rivolta al tema del passaggio dalla forma-Stato di tipo nazional-territoriale a nuovi modelli di regolazione e organizzazione tuttora in divenire: si tratta di trovare forme alternative di organizzazione statale che possano restituire funzionalità e capacità organizzativa a una rinnovata forma-Stato? oppure si rende necessario promuovere un modello di integrazione sopra lo Stato, in cui la collaborazione tra apparati statali possa sopperire alla loro crescente incapacità di regolazione e controllo? o non si dovrebbe piuttosto considerare chiusa la parentesi statale, per immaginare modalità inedite di organizzazione della società, la quale si dimostra sempre più capace di funzionare senza lo Stato
È ancora molto diffusa l'abitudine di liquidare lo scetticismo con qualche battuta, normalmente sottolineando quali indesiderate conseguenze pratiche seguirebbero dall'abbracciare questa posizione. Eppure questo antico punto di vista è tornato prepotentemente alla ribalta nell'ambito della riflessione filosofica contemporanea. Il principale elemento di novità è che oggi non viene più proposto come una posizione filosofica abbracciata da qualcuno e sbrigativamente accantonabile a causa della sua invivibilità, ma come un inquietante paradosso, che mostra in che modo non abbiamo nessuna delle conoscenze che normalmente riteniamo di avere riguardo agli oggetti fisici intorno a noi. Porre il problema dello scetticismo sotto forma di paradosso ha il merito di mettere in evidenza le reali ragioni per cui lo scetticismo è interessante da un punto di vista filosofico, pur ammettendo che risulti poco concreto sia sul piano pratico generale sia su quello delle nostre prassi teoriche ordinarie. In questo volume si ripercorrono le due correnti filosofiche principali che fanno riferimento allo scetticismo: quella sostenuta da Cartesio e quella teorizzata da Hume. In entrambi i casi, il paradosso scettico solleva questioni cruciali che attengono alla comprensione di aspetti fondamentali della nostra vita cognitiva.
Cosa accadeva nell'Accademia di Platone? Di che si discuteva? Quali idee vi sono nate? E come vi sono nate? Quale valore ha avuto questa scuola fondata e diretta da un filosofo della grandezza di Platone e frequentata per vent'anni dal suo non meno famoso discepolo, Aristotele? Nata nel 387 a.C. come scuola di formazione degli uomini politici, l'Accademia fu in realtà la prima vera scuola di filosofia. Platone infatti riteneva che il politico debba essere anche filosofo, poiché deve conoscere che cosa è bene, giusto e utile alla città. Ma era una scuola anomala, in cui non c'erano solo un maestro che insegnava e degli allievi che apprendevano, ma una comunità di persone che cercavano insieme la verità nel campo delle scienze, della filosofia, dell'etica e della politica. A questa ricerca comune si riferisce Aristotele, che frequentò l'Accademia per vent'anni, quando nell'Etica Nicomachea scrive che quanti amano la filosofia desiderano "filosofare insieme" (sumphilosophein), cioè cercare la verità con gli amici. Il libro ricostruisce l'ambiente dell'Accademia, illustrandone il momento storico, il luogo fisico, le persone che la frequentavano, le strutture che la componevano, i dibattiti che vi si svolgevano. Ne risulta un quadro estremamente ricco, variegato e movimentato di posizioni filosofiche che restituisce lo spirito di ricerca comune, quella dialettica fatta di "domande, risposte e amichevoli confutazioni", dalla quale sprizza la conoscenza del vero.
L'amore non è cieco, ma veggente: scorge, riconosce e chiama a essere in tutta la sua pienezza la verità di ciò che è e di ciò che siamo. Come ha scritto Simone Weil, "invece di parlare di amore della verità, è meglio parlare di uno spirito di verità nell'amore" dal quale la filosofia e la vita hanno molto da imparare, perché l'amore sa. Ma per comprenderne l'insegnamento occorre non confonderlo con le dinamiche di coppia con le quali non coincide, ma nelle quali, piuttosto, si aliena ogni volta che cerchiamo di imprimergli il nostro modo d'essere invece che accoglierlo e aprirci alla sua forza vivificante.
Tre anni dopo la pubblicazione del "Cigno nero", un "racconto filosofico" acclamato in tutto il mondo, Nassim Nicholas Taleb fa il bilancio della vita del suo libro. L'idea talebiana del Cigno nero ha conquistato milioni di lettori e fecondato la ricerca in campi molto diversi, dalla filosofia alla statistica, dalla sociologia alla psicologia, agli studi sul clima, alla medicina. Meno feconda questa idea si è rivelata invece in economia, l'area più immediatamente vicina agli interessi dell'autore. Sulla crisi del 2008, e sugli economisti che dovrebbero analizzarla e curarla, Taleb si sofferma in questo nuovo libro, con annotazioni che hanno il sapore dell'ironia e dello scetticismo. E, ancora una volta, ribalta i sedicenti "esperti di rischi" che in questi tre anni hanno risposto all'autore con ostilità, dimostrando la loro inguaribile cecità ai Cigni neri. "Robustezza e fragilità" riassume tre anni di vita di un'idea forte, in grado di modificare i nostri paradigmi mentali; tre anni che hanno anche trasformato, in meglio, la vita dell'autore. Taleb ha incontrato filosofi, scrittori, scienziati, uomini di stato, lettori comuni e persino buoni economisti, si è confrontato con loro, ne ha ascoltato conferme e obiezioni, ha visto crescere e svilupparsi la sua idea nel mondo. Da questi incontri è nato "Robustezza e fragilità", il suo nuovo racconto filosofico dove, fornendoci una carta topografica dell'Estremistan, Taleb ci insegna come muoverci in un mondo dominato dal caso e dall'incertezza.
Socrate non ha scritto nulla; eppure la sua fama non si è mai affievolita da ben 25 secoli. Chi era dunque quest’uomo che non smette di affascinarci e che viene qualificato da molti «il fondatore della filosofia» nonché il suo primo martire? Perché la sua filosofia e il suo insegnamento di vita sono ancora attuali nel mondo contemporaneo? Louis-André Dorion ci guida attraverso le testimonianze antiche che hanno edificato il mito di Socrate: Aristofane che ne fa oggetto di satira nelle sue commedie, Platone che lo rende il protagonista di quasi tutti i suoi splendidi dialoghi, Senofonte che lo innalza a modello vivente di saggezza e rettitudine morale, Aristotele che lo battezza come il padre del ragionamento induttivo. Nella consapevolezza dell’impossibilità di risolvere la cosiddetta questione socratica, ovvero di giungere a ritrovare il Socrate storico, Dorion ci mostra i quattro ritratti antichi che ne hanno fatto una delle figure più influenti di tutta la storia del pensiero filosofico occidentale.
Come si distingue il vero dal falso? C'è una sola verità o ce ne sono tante? La verità si scopre o si costruisce? È assoluta oppure relativa? Queste sono soltanto alcune delle questioni che sorgono quando si tenta di fare i conti con questa proprietà familiare ma al contempo elusiva. La domanda fondamentale, tuttavia, è: "Che cos'è la verità?". Molti filosofi hanno ripreso questo interrogativo, rielaborando le risposte tradizionali o formulando soluzioni totalmente nuove. Presentando criticamente i loro contributi, il volume ricostruisce in maniera chiara e accurata, senza tecnicismi superflui, le principali teorie della verità discusse nell'ambito della filosofia analitica contemporanea.
La lingua che parliamo influenza il modo in cui pensiamo? Che cosa vuol dire avere concetti relativi alla propria lingua madre? Si può fare matematica senza termini numerali, e si possono percepire i colori per cui non abbiamo parole? Il volume, nel rispondere a queste e altre domande, traccia una breve storia del relativismo cognitivo, passando in rassegna le varie ipotesi alla base dei nuovi programmi di ricerca. Presenta inoltre un'analisi critica della letteratura sperimentale nel campo dei concetti di colore, spazio e tempo, oggetti e numeri, fornendo una chiave di lettura del dibattito contemporaneo sul relativismo in filosofia della mente e psicologia.