
Il volume raccoglie le lezioni che Fink tenne nel semestre estivo 1955 presso l'Università di Friburgo in Brisgovia, il volume, corredato da una introduzione di Cathrin Nielsen, co-curatrice dell'edizione critica tedesca, si aggiunge alle poche traduzioni dell'opera di Fink in Italia. L'opera introduce l'approccio finkiano alla filosofia antropologica esaminando in termini filosofici la domande fondamentali sull'essenza dell'uomo.
Come si è venuta costruendo una filosofia? Quali sono state le tappe della sua gestazione? Sono queste le domande che trovano risposta in questo libro-intervista di Salvatore Natoli. Dagli anni giovanili in Sicilia alla frequentazione dell'Università Cattolica, dallo studio dei classici ai primi lineamenti di un'ermeneutica genealogica, dall'elaborazione di una teoria del soggetto a un'immedesimazione sempre più intensa con il dolore e la felicità degli uomini, dalla ripresa del tema delle virtù allo sviluppo di un'etica del finito: nel percorso filosofico di Natoli l'ascolto e l'interpretazione del reale vanno di pari passo, in un incedere che elabora categorie, offre modelli e fornisce un orizzonte per orientarsi nell'enigmaticità del mondo.
Nel nostro tempo è sempre più dominante la convinzione che la verità, qualsiasi forma di verità, abbia un carattere storico e pragmatico. Ne deriva una concezione della filosofia, oggi oltremodo diffusa, che nega ogni verità e riconosce la propria stessa controvertibilità, storicità, pragmaticità.
A partire da questo sfondo Emanuele Severino discute le posizioni di alcuni filosofi italiani che hanno rivolto critiche e obiezioni al suo pensiero: da Massimo Cacciari a Vincenzo Vitiello, da Carlo Arata a Umberto Galimberti, da Massimo Donà a Vero Tarca, solo per citarne alcuni. Per Severino non solo c'è una dimensione comune sia alla concezione tradizionale della verità, sia alla distruzione di tale concezione – quella operata appunto dal pensiero filosofico del nostro tempo.
Ben oltre questa dimensione, anzi, la verità stessa è destinata a un senso che non appartiene alla storia dell'Occidente. E come tale già da sempre appare in ciò che vi è di più profondo in ciascuno di noi.
Emanuele Severino (Brescia, 1929) è uno dei più importanti filosofi contemporanei. Ha pubblicato numerose opere soprattutto con Adelphi e Rizzoli. Accademico dei Lincei, è da molti anni editorialista del "Corriere della sera".
Grazie alle idee di "esercizi spirituali" e di filosofia come "modo di vita", Pierre Hadot ha profondamente rinnovato la nostra comprensione dei testi classici e, in generale, della filosofia antica. L'importanza della sua opera non si limita però alla rilettura del pensiero antico: per Hadot, infatti, la tradizione antica che intendeva la filosofia non come "costruzione di sistemi" ma come esercizio di vita e di pensiero, possiede tuttora una forte attualità ed è capace di orientare ancora oggi il nostro modo di intendere la filosofia. Questo volume raccoglie gli interventi del convegno in onore di Hadot, che si è tenuto nel 2007 all'École Normale Supérieure di Parigi, ed è il primo dedicato alla sua opera. Esso contiene inoltre una conversazione inedita tra Hadot e Arnold I. Davidson, in cui Hadot mette in luce i rapporti possibili tra pensiero antico e moderno, suggerendo in che modo la filosofia contemporanea può attingere all'esperienza antica, per rinnovarsi ed essere ancora una volta modo di vita.
Il libro tenta di dare una risposta a uno degli interrogativi più controversi di oggi e di sempre: è possibile arrivare a una riconciliazione tra scienza e religione? Il testo si apre con un'affermazione di Plantinga, secondo il quale Cristianesimo e teorie evoluzionistiche sarebbero conciliabili perché non è da escludere, in via ipotetica, che la creazione divina sia avvenuta tramite un processo evoluzionista. Un'ipotesi, questa, recisamente smentita da Dennett, che dà il via a un dibattito che si chiude con l'affermazione di una tesi da parte di entrambi i filosofi... scoprite quale!
È un'intervista trasmessa nel 1981 dalla televisione tedesca, per la prima volta pubblicata in questa edizione. In essa Lévinas, incalzato da Casper, precisa alcuni temi chiave della sua riflessione matura, chiarisce il suo rapporto con la filosofia precedente, definisce il proprio essere ebreo, nonché il rapporto tra ebraismo e cristianesimo. Per questo motivo il volumetto risulta una vera e propria introduzione ai concetti fondamentali della filosofia di Lévinas, fatta da Lévinas stesso.
Questo libro raccoglie una serie di testi, in gran parte tradotti qui per la prima volta, dello storico della filosofia e filosofo Pierre Hadot. Scelti e raggruppati in cinque sezioni da Hadot stesso, questi testi offrono una visione d'insieme del lavoro dello storico francese, permettendo di coglierne i principali snodi tematici e metodologici. Da quelli più filologici, che indagano importanti concetti come quelli di pragma o di physis, a quelli storici, che mettono in luce i modi di procedere del pensiero antico, fino a quelli esplicitamente filosofici, che propongono nuove modalità interpretative della filosofia greca, ellenistica e romana, intesa come pratica e maniera di vivere, i testi si basano tutti su quella che era stata una delle maggiori preoccupazioni di Hadot: interpretare il mondo antico, le sue pratiche e il suo pensiero a partire dal contesto storico originale che li ha generati, senza però mai dimenticare le possibili connessioni tra la riflessione antica e i problemi e le questioni che segnano anche la nostra attualità.
La ricerca della felicità accomuna tutti gli uomini, al di là di ogni differenza. È il motore del mondo, il fine cui tendono tutte le nostre azioni. Raggiungerla è una sorta di "privilegio". Basti pensare che nella tradizione ellenistica era appannaggio pressoché esclusivo degli dèi, a cui - unici tra tutti gli esseri - era riservato l'attributo di makarios (beato). Oggi, più democraticamente, la riteniamo un diritto. A volte bisogna lottare, essa è l'ambìto premio nella lunga gara dell'esistenza, ed è qualcosa di straordinario, non può essere la condizione normale della vita: «La felicità, quella specie di spasimo dell'anima, non può durare che poco: sarebbe insopportabile, sennò» (Carlo Cassola). Talvolta, invece, «la felicità è una ricompensa che arriva a chi non l'ha cercata» (Émile-Auguste Chartier): si tratta solo di saper aspettare. Capita infatti che in un solo istante una gioia inattesa faccia capolino, e rischiari un'esistenza. La felicità, infatti, è composta anche «di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore», come spiega Richard Bach nel famoso Gabbiano Jonathan Livingston. La felicità è una direzione e non un luogo, per questo abbiamo bisogno di orientamenti per aspirare a una vita felice. Ecco dunque spiegata la funzione di questo libro, che offre 365 letture memorabili per attingere ispirazioni utili ad affrontare la vita di ogni giorno.
L'autore ha dedicato gran parte della sua opera ai problemi di una "riforma del pensiero". In questa intervista con l'antropologa Antonella Martini, l'intellettuale francese affronta le questioni centrali che pone alla base delle sue riflessioni sull'umanità e sul mondo: la necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi presente nella nostra epoca e che sia capace di educare gli educatori a un pensiero della complessità. Oltre all'intervista, questa edizione presenta un saggio di Morin sul "pensiero complesso" e un saggio di Antonella Martini sulla difficoltà di definire in maniera semplice il mondo contemporaneo.
Salvatore Natoli è da sempre attento agli interrogativi più urgenti del presente. La felicità, per dirla con le sue stesse parole, è un "tema d'esistenza, anzi, per usare una formula cara agli antichi, è il fine stesso della vita". "L'attimo fuggente e la stabilità del bene" è una riflessione sulla dinamica di fondo che caratterizza la felicità e i suoi molti modi di manifestarsi: la beatitudine, la serenità, la gioia. La felicità, dunque, non sta solo nell'attimo, nell'acme cui perveniamo, ma nell'appartenere a essa. La felicità è piacere d'esistere, fecondità. È espressione della vita che vuole se stessa e che trova compimento nella sua stessa realizzazione: nelle vite riuscite. Per questo la felicità, come dice Nietzsche, non risiede tanto nella sazietà, ma nella gloria della vittoria, per questo ha la forza di rinvenire perfino sopra e oltre il dolore. In questo senso essa è frutto di virtù. Non è perciò solo un mero transitare, un sentimento labile, ma è un bene stabile. Coincide, infatti, con la capacità di trasformare gli ostacoli in sfide, di generare a ogni momento il bene e di fruirne. La felicità è il sì incondizionato alla vita. Il volume contiene la "Lettera a Meneceo sulla felicità" di Epicuro.
La Metafisica è l'opera più famosa di Aristotele. Si tratta degli appunti che Aristotele preparava per le sue lezioni all'interno del Peripato. Lo Stagirita pone qui i problemi fondamentali sull'essere e sul perché del divenire ricercandone le cause e i principi primi.

