
Padre Michele Pellegrino, già docente universitario di letteratura cristiana antica, fu chiamato da Paolo VI a guidare l'arcidiocesi di Torino a cavallo degli anni '60 e '70 del secolo scorso, uno dei periodi più travagliati della storia recente, segnato dall'immediato post-concilio e dalle lotte studentesche e operaie. A offrire il profilo di questo pastore straordinario a 25 anni dalla morte e a 40 dalla lettera pastorale Camminare insieme - sono tre testimoni che hanno vissuto quell'epoca ruggente da giovani, diventati, col passare degli anni e in ambiti diversi, punti di riferimento a livello nazionale, chi nel campo della spiritualità e della vita monastica (Enzo Bianchi), chi nella lotta contro le nuove povertà e la mafia (don Luigi Ciotti), chi nel richiamare i giovani all'impegno per la pace e la solidarietà (Ernesto Olivero). Si tratta di figure carismatiche assai diverse per sensibilità, cultura e ambiti di competenza, accomunate tuttavia dall'aver incontrato un Padre che li ha riconosciuti e confermati nei propri ideali giovanili. A distanza di anni, a fronte di ciò che oggi rappresentano per la Chiesa e la società, essi fanno memoria di quel vescovo che ha accompagnato e sorretto il loro "stato nascente". Prefazione di Franco Garelli.
Le Maestre Pie dell'Addolorata sono religiose che in Italia, Stati Uniti, Messico, Brasile, Bangladesh e Zimbabwe si spendono per ogni vita che incontrano: che siano i bambini e giovani delle scuole o delle case famiglia; che siano i disabili o gli anziani di un pensionato; che siano le donne a cui offrire un lavoro dignitoso. Denominatore comune del loro servizio è la gioia o, come la chiamava la Beata Elisabetta Renzi, fondatrice dell'Istituto, l'allegrezza di spirito. Come già la loro fondatrice, le Maestre Pie dell'Addolorata continuano a vivere nel mondo attente ai segni dei tempi, per essere realmente testimoni di speranza e di gioia ovunque si trovino ad operare.
«Toccare un po' Dio nello spirito è una grande felicità, ma comprenderlo è del tutto impossibile». A questo denominatore Agostino riconduce quella che può essere considerata l'eredità della sua vita e del suo pensiero, assorbiti e concentrati in un Dio inafferrabile e incomprensibile. Contro ogni concezione materialistica, egli insiste su questa verità: l'uomo singolo o il mondo intero nella sua estensione non possono abbracciare Dio, che è ovunque e non è afferrabile dal pensiero umano.Autore di un'opera fondamentale della cultura dell'Occidente - le Confessioni - Agostino è stato determinante per la teologia e la filosofia sia sul piano del contenuto che del metodo. La mistica medievale vive del suo patrimonio, della sua ardente ricerca di Dio e del suo «cuore inquieto».
Figlio di una nobile famiglia svedese, Dag Hammarskjöld occupò in rapida ascesa vari ministeri svedesi, fino alla nomina a segretario generale delle Nazioni Unite. Perse la vita durante la crisi del Congo, nel 1961, in un incidente aereo dalla dinamica non chiara. Dopo la morte gli venne conferito il Premio Nobel per la pace. Dietro l'immagine del politico freddo, instancabile e piuttosto lontano dalla pratica religiosa che si svolge in chiesa, emerge una figura assolutamente insolita. Mai nella lunga storia della mistica cristiana troviamo un'analoga individualità, così profondamente sola, senza alcun aiutante o assistente spirituale, senza la protezione di una comunità. Il problema della vita di Hammarskjöld è, in ultima analisi, un problema di comunione e di solitudine. Egli non è stato né un teologo né un cristiano di Chiesa. Nella sua esperienza si concentra dunque il fenomeno di un cristianesimo extra ecclesiale, con una radicalità impensabile in qualsiasi teologo di scuola. Al «parlare di Dio», teologicamente garantito dal pulpito e dalla cattedra, si contrappone un «parlare con Dio» e «in Dio» esistenziale, totalmente non garantito.
Meister Eckhart (1260ca-1328ca) ha inteso l'esperienza mistica non nel senso di eventi spettacolari dell'anima o di teofanie celesti improvvise. La sua unione con Dio non è un evento isolato dell'anima, bensì la presenza perdurante del divino nel fondo dell'esistenza umana. Egli ritiene valido soltanto pensare a Dio di continuo, quasi abbracciandolo con il pensiero e senza dirsi mai soddisfatto di un Dio soltanto pensato. La presenza continua e ineffabile di Dio viene colta dallo sguardo nell'atto in cui egli dona in sovrabbondanza la vita.
Il saggio ripercorre, alla luce degli studi più recenti, la vita e le opere dello storico Flavio Giuseppe, mettendo a fuoco un tema che ha a lungo appassionato gli studiosi: fu un traditore della sua patria o un eroe? Diversi fattori hanno influenzato la risposta a questa domanda, non ultimo l'uso che in chiave anti-giudaica fecero della sua opera i primi cristiani. Una lettura equilibrata dei suoi scritti consente di giungere a una soluzione per certi versi paradossale: la sua condotta, non sempre trasparente nelle prime fasi della guerra giudaico-romana, rende fondata l'accusa di tradimento verso i suoi connazionali, tuttavia il suo odio contro i ribelli, una volta passato nel campo romano, rivela un amore profondo e incompreso per il suo popolo.