
Giovanni Bosco (1815-1888), fondatore della Società di san Francesco di Sales e dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, è un santo di straordinaria popolarità, non solo per la vitalità ancor oggi dimostrata dalle sue opere, ma anche per la simpatia che ispira la figura di questo sacerdote impegnato con i giovani. Il volume, oltre che un vivace profilo biografico, intende essere anche un colloquio col santo, al livello familiare e confidenziale che normalmente don Bosco usava nei suoi rapporti con gli altri.
Domenico Agasso, giornalista e scrittore, è nato nel 1921 e vive a San Bernardo di Carmagnola in Piemonte. Già redattore capo di Famiglia Cristiana, è stato direttore di Epoca, di Espansione e del settimanale cattolico Il nostro tempo di Torino.
Francesca (Roma, 1384 –1440), dopo la perdita dei figli e del marito, accettata e offerta nella fede, si dedicò all’assistenza dei poveri e dei malati. Il suo palazzo pareva fosse la meta obbligata di bisognosi d’ogni genere. Generosa con tutti, profondeva i beni di cui disponeva per alleviare le tribolazioni degli altri, senza nulla concedere a se stessa. Per poter allargare il raggio della sua azione caritativa, nel 1425 fondò la congregazione delle Oblate Olivetane di S. Maria Nuova, dette anche Oblate di Tor de’ Specchi. Tre anni dopo la morte del marito, emise ella stessa i voti nella congregazione da lei fondata, assumendo il secondo nome di Romana. Il libro è la sua biografia.
Maria Luigia Ronco Valenti, scrittrice e giornalista, ha collaborato con le tre reti radiofoniche RAI con programmi e sceneggiati di carattere storico e letterario, vincendo il “Premio Roma” di giornalismo con la trasmissione «Roma degli Europei». Collaboratrice di Radio Vaticana, ha realizzato per «Orizzonti Cristiani» numerosi programmi sceneggiati tra cui: I santi di Roma, Le donne della lampada, Il mistero degli angeli. Insegnante di ruolo presso scuole statali e istituti privati, ha pubblicato volumi di letteratura giovanile ricevendo numerosi premi di narrativa. Studiosa di teologia e di scienze religiose con particolare riguardo al monachesimo e al femminismo evangelico, ha pubblicato saggi e tenuto conferenze su diverse figure di sante.
La notte fra il 6 e 7 giugno 2000 a Chiavenna (Sondrio), con la scusa di essere in pericolo una ragazza attira in una trappola suor Maria Laura Mainetti e, con l’aiuto di altre due, la uccide colpendola con un coltello e con sassi. Secondo la loro stessa confessione, le tre ragazze volevano “immolare a satana una vittima innocente”; “l’ho ingannata tirandola in una trappola e poi l’ho uccisa e mentre facevamo questo lei ci ha perdonate”.
L’autrice, dopo il racconto sobrio delle tappe fondamentali della vita di suor Maria Laura e della sua tragica morte, fa emergere, attraverso testimonianze, lettere e appunti della suora, la sua reale statura umana e spirituale. Ci consegna così il ritratto di una donna semplice e forte nello stesso tempo, straordinaria nell’ordinario di una banale quotidianità trasfigurata da un grande amore che la morte ha suggellato in modo luminoso.
Suor Beniamina Mariani è nata a Lissone (MI) nel 1937. Entrata nella Congregazione delle Figlie della Croce, ha conosciuto suor Maria Laura, con la quale ha condiviso tutto il periodo di formazione alla vita religiosa. Laureata in materie letterarie presso la Facoltà di Magistero dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, è stata insegnante in scuole e istituti della Congregazione a Roma, Parma e Traversetolo (PR). Attualmente è preside dell’Istituto tecnico commerciale di Traversatolo, sull’Appennino parmense.
Rosetta e Giovanni erano sposi di una normale famiglia, vissuti a Tronzano (Vercelli) per soli sei anni di matrimonio, dando la vita a tre figli. Rosetta muore di polmonite e di parto con due gemelli prematuri nel 1934 e Giovanni scompare nella “campagna” di Russia nel 1942, con un atto di eroismo che ricorda quello di San Massimiliano Kolbe ad Auschwitz. La Chiesa inizia la loro Causa di Ca noniz zazione per proporre due modelli di come si può vivere secondo il Vangelo il matrimonio e la famiglia. Nella loro semplicità e “ingenuità” evangelica, “questi santi genitori” emergono quando nessuno se l’aspettava (nemmeno i loro figli!): è una bella avventura di due vite nascoste, ordinarie, che improvvisamente diventano luminose, splendenti, esemplari.
Piero Gheddoè nato a Tronzano (Vercelli) ed ha due fratelli, Franco (1930-1997) e Mario (1931). Sacerdote del PIME nel 1953, è stato per 35 anni direttore di “Mondo e Missione”, di I.M. (Italia Missionaria) e fondatore dell’agenzia “Asia News”. Ha viaggiato molto nelle missioni di ogni continente, collabora con vari giornali, radio e televisioni; ha scritto più di 70 libri. Dal 1994 è direttore dell’Ufficio storico del PIME e postulatore di varie Cause di Canonizzazione; insegna nel seminario pre-teologico del PIME a Roma.
Chiara M. vive a Trento dove ha lavorato per diversi anni come infermiera professionale presso l’ospedale cittadino. Crudele dolcissimo amore è il suo primo libro. La foto di copertina risale al 1984.
“Con poesia sa parlare del dolore, con tocco leggero ti fa sorridere, pensare, riflettere, piangere. È un mistero come Chiara riesca ad arrivare così in profondità, a trasmetterci tutta quella serenità”, Cinzia TH Torrini, regista cinematografica.
“È una delle cose più belle che ho letto in assoluto”, Piero Coda, teologo.
Gli amici dicono di lei:
Quando penso a Chiara, mi si dipinge nella mente un fiore sotto una pioggia torrenziale (Mauro).
Chiara è semplicemente raggiante. Porta allegria e speranza ovunque si trovi. Fin dal primo incontro mi ha colpito la sua gioia di vivere, l’entusiasmo che mette in ogni secondo di vita (Andrea).
È una delle persone più coraggiose che io conosca… Penso a lei come a una bianca montagna delle sue parti, a una rosea dolomite, forte e immortale (Antonella).
Ciascuno a contatto con lei si trova a suo agio, come con una persona pienamente realizzata, sana nel cuore e nella mente (Nunzi).
È lei quella che avrebbe bisogno di attenzione e sostegno, e invece è lei, il più delle volte, a dare conforto a noi (Dina e Ivano).
Un suo aperto sorriso, una sua battuta, una bella risata rendono unico ogni nostro incontro (Patrizia).
L’arte di Chiara sta nel far emergere il Bello che alberga nell’altro (Aldo).
Chiara? Lei è sempre con me (Alessandra).
Testimoni validi e coordinati autorevolmente da Luigi Gedda ricostruiscono l’immagine di Maria Gedda (1906-1985), donna e profeta appassionata della Chiesa e della verità, contemplativa nella sofferenza personale e nella testimonianza al dolore dei fratelli.
«Quando mia sorella morì – ricorda Luigi Gedda – provvidi alla stampa di immagini-ricordo, ma non bastarono. Chi ne riceveva, ne chiedeva altre, rievocando i rapporti avuti con lei, preziosi e indimenticabili». Per saturare questi vuoti ed estinguere questa sete Luigi Gedda, a due anni dalla morte della sorella, diede alle stampe questo libro come il suo personale ricordo.
Quest’opera, dove biografia e autobiografia coesistono, esaurita da tempo, vede ora una nuova edizione, opportunamente aggiornata.
Luigi Gedda nato ad Alberoni (Venezia) il 23 ottobre 1902, morto a Roma il 26 settembre 2000. Cresce a Torino, dove si laurea in medicina (1927), ottenendo la libera docenza universitaria in patologia medica (1933). Entra nell’Azione Cattolica, della quale diventa presidente, prima a Novara (1929), poi a Torino (1932-1934). A Roma insegna genetica medica all’università. Pio XI, nel 1934, lo nomina presidente della Gioventù Italiana di Azione Cattolica, che dirigerà per ventisette anni. Nel 1954 fonda l’istituto “Gregorio Mendel” per lo studio dei gemelli e, con i suoi allievi, scrive oltre settecento contributi scientifici, fino a diventare, honoris causa, membro della Pontificia Accademia per la Vita. Fu uomo di grande intelligenza e sterminati interessi, formidabile capacità di lavoro, grande facilità di scrittura, trascinatore e organizzatore, ma soprattutto fu uomo di fede.
«Un grande italiano. Da cattolico seppe costruire la democrazia» (A. Riccardi).
«In quella sera, in macchina di ritorno dall’ospedale, ricordo che ti muovesti per la prima volta; sembrava che mi dicessi: Grazie mamma che mi vuoi bene».
Il 22 ottobre 1995 si spegneva Mariacristina Cella Mocellin, una giovane mamma di 26 anni. Moriva per un tumore che non aveva voluto curare per non danneggiare il bambino che portava in grembo. In quel giorno Cristina lasciava il marito Carlo e i figli Francesco, Lucia e Riccardo. La notizia del dono della vita di questa mamma subito si diffuse ovunque. Ne parlarono i giornali locali e nazionali, la radio e la televisione. Non solo in Italia, ma anche all’estero la gente venne a conoscenza di questo atto di amore.
Ora, a dieci anni dalla morte, il volume intende far conoscere la storia e la fede di Cristina a un pubblico più vasto, attraverso la pubblicazione di alcuni suoi scritti. La pubblicazione di parte del diario di Cristina, infatti, può aiutare senz’altro molte altre persone a camminare nella fede e nell’amore come è stato per lei.
Mariacristina Cella Mocellin nasce a Cini sello Balsamo il 18 agosto 1969. Da ragazza frequenta assiduamente l’oratorio della comunità cristiana della Sacra Famiglia in Cinisello, ove si impegna come catechista e animatrice. Frequenta il liceo linguistico “Regina Pacis” a Cusano Milanino e si iscrive all’Università Cattolica di Milano alla facoltà di lingue. Il 2 febbraio 1991 Cristina sposa Carlo Mocellin, stabilendosi a Carpané, in provincia di Vicenza. In dicembre nasce Francesco, a luglio del 1993 nasce Lucia e un anno dopo Riccardo. Durante la terza gravidanza ricompare il tumore, di cui Mariacristina aveva già sofferto a 18 anni. Cristina, con Carlo, decide di sottoporsi solo alle cure mediche che non avrebbero messo a rischio la vita di Riccardo. La malattia si aggrava e la vita di Cristina diventa un calvario fino al 22 ottobre 1995, quando Dio Padre la chiama a sé.
Impegnata fin da giovane nell’assistenza ai poveri e ai diseredati nella sua Forlì, Annalena Tonelli scelse di lasciare tutto per lavorare come volontaria in Africa, prestando attenzione ai numerosi problemi delle popolazioni del luogo. Avvocato di formazione, mise a punto un metodo rivoluzionario per combattere la tubercolosi. La sua denuncia del genocidio in atto in Kenya le valse l’espulsione da quel Paese, ma non si perse d’animo: trasferitasi in Somalia, riprese con vigore la sua attività di assistenza sanitaria e sociale alle popolazioni più disagiate.
Il suo impegno si sviluppò su diversi fronti: dalla lotta alla tbc alla campagna contro l’oppressione delle donne, dalle scuole per handicappati alle migliaia di pasti preparati quotidianamente per i più bisognosi. Un’attività che le valse il risentimento dei capi locali e dei signori della guerra, e che condusse al suo omicidio, il 5 ottobre 2003, da parte di ignoti sicari.
Miela Fagiolo D’Attilia, giornalista e scrittrice;
Roberto Italo Zanini, giornalista di Avvenire, che ha già pubblicato per San Paolo la biografia di Bakhita.
Quanto ad Annalena Tonelli, era nata a Forlì nel 1943, laureata in legge, insegnante di inglese, aveva conseguito numerosi diplomi medici; nell’aprile del 2003 l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati le aveva assegnato il Premio Nansen Refugee Award. Dopo la morte è stata decorata dal Presidente della Repubblica con la medaglia d’oro al valor civile.
L’avventura del grande gesuita innamorato della Cina e della espansione cristiana in Oriente. Un libro che guida il lettore nel profondo della cultura cinese del XVI secolo, attraverso gli usi e i costumi dell’epoca in una dimensione esotica lontanissima dal mondo occidentale di allora. Molto più che una semplice biografia di Matteo Ricci, il libro offre una documentazione storica ricchissima ed esaustiva che appassionerà il lettore.
Paul Dreyfus è nato nel 1923. Giornalista e scrittore di successo in tutto il mondo. Per scrivere questo libro ha passato molto tempo in Asia. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Pol Pot. Le Bourreau du Cambodge, Paris, 2000; Jean XXIII, Paris, 2000; Bouddha, Paris, 1995.
In occasione della festa di san Giuseppe, il 19 marzo, un piccolo libro con la vita di san Giuseppe tratta dai Vangeli con una serie di preghiere tradizionali, illustrato con le immagini di uno splendido trittico raffiguranti alcune scene della vita di Giuseppe. Al centro del trittico emerge la figura di san Giuseppe che con il suo sguardo ci porta al Cristo Bambino che egli stesso guarda.
Sedici anni. Di corsa. A perdifiato. Destinazione Paradiso. Maria Orsola Bussone (2.10.1954 - 10.7.1970) è una ragazza piemontese del ’68 che ama la musica beat, si interessa alle prime manifestazioni studentesche, suona la chitarra e prende lezioni di canto. Un’adolescente come le altre, si direbbe, innamorata della natura, dello sport e della musica. Prende qualche cotta, annota i suoi pensieri sul diario personale, ha tanti amici e scrive lettere a quelli più cari. È la figlia semplice di un piccolo mondo antico che sembra prossimo a essere travolto dai venti della modernità. Ma la sua vita, apparentemente senza sussulti, la sua routine di figlia di un piccolo paese delle Prealpi piemontesi, nasconde invece un’anima straordinaria. Una fede genuina e cristallina. Insieme con altre amiche, sostenuta dal caro “don”, sospinta da una spiritualità che le dà una marcia in più, inserita in una parrocchia che mette a frutto gli indirizzi del Concilio Vaticano II, “Mariolina” innesta la quarta e in poco tempo brucia rapidamente tutte le tappe.
A sedici anni la sua corsa verso il Cielo si ferma per un banale incidente. Ma dietro di sé lascia una scia di luce. Un giorno aveva rivelato che avrebbe dato la sua vita pur di far scoprire ai giovani la bellezza di Dio. «E Dio la prese in parola», disse a Torino a migliaia di suoi coetanei papa Giovanni Paolo II additandola ad esempio. Lassù, in Alto, trovò il segreto della felicità. «W la vita» era il suo motto. E questa è la sua storia.
Gianni Bianco, giornalista professionista Rai, trentacinque anni, laureato in lettere con una tesi di storia del cinema, ha frequentato la scuola Rai di giornalismo radio televisivo di Perugia. Obiettore di coscienza, padre di due bimbe, ha lavorato per anni a “Radio Capital”. Per una stagione ha condotto il programma quotidiano sportivo Zona Cesarini su “Radio1 Rai”. Nel 2005 ha presentato in mondovisione su Raiuno il Familyfest. Collabora con vari settimanali tra i quali L’espresso e Grazia, ha scritto per Gulliver e cura la rubrica di critica tv del quindicinale Cittanuova. Attualmente lavora a Rainews24. Evviva la vita! è il suo primo libro.
Jean Bernard venne arrestato in Lussemburgo il 6 gennaio 1941 dalla Gestapo, la Polizia segreta di Stato tedesca, e dopo interrogatori senza esito venne trasferito nel campo di concentramento di Dachau, che in quel momento annoverava circa 12.500 detenuti. L'allora trentaquattrenne sacerdote rappresentava per i nazisti un personaggio scomodo, perché non approvava l'annessione del suo paese fatta da Hitler. Era il numero 25487 e, in quanto sacerdote cattolico, venne assegnato al cosiddetto "Pfarrerblock" ("Reparto preti"). Quando Jean Bernard pensava di avere chiuso ormai la sua vita terrena, all'improvviso venne rilasciato, probabilmente grazie all'influsso dell'amministrazione militare tedesca di Parigi. Scrisse allora queste pagine che si leggono come un diario. Nella loro semplicità soltanto raccontano avvenimenti che non possono e non devono essere dimenticati. Jean Bernard nacque nel 1907 in Lussemburgo. Studiò filosofia e teologia dapprima all'Università di Lovanio, poi nel Seminario di Lussemburgo e infine si laureò in filosofia a Lovanio dopo la sua ordinazione sacerdotale (1933). Nel 1970 fu elevato da papa Paolo VI al titolo di prelato onorifico. È morto nel 1994.