
Convertitosi al cattolicesimo nel 1922, Chesterton pubblicò questo "bozzetto" su san Francesco nel 1923, come se dalla conversione del Santo di Assisi traesse uno spirituale alimento per la propria. Per Chesterton san Francesco era soprattutto un uomo innamorato di Dio e della Creazione, un poeta che si sentiva piccolo e cantava la gloria delle piccole cose, dei piccoli esseri viventi, della vita ordinaria di coloro che aiutava nella lotta contro la miseria. Dai folli gesti di carità compiuti quando era ancora il figlio di un mercante al rifiuto del mondo e alla creazione di un Ordine e di una regola che davvero imitavano la vita di Cristo, alle stigmate ricevute sul monte della Verna, e fino alla morte, ogni passo del suo cammino su questa terra era rivolto al cielo. Un amore così grande e appassionato, una mistica così semplice e assoluta appaiono "scandalose" alla mentalità moderna. Ma è proprio essa che Chesterton vuole scuotere in queste pagine, cercando di aiutarla, con la consueta ironia, a compiere il movimento di rivoluzione interiore che fece del piccolo Francesco Bernardone il grande san Francesco. Prefazione di Giulio Meotti.
Per quanto pubblicata postuma nel 1937, I paradossi del signor Pond non è di certo un’opera minore. In otto racconti pieni di suspense, l’autore presenta la figura di un detective dilettante tra le più godibili della storia della letteratura poliziesca: un «ometto pacato», almeno in apparenza, che conosce benissimo il mondo e possiede la straordinaria capacità di elaborare deduzioni perspicaci e formulare, grazie al suo prezioso intuito, precise ipotesi investigative. Al signor Pond piace anche fare osservazioni casuali che sembrano contenere flagranti contraddizioni. Dietro ciascuno dei suoi paradossi si cela però un misterioso e avvincente racconto, squisitamente narrato.
Il lettore viene ad esempio messo a parte delle vicende di un importante maresciallo dell’esercito prussiano che vede fallire il suo progetto perché «due suoi soldati hanno eseguito i suoi ordini»; o di due uomini «a tal punto d’accordo che uno di essi uccise l’altro»; o ancora di una matita «relativamente rossa» che tracciava «segni neri»; oppure di un uomo «troppo alto per essere visto».
La verità, sembra dire Chesterton, non è sempre quella che appare e il mondo, e la vita, vanno visti da prospettive diverse e, soprattutto, mai giudicati troppo in fretta.
«Il lettore deve accingersi a leggere questo libro con la stessa disposizione d'animo con la quale, evidentemente, il Chesterton lo ha scritto: col senso della giocondità, pura e semplice, e col gusto primitivo del burlesco. L'eroe stesso - l'ineffabile Capitano irlandese Dalroy, che riempie il volume delle sue rodomontate, delle sue canzoni e delle sue risate - rende assai bene, sullo schermo artistico, lo spirito paradossale e rumoroso, fresco ed allegro, sagace e umoristico dell'artista che l'ha creato. Al Capitano Dalroy si contrappone Lord Ivywood, formalista convenzionale, prezioso, insensibile e freddamente fanatico. In questo contrasto sta, (orse, il maggior pregio del romance, per i cui viali l'autore scorrazza liberamente e disordinatamente ora facendo improvvise digressioni ora sostando un po' come in contemplazione, ora perseguendo le sue eccentricità epigrammatiche. Lord Ivywood, che non ha mai voluto bene in vita Mia ad un cane, ma che ha sempre avuto molto a cuore la causa dei cani, personifica assai bene tutto quel mondo inglese artificioso e insincero che ha sempre una causa da propugnare e una missione cui consacrarsi. Puritanismo, vegetarianismo, proibizionismo e non so quale altro "ismo" offrono al Chesterton altrettanti elementi per la sua fantastica scorribanda nella quale l'ironia si alterna alla satira, il quadro di costume al quadretto di genere, il personaggio alla macchietta, l'aria viziata del mondo convenzionale alle sane ventate del mondo libero e giocondo, che ha per sfondo, da una parte il mare, e dall'altra il bruno profilo delle profonde foreste d'Inghilterra». (Gian Dàuli)
Flambeau è stato uno dei più famosi criminali di Francia, e uno dei più famosi investigatori privati d’Inghilterra. Grande amico di padre Brown, è proprio nel castello dove vive con la sua famiglia – dopo aver lasciato entrambe le professioni – che si svolge il primo racconto. Tutto ruota intorno a una domanda precisa: come fa padre Brown a risolvere casi impossibili? Il suo non sembra un metodo, ha modi opposti a quelli di Sherlock Holmes, eppure non sbaglia mai. Il motivo fa trasalire i suoi ospiti, insieme al lettore: sa come si svolgono i delitti perché è lui stesso a compierli, uno dopo l’altro. Non credendo al metodo scientifico e non fidandosi di chi analizza l’uomo «come un insetto», il prete procede nell’unica via che conosce. Si immedesima in chi ha compiuto il delitto fino a sentire le sue emozioni, a diventare la stessa persona. A quel punto tutto diventa chiaro e lampante, perché le cose possono essere andate solo come lui le ha… ri-vissute.
In questa raccolta di racconti Chesterton ci regala una serie di gioielli narrativi, caratterizzati dal suo gusto per il colpo di scena e il paradosso, con l'aggiunta di quel tocco di mistero che ha reso immortali le avventure di «questo piccolo prete dalla faccia tonda e paffuta, dall'aria attonita e un po' stolida», come lo definisce Gian Dàuli. È nel racconto che apre il libro, «La croce azzurra», che Padre Brown compare per la prima volta tra le pagine di Chesterton. Così diverso da tutti gli altri investigatori letterari, Padre Brown è stato capace di incantare generazioni di lettori per il modo in cui risolve casi complicatissimi senza battere ciglio, affidandosi solo al suo intuito e alla sua conoscenza del mondo. «Noi preti dobbiamo per forza essere informati» scherza Padre Brown, «la gente viene e ci racconta tutto». Supera i furfanti nella conoscenza dei crimini, i detective per lo spirito d'osservazione, e gli eroi «duri e puri» per il beneficio che concede ai colpevoli: cercare di comprendere le persone, oltre ai delitti.
A soli tre anni dalla pubblicazione di "L'innocenza di Padre Brown", prima serie di storie che ruotano intorno al famoso prete, Chesterton ritornò a raccontarne le avventure in un libro che ne esalta la saggezza, la qualità che forse lo rappresenta meglio. Di aspetto poco appariscente, ma dotato di un acume straordinario, Padre Brown è di nuovo all'opera in un appassionante lavoro di analisi e decifrazione di crimini ed enigmi in apparenza insolubili, rigoroso e lucido nell'osservazione e nelle deduzioni e nel contempo profondamente umano. Personaggio molto amato anche in Italia (dalle sue avventure la Rai trasse un popolare sceneggiato negli anni '60), questo curioso prete cattolico si rivela un segugio insuperabile grazie alla capacità di riconoscere e affrontare il male, per assicurare i colpevoli alla giustizia ma soprattutto per salvarne le anime. Uno di quei personaggi capaci di conquistare per sempre il cuore dei lettori, entrando, come dichiarò Gian Dàuli all'epoca della prima traduzione, «nella piccola cerchia degli amici che rimangono tali per tutta la vita».
"Il club dei mestieri stravaganti" è la prima raccolta di racconti di Chesterton, scritta nel 1905, quando lo scrittore, allora trentaduenne, era ancora incerto sul suo futuro artistico, diviso tra la carriera di illustratore e quella di scrittore, e molto lontano dai travagli interiori che lo avrebbero portato, nel 1922, alla conversione al cattolicesimo. Nelle sei storie che lo compongono, Chesterton tentò per la prima volta la strada del «giallo filosofico», il genere letterario per cui ancora oggi è amato, come dimostra il successo senza tempo di Padre Brown. Qui il protagonista è Basil Grant, un detective improbabile, un ex giudice sornione e vagamente mistico, allontanato dalla carica per manifesta follia e segregatosi felicemente in una soffitta che non abbandona quasi mai. Insieme a lui opera il fratello Rupert, il suo contraltare, una sorta di parodia di Sherlock Holmes e del suo famigerato metodo deduttivo. Sullo sfondo di ogni vicenda c'è il club «fuori dagli schemi» in cui ciascun membro è tenuto, bizzarramente, a guadagnarsi da vivere attraverso attività inedite, mai praticate da nessuno in precedenza. E, più oltre, c'è Londra, descritta, a giudizio di molti critici, come poche altre volte nella storia della letteratura, un reticolo sordido di strette vie e angoli bui che lo scrittore amava profondamente. Chesterton costruisce in queste pagine alcune delle storie meglio congegnate della sua intera produzione, nelle quali la riflessione filosofica si intreccia alla trama senza appesantirla e la freschezza dell'immaginazione si combina a una scrittura come sempre densa e stimolante.
"La saggezza di padre Brown" è la seconda antologia dedicata alle avventure di Padre Joseph Brown, popolare personaggio nato dalla penna di Gilbert Keith Chesterton. I casi in cui si trova coinvolto sono ricchi di improvvisi colpi di scena, inaspettati rovesciamenti di situazioni, sorprendenti personaggi che non sono mai quello che sembrano e dove tutto appare relativo. Quello che per gli altri è una certezza si rivela spesso nient'altro che un velo di apparenza dietro cui si nasconde la verità e soltanto lui saprà svelarla in un appassionante lavoro di analisi e decifrazione di enigmi in apparenza insolubili, confermando come la ragione abbia la precedenza su ogni individuo qualsiasi sia il suo ruolo o la sua storia.
San Tommaso d’Aquino (1225-1274) è uno dei pilastri del pensiero cristiano. La sua opera raccorda e armonizza il messaggio evangelico e la filosofia classica, la fede e la ragione. Eppure, scrive Chesterton, «questo grande personaggio meriterebbe di essere più conosciuto ». E proprio intorno alla sua personalità ruota questa celebre biografia, a giudizio di molti tomisti, in primis Jacques Maritain e Anton C. Pegis, la migliore. Chesterton rievoca con la consueta ironia e sagacia le principali tappe della vita di Tommaso: la decisione giovanile di diventare frate mendicante del nuovo ordine fondato dallo spagnolo Domenico, strenuamente combattuta dalla sua ricca e potente famiglia che avrebbe voluto per lui ben altri onori; gli studi a Colonia sotto la guida sapiente di Alberto Magno – il filosofo e teologo tedesco che cercò di conciliare il cristianesimo con l’aristotelismo e che tanto lo influenzò –; l’approdo a Parigi e all’insegnamento universitario; infine il ritorno in Italia, la stesura della Summa Theologiae e la morte nell’abbazia cistercense di Fossanova, nei pressi di Latina.
Come scrive Monsignor Luigi Negri nell’introduzione al volume: «All’inizio del terzo millennio ci troviamo in una situazione stranamente analoga a quella in cui san Tommaso visse la sua grande esperienza, nel senso che tanta tradizione cattolica è sentita dal popolo cattolico come una difficoltà, come un peso, come un condizionamento, e la tentazione di fuga verso compromessi con le ideologie secolari è più forte che mai. In questo quadro Tommaso ha ancora molto da dire alla Chiesa di oggi, non solo per le sue soluzioni di carattere strettamente filosofico ma soprattutto per lo spirito che ha incarnato, quello perennemente giovane della Chiesa, per il quale la fede va proposta nella sua radicale essenzialità e nella sua capacità di prendersi carico dell’esistenza concreta degli uomini e della società».
L'AUTORE
GILBERT KEITH CHESTERTON (1874-1936) fu scrittore e pubblicista dalla penna estremamente feconda. Soprannominato «il principe del paradosso», usava una prosa vivace e ironica per esprimere serissimi commenti sul mondo in cui viveva. Scrisse saggi letterari (Dickens, Wilde, Shaw) e polemici (Ortodossia), romanzi «seri» (L’uomo che fu Giovedì, L’osteria volante) e gialli (celebre la serie di avventure di Padre Brown).
Nel 1905, all’età di trentun’anni, Gilbert Keith Chesterton riunisce in un unico volume gli articoli scritti per il liberale «Daily News». Nasce così Eretici, in cui il «principe del paradosso», facendo sfoggio di tutta la sua tagliente ironia, passa al vaglio le più importanti figure del suo tempo, in particolare del mondo della letteratura e dell’arte: Rudyard Kipling, George Bernard Shaw, H. G. Wells, James McNeill Whistler… Ciò che soprattutto gli interessa è però combattere le «eresie» di cui si fanno banditori o interpreti e che si riflettono in quelli che l’autore identifica come i grandi mali della modernità: la cieca fede nel progresso, lo scetticismo, il determinismo, la negazione dell’esistenza di Dio e dei valori fondamentali del cristianesimo.
Frutto di un sapiente dosaggio di umorismo e buon senso, Eretici suscitò le ire di alcuni critici, perché condannava le filosofie coeve senza fornire alternative. Lo scrittore inglese decise quindi di replicare qualche anno anno più tardi con un altro celebre titolo, Ortodossia, di cui questo resta l’essenziale premessa.
L'AUTORE
Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) fu scrittore e pubblicista dalla penna estremamente feconda. Soprannominato «il principe del paradosso», usava una prosa vivace e ironica per esprimere serissimi commenti sul mondo in cui viveva. Scrisse saggi letterari e polemici, romanzi «seri» (L’uomo che fu Giovedì, L’osteria volante) e gialli (celebre la serie di avventure di Padre Brown). Lindau ha pubblicato i suoi saggi biografici su san Francesco d’Assisi e san Tommaso d’Aquino, e l’opera La Chiesa cattolica.