
Franco e Andrea Antonello sono stati i protagonisti di una storia che sembra una favola: il romanzo che raccontava il loro viaggio on the road, "Se ti abbraccio non aver paura", ha avuto un enorme successo. In questo nuovo libro, Franco e Andrea raccontano la vera storia della loro vita, iniziando dalla vita di Franco prima di Andrea: dove nasce, com'è la sua famiglia, quali strade ha percorso e quali scelte ha compiuto prima di diventare un felicissimo papà di un bambino bellissimo. E continuando con quello che è successo dopo che Andrea, quel bellissimo bambino, ha iniziato a sfuggirgli di mano, sempre più intrappolato in un misterioso vortice che solo dopo anni si capirà essere l'autismo. E se nella vita professionale Franco miete successi uno dopo l'altro, nella lotta contro quel terribile nemico non pare esserci speranza: medici e ciarlatani, guaritori africani e maghi brasiliani, nessuno sembra poter fare niente. Ma quella non è la fine per Franco e Andrea: è solo l'inizio. Insieme scopriranno che non si deve rinunciare ai sogni e alla vita, e che le difficoltà, anche quelle più tremende, possono essere affrontate, cercando di rispondere alla richiesta di Andrea di avere intorno persone allegre, che guardano al lato positivo della vita: "Sono graditi visi sorridenti". Oggi Franco ha creato una fondazione, I Bambini delle Fate, che lavora per promuovere progetti di assistenza ai bambini autistici e alle loro famiglie. E Andrea ha appena dato l'esame di maturità.
Sono passati duemila anni da quando Seneca scriveva un libro dal titolo De brevitate vitae {La brevità della vita) rivolto criticamente a coloro che consideravano la vita troppo breve; egli saggiamente argomentava che la vita non si misura dal numero degli anni, ma da come viene vissuta. Se questo giudizio rimane sempre valido, esso però oggi si trova a confrontarsi con una realtà che è all'opposto: la vita degli anziani sta diventando lunga, secondo alcuni troppo lunga. Il problema degli anziani non può essere visto come qualcosa che riguarda solo loro; l'intera società è messa in gioco per trovare un nuovo equilibrio sociale soddisfacente, sia nei rapporti che nella distribuzione di attività, mezzi, opportunità. I ruoli dovranno essere più fluidi; i confini tra lavoro e pensioni, tra lavoro e attività, tra generazioni, tenderanno a saltare. E un'opera imponente, rielaborativa e ricostruttiva, quella che ci aspetta e che ha come condizione prima una cultura aperta e disponibile, una forma di riconversione culturale. Un grande compito spetta in proposito al sindacato, perché in Italia è il sindacato a organizzare cinque milioni di pensionati: tuttavia molte esigenze di oggi non riguardano specificatamente il pensionato, ma più ampiamente l'anziano. Se vorrà mantenere il proprio ascendente, il sindacato dovrà dunque rispondere a queste nuove esigenze e farsi carico di più ampie prospettive.
Dopo aver aiutato tanti giovani a uscire dal tunnel delle loro crisi, una mamma tocca con mano la propria tragica impotenza quando la figlia, Camilla, a ventuno anni, muore tragicamente. Una storia nella quale si può riconoscere non solo chi ha vissuto l'esperienza drammatica della perdita di un figlio, ma chiunque vive l'esperienza del dolore, del fallimento, della perdita di significato della propria esistenza. A. Bassanetti propone un percorso di fede in cui niente è dato per scontato o proposto come fuga dalla realtà, ma come cammino di maturazione e di liberazione.
È la storia autobiografica di una donna che viene improvvisamente a con- tatto con la difficile realtà della malattia di Alzheimer.
Denis, la suocera dell’autrice, è affetta da questa malattia ed è incapace di badare a se stessa. Monica, allora, decide di prendersi cura di lei: sono ore di angoscia, notti in bianco, delusioni, sacrifici, per cercare di arginare la progressiva perdita di autonomia della suocera, per far fronte alle sue allucinazioni, ai suoi più diversi problemi, anche molto concreti.
In queste pagine l’autrice racconta la propria esperienza di «persona qualunque» a contatto giorno dopo giorno con la persona malata, facendo emergere il ruolo di sostegno che ha avuto la fede nel permetterle di fronteggiare una situazione per molti aspetti drammatica.
In particolare, famiglie con anziani e chi, a vario titolo, abbia a che fare con malati di Alzheimer: operatori sociali e sanitari.
Autrice
Monica follador vive a Venegazzù di Volpago del Montello (Treviso). È sposata e ha un figlio di dodici anni. Molto attiva come catechista e animatrice del Grest, nel tempo libero opera nel settore dell’ecologia. Da quindici anni ac- cudisce con dedizione e sofferenza – ma anche con tanta fantasia – la suocera affetta dal mor- bo di Alzheimer
Il racconto di Aida, che esorcizza la morte intorno a sé prendendosi cura di una pianta di mango, nasce da un viaggio in Uganda, dove Mankell è stato per parlare con madri e padri colpiti dall'Aids. Malati senza speranza di guarigione, questi genitori scrivono piccoli quaderni cui affidano ricordi di sé e auspici per il futuro dei loro figli, consapevoli che non vivranno abbastanza a lungo per vederli crescere. Così nascono i Libri della memoria, per Mankell, forse "i più importanti documenti del nostro tempo". Il suo intenso racconto, unito al quaderno scritto da Christine Aguga per la figlia Everlyn, testimonia l'urgenza di un intervento: milioni di bambini come Everlyn e Aida sono destinati a rimanere orfani prematuramente.
Parlare di adozione con il cuore, parlare di adozione con la testa. Aprirsi ai sentimenti e percorrere le vie della ragione. Può sembrare impossibile far convivere due strade apparentemente così distanti una dall'altra, eppure chi si avvicina all'adozione deve riuscire a trovare dentro di sé lo spazio per una e per l'altra. In questo volume Michele Augurio, per anni giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Milano, mette a disposizione la sua lunga esperienza per ricostruire i percorsi del cuore e della mente che devono percorrere quanti desiderano adottare, affrontando anche il tema dell'adozione di bambini più grandi e dell'adozione nelle famiglie dove sono presenti altri figli. Questi alcuni dei temi trattati: la coppia adottiva, come si diventa genitori, prepararsi all'adozione, la seconda adozione, l'adozione vista dai bambini, l'affettività attraverso il corpo, la socialità della famiglia adottiva.
Adolfo Baravaglio ha cinquantadue anni e da diciotto, in seguito a un incidente d'auto, è tetraplegico, bloccato in un letto. Può muovere solamente il collo, le spalle e il braccio destro, ma non la mano. Con la morte di Piergiorgio Welby il dibattito sull'eutanasia si è di nuovo spento, e da allora Adolfo si sente più solo che mai nel combattere la sua battaglia: "Ci obbligano a marcire in una gabbia grande quanto il corpo; va rispettato il principio secondo cui un essere umano non può disporre della propria vita: un dogma, un credo religioso che ci impone lo Stato. Io invoco una vera e propria legge sull'eutanasia". Una battaglia che l'ex operaio di Biella sta portando avanti da tempo e che lo ha spinto a raccontare la sua vita o, meglio, ciò che ne è rimasto dopo anni di pressoché totale immobilità. "La sofferenza di Adolfo all'apparenza non ha nulla di glorioso. È dolore subdolo, indifferente, senza eco, di animali lasciati a marcire in una gabbia, dei quali si devono soffocare i lamenti, pezzi di carne viva senza dignità, disgustoso orrore, bruttura e basta, da dimenticare, da non pensarci se vuoi vivere tranquillo", dice Gabriele Vidano, che ha raccolto la testimonianza di Adolfo, dando vita insieme a Letizia Moizzi, che ha invece ripreso le parole di Agnese, la moglie di Baravaglio, a un libro che, nella sua essenzialità e durezza, aiuta a comprendere e soprattutto offre un importante contributo a un dibattito di rilevanza cruciale.
La problematica centrale del libro è l’aspetto psicologico della sessualità delle persone disabili, un aspetto della vita che solitamente viene nascosto per paura e pregiudizi. Il tema è trattato con molta delicatezza e rispetto, senza riferimenti eccessivamente espliciti alle concrete esperienze erotiche e affettive. Il testo è ben equilibrato, fra una sua parte teorica e una di testimonianze: ottimi gli interventi della Gay, il cui linguaggio scientifico e ben aderente alla realtà permette al lettore di accostarsi al tema con lucidità e sano realismo.
L'Autore racconta il proprio rapporto con la malattia che l'ha colpito all'eta' di 24 anni: la distrofia muscolare.