
Un libro scritto dall'autrice sul periodo che la stessa ha vissuto nei pressi di Piazza San Pietro a Roma, e sulle persone che ha conosciuto. Ho vissuto nove mesi con la mia famiglia nei pressi di Piazza San Pietro a Roma. Alla vigilia del nostro rientro in Francia mi sono seduta un'ultima volta all'ombra del colonnato della piazza. Guardando verso gli appartamenti del Papa, pensavo: come mi sarebbe piaciuto parlargli di loro, delle donne che ho conosciuto e che lui poteva, ogni giorno, scorgere dalla sua finestra!
Il libro raccoglie 134 liriche di Idilio Dell'Era (Don Martino Ceccuzzi 1904-1988), in gran parte non conosciute, che furono pubblicate nel 'Giornale del Popolo di Lugano', nel periodo 1947-1967. Queste poesie sono dedicate in gran parte alla meraviglia del creato che si incarna: nelle montagne, negli alpeggi, nei torrenti ticinesi; nella natura e nei paesaggi campestri toscani; negli animali e nel mondo vegetale così armonioso e complesso.
La poesia polacca contemporanea si è imposta da tempo all'attenzione del pubblico internazionale e i suoi maggiori esponenti sono ritenuti ormai comunemente dei classici della lirica novecentesca anche al di fuori dei confini del Paese. Poco conosciuta dal grande pubblico italiano è, però, la produzione delle nuove generazioni affermatisi negli ultimi decenni. Dall'esigenza di riempire tale lacuna è nata l'idea di questo volume, che offre una selezione di componimenti di alcuni tra i maggiori poeti che hanno debuttato dopo il 1989, anno di svolta politico-culturale, e che ruotano attorno alla ricerca di nuove identità tramite una straordinaria varietà di approcci formali e tematici. Il quadro che emerge conferma il posto di primo piano che la poesia polacca occupa ormai da tempo nell'ambito della cultura europea.
Il libro raccoglie proverbi della tradizione popolare veneta; in parte ricomposti in una stesura più comprensibile, levigando le varianti che hanno diversificato abitudini e anche la parlata familiare di paesi veneti, ciascuno con la propria individualità. I testi si accompagnano a immagini reali del mondo veneto di un tempo che questo libro vuol far rivivere negli aspetti più umani e profondi. Il libro è stato scritto e curato da Bruno Caon, esperto conoscitore del linguaggio popolare della regione.
Alida Airaghi è nata a Verona nel 1953 e risiede a Garda. Dopo la laurea in Lettere Classiche a Milano, è vissuta e ha insegnato a Zurigo dal 1978 al 1992. Ha collaborato a diverse riviste e quotidiani italiani e svizzeri. Tra le sue pubblicazioni: "L'appartamento", in Nuovi Poeti Italiani, 3 (Einaudi 1984), "Rosa rosse rosa" (Bertani 1986), "Appuntamento con una mosca" (Stamperia dell'Arancio 1991), "Il peso del giorno" (La Luna - Grafiche Fioroni 2000), "Un diverso lontano" (Piero Manni 2003), "Frontiere del tempo" (Piero Manni 2006); inoltre, per le edizioni LietoColle, le plaquettes: "Il lago" (1996), "Sul pontile, nell'acqua" (1997), "Litania periferica" (1998), "Le mura di Verona" (1998).
Queste poesie di carattere religioso dimostrano come noi esseri umani siamo come tante stanze bianche, vuote, riempite di volta in volta delle nostre personali memorie, ma la memoria del poeta, in quanto riconducibile a tutto il genere umano, è qualcosa di più dei ricordi dei singoli. È una memoria superiore e più vasta quella che vive in lui, così che il poeta esprime attraverso il proprio canto aspirazioni universali verso un mondo ideale di giustizia, di pace, di bellezza e di verità attraverso la gioia, l'amore o la sofferenza - sentimenti comuni a tutti gli uomini, in forme e modalità diverse. Ed è per questo che il vero poeta, esprimendo le radici più profonde della vita, parla un linguaggio che risulta nello stesso tempo vicino ad ogni essere umano.
"Disputa cometofantica" di Lucio Saffaro è una narrazione in forma di poesia. Della narrazione ha tutte le caratteristiche: c'è una vicenda, c'è un paesaggio, ci sono dei personaggi. Il presente di Saffaro è il presente della parola creatrice. Non al cielo delle stelle fisse chiede di volgersi, ma, secondo la definizione agostiniana, all'eternità: "Hodiernum tuum aeternitas": il tuo oggi è l'eternità. L'eternità come presente della parola poetica, che permane come permane la forma del tempo in tutte le sue forme; quella forma che Mario Luzi chiama il "punto vivo, il punto pullulante dell'origine continua".
Rilke, come Kafka e Werfel, apparteneva a quella generazione di scrittori praghesi che si esprimeva in lingua tedesca. La sua poesia rappresenta senza dubbio il vertice più alto raggiunto dalla poesia di lingua tedesca nel Novecento – un po’ come è accaduto per la narrativa con uno scrittore come Franz Kafka. Rilke tuttavia, diversamente da Kafka, fu un grande e instancabile viaggiatore, dalla Russia all’Italia e alla Spagna e, soprattutto, alla Francia, paese al quale fu molto legato e che certamente influì in maniera determinante sullo sviluppo della sua poesia. Scritte in francese, queste “poesie francesi” furono composte dal 1924 al 1926, per lo più nei periodi di ricovero per l’aggravarsi della malattia che l’avrebbe di lì a poco condotto a una morte ancora precoce – aveva infatti da poco superato i cinquant’anni. Eppure queste poesie sono tutto fuor che il lamento di un uomo disperato; al contrario, respira in esse un alito leggero e nostalgico verso la vita e le sue forme, quasi un riposo dello sguardo sulle cose del mondo.
Questa antologia – che prende il suo titolo da una delle più belle poesie incluse, quella di Cesare Pavese – vuole offrirsi come un omaggio ad una delle presenze più assidue e più discrete degli animali nelle nostre case: il gatto. Da tempo questo straordinario felino si contende con il cane la palma di animale più amato dall’uomo; tuttavia, a suo favore, occorre dire che la presenza dei gatti in poesia supera forse quella dei cani. Dipenderà probabilmente anche dalle caratteristiche di mistero e di indipendenza che questo animale possiede; forse, però, dipende soprattutto da un’illustre tradizione che, se ha avuto in prosa il suo grande capostipite moderno nel racconto de “Il gatto nero” di Edgar Allan Poe, in poesia ha visto Charles Baudelaire come capostipite di una ricca e straordinaria serie di testi dedicati ai gatti: da Verlaine a Pascoli, da Corazzini ad Apollinaire, da Yeats a Neruda, da Lorca a Borges, da Pessoa a Montale, da Saba a Pavese, da Penna a Rodari, da Eliot a Éluard, da Ferlinghetti a Bukovsky, da Prevert ad Auden, da Fortini alla Szymborska, fino ad alcuni dei maggiori poeti italiani dei nostri giorni: Raboni, Benni, Marcoaldi, Dario Bellezza…
La prima edizione di Libro del frío (1992), secondo la particolare concezione artistica del suo autore, Antonio Gamoneda, che vede nella poesia qualcosa di biologicamente integrato alla vita, è giunta oggi ad una seconda edizione ampliata, che raccoglie, rispetto alla prima, venti nuove brevi poesie in un'ulteriore sezione. L'opera si presenta come un viaggio poetico attraverso i paesaggi della coscienza avviata all'incontro con la vecchiaia. Memoria, narrazione e costruzioni simboliche si fanno di una stessa e condivisa sostanza poetica, che non rifugge simboli anche indecifrabili, pur mantenendo il tutto una nitidezza a volte sconcertante. Ciò che colpisce è il vigore delle immagini che Gamoneda riporta in questo libro, riflesso filtrato del mondo esteriore senza togliere alla realtà anche la sua luce e valenza negativa. Una lettura d'impatto per il lettore italiano, che verrà trasportato in una tradizione poetica, quella più propriamente ispanica, i cui tratti essenziali sono l'asciuttezza del dettato poetico, la mozione etica dell'individuo, il profondo senso delle immagini a rappresentare l'impulso vitale "tra vertigine e oblio".

