
Non è il cuore inquieto che inventa la Risurrezione, ma è la Risurrezione di Cristo che rende inquieto il cuore: questa espressione del teologo Bruno Forte ben si adatta al dire poetico di Monica Cornali, che attinge ai pozzi profondi dell'animo umano, alle storie di vita, spesso assai tribolate, che ella raccoglie nella sua pratica psicologica, ma non solo. Cuori agostinianamente inquieti, alla ricerca di un senso profondo anche nelle derive del male; tale senso spirituale non può che essere implorato, supplicato a Dio, fino a coincidere, nella fede, con Dio stesso. Mentre il linguaggio comune è frustrato dall'eternità, che è al di là di ogni immaginazione e ragionamento, il linguaggio poetico, vibrante di sentire mistico e fortemente simbolico, osa volare alto, verso la casa del paradosso: il Cielo è il silenzio che canta, è il compimento della Promessa di Dio. La poesia per Monica è un canto d'amore, una sete che implora la Fonte, quasi un dovere di sperare per tutti, specie per chi vive nella disperazione.
Raccolta di poesie sulla morte.
Raccolta di poesie sulla morte della madre con un piccolo saggio sulla B. V. Maria compagna del morente dal titolo "La madre e la morte dei figli. Per somigliare al tuo parlar per sguardi preparo per te un piccolo bouquet annodando pochi fili verdi raccolti fra le erbe di Dio".
Ma nella sua gentilezza e nel suo garbo, il poeta afferma anche che ha l'anima armata di rostri e d'artigli. Sì, non a caso il libro si dipana in quattro momenti o movimenti: Tempo, Spazio, Corpo e Anima, una sorta di tetrarchia di elementi, cui si potrebbero attagliare acqua, fuoco, terra e aria. "La mia faccia | troppo giovane per esser vera | troppo tenera per esser dura." L'autoritratto-tipo del poeta. Di oggi? Direi d'ogni tempo. (dalla Postfazione di Anton Carlo Ponti)
Una raccolta di poesie e meditazioni sgorgate dal cuore di un uomo di Dio, Mons. Salvatore Spettu. "Petali" segue "Petali di un sorriso" da lui pubblicato in Edizioni Nuovo Cammino. Questo testo postumo "Petali" raccoglie 50 delle sue preghiere tra le tante che scrisse durante le sue meditazioni. Sono state pubblicate in ordine alfabetico eccetto la prima, "Paradiso", scritta da lui come sua ultima personale preghiera. La morte la sentiva vicina, ne parlava senza timore, perché sperava nell'incontro con la Madre celeste. Le poesie sono espressione della sua fede e del suo amore per tutti gli uomini, coglieva infatti ogni particolare della vita per evangelizzare i suoi parrocchiani.
Sante Pedrelli di Longiano è uno dei poeti in dialetto romagnolo appartenente a quella cerchia ristretta, ma ben valida, che ha tracciato uno dei segni più belli nella poesia italiana del secondo Novecento. Pedrelli, scrive il dialetto di quando ha imparato a pronunciare le prime parole, verso la fine degli anni Venti del secolo scorso, ancora in piena civiltà contadina, come se il mondo fosse rimasto sempre fermo. La poesia di Pedrelli è una lingua fra terra e mare, fra collina e pianura, fra paese e città, mito e realtà della sua terra.
Il nuovo lavoro del poeta drammaturgo ravennate Nevio Spadoni ha l'introduzione di Gian Ruggero Manzoni. Non si tratta di una traduzione del libro biblico, ma una ripresa delle tematiche esistenziali in esso contenute, che hanno come protagonista sì il Giobbe biblico, ma che sono gli interrogativi di sempre di tutti gli esseri razionali: Perché il male? Perché soffre l'innocente? Qual è il senso dell'esistere nel mondo? Il testo in prosa poetica nel dialetto delle Ville Unite (Ravenna) con italiano a fronte, si dipana in tre momenti: gli interrogativi di Giobbe rivolti a Dio, la risposta di Dio, la conclusione rassegnata di Giobbe. Il testo si presta forse ad una rappresentazione, come il commediante shakespeariano sul palcoscenico della vita.
La poesia di Alda Merini si è sviluppata in un flusso continuo, che ha la qualità di un modo di porsi nel mondo: offerta di sé al ritmo indefinito della quotidianità, in una ininterrotta costruzione di rapporti, di possibilità che variamente si intrecciano, si confondono, si sovrappongono, si infittiscono e si districano; presenza dentro il corpo e in mezzo alle cose, ricca certo di sapienza e di passione, intessuta di molteplici echi della cultura e del mito, di suggestioni di un mondo lontano, di parole perdute e indecifrabili, ma tutta esaltata, consumata, bruciata, nel suo darsi, nel suo offrirsi all'occasione, canto e vocalità in totale abbandono, dono divino caduto nella banalità del presente, ma pronto comunque ad accendersi anche in quella banalità, a brillare nonostante tutto, tra gioia e disperazione, tra La più nuda esposizione di sé e il trucco più sontuoso e splendente.
"Il fico che cresce sulle rovine della fortezza, emblema e geroglìfico del nuovo libro di Claudio Damiani, ha i giorni contati. Verrà qualcuno a restaurare gli spalti del diroccato maniero aristocratico dove cresce, sradicando quella forma di vita abusiva, vita incurante della sua propria bellezza, capace di assentire al suo destino senza opporgli un'assurda resistenza. Dall'albero il poeta ricava l'insegnamento supremo: è possibile amare la vita senza avvelenarla con la paura della morte. È possibile, dunque, la felicità, quella pura e gratuita vibrazione dell'essere qui, dell'esserci ora, minuscolo filo saldamente intrecciato all'arazzo del cosmo? Come un saggio taoista, Damiani non si stanca mai di dipingere a rapidi colpi di pennello paesaggi nei quali gli uomini e le bestie, le piante e le pietre, le nuvole e le acque sono gli elementi solidali dello stesso prodigio, ovvero una sola materia senza più nome, disponibile a tutti gli esperimenti di un'alchimia interiore capace di trasformare in oro il fardello dell'impermanenza e l'angoscia del tempo che fugge. Oltre il piacere del testo, ai lettori di questo libro si offre una terapia sottile ed efficace come solo sanno essere i consigli di chi è capace di curare se stesso, e non smette mai di farlo." (Emanuele Trevi)
Come scrive Carmelo Mezzasalma nella presentazione, il linguaggio poetico di Carlo Brogi crea poesia attraverso una concentrazione e un'espansione della coscienza che osserva la realtà. Nasce così una serie di liriche che rivelano come la commozione sia la cosa più concreta e vera della vita. Una parola poetica che indaga, supplica, ironizza sui falsi valori e a un certo punto si scopre abitata dalla presenza di Cristo che ci fa presentire il Dio vivente.
Avevo dimenticato quante parole ha il silenzio.
Sola, non ho solitudine.
Senza il rumore del vuoto
posso ascoltare…
Posso ascoltare la voce che mi accarezza il cuore e mi riempie l'anima.
Una raccolta di inni scritti da Marco Cipollini (1946), scrittore e poeta toscano. Queste composizioni trasmettono la devozione, il rispetto e il timore dell'uomo colpito dal Mistero del Sacro.

