
In una collana di piccoli libri semplici e ricercati, viene proposta, con testo a fronte, questa ricca raccolta di poesie a tema religioso (oltre 60) di Emily Dickinson.
Lo schema del libro è una sorta di viaggio le cui tappe sono quelle di una crescita interiore verso la conquista del cielo.
Figura di spicco della poesia americana di fine Ottocento, la Dickinson privilegia tematiche di fondo come l'amore, il dolore, la fede, la natura, rappresentati nei piccoli momenti della vita quotidiana, nei quali la poetessa cerca e riconosce sempre la presenza del divino.
Raffinato libretto contenente 50 poesie in lingua tradotte in italiano di Elizabeth Jennings, poetessa inglese, popolarissima nel suo paese, praticamente sconosciuta in Italia, se si eccettua una decina di poesie pubblicate in D. Pezzini, L’acqua e la rosa (Milano 2005).
I temi più ricorrenti nei suoi versi sono il mondo delle relazioni, la natura e il paesaggio, l’arte e la musica, la fede e le sue feste.
Molti versi sono attraversati da una grande positività, dalla gioia che deriva dal contemplare la sorprese della creazione, nella convinzione che, come recita il titolo tratto da un verso dell’ultima raccolta, «la danza è nel cuore delle cose». La chiarità della sua scrittura che sostiene finissime analisi di tante emozioni facilita nel lettore un riconoscersi e un ritrovarsi che è il segreto della sua grande popolarità.
Nella poesia di Kavanagh rivive l'Irlanda delle cose semplici, degli oggetti quotidiani, dei paesaggi rurali e del lavoro nei campi. Importante però è anche la tematica religiosa.
Quaranta composizioni poetiche che vanno dalla riflessione esistenziale alla rievocazione interiore di luoghi del cuore (come Milano e Gerusalemme) e di figure significative (come Etty Hillesum e papa Francesco). Su tutti, spicca la memoria di Carlo Maria Martini, di cui Garzonio è considerato uno dei più acuti biografi. "Cronache dell'anima scandite entro una scansione di tempo preciso, 'da Martini a Bergoglio': evocata la stagione della nascita dei testi, ma evocato anche un amore, non celato, quasi da privilegio, per un vescovo e un papa. (...) Spesso nelle pagine cogli una passione ferita - siamo il sogno, ma siamo anche l'incubo di Dio -, passione che leva grido, a volte anche urlo dalle poesie, là dove immobilità, indifferenze, ingiustizie sporcano sogni, nella vita della società e della chiesa" (dalla prefazione di don Angelo Casati).
Con questa raccolta prosegue la prova poetica di Marco Garzonio cominciata in Siamo il sogno e l’incubo di Dio (Àncora, 2015). I temi, scrive l’autore, «restano il cammino personale e i sussulti del mondo, impastati con quel Dio che sempre più mi cerca, mi inquieta, mi stana». A legare volti, luoghi, eventi evocati dalla parola poetica (da Martini a Turoldo, da Milano all’amata valle Spluga, dal terrorismo fondamentalista ai profughi che premono alle porte di un’Europa cinica e distratta) la riflessione sui profeti della porta accanto, coloro che – nelle parole dell’autore – «ci parlano e ci addestrano con gesti o silenzi, col fatto solo di esserci e affrontare ogni giorno le difficoltà della vita secondo sobrietà, semplicità, onestà, con quel sano strabismo dell’anima che porta ad avere un occhio sugli altri e l’altro su se stessi». «Garzonio è un profeta della porta accanto, in cerca della sua visione. Uno che a ogni tramonto, davanti al sole che scende, senza nostalgia lo guarda / che ancora è lungo il giorno sino a notte. Lungo è il giorno, e santo, a saperlo godere e inseminare, come Marco, di pollini di poesia e profezia » (dalla prefazione di Ermes Ronchi).
Le migliori poesie di Antonia Pozzi (Milano 1912-1938) scelte e introdotte dalle sue più accreditate studiose. Estranei ai canoni letterari degli anni Venti e Trenta, questi versi restituiscono, in un linguaggio tanto calibrato quanto limpido e comunicativo, l'identità appassionata e moderna di una giovane donna costantemente protesa a un rapporto autentico e libero con la vita, con il mondo e con la scrittura. Muovendosi in modo originale tra realtà e visione, Antonia Pozzi resta fedele a una concreta, e spesso difficile, esperienza personale, ma si apre nello stesso tempo alle profondità del cuore umano e all'essenza delle «cose sorelle», alla bellezza salvifica della natura come alla desolazione delle periferie milanesi e alle tragedie della storia. La sua è una poesia di ampio respiro che coinvolge i lettori in un dialogo straordinariamente attuale.
Il "sentimento del tempo" pervade la terza "prova poetica" di Marco Garzonio. Dopo Siamo il sogno e l'incubo di Dio (2015) e I profeti della porta accanto (2017), il nuovo canto nasce nella sofferenza per il diffuso clima di disumanità (la «cultura dello scarto» di papa Francesco) e s'appella allo spirito della generazione dell'Autore, «nata con la guerra». Ad essa Garzonio dedica l'opera perché continui a «promuover la memoria, stupirsi, sognare, esser solidale, liberamente pensare» e «passi il testimone a chi già ci cammina a fianco e a chi solo l'amore riesce a immaginare». Chi non si arrende dispone degli attrezzi per resistere anche alle catastrofi e porre le basi di ogni Ricostruzione. Prefazione di Lucilla Giagnoni.
Questo volume è una guida alla poesia di Leopardi a partire dai luoghi che alcuni versi hanno reso immortali - il Colle dell'Infinito, la Torre del passero solitario, la Piazzuola del sabato del villaggio... - per verificare come in lui dal temporale nasca il desiderio dell'eterno, dal contingente l'anelito all'assoluto. Proprio questa tensione rese Leopardi "amico" di un giovane seminarista che a tredici anni imparò tutti i suoi canti, nei quali sentiva espressa la nostalgia della bellezza, profezia della Bellezza fatta carne.
Bestia raccoglie i versi di esordio di Irene Solà, giovane narratrice, artista e poeta catalana. Sono poesie brevi e taglienti, le sue, senza preamboli o il bisogno di mostrarsi implicite. C'è una prima sezione, Bocca ingrata e vermiglia, caratterizzata da un linguaggio viscerale - il «groviglio di pelo nello stomaco», i «seni di burro», il ventre squarciato con un coltello - che esplora il rapporto altalenante col corpo e con la femminilità. È tra questi versi che emerge il richiamo alla figura mascolina e controversa del padre ed è qui che la poesia di Solà sembra affondare le radici in un terreno poetico comune anche a Plath e Sexton. Nella seconda parte della raccolta, invece, il tono sembra cambiare almeno parzialmente. Si fa prima memoriale, scava nel passato e nell'infanzia, parla la lingua della nostalgia e dei bambini che giocano disegnando a terra coi gessi colorati. Ci sono i ricordi «pericolosi / come ossi di pollo» e una nuova figura maschile diversa da quella paterna a cui sembra possibile accordare fiducia. C'è un numero imprecisato di animali che entra in scena per poi sparire dietro le quinte: il serpente, la zanzara, la iena, il tacchino, la balena. E ogni poesia segue geografie che sono scelte dall'autrice secondo un senso di appartenenza ai luoghi: c'è, sì, la Catalogna di Camprodon e Vic ma ci sono anche le immagini vivide del diario poetico scritto in Sardegna. È proprio l'uso del verso a rendere la narrazione incisiva e evocativa.
Il poliziotto Trevisi si mette "a nudo" e svela i suoi pensieri, coriandoli li chiama, alle volte colorati e alle volte in bianco e nero, coriandoli che piccoli e leggeri si lanciano per aria e poi si fanno trasportare dal vento sino ad arrivare giù a terra, a coprire il grigio delle nostre esistenze. Le sue "quasi poesie" le chiama coriandoli perché spera possano far sorridere, quando sono colorati, e far piangere, quando sono in bianco e nero, o possano far semplicemente emozionare. È una raccolta iniziata in gioventù e che ha registrato i passaggi esistenziali, molti legati ai rapporti professionali, tanti ai momenti cruciali e più personali. Gianpaolo Trevisi, nato a Roma 41 anni fa, è attualmente vicequestore aggiunto e capo della Squadra mobile di Verona. Dopo gli studi liceali e la laurea in giurisprudenza conseguita all'Accademia di Polizia, viene nominato vice commissario ed assegnato alla Questura scaligera.
Non è il cuore inquieto che inventa la Risurrezione, ma è la Risurrezione di Cristo che rende inquieto il cuore: questa espressione del teologo Bruno Forte ben si adatta al dire poetico di Monica Cornali, che attinge ai pozzi profondi dell'animo umano, alle storie di vita, spesso assai tribolate, che ella raccoglie nella sua pratica psicologica, ma non solo. Cuori agostinianamente inquieti, alla ricerca di un senso profondo anche nelle derive del male; tale senso spirituale non può che essere implorato, supplicato a Dio, fino a coincidere, nella fede, con Dio stesso. Mentre il linguaggio comune è frustrato dall'eternità, che è al di là di ogni immaginazione e ragionamento, il linguaggio poetico, vibrante di sentire mistico e fortemente simbolico, osa volare alto, verso la casa del paradosso: il Cielo è il silenzio che canta, è il compimento della Promessa di Dio. La poesia per Monica è un canto d'amore, una sete che implora la Fonte, quasi un dovere di sperare per tutti, specie per chi vive nella disperazione.
Raccolta di poesie sulla morte.

