
A Mezudat Ram, un kibbutz isolato nel Nord del paese, circondato da nemici e sormontato dall'ombra di cupe montagne, si svolge la vita di una comunità di coloni, dediti all'agricoltura e all'allevamento, allo sport, alla musica, al dibattito, ma soprattutto alla purificazione. A trent'anni dalla fondazione del kibbutz, infatti, sono essenzialmente gli ideali di miglioramento personale e collettivo che sostengono i kibbutzim e il miglioramento si attua anche grazie al pettegolezzo. Questo spiega la voce narrante di un colono che guida il lettore - non senza malizia e ironia - alla scoperta degli abitanti del kibbutz, concentrandosi soprattutto sulla famiglia di Ruben Harish. Questi è tra i più convinti sostenitori di una vita pacifica e collettiva, l'instancabile cantore delle virtù di un'esistenza semplice e illuminata, il poeta del kibbutz. La moglie Eva lo ha abbandonato per fuggire con un cugino in visita a Mezudat Ram come turista. Si è sposata, vive in Germania e aiuta il nuovo marito a gestire un night-club. Ruben lo ha accettato senza lamentarsi, sprofondando in una tristezza nobilitata dai doveri di maestro, guida turistica e poeta. È rimasto solo col figlio Gai e la figlia Noga e, per consolarsi, ha iniziato una blanda relazione con un'amica Bronka, un'insegnante sposata, madre di due figli...
A questo numero hanno collaborato:
GIUSEPPE DALLA TORRE, rettore emerito, Università LUMSA, Roma.
FABIO PIERANGELI, professore associato di Letteratura italiana, Università Tor Vergata, Roma.
RAFFAELE MANICA, professore associato di Letteratura italiana, Università Tor Vergata, Roma. Dirige Nuovi Argomenti.
SIMONE STANCAMPIANO, docente di Storia della filosofia moderna, Pontificia Università Antonianum, Roma.
DIEGO FERRANTE, dottorando di ricerca in filosofia, Scuola Normale Superiore-Istituto Italiano di Scienze Umane, Pisa.
PAOLA DALLA TORRE, professore a contratto di Cinema, immagini e linguaggi, Università Tor Vergata, Roma.
DANIELA DE LISO, ricercatrice confermata di Letteratura italiana, Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi “Federico II”, Napoli.
CECILIA OLIVA, dottoranda di ricerca, Dipartimento di Studi Umanistici, Università Tor Vergata, Roma, con un progetto di ricerca sui manoscritti di Elsa Morante.
EMILIO GATTICO, professore associato di Psicologia dello sviluppo ed Epistemologia Genetica, Università di Bergamo.
RAFFAELLA SABRA PALMISANO, collabora con la cattedra di Filosofia Morale dell’Università degli Studi di Trieste.
GIACOMO SCALZI, direttore editoriale del Giornale di Brescia.
CLADIA VILLA, professore ordinario di Filologia medioevale e umanistica, Università di Bergamo e Scuola Normale Superiore, Pisa.
MARI K. NIEMI, senior researcher, Università di Turku (Finlandia) e, in virtù delle sue ricerche sul sistema politico britannico, è attualmente visiting scholar all’Università di Strathclyde, Glasgow (Scozia).
FRANCESCO LEONELLI, dottorando di ricerca in Storia dell’arte, Università “Roma Tre”.
C'è un drago al Corviale, il quartiere della periferia di Roma detto dagli abitanti "il Serpentone", un vero lucertolone, grande un intero appartamento, che terrorizza tutti. Con questa fiaba di Antonio Manzini si apre l'arazzo con cui sei scrittori raffigurano Roma. Racconti che si possono leggere anche seguendo la traccia fiabesca. La Stazione Termini, secondo Fabio Stassi, diventa un luogo magico e reale, che incanta "l'eterno andare solitario per il mondo". A Trastevere, racconta Chiara Valerio, scende un marziano che agisce in base al passato come noi facciamo in prospettiva del futuro, e vede oltre la luce visibile agli umani: si insinuerà misterioso nella vita di una ragazza. Giordano Tedoldi immagina un amore adolescente tra Monteverde Vecchio e il Vaticano, che esce dalle vecchie mura di un liceo clericale e si immerge nella libertà del colonnato del Bernini. Nel racconto di Gianni Di Gregorio, è lo squallore della periferia che diventa un balcone da cui osservare il globo: Roma caput mundi di tre "poracci" d'oggi che progettano una vita alla grande in un paradiso per pensionati miseri. Quella inventata da Giosuè Calaciura è un'avventura di barbari: una banda di ladri ragazzini si tira dietro un bambino "per bene" che sta diventando cieco, il quale per un giorno vede con i loro occhi una specie di città tardoimperiale, preda molle e meraviglia.
"Il Piccolo Principe" è la storia dell'incontro in mezzo al deserto tra un aviatore e un buffo ometto vestito da principe che è arrivato sulla Terra dallo spazio. Ma c'è molto di più di una semplice amicizia in questo libro surreale, filosofico e magico. C'è la saggezza di chi guarda le cose con occhi puri, la voce dei sentimenti che parla la lingua universale, e una sincera e naturale voglia di autenticità. Perché la bellezza, quando non è filtrata dai pregiudizi, riesce ad arrivare fino al cuore dei bambini, ma anche a quello degli adulti che hanno perso la capacità di ascoltare davvero. Età di lettura: da 8 anni.
Nel 1906 il capitano Charles Clutterbuck, educato alla prestigiosa accademia reale di Sandhurst, abbandona la sua casa nel Leicestershire e si trasferisce in Kenia, portando con sé soltanto Beryl, la sua bambina di quattro anni. Beryl vivrà tutta la sua vita in Africa. Una vita cominciata in una capanna di fango, nella foresta che suo padre aveva deciso di disboscare per creare una fattoria, e terminata in una casetta vicina all'ippodromo di Nairobi. "A occidente con la notte" è il racconto di questa straordinaria esistenza in cui le ombre si dileguano dinanzi alle vette che essa fu in grado di raggiungere. Donna dalla meravigliosa andatura e dai lunghi capelli biondi che parlava lo swahili, il nandi e il masai, addestrava cavalli come pochi, volava come nessun'altra (fu la prima ad attraversare l'Atlantico da est a ovest in solitaria, decollando dall'Inghilterra e atterrando in Nova Scotia ventuno ore e venticinque minuti dopo), ebbe tre mariti e un figlio, inventò la caccia grossa con l'uso degli aerei, collezionò ogni sorta di trofei e finì i suoi giorni in un piccolo appartamento di Nairobi, dove fu anche percossa e rapinata, Beryl Markham fu una scrittrice di assoluto talento, capace di restituirci magnificamente l'Africa incantata della prima metà del secolo scorso.
Germania, 1936. Nel campo di concentramento di Westhofen, sul lato corto della baracca III, si ergono sette tronchi di platani con delle assi inchiodate ad altezza delle spalle di un uomo. Fahrenberg, il comandante del campo, un pazzo colto da improvvisi accessi d'ira e di crudeltà, ha ordinato quello strano allestimento con un fine preciso: quei tronchi sono le sette croci su cui ha giurato di appendere i sette uomini che hanno osato evadere da Westhofen: Wallau, Füllgrabe, Beutler, Belloni, Aldinger, Pelzer, Heisler, uomini piegati da dozzine di interrogatori, sofferenze e torture. Uomini che hanno scelto la fuga perché persuasi che soltanto la morte possa salvarli o, all'opposto, perché mossi da un insopprimibile istinto di sopravvivenza. Vengono riacciuffati uno dopo l'altro - chi per sorte avversa, chi perché troppo vecchio, chi perché troppo debole, chi perché reso fuori di senno dalla fuga eccetto Georg Heisler. Un'irrefrenabile voglia di vivere, più forte di ogni paura, più forte della fame e della sete e del maledetto pulsare di una mano sanguinante, guida il giovane Heisler e lo tiene miracolosamente lontano dalla settima croce del campo. Proprio quando ogni sogno di libertà sembra spento in lui, insieme alla percezione stessa del pericolo, ecco l'evento inaspettato: alcuni tedeschi decidono di mettere a repentaglio la propria vita, nel "giardino delle bestie" del Terzo Reich, in nome dell'umanità e dell'amicizia.
Due coppie sono a cena in un ristorante di lusso. Chiacchierano piacevolmente, si raccontano i film che hanno visto di recente, i progetti per le vacanze. Ma non hanno il coraggio di affrontare l'argomento per il quale si sono incontrati: il futuro dei loro figli. Michael e Rick, quindici anni, hanno picchiato e ucciso una barbona mentre ritiravano i soldi da un bancomat. Le videocamere di sicurezza hanno ripreso gli eventi e le immagini sono state trasmesse in televisione. I due ragazzi non sono stati ancora identificati ma il loro arresto sembra imminente, perché qualcuno ha scaricato su Internet dei nuovi filmati, estremamente compromettenti. Paul Lohman, il padre di Michael, si sente responsabile. Si riconosce nel figlio perché hanno molto in comune, non ultima l'attrazione per la violenza. Non può lasciare che trascorra la sua vita in galera. Serge, il fratello di Paul, è il padre dell'altro ragazzo, il complice. Secondo i sondaggi Serge Lohman è destinato a diventare il nuovo Primo ministro olandese. Se l'omicidio verrà rivelato, sarà la fine della sua carriera politica. Babette, la moglie di Serge, sembra più interessata ai successi del marito che al futuro del proprio ragazzo. Claire, la moglie di Paul, vuole proteggere il figlio a ogni costo. Ma quanto sa di ciò che è realmente accaduto? Due coppie di genitori per bene durante una cena in un bel ristorante. Cosa saranno capaci di fare per difendere i loro figli?
Quattro amici guardano in televisione la finale dei Mondiali di calcio del 1998. Non hanno ancora trent'anni, e hanno condiviso la giovinezza, gli studi, l'esercito, le avventure, i sogni e le difficoltà, le speranze e gli amori. Sono uniti da un legame intenso, dal bisogno profondo di parlare e di confrontarsi su tutto, senza vergogna, affrontando le lacrime e la gioia, la vita in ogni suo aspetto. Yuval, il narratore, ha un animo buono e una spartana educazione anglosassone; Churchill è un egoista irresponsabile ma trascinante, ed è il fondatore della loro gang dai tempi del liceo. Ofir vive di parole e brucia ogni giorno la sua creatività in un ufficio pubblicitario. Amichai vende polizze mediche ai malati di cuore, è già sposato e ha due figlie. Durante la partita Amichai ha un'idea: perché non scrivere su un foglietto i propri desideri, i sogni per gli anni a venire, per poi attendere la prossima finale della coppa del mondo e vedere se si sono realizzati? Quel giorno in cui sta per scrivere il suo bigliettino Yuval ha da poco incontrato Yaara, e sa già che è la donna della sua vita. Nel bigliettino dei desideri Yuval scrive: "Ai prossimi Mondiali voglio stare ancora con Yaara. Ai prossimi Mondiali voglio essere sposato con Yaara. Ai prossimi Mondiali voglio avere un figlio da Yaara. Possibilmente una figlia". Il suo destino, e quello dei suoi amici, è pronto a mettersi in moto.
Inghilterra, 1913: Sir Randolph Nettleby, baronetto e "gentleman di campagna", ha invitato, come ogni anno sul finire di ottobre, illustri amici e conoscenti nella sua tenuta nell'Oxfordshire per una grande battuta di caccia. È una tradizione che si consuma ormai da tempo immemore, la cui ritualità è controllata da una rigida etichetta: ogni servitore, dal domestico John Siddons al guardiacaccia Glass, conosce il suo ruolo alla perfezione, ogni momento della caccia è rigidamente regolato e tutto deve andare esattamente come è sempre andato. Eppure, sotto la superficie della consuetudine si agitano tensioni che rischiano di diventare incontrollabili: Gilbert Hartlip, fatuo Lord ossessionato dalla propria reputazione di ottimo tiratore, entra presto in competizione con il giovane e talentuoso Sir Lionel Stephens su chi ucciderà più selvaggina; lo stesso Stephens è perdutamente innamorato di Olivia, la moglie del formale e noioso Lord Lilburn, ma non riesce a rivelarle i suoi sentimenti; la frivola Lady Hartlip si distrae dalla sua perenne insoddisfazione intavolando, tra pettegolezzi e commenti salacai, una relazione clandestina con Charles Farquhar, un uomo bello ma, a detta di Sir Randolph, irrimediabilmente ottuso; la nipote diciannovenne del padrone di casa, Cicely, fantastica di abbandonare le dimore di famiglia e seguire il vanaglorioso conte ungherese Tibor Rakassyi tra pianure ricoperte di neve... Introduzione di Julian Fellowes.
Alto, capelli (che furono) fini e chiari, un pallore quasi cadaverico, palpebre e baffi cascanti, naso aquilino. Aspetto apatico, andamento pigro e indolente, aria annoiata, tempra aristocratica, "in gran parte simile a quella dell'anarchico". Horne Fisher, rispettabile membro della buona società inglese, cresciuto in mezzo a primi ministri e politici illustri, inizia la propria carriera come segretario personale di Sir Walter Carey, ufficiale del Governo irlandese e suo parente. Proprio al servizio di Sir Carey si ritroverà accidentalmente coinvolto nella sua prima avventura da "investigatore non ufficiale". Sì, non ufficiale, perché Horne Fisher non è un professionista del crimine ma un uomo che, oltre quel muro di ostentata indifferenza, nasconde capacità analitiche fuori dal comune e curiosità e sensibilità sovraumane "nel comprendere le circostanze" e l'animo umano. Da quella prima esperienza irlandese, Horne Fisher comprenderà quanto il crimine possa essere oscuramente intrecciato con la legge e da lì in avanti, per tutta la vita, si ritroverà ad avere a che fare con faccende similmente oscure, appesantito dall'onere di "sapere troppo", di conoscere il lato squallido e la corruzione delle alte sfere, di cui lui stesso fa parte.
Nel luglio del 1945 un sopravvissuto della Seconda guerra mondiale raggiunge un campo profughi in Svezia. Ridotto pelle e ossa, ormai allo stremo dopo gli anni del conflitto, e nonostante i medici gli dicano che ha pochi mesi di vita Niklós, questo il suo nome, non si arrende. Sceglie di vivere. Compila una lista di 117 giovani donne, ungheresi come lui, che hanno trovato asilo in un altro campo profughi svedese e invia a ognuno di loro lettere elegantemente scritte a mano. Di una cosa è certo: una di loro diventerà sua moglie. Ispirato dalle incredibili, divertenti lettere del padre dell'autore, "Febbre all'alba" è una storia sulla speranza e sulla sorprendente forza che ogni uomo, anche nei momenti più bui, sa trarre dal desiderio di vivere e amare.
Se la guerra la raccontano le donne, quando prima l'hanno raccontata solo gli uomini... se a farla raccontare è Svetlana Aleksieviéc... se le sue interlocutrici avevano in gran parte diciotto o diciannove anni quando, perlopiù volontarie, sono accorse al fronte per difendere la patria e gli ideali della loro giovinezza contro uno spietato aggressore... allora nasce un libro come questo. 22 giugno 1941: l'uragano di ferro e fuoco che Hitler ha scatenato verso Oriente comporta per l'URSS la perdita di milioni di uomini e di vasti territori e il nemico arriva presto alle porte di Mosca. Centinaia di migliaia di donne e ragazze, anche molto giovani, vanno a integrare i vuoti di effettivi e alla fine saranno un milione: infermiere, radiotelegrafiste, cuciniere e lavandaie, ma anche soldati di fanteria, addette alla contraerea e carriste, genieri sminatori, aviatrici, tiratrici scelte. La guerra "al femminile" - dice la scrittrice - "ha i propri colori, odori, una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti e anche parole sue". Lei si è dedicata a raccogliere queste parole, a far rivivere questi fatti e sentimenti, nel corso di alcuni anni, in centinaia di conversazioni e interviste. Cercava l'incontro sincero che si instaura tra amiche e quasi sempre l'ha trovato: le ex combattenti e ausiliarie al fronte avevano serbato troppo a lungo, in silenzio, il segreto di quella guerra che le aveva per sempre segnate...

