
Due giovani e patetici viveurs indebitati fino al collo si nascondono una sera nella cantina di un losco night-club di Liegi con l'intenzione di attendere l'ora di chiusura e di svuotare la cassa. Ma un cadavere, intravisto nell'oscurità alla luce fioca di un fiammifero, viene a turbare i loro piani: è il facoltoso greco cui poco prima rivolgeva le sue sapienti e professionali attenzioni Adèle, l'entraineuse del Gai-Moulin. E' una notte degli inganni, dove nessuno è ciò che sembra. Ma provvederà Maigret, ancora una volta, a capire di che si tratta.
Il romanzo, nato dall'incontro della scrittrice con una Napoli uscita in pezzi dalla guerra, è in realtà la cronaca di uno spaesamento. La città infatti diventa uno schermo sul quale l'autrice proietta ciò che lei stessa definisce la propria nevrosi: una nevrosi metafisica, una impossibilità di accettare il reale, un orrore del tempo che ogni cosa corrode. Tutto il libro è un grido contro questo orrore, da cui lo sguardo vorrebbe potersi distogliere e non può. Questa edizione è accompagnata da due testi scritti dall'autrice, ripensando questo libro edito la prima volta nel 1953.
Susan, americana, cerca il riscatto da una vita anonima; Suha, libanese, scappa da Beirut in fiamme; Nur, beduina ricca e corrotta; Tamar, turca, volendo lavorare affronta l'intera comunità.
Scritto nel periodo quaresimale del 1598, è dedicato alla glorificazione di una pietanza quaresimale per eccellenza, l'aringa. Questo libello satirico elisabettiano è in realtà un'esilarante presa in giro degli encomia eroici rinascimentali; racconta infatti, con stile paradossalmente elevato, i benefici dietetici e sociali di questo piatto di magro, ma soprattutto ricostruisce l'origine mitica dell'aringa, metamorfosi dell'eroina alessandrina Ero. Attorno a questo nucleo narrativo, si dispiega una fitta rete di riferimenti alla vita sociale del periodo e alle battaglie letterarie, che costarono infine all'autore il sequestro di tutte le sue opere.

