
Concepite come annotazioni private, appunti sparsi in cui anche l'ordine cronologico viene a volte a mancare, le pagine del "Diario indiano" non vogliono essere la fedele registrazione di una vicenda autobiografica legata a un viaggio. Il viaggio naturalmente c'è, ed è quello compiuto da Allen Ginsberg nella penisola indiana tra il marzo del 1962 e il maggio del 1963, in compagnia dell'amico Peter Orlovsky e di Gary Snyder, anche loro poeti della Beat Generation; e ben avvertibile è anche la dimensione "on the road" del libro; ma molto più intenso è il lato introspettivo del viaggio, scandito dai tentativi di una presa di coscienza diretta e partecipata della vita indiana; l'autore cerca di immergersi nell'India, piuttosto che di conoscere l'India, che così diviene soprattutto il luogo ideale per un'esperienza spirituale. Assai lontano quindi dal poter essere letto come una cronaca o un reportage, il "Diario" deve la sua suggestione al fascino visionario che emanano le sue pagine, in cui le poesie "urlate" si alternano agli stati di allucinazione, le descrizioni cittadine alle trascrizioni dei sogni, le risposte laconiche dei guru agli smarrimenti dell'uomo messo di fronte all'insondabilità dello spirito e della morte. Ma, ancora di più, il libro trova misura, coesione e intensità entro i modi e i tempi della sua prosa uniforme e cadenzata, quasi scandita dal ritmo mentale di versi lunghissimi e ipnotici, fino a confondere se stessa e le poesie con cui si avvicenda in una sola lentissima musica.
Petra, il poliziotto più duro ed efficiente del distretto di Barcellona, s'è sposata, e contrasta la maliziosa innocenza dei figli del marito Marcos. Anche il vice Garzón s'è sposato, ma lui si sente oppresso dalle infinite attenzioni dell'impeccabile moglie. Perciò, giunge loro come un sollievo amaro questo caso. Un omicidio nel convento delle sorelle del Cuore Immacolato, reso ancor più scabroso dalle modalità in cui sembra avvenuto. Il cadavere di frate Cristóbal dello Spirito Santo è stato ritrovato accanto alla teca che custodiva il Beato Asercio de Montcada. E il corpo sacro, miracolosamente incorrotto, intorno al quale, da esperto di reliquie, lavorava l'erudito cistercense, è scomparso. A intorbidare le piste, deviandole al soprannaturale, vi è poi un enigmatico biglietto: "cercatemi dove più non posso stare". Davanti a Petra e a Garzón si squaderna un ventaglio contraddittorio di ipotesi fantasiose che devono malvolentieri verificare, in un ambiente odoroso di incenso ma alquanto reticente. E sono perfino tentati da una tecnica d'indagine deduttiva che è loro estranea. Ma presto il realismo s'impone: "faccio fatica a credere a ciò che esula dalla mentalità comune", e la coriacea detective e il suo aiutante dai modi spicci e dalle mille fisime, riprendono il metodo abituale, faticoso e di strada.
Vita Castellá giace cadavere nella stanza di un lussuoso albergo di Madrid, avvelenata con un caffè al cianuro. È stata la presidente della Comunità Valenciana. Amata e detestata, benefattrice e prepotente, ha dominato la città e la regione in una stagione segnata da una corruzione pervasiva e quasi proverbiale. La rete di potere che da lei si è estesa ha lasciato al suo ritiro una schiera di scheletri in moltissimi armadi. Della sua morte, le autorità, il capo della polizia, il ministro, vogliono far passare una versione ufficiale meno compromettente, un infarto che eviti «un casino di dimensioni stratosferiche». L'inchiesta di polizia è però inevitabile. L'idea brillante è di affidarla a degli investigatori inesperti e malleabili. Come Berta e Marta, due sorelle giovanissime appena uscite dall'Accademia di Polizia. Diverse l'una dall'altra come due fiocchi di neve, sono acute, ambiziose e sono donne, cioè con una emergente avversione per i maschi al potere. Vanno così per la loro strada di poliziotte determinate. Con un po' di rimorso «tacendo e mentendo» ai loro capi come questi fanno con loro due. E s'inerpicano in un'inchiesta che si svolge in una fascinosa Valencia. Poteri e misteri, false apparenze, vendette e rancori, altri spietati omicidi debbono svelare a poco a poco, anche con l'aiuto dell'affezionato addetto stampa della presidente, «Boro» Badía, un giornalista a cui il «partito» ha spezzato la carriera e ferito la dignità a causa del-le scelte sessuali. Le due creature di Alicia Giménez-Bartlett, le sorelle Miralles, Berta e Marta, sfidano lo stereotipo del detective tradizionale. Le ubbie, le paturnie, e i sogni propri di ogni ragazza risaltano nei dialoghi, e danno al mistero poliziesco la stessa quotidiana leggerezza che ha reso famosa l'ispettrice di Barcellona Petra Delicado. Quell'umorismo d'ambiente che ha tra i suoi scopi, come sempre nei romanzi dell'autrice, anche quello di affermare i diritti.
Nei mesi successivi alla pandemia, nella caratteristica plaza del Nord di Barcellona, si svolge la settimana gastronomica alla presenza di un certo numero di food truck, i camion ristorante che offrono cibo di strada o specialità culinarie delle più svariate regioni del mondo. Sull'evento piomba gelido un fattaccio di sangue. Christophe Dufour, cuoco francese nemmeno quarantenne che gestiva - con il suo socio spagnolo, Eduardo Castillo, detto Bob - un camion specializzato in gastronomia francese, è stato assassinato con due pugnalate. Petra Delicado, mentre sulla scena del delitto cerca di frenare il suo vice Fermín Garzón che accetta con entusiasmo tutti gli assaggi che gli vengono offerti dai possibili testimoni, prova a fiutare una possibile pista. Ma nulla, o poco, emerge del passato della vittima. I ragazzi del furgone accanto hanno visto la sera prima una bella donna francese dai capelli neri parlare con Christophe e fare molti acquisti. L'ispettrice si mette a caccia della donna misteriosa e scopre ben presto che la sua identità e quella dello chef sono false, i nomi veri riconducono a una rete di narcotraffico. Petra nel frattempo è tormentata dal sospetto di una crisi coniugale, ma non è il momento per mollare l'indagine. Percorrendo a ritroso le varie tappe del food truck di Bob e il suo socio, i due poliziotti si ritrovano nei paesi della Catalogna a rovistare nel sordido mondo degli stupefacenti tra bar squallidi, centri sociali loschi, negozi che funzionano da copertura. Con una tensione che non lascia il lettore fino all'ultima pagina, un doppio finale a sorpresa stravolgerà tutte le attese e lascerà letteralmente scossi.
Dalla scrittrice che ha creato il personaggio dell'ispettrice Petra Delicado, sei racconti di intensa dose di mistero e intreccio. Il primo racconto si apre sul cadavere di un'anziana prostituta che sembra una mascherata, «buttato lì come una vecchia bambola rotta; era perfino difficile provare pietà; tutto era così grottesco». È così che inizia anche negli altri racconti: un cadavere indefinibile, che adombra l'enigma di una realtà irreale, inverosimile, su cui si focalizza subito la procedura dell'indagine; decifrato il cadavere, poi a poco a poco si aprono squarci su ambienti al contrario apparentemente normali, famiglie ben messe, individui irreprensibili, vite tranquille. Racconta in prima persona Petra Delicado della polizia di Barcellona. E il modo in cui Petra parla e riferisce il suo procedere di poliziotta disegna, senza esplicite descrizioni, il personaggio: dall'antipatia che non nasconde per ogni cliché formale e beneducato, affiora il suo passato femminista e la gioventù radicale; dagli scambi fuori dai convenevoli con il suo vice Fermín Garzón, che punteggiano il loro ménage professionale, emerge il suo graffiante umorismo; dai silenzi al cospetto delle vittime, o di fronte ai motivi umani e disumani dei colpevoli fino a un minuto prima insospettabili, s'intuisce che è una donna sinceramente compassionevole, anche se l'instancabile tenacia nel tirare dritto la arruola da investigatrice donna nella scuola dei duri. La sua spalla Fermín, un alter ego, un Sancho Panza, un Watson, rappresenta l'immagine contraria di lei: il suo bofonchiare e obiettare, questa mano di commedia latina distesa su un poliziesco da giungla d'asfalto, nasce anche dal sospetto segreto, che certe volte sembra nutrire Fermín, che il proprio capo sia forse appena appena una poco di buono. Le indagini di Una poco di buono sono tutte già comparse, sparse in precedenti antologie pubblicate da Sellerio. Concentrarle assieme dà la compiuta idea della profonda impronta letteraria di Alicia Giménez-Bartlett, una scrittrice capace di costruire con la materia delle strade di città misteri opachi, per poi decostruirli facendo agire una galleria inesauribile di tipi presi dalla realtà.
Gli esordi dei detective di casa Sellerio: il primo caso sulla strada di Petra Delicado e il suo incontro con Garzón, Massimo e i vecchietti del BarLume tra pettegolezzi e briscole in cinque, il tormentato vicequestore Rocco Schiavone e la sua prima indagine sulla neve.
Una nuova storia per l'ispettore Petra Delicado, già protagonista di "Giorno da cani", "Messaggeri dell'oscurità", "Morti di carta". Cosa succede all'ispettore? In un momento di disattenzione si fa rubare la pistola. Situazione imbarazzante, tanto più che il furto avviene nella toilette di un locale pubblico e la colpevole è una bambina di otto anni. La ricerca della piccola armata precipita l'ispettore e il suo vice nel mondo dell'abuso sui minori. Bambini di strada, bambini sfruttati, figli di immigrati abusati o venduti sul mercato della pornografia. Per la prima volta Petra, a contatto con l'essenza stessa del male, sfiora la depressione e non riesce più a trovare conforto nella solitudine. Provvidenziale, un uomo rassicurante entra nella sua vita, con una caterva di figli nati da precedenti matrimoni. È una ventata di normalità per l'investigatrice mentre le indagini la trascinano verso il fondo più oscuro delle pulsioni umane.
L’aderenza alla realtà vissuta, pur nell’iperbole di ogni delitto e nella minuziosa originalità di ogni personaggio; i dialoghi tra Petra e il suo vice Garzón, miscela audace di umori tra Cervantes e Almodóvar; la complicità del lettore con tutte le complicazioni private dei due eroi; una comicità mai ovvia; un persistente disincanto; l’autentico, non ricercato, umorismo della battuta capace di arricchire di senso le situazioni narrative: sono gli elementi riconosciuti del successo dei polizieschi alla Petra Delicado.
Morti di carta
La vittima è un giornalista televisivo: uno di quei mezzi ricattatori che grufolano negli scandali. Petra e Fermín brancolano verso una soluzione che gli sfugge come in un labirinto di specchi che riflettono volti noti e deformati, mentre i cadaveri si moltiplicano.
Serpenti nel Paradiso
Al Paradís vive il jet set. Il borgo è insolito per un’inchiesta di Petra e il vice Fermín, abituati a delitti in contesti più andanti. Devono trovare l’assassino del giovane avvocato «primo in tutto», padre di una famiglia felice e senza ombra; cercano in quel paradiso il nido del serpente.
Un bastimento carico di riso
È morto un barbone, ucciso con ai piedi un paio di scarpe inspiegabilmente eleganti. Chi se ne incaricherebbe, se non Petra e Garzón? Lei si sente attirata da quel mondo parallelo di diseredati, «un territorio che esisteva anche dentro di lei»; Garzón la segue: e trovano altri mondi criminali.
Alicia Giménez-Bartlett (Almansa, 1951) vive a Barcellona. È la creatrice della serie dell’ispettrice Petra Delicado: un grande successo di lettori e considerata dai critici un’originale invenzione di poliziesco latino. Questo è il secondo volume della raccolta completa dei suoi gialli. Sellerio ha pubblicato gli altri suoi romanzi: Una stanza tutta per gli altri (2003, 2009), Vita sentimentale di un camionista (2004), Segreta Penelope (2006) e Giorni d’amore e inganno (2008). Nel 2006 ha vinto il Premio Piemonte Grinzane Noir e il Premio La Baccante nato nell’ambito del Women’s Fiction Festival di Matera. Nel 2008 il Raymond Chandler Award del Courmayeur Noir in Festival.
Nelly Boxall, la cuoca di Virginia Woolf, non ebbe mai una stanza tutta per sé; dovette condividerla per anni con la cameriera Lottie, peraltro sua amica. Il diritto ad averla quella stanza, - che la Woolf, pubblicando "Una stanza tutta per sé", eresse a condizione essenziale per una donna intellettualmente emancipata - è pervicacemente negato alle sue domestiche. Ma questa è solo una delle contraddizioni che segnano il lungo e tormentoso rapporto di Nelly con la sua signora, raccontato in questo libro di Alicia Giménez-Bartlett. La Bartlett racconta di come si sia appassionata alla vicenda di Nelly e di casa Woolf e, al resoconto delle sue ricerche sull'Inghilterra dell'epoca, alterna il racconto della cuoca così come viene fuori dalle pagine del giornale intimo che Nelly tenne per 18 anni (il tempo che rimase al servizio della scrittrice), riordinato e riempito grazie alla lettura comparata dei due diari, quello della cameriera e quello della signora.
Quattro donne in un labirinto senza uscita. Il laboratorio dell'esperimento è un chiuso residence messicano. Un villaggio in cui vivono in lussuoso isolamento le mogli degli ingegneri stranieri al lavoro in un grande cantiere. Paula, aspirante scrittrice e intellettuale, di umore scostante; Victoria, professoressa di chimica, intelligente e positiva; Susy, giovanissima americana segnata da un passato familiare traumatico e affamata d'affetto; Manuela, moglie sessantenne del capo, realizzata e sicura di sé con uno spirito protettivo da matrona. Piccole invidie, normali pettegolezzi, pretese e profferte di amicizia, sottili nevrosi, si incrociano e si scontrano come prevedibile e naturale. Ma un giorno una di esse si innamora del marito di un'altra. E scoppia una specie di reazione a catena, che investe, in una tempesta di sentimenti implacabili, ognuna di loro e ciascuno dei rapporti matrimoniali. Come se la scintilla di quell'amore irregolare fosse il lampo improvviso che illumina, per un attimo e per sempre, un paesaggio sconosciuto, fino a quel momento sepolto nella notte. Alicia Giménez-Bartlett si immerge impietosa nelle fragili personalità esposte allo stress di situazioni improvvise, insolite, che le scoprono indifese.
Exit è una villa di campagna immersa nella natura. Un giardino lussureggiante, stanze e saloni arredati con gusto, quadri antichi, candelabri sul caminetto, lucenti cassettoni sui soffitti. Qui, nell'annuncio abbagliante della calura estiva, uno alla volta arrivano gli ospiti. Due giovani donne: Clarissa, fragile e intensa; l'elegante Pamela, bella quanto caustica. Il finanziere Finn, uomo raffinato e colto, eccellente conversatore. La vedova Tevener, una signora con i capelli rossi allegra e sensuale. Il signor Ottosillabo, macchinista ferroviere, il poeta Léonard, capelli a spazzola e sguardo penetrante, sempre capace di provocare gli altri. In poco tempo diventeranno intimi e amici, pronti a vivere e a dissolversi nel gioco del destino e della passione. Gli ospiti sono stati accolti da due medici in camice bianco e dall'infermiera Matea, specializzata in psicologia, che prepara cene e pranzi squisiti. Sottili fette di roast beef, uova e salsicce, scintillanti frittate, teglie con pasticci di carne e formaggio, aringhe affumicate e cestini traboccanti d'uva. La musica accompagna il passare del tempo, tra canzoni tzigane e boleri, sonate al chiaro di luna e contagiose melodie jazz. Tutti insieme, gli ospiti, i medici e l'infermiera, condividono colazioni e banchetti, passeggiate, escursioni, chiacchiere e battibecchi.