
Scritto nel 1952, "Tutti i nostri ieri" è il 'pendant' romanzesco di "Lessico familiare": protagonista è una ragazza un po' al margine, che si tiene fuori dal gioco scrutando e registrando la realtà, che pare finga non saperne nulla ma che poi è l'anima, affettuosa e feroce, di tutto il nodo di sentimenti che intorno si svolge. Anche qui al centro della narrazione è la famiglia borghese italiana, il filo di sentimenti e di valori che riunisce generazioni e che la Ginzburg è brava a cogliere nella solida trama quotidiana di un vissuto fatto di piccoli, grandi avvenimenti.
Quarant'anni di vita italiana e una famiglia indimenticabile sono al centro di una straordinaria autobiografia che allinea una serie di personaggi famosi, da Filippo Turati a Cesare Pavese. Un libro unico, un ritratto di famiglia dell'Italia migliore che continua a incantare e divertire anche i lettori delle nuove generazioni.
Lessico famigliare è il libro di Natalia Ginzburg che ha avuto maggiori e piú duraturi riflessi nella critica e nei lettori. La chiave di questo straordinario romanzo è delineata già nel titolo. Famigliare, perché racconta la la storia di una famiglia ebraica e antifascista, i Levi, a Torino tra gli anni Trenta e i Cinquanta del Novecento. E Lessico perché le strade della memoria passano attraverso il ricordo di frasi, modi di dire, espressioni gergali.
Scrive la Ginzburg: «Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c'incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti, o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase, una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. Ci basta dire "Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna" o "De cosa spussa l'acido cloridrico", per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole».
In appendice la Cronistoria di «Lessico famigliare» a cura di Domenico Scarpa e uno scritto di Cesare Garboli.
La voce narrante del romanzo breve "Valentino" è Caterina, sorella del protagonista che dà il nome all'opera, una "esclusa" dalla vita eppura ansiosa di vivere. Destinato dalle fantasie paterne a diventare un professionista del successo, Valentino finisce invece ozioso e viziato marito di una donna vecchia e brutta, ma ricchissima, che lo mantiene, e legato da un'ambigua amicizia a un non più giovane inglese, fallito al pari di lui. A "Valentino" si aggiungono i romanzi brevi "Sagittario" e "La madre". Nuova edizione, con Notizie sul testo a cura di Domenico Scarpa, antologia della critica, bibliografia e cronologia della vita e delle opere.
Famiglia e Borghesia sono i due capitoli che compongono questo libro della Ginzburg scritto nel 1977, ora riproposto in una nuova edizione. Due storie di smarrimento e di crisi familiare in cui i personaggi che annodano e dipanano i loro destini sembrano trascinati da una casualità capricciosa che inventa incontri sorprendenti, amicizie scontrose, fragili amori, tenaci avversioni. Come avviene nelle sue pagine migliori, Natalia Ginzburg segue gli arabeschi di queste esistenze incrinate con uno stile distillato, in un sommesso ma implacabile controcanto che reinventa la musica banale e terribile della vita Nuova edizione a cura di Domenico Scarpa, con antologia critica e cronologia della vita e delle opere .
"In ogni pagina di questo libro c'è il modo di essere donna (di Natalia Ginzburg): un modo spesso dolente ma sempre pratico e quasi brusco, in mezzo ai dolori e alle gioie della vita... Tra i capitoli del volume si ricorda 'Ritratto d'un amico', certo la più bella cosa che sia stata scritta sull'uomo Cesare Pavese. E le pagine scritte subito dopo la guerra, che riportano con una forza più che mai struggente il senso dell'esperienza d'anni terribili (e sanno pur farlo, serbando, come 'Le scarpe rotte', un quasi miracoloso senso del comico). Poi, le prove (come 'Silenzio' e 'Le piccole virtù') d'una Natalia Ginzburg moralista, dove una partecipazione acuta ai mali del secolo sembra nascere dalla matrice d'un calore familiare. E soprattutto, perfetto capitolo d'una autobiografia in chiave obiettiva e ironica, 'Lui e io', in cui la contrapposizione dei caratteri si trasforma, da spunto di commedia, nel più affettuoso poema della vita coniugale." (Italo Calvino). L'edizione è corredata dal saggio di Domenico Scarpa "Le strade di Natalia Ginzburg" e da un apparato comprendente le Notizie sul testo, un'antologia della critica, una bibliografia e una cronologia della vita e delle opere. Prefazione di Adriano Sofri.
Ernesto e Dacia: una coppia sorretta da una fragile armonia. Ernesto insegna letteratura russa, è chiuso in un mondo che diventa via via più rigido mentre lo slancio della sua passione culturale si affievolisce nella malinconia. Nella sua vita un giorno irrompe Anna, una ballerina con un passato ingombrante e una forte attrazione per la letteratura russa. Mentre si consuma un'estate arroventata, ecco delinearsi sentimenti e stagliarsi figure, tra le quali quella gentile di Sonia, la sorella di Ernesto. Attraverso di lei, forse, passerà la salvezza o, forse, attraverso il tempo, quel tempo che salva e può salvare.
Una giovane documentarista italiana trapiantata a Parigi incontra, durante una trasferta di lavoro, Ramos, danzatore e attore brasiliano bellissimo e carismatico. Ha inizio una lunga storia d'amore, costellata di sfide. Per loro, riuscire a trovarsi nonostante le grandi distanze geografiche e culturali. Per lei, non solo fronteggiare la gelosia di parenti, allievi e attori colleghi di Ramos, tutti in diversa forma innamorati della magnetica natura di lui; anche venire accettata dal mondo delle sue radici il "ghetto" nero afrodiscendente di una favela, microcosmo chiuso nel quale con il passare del tempo, giovane donna gringa (bianca), sempre meno le riuscirà di trovare il proprio posto. Con passione e ostinazione, a dispetto di traiettorie di vita sempre meno convergenti, Ramos e la donna cercano di far sopravvivere il loro matrimonio. Ma parte della personalità di Ramos, tenuta nascosta a tutti (a lei per prima), rende via via più ansiosi e inafferrabili i suoi comportamenti. Un difficile e progressivamente sempre meno gestibile moltiplicarsi di pulsioni che a lui sarà fatale; e per lei, che era sua moglie, dolorosissimo enigma postumo. Intenso racconto che al dramma di una perdita improvvisa e violenta, al tragico apologo/epilogo dell'abissale rischio che una natura paga quando troppo si cela, oppone la sola consolazione possibile per chi resta: il cammino dell'accoglienza del cuore.
Maddalena, la maggiore, è timida, sobria, riservata. Nina, di poco minore, è bella e capricciosa, magnetica, difficile, prigioniera del proprio egocentrismo. Le due sorelle hanno costruito la loro infanzia e adolescenza intorno a un grande vuoto, un'assenza difficile da accettare. Ancora adesso, trent'anni dopo, cercano di colmarla con corse, lunghe camminate, cascate di parole e messaggi whatsapp che, da Parigi a New York, le riportano sempre a Roma dove la loro strana vita ha preso forma. È proprio a Roma che Maddi, da sempre chiusa nel suo carapace, decide di tornare, fuggendo dai ruoli che la sorella, prima, e la famiglia poi, le hanno imposto. Finalmente sola con sé stessa e con i suoi ricordi, lascia cadere le difese e rivivendo i luoghi del passato, inverte le parti e si apre alle sorprese che riserva la vita. Un romanzo intimo, femminile e pieno di luce.
La malìa è trappola e incanto, e di trappola e incanto la città di Salvador de Bahia sembra voler raccontare a chi se ne appassiona. È un'illusione faticosa, foriera di grandi dispiaceri, ma capace di rinnovarsi ogni volta che la si vorrebbe abbandonare. Un mondo che canta e balla quando vorrebbe piangere. Che sa ridere beffardo come trainasse sempre dietro di sé un gigantesco carro di carnevale. Una comunità nera, povera, che non si lascia mai, resta unita a dispetto di tutto, e una minoranza ricca, bianca, che vive il proprio maggior agio in solitudine e quasi in silenzio. Un mare che certe mattine è azzurro. Un aeroporto che si guarda dalla macchina pensando che si potrebbe non volare mai più, rimanere qui a vedere alternarsi la luce squillante, l'umido e la pioggia.