
Una madre disperata. Una figlia bulimica. Un dramma al femminile, appassionato e sincero, filtrato dalla terribile quotidianità di una malattia che corrode corpo e anima. La madre è costretta a vendersi, beffa del destino, a un grasso macellaio e ai suoi amici pur di pagare l'intervento dello psicanalista. La figlia, in un crescendo di alienazione e sadismo, si sfoga in un diario di confessioni tenere e implacabili. Una scrittura dal ritmo indisciplinato che indaga la perversità della malattia, la maternità afflitta dal senso di colpa, la sofferenza di sopportare la diversità in un mondo di uguali. Percorriamo le strade di un paese indifferente, sentiamo le voci maligne della gente, contando i passi della protagonista, tra la cucina e il bagno.
Tutto comincia con una terrifica profezia pronunciata in un salotto di Mosca alla vigilia della Grande Guerra da un certo Ananchin: ciascuno dei presenti avrebbe assistito alla propria rovina e a quella della Russia, ciascuno avrebbe trovato una morte atroce e uno di loro, la bella Wera, avrebbe messo al mondo un demonio. Vent'anni dopo il conte Chlodowski, che allora stava per sposare la donna, ha visto realizzarsi ogni cosa: il vecchio mondo è stato travolto, lui è ridotto in miseria e a nulla è valso che Wera rinunciasse alle nozze e si facesse suora: la guerra e la rivoluzione l'hanno strappata al convento e spinta nelle steppe dell'Asia dove, violata da un assassino, ha avuto quel figlio che Chlodowski cerca ora di tenere lontano da sé.
«'Il Re delle Due Sicilie', abbreviato nell'uso in 'Le Due Sicilie', era il nome di un reggimento di ulani dell'esercito austroungarico» scrive Sciascia in un'appassionata recensione a questo romanzo «e coloro che vi appartenevano erano "Sizilien-Ulanen", ulani siciliani». Al crollo dell'impero, quel reggimento non esiste più, e il colonnello Rochonville, cinque ufficiali e un sottufficiale sono i soli sopravvissuti. Ma durante un ricevimento nella Vienna decaduta del 1925 uno di loro, Engelshausen, viene trovato prono, la faccia rivolta al soffitto e il collo torto «come notoriamente fa il diavolo quando viene a prendersi qualcuno»: un enigma per i suoi compagni e per la polizia. Altre morti non meno misteriose e all'apparenza irrelate scuoteranno Vienna, e sempre a essere colpiti nei modi più sofisticati e bizzarri saranno gli ultimi dragoni del reggimento «Due Sicilie». Scambi di persona, avventurose vicende parallele, visioni apocalittiche: è il materiale principe per Lernet-Holenia, e lo si trova qui in una versione che spinge questi tratti all'estremo. Thriller di audace architettura e sapienti depistaggi, ora onirico e poetico ora intriso di nostalgia per un mondo inabissato, Due Sicilie ha per Sciascia «un che di labirintico, affascinante e insieme vertiginoso» - una sua «diabolica essenza». E sa calarsi «dentro una conoscenza del cuore umano, dentro introspezioni e descrizioni, di eccezionale acutezza e delicatezza», attingendo uno dei punti più alti dell'epos di Lernet-Holenia.
Appena si entra in un romanzo di Lernet-Holenia il mondo sembra diventare più leggero – e anche un po’ più pericoloso. O, almeno, più ricco di trappole. E tale percezione si fa più che mai intensa mentre ci lasciamo irretire da questa commedia dei travestimenti e degli equivoci che ha come sfondo le terre di Polonia dove si affrontano gli eserciti degli Imperi centrali e le armate dello zar. Braccato dai cosacchi, il giovane sottotenente Keller si trasforma nella bella Kasia, prima vaccaia e poi cameriera al servizio delle damigelle Łubieński. Ma sarebbe indelicato nei confronti del lettore anticipare le sue peripezie, impertinenti e sottilmente perverse. Basti dire che il sottotenente dovrà non solo sfuggire alla feroce caccia all’uomo scatenata dai cosacchi, ma anche, e soprattutto, rintuzzare gli assalti erotici di truci ufficiali zaristi e zotici mungitori ruteni – e dar quindi prova di virtù insieme militare e muliebre, con accrescimento simultaneo dell’eros e dell’avventurosità. E, infine, che intorno a Keller-Kasia si agita una turbolenta folla di comprimari: fanciulle astute e sensuali, traditori russi candidati al capestro e spiantati cacciatori di dote polacchi, tutti perfetti, come in un film di Lubitsch (con qualche elemento di von Stroheim).
Le avventure di un giovane ufficiale in Polonia, uscito per la prima volta a Berlino nel 1931, ha conosciuto varie trasposizioni, fra cui il film girato a Vienna nel 1935 da Gustav Fröhlich.
Chi è Jack Mortimer e perché, appena è salito su un taxi alla Westbahnhof di Vienna, qualcuno gli ha sparato uccidendolo sul colpo? E perché mai doveva salire proprio sul taxi del giovane Ferdinand Sponer, che ha già parecchi problemi - soprattutto quello di essersi perdutamente innamorato di una fanciulla troppo bella, troppo ricca e troppo aristocratica per lui? Anche lei, il giorno prima, era salita sul suo taxi, ed era stata come un'apparizione: «grandi occhi grigi sotto l'orlo di una veletta», «le spalle cinte da una stola di volpe» - e per di più, come aveva facilmente scoperto l'abbagliato tassista dopo averla accompagnata a casa, contessa. Nel corso di una sola notte, l'ignaro Ferdinand Sponer si trova preso in una girandola di peripezie iperbolicamente tragicomiche, nel corso delle quali, per liberarsi dell'ingombrante cadavere, sarà costretto ad assumere lui stesso l'identità del morto e ad affrontare, nella suite di un albergo di lusso, la donna che è stata la sua amante e il di lei furibondo marito. Ma questo è solo un minuscolo segmento della incontenibile trama. Rare volte il romanzo novecentesco è stato animato da un tale strepitoso ritmo, che obbliga il lettore a seguire passo per passo - e quasi attimo per attimo - una vicenda che è tanto più ossessiva quanto più imprevedibile.
"È un'opera di forte impianto avventuroso, un largo affresco storico, una palpitante storia d'amore. Il che basterebbe ad assicurargli l'interesse dei lettori un po' semplici, ma rendendolo sospetto di kitsch agli occhi dei critici più esigenti. Invece avviene un piccolo prodigio. Questa storia di una disfatta militare che è anche la fine di un impero (sul fronte balcanico, durante la prima guerra mondiale, le diverse etnie dell'impero asburgico sono già in lacerante tensione centrifuga), questa romantica sonata in cui la passione amorosa ha il dolce strazio del Tristano, perdono sensazionalismo grazie ad alcune caratteristiche capaci di galvanizzare: ...l'epos (un epos che, pur nella cornice di una guerra novecentesca, ha un respiro quasi arcaico), la fiaba (che come tutte le fiabe che si rispettino è mista di candore e malizia, di dolcezza e di crudeltà), la passione (passione per una donna, ma anche per l'avventura, il rischio, la cavalleria, la patria, la bellezza insidiata del mondo). Infine il lutto, questo padre della tragedia ma anche della catarsi. In questo caso, il lutto per un mondo intero che sparisce." (Italo Alighiero Chiusano)
In breve
Gilgul, nella Qabbalah ebraica, è il frenetico movimento delle anime vagabonde che ruotano intorno a noi quando la separazione dal corpo è dovuta a circostanze ingiuste o dolorose. Gad Lerner si addentra nel suo gilgul familiare seguendone le tracce da Beirut ad Aleppo, da Leopoli a Boryslaw, fino al confine tra Libano e Israele dove si riuniscono le molteplici nazionalità dell’autore.
Il libro
"Parto con delle vecchie fotografie color ocra, le più recenti furono scattate mezzo secolo fa. Nella mappa mentale che mi sono predisposto Beirut è mia madre, Boryslaw è mio padre. Un amalgama impossibile? Eppure è il mio mondo, e non solo il mio."
Gilgul, nella Qabbalah ebraica, è il frenetico movimento delle anime vagabonde che ruotano intorno a noi quando la separazione dal corpo è dovuta a circostanze ingiuste o dolorose. Tanto violenti possono essere i conflitti che attendono gli spiriti rimasti sulla terra, che la tradizione parla addirittura di “scintille d’anime” prodotte dalla loro frantumazione.
Con questo libro inatteso, di straordinaria intensità e autenticità, Gad Lerner ha deciso di addentrarsi nel suo gilgul familiare, nelle “scintille d’anime” della sua storia personale. Suo padre Moshé reca il trauma della Galizia yiddish spazzata via dalla furia della guerra, e mai davvero trapiantata in Medio Oriente. Dietro di lui si staglia enigmatica la figura di nonna Teta, incompresa e dileggiata perché estranea alla raffinatezza levantina della Beirut in cui è cresciuta Tali, la moglie di Moshé. Ma anche la Beirut degli anni Quaranta, luogo d’incanto senza pari, si rivela un recinto di beatitudine illusoria. Vano è il tentativo di rimuovere lo sterminio degli ebrei d’Europa e la Guerra d’indipendenza nella nativa Palestina: anche se taciuti, questi eventi si ripercuotono nella vicenda familiare generando malessere e inconsapevolezza. Le anime vagabonde nel gilgul reclamano di essere perpetuate nel riconoscimento, senza il quale non c’è serenità possibile.
Il racconto si snoda da Beirut ad Aleppo, fino alla regione ucraina di Leopoli e Boryslaw, lo shtetl in cui perse la vita gran parte dei Lerner, per concludersi sorprendentemente al confine tra Libano e Israele, presidiato dai soldati italiani, dove si riuniscono le molteplici nazionalità dell’autore. Così l’indagine sulla memoria e sui conflitti familiari si rivela occasione per un viaggio nel mondo contemporaneo minato dalla crisi dei nazionalismi, tuttora alla ricerca di convivenza armonica. Un itinerario attraverso nuove e vecchie frontiere che scava nel passato per rivelarne il peso sul presente. Una storia appassionante, felicemente sospesa tra biografia e reportage.
Gilgul, nella Qabbalah ebraica, è il frenetico movimento delle anime vagabonde che ruotano intorno a noi quando la separazione dal corpo è dovuta a circostanze ingiuste o dolorose. Tanto violenti possono essere i conflitti che attendono gli spiriti rimasti sulla terra, che la tradizione parla addirittura di "scintille d'anime" prodotte dalla loro frantumazione. Gad Lerner si addentra nel suo gilgul familiare, nelle "scintille d'anime" della sua storia personale. Suo padre Moshé reca il trauma della Galizia yiddish spazzata via dalla furia della guerra. Dietro di lui si staglia enigmatica la figura di nonna Teta, incompresa e dileggiata perché estranea alla raffinatezza levantina della Beirut in cui è cresciuta Tali, la moglie di Moshé. Ma anche la Beirut degli anni Quaranta si rivela un recinto di beatitudine illusoria. Vano è il tentativo di rimuovere lo sterminio degli ebrei d'Europa e la Guerra d'indipendenza nella nativa Palestina: anche se taciuti, questi eventi si ripercuotono nella vicenda familiare generando malessere e inconsapevolezza. Un'indagine sulla memoria e sui conflitti familiari si rivela occasione per un viaggio nel mondo contemporaneo minato dalla crisi dei nazionalismi. Una storia sospesa tra biografia e reportage.
CD Mp3, versione integrale. Un racconto appassionante felicemente sospeso tra biografia e reportage; un viaggio che porta Lerner da Beirut ad Aleppo, fino alla regione ucraina di Leopoli, per concludersi sorprendentemente al confine tra Libano e Israele. Letto da Gad Lerner.
Il libro
In questo racconto inatteso, di straordinaria intensità e autenticità, Gad Lerner si addentra nel suo Gilgul familiare, nelle "scintille d'anime" della sua storia personale.
Un racconto appassionante felicemente sospeso tra biografia e reportage; un viaggio che porta Lerner da Beirut ad Aleppo, fino alla regione ucraina di Leopoli, per concludersi sorprendentemente al confine tra Libano e Israele.
Specifiche
Formato: CD Mp3, versione integrale. Per ascoltare questo audiolibro è necessario un lettore Mp3.
Durata: 8 ore 4 minuti
Letto da: Gad Lerner
Tecnico del suono: Stefano Mariani
Studio di registrazione: Omnia - B - Milano
Immagine di copertina: Cartolina di Beirut in una elaborazione dell'ufficio grafico Feltrinelli
Progetto grafico: Internozero
Pubblicato nel 1840, "Un eroe del nostro tempo" è considerato una delle pietre miliari su cui si è fondata la grande costruzione del romanzo russo dell'Ottocento. Suddiviso in cinque storie, analizza con toni profondamente introspettivi la figura romantica e morbosa del giovane ufficiale Pecórin, personalità complessa nella quale si rispecchiano i tormenti esistenziali dell'autore, mirabile fusione di sangue caldo e mente fredda, tenerezza e brutalità, eleganza taciturna e spietata brama di dominio. Un eroe nel quale l'autore sostiene di aver racchiuso tutti i vizi della sua generazione, ma che è in realtà emblema della condizione eterna dell'uomo. E proprio in questo personaggio dai mille volti risiede il segreto del fascino di un romanzo dalla struttura straordinariamente innovativa, uno di quei libri da leggere e rileggere, che ha conquistato lettori di ogni nazione e secolo. Con uno scritto di Vladimir Nabokov.
Questo volume offre al lettore italiano la traduzione, sempre limpida e precisa a cura di Augusto Del Noce, dei testi di Lequier riuniti da Charles Renouvier nel 1865 sotto il titolo La ricerca di una prima verità. Il tema del libero arbitrio – nel suo paradossale rapporto con la creazione divina, la necessità naturale, il tempo – è stato così lucidamente scandagliato in questi testi da renderli dei classici del pensiero contemporaneo. L’introduzione premessa da Augusto Del Noce costituisce un vero e proprio libro su Lequier, che mira a risolvere un problema presente ad ogni studioso: la precisa collocazione della filosofia di Lequier nell’orizzonte storico del pensiero che lo precede, lo accompagna e soprattutto lo segue. Questa introduzione ha però un interesse più che storiografico, in quanto attraverso lo studio della filosofia del suo autore, Del Noce giunge a un chiarimento e a un giudizio su una posizione di pensiero tipica, il personalismo, e alla focalizzazione, nei suoi termini essenziali, del problema della libertà nei quadri di quello che egli chiama “spirito tradizionale”, di cui fu strenuo difensore.
È la fine del 1906 a Versailles quando un ragazzino di diciassette anni, che ne dimostra tredici e si guadagna da vivere come galoppino, si imbatte in Marcel Proust. Lo scrittore non ha nemmeno quarant'anni e nessuno immagina che diventerà il più celebre autore francese del Novecento, per ora è solo uno scrittore che si è rifugiato al Grand Hotel per stare in pace e dedicarsi ai suoi appunti, almeno fino al momento in cui il suo prezioso taccuino non scompare. Di Nöel, il protagonista di questa storia, non c'è traccia da nessuna parte, non viene mai citato e non esistono testimonianze, lettere o biografie che lo ricordino, eppure per molto tempo fu la compagnia prediletta da Monsieur Proust, il compagno di numerose indagini segrete e l'abile risolutore di enigmi complicati. Soprattutto si deve a lui la ricerca e il fortunato ritrovamento di un prezioso taccuino indispensabile per scrivere un certo romanzo... Tra malintesi, ricerche misteriose, pagine perdute e abilmente ritrovate, Pierre-Yves Leprince costruisce un romanzo che è al tempo stesso una detective story intelligente e pronta a spiazzare il lettore in ogni certezza, la storia di amicizia tra un genio del secolo scorso e un ragazzino che ha letto pochi libri ma ha occhio per i dettagli, e soprattutto è un omaggio appassionato e acuto all'autore della "Recherche" da parte di uno scrittore che conosce ogni piega dell'opera, della lingua e, come il protagonista di queste pagine, sembra capace di ridere e scherzare con un amico d'eccezione.