
Nel popolare quartiere fiorentino di San Frediano la chiamavano semplicemente "Clementina la pazza"; adesso giace senza vita sul pavimento della cucina del suo modesto appartamento. Pochi miserabili oggetti personali sono gli unici elementi a disposizione del maresciallo Guarnaccia per cercare di ricostruirne il passato. Non c'è traccia neppure di una qualche foto di famiglia che possa offrire un punto di partenza. La scoperta che qualcuno è interessato a quella morte e una visita all'ospedale psichiatrico di Firenze sono per Guarnaccia solo i primi passi per addentrarsi nel misterioso passato della pazza, e conducono il maresciallo ad eventi risalenti a più di un quarto di secolo prima che hanno cambiato per sempre la vita di molte persone...
Firenze; inverno 1999: Olivia Birkett, vedova del conte Brunamonti, ex indossatrice e adesso creatrice di moda di grande successo, viene sequestrata da una banda di sardi. Inizia il calvario della prigionia alla macchia, della paura, della perdita di identità, della confusione dei sentimenti. Affidate ai Carabinieri, si mettono in moto le indagini che, nei casi di sequestro, risultano tremendamente complesse: da un lato l'imperativo di non nuocere all'incolumità della vittima, dall'altro la paura, i dubbi, talvolta le reticenze della famiglia. Dei rapporti con la famiglia viene incaricato il maresciallo Guarnaccia, il quale avverte una indefinibile sensazione di sospetto: chi sono, davvero, Leonardo e Caterina, i figli di Olivia?
Omicidio, suicidio, o incidente? Quando una morte violenta colpisce una delle famiglie più antiche della città, l'unica versione accettabile è l'incidente. Il maresciallo Guarnaccia non crede né all'incidente né al suicidio, ma, non potendo mettersi contro la versione ufficiale, non può palesare apertamente i suoi dubbi. Ma i dubbi persistono, e dunque, invece di condurre le indagini in maniera ufficiale, deve affidarsi totalmente ai suoi personalissimi metodi. Dovrà, quindi, entrare in profondità nel mondo in cui il fatto è avvenuto. E si tratta di un mondo assai singolare: una nobildonna - la moglie del defunto - autoritaria e fascinosa; un antico palazzo abitato, oltre che dalla vedova, da un figlio invalido e inquietante e dai loro servitori.
Ferite. Traumi inflitti dall'uomo o dall'ambiente circostante. È così che nasce il legno di betulla più bello e ricercato: dallo sforzo del tronco di riparare se stesso, stagione dopo stagione, cicatrice dopo cicatrice. E di traumi non è certo privo il passato di Edvard, ritrovato appena treenne a chilometri di distanza dalla località della Somme in cui entrambi i genitori misteriosamente morirono. Da quel giorno Edvard è cresciuto con i nonni paterni in una piccola fattoria della Norvegia, non lontano dal bosco di betulle appartenuto allo zio Einar. Ma di Einar - fratello del nonno e fine ebanista inghiottito dalla violenza della Seconda guerra mondiale - Edvard sa poco o niente, come di tutta la sua complicata famiglia. Quando il nonno, taciturno e protettivo custode di troppi segreti, muore all'improvviso, ad attenderlo c'è una bara di legno pregiato. E se il feretro fosse opera proprio di Einar? Ansioso di dare risposta alle domande che da sempre lo assillano, Edvard parte per un viaggio che dai paesaggi collinosi del Gudbrandsdalen lo porterà fino alle isole Shetland e poi in Francia, sulle tracce dello zio e di una preziosa, inattesa eredità.
Comincia sotto la neve, questa storia. Nella stanza gelida di una casa di studenti. Con due ragazzi, diciannove, vent'anni, che si baciano su un materasso steso a terra. È a questa scena, venti anni dopo, che Rosy torna ossessivamente. Il suo più grande rimpianto. Poi un giorno, a Parigi, sotto un'altra nevicata silenziosa e abbagliante, rispunta il ragazzo di allora. E il loro amore, accudito così a lungo, cancella d'un tratto il tempo passato. Dopo il successo di 'Può sempre accadere', Julie Myerson torna con una storia di sentimenti raccontata con un tocca di segreta inquietudine femminile.
Appena uscito in Inghilterra il libro di Julie Myerson ha scatenato polemiche e reazioni presso l'opinione pubblica di tutto il mondo per la radicalità della sua scelta di madre e per aver deciso di raccontarla.
Questa è la storia. Mentre Julie Myerson sta lavorando alla biografia di una giovanissima pittrice ottocentesca morta a 21 anni di tubercolosi, la sua famiglia all'improvviso esplode.
Il figlio diciassettenne smette di andare a scuola, non risponde alle telefonate dei genitori, li minaccia e li deruba. Ben presto si capisce che la causa è un grave problema di dipendenza da cannabis, ma la famiglia non si perde d'animo e fa di tutto per aiutare il ragazzo. Quando però la situazione precipita e si passa alle violenze fisiche, la scrittrice e il marito decidono che per salvaguardare la famiglia e i fratelli più piccoli devono mettere il figlio, ancora minorenne, alla porta.
E alla fine la storia della giovanissima artista e quella del proprio figlio sembrano rispecchiarsi in una stessa terribile domanda: cosa accade quando un figlio scompare dalla nostra vita, che cosa sopravvive di noi e di lui nella nostra memoria?
Inghilterra, 1946. Nell'estate successiva alla conclusione della Seconda guerra mondiale, Robert, sedici anni, decide di trascorrere un periodo in piena libertà a contatto con la natura, prima di cominciare il lavoro in miniera cui è destinato. Dopo qualche giorno di cammino, diretto al mare, si imbatte nel cottage di Dulcie, una donna già avanti con gli anni, eccentrica, colta, burbera, accogliente. In cambio di lavori al capanno nel suo giardino - un capanno usato in passato da una misteriosa artista - Dulcie gli offre ospitalità. Quell'inattesa generosità segna l'inizio di un'amicizia improbabile ma saldissima, che cambierà il futuro già tracciato di entrambi. Al giovane Robert, le conversazioni con Dulcie apriranno un nuovo mondo, fatto di scambi sul cibo, sulla natura, sui viaggi e sull'importanza delle parole, soprattutto scritte. Presto, Robert si avvicina, come ci confida, «a essere me stesso e non la persona che fino ad allora avevo interpretato», mentre Dulcie prova a venire a patti con il suo passato, riscoprendo nuove ragioni di vita. Con "All'orizzonte" Benjamin Myers ci parla del potere della natura per la costruzione della personalità, della forza dell'amicizia indipendentemente dall'età anagrafica, dell'importanza della letteratura, e dunque della lettura, per l'interpretazione del mondo.
Il Tram 83 è il giardino delle delizie e l'allucinato epicentro della "Città-Paese", capitale di un imprecisato ma riconoscibile stato africano: prostitute di ogni età, musicisti scalcagnati, turisti a scopo di lucro, minatori alcolizzati e faccendieri carichi di soldi sporchi, stranieri in cerca di fortuna e locali in cerca di un diversivo alla miseria si incrociano e rimescolano nel bar a luci rosse più fornito - di bevande, divertimento e carne di cane - della città. È la frontiera africana, niente regole e l'imperativo categorico della sopravvivenza per tutti. Requiem, infaticabile maestro di traffici, e Lucien, scrittore spiantato e idealista in arrivo dall'entroterra, si rivedono dopo molti anni. Coinvolto negli affari loschi di Requiem, Lucien incontra un eccentrico editore e si avventura in un'impresa letteraria dagli esiti dubbi, in mezzo al carnevale esplosivo e disperato del Tram 83, dove le smanie e i gesti sono sfrenati come la corsa all'oro che ha messo a soqquadro il paese, e il vuoto è dietro l'angolo: "Questo è il Nuovo Mondo, ognuno per sé e la merda per tutti".
La sterminata e profonda produzione di Giovannino Guareschi non finisce mai di stupire. Difficile per chiunque riuscire a leggere tutto quello che questo fecondissimo e dimenticato autore ha dato alla letteratura italiana. Un uomo tutto d’un pezzo che anche oggi, per tutti, vale la pena conoscere più possibile, attraverso la sua opera, come attraverso la sua vita. Con questo breve saggio antologico, Walter Muto si accoda umilmente alla schiera di ben più illustri critici guareschiani (solo per citarne alcuni, Conti, Gnocchi, Gulisano, Palmaro, Torelli) e cerca di perseguire un duplice scopo: innanzitutto suscitare la curiosità dei lettori per un’opera ancora attuale, in quanto attinge e allo stesso tempo descrive il cuore dell’uomo. E poi, nondimeno, mettere in luce la vera radice del piccante, geniale ma sempre elegante e rispettoso umorismo di Guareschi. Attraverso gli scritti di Giovannino si arriva facilmente a dimostrare una semplice quanto profonda tesi: l’umorismo, quello vero, è cristiano.
GLI AUTORI
Walter Muto è fra gli autori dei saggi Help. Il grido del rock (Itaca, 2008), Cosa sarà. La ricerca del mistero nella canzone italiana (Itaca, 2009) e Amazing Graze. Canzoni e storie di gospel, blues, soul e folk music (Itaca, 2010). Dal 2003 è collaboratore fisso del mensile "Tracce" con una rubrica di approfondimento musicale. Saltuariamente collabora con le riviste on-line "Cultura Cattolica", "Il Sussidiario" e "La Bussola Quotidiana".
Dall'allestimento di una mostra e di uno spettacolo su Guareschi è nata l'idea di questo breve saggio.
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Abdul Bashur è l'alter ego di Maqroll il Gabbiere, protagonista della serie di romanzi che Mutis gli ha dedicato. In questo romanzo la sua figura balza in primo piano animando vari episodi in cui il personaggio può dare libero sfogo a tutti i suoi estri: la fantasia, l'intraprendenza, la temerarietà, il gusto provocatorio della sfida, l'astuzia e infine la coerenza che lo porta a morire in volo, di fronte al miraggio della nave ideale. Il filo conduttore del racconto è la ricerca inesauribile del supremo oggetto del desiderio, per sua natura irraggiungibile, la meta che vale il più grande dei sacrifici.