
Una classe d'asilo in visita al Salone del libro di Torino. Una baby-sitter romena appassionata di letteratura. Due coppie di genitori più o meno affannate, più o meno in crisi, più o meno felici nella giungla quotidiana, tra la routine del lavoro e le distrazioni del cuore. E, soprattutto, due bambini: Leone, che si chiama così per davvero, e Orso, che avrebbe un nome meno "feroce" ma non vuole essere da meno del suo amico. Leone e Orso non si conoscono fino a quando, proprio nella stessa mattina di caos e di carta, non si perdono entrambi tra gli stand della Fiera. E mentre le maestre, la tata e i genitori si mettono a cercarli tra i corridoi del Lingotto in un crescendo di preoccupazione, ai due dispersi si aggiunge Giulia, la fidanzatina di Orso. Questo bel "terzetto di evasi", ignorando i richiami, come in una meravigliosa avventura esplora i padiglioni e va alla scoperta delle sorprese che si nascondono tra le pagine dei libri, anche quelli dei grandi, anche quelli "senza figure". Perché i libri, a differenza degli adulti, non hanno mai fretta, non cambiano discorso nelle situazioni delicate, giocano con la fantasia e trovano le parole per ogni emozione. Una favola delicata e divertente che ci racconta quanto fitta è la trama che unisce la vita alla letteratura, quanto la poesia di una pagina può cambiare il senso della nostra piccola grande storia.
Il Gerbido Vecchio, da tempo immemore patria dei pacifici gerbilli, deve essere abbandonato: al suo posto sorgerà infatti un canile di lusso, e le ruspe sono già pronte a scavare e distruggere. Su consiglio dell'amico Gongolo, saggio nano da giardino, le piccole creature si mettono quindi in cammino per il Gerbido Nuovo, un luogo distante ma ospitale presidiato da Golem, spaventapasseri un po' burbero costruito e poi abbandonato da un bambino deluso di non aver vinto il primo premio in un concorso truccato. Ma quando, dopo mille avventure e non pochi contrattempi, raggiungeranno la terra promessa, per i coraggiosi gerbilli la sfida più grande sarà appena cominciata. Una storia fitta di echi letterari e di giochi di parole ma in superficie liscia e spensierata.
Dopo una gioventù on the road, Rossana è diventata una gatta "condominiale": ha trovato rifugio in un cortile torinese, insieme ai suoi cuccioli, coccolata dalla portinaia Aurora e dalla vedova Esposito. A scombussolare le sue giornate ci pensa Ramon lo sciupagatte, bellissimo e fiero, con il brillio dei suoi occhi verde-semaforo e il sorriso abbagliante a ventotto denti. Compagno infedele e padre decisamente assente, una mattina, prima di sparire del tutto, Ramon le confida il suo segreto: è un discendente del mitico gatto del Cheshire - lo Stregatto di "Alice nel paese delle meraviglie" - e ha ereditato il potere di rendersi invisibile, o quasi... Rossana dovrà scegliere tra i loro cuccioli l'erede giusto, trasmettergli il segreto e soprattutto imporgli di portare a termine il Compito. Inizia così l'avventura di Ruggine, catapultato verso il Nord contro la sua volontà, alla ricerca del luogo in cui dovrà assolvere l'importante missione. Tra mille peripezie e pericoli di ogni sorta, incontra Odradek, la strana creatura letteraria balzata fuori da un racconto di Kafka e, da quel momento, suo inseparabile compagno d'avventure. Attraverso l'esaltante scoperta della letteratura, e qualche incontro inaspettato, Ruggine e Odradek affronteranno un vero e proprio viaggio nella complessità del mondo, in cui il calore dell'amicizia sarà la vera rivelazione.
"Ogni volta che penso a mio fratello, il cuore mi sanguina come una melagrana scoppiata" esordisce la protagonista del racconto che da il titolo al volume, e per cercare di dimenticarlo del tutto, si immerge "nel ricordo della sua quieta camera di ospedale". Quella stanza, in cui il ragazzo ha trascorso alcuni mesi prima di morire "assurdamente giovane", era un luogo "perfettamente ripulito dalla sporcizia della vita". A poco a poco sorella e fratello si rinchiudono nel mondo a parte della stanza, che pare impermeabile alla corruttibilità della materia organica, e dove regna l'asettica purezza dell'assenza di cibo, dell'assenza di odore. Ed è come se assaporassero la "serenità perfetta che si prova all'inizio di una storia d'amore". Anche nel secondo racconto a un mondo "di fuori" si contrappone un mondo "di dentro": quando è costretta a portare la nonna - "chiusa in una realtà tutta sua" - in un ospizio per vecchi, una "scatola bianca ... piena di buone intenzioni" chiamata Nuovo Mondo, la ragazza Nanako si sente "murata viva" nel piccolo appartamento che per anni ha diviso con lei, e comincia a chiedersi quale sia ora il suo, di mondo, e se ci sia una realtà oltre a quella che le sta "crescendo dentro".
Una nonna precipita nell'oblio della vecchiaia cancellando dalla memoria dapprima la figlia e poi la nipote, e chiudendosi nel castello inattaccabile di chi si approssima alla fine. Niente sembrerebbe destarla alla vita, né il cibo né le premure dei familiari. Un giorno, però, la nipote le porta una granita gelata, un piccolo gustoso monte Fuji identico a quello assaporato qualche anno prima a un chiosco non lontano da casa, e allora la nonna ritrova un guizzo di gioia e vitalità. Una donna gravemente ammalata decide di dedicare i suoi ultimi giorni a insegnare alla sua bambina come preparare un buon misoshiru, la zuppa di miso, la pasta di soia fermentata servita in una ciotola di brodo denso. Ha promesso al marito di preparargli ogni giorno l'adorato piatto e non vuole che, dopo il suo congedo dal mondo, un'altra donna, estranea alla famiglia, assolva quel compito. Una coppia alla vigilia della separazione si reca nella penisola di Noto per un'ultima cena. Il tipico aroma speziato dei funghi matsutake, il sashimi di cernia macerata con alga konbu e un bel po' di sake fanno dileguare per un istante rimpianti e tristezza dell'addio. I personaggi del nuovo libro di Ito Ogawa celebrano quasi tutti degli addii - il congedo dal mondo, dagli affetti più intensi, da un lungo rapporto d'amore, dai luoghi più cari - in compagnia di un cibo. Per un breve fugace momento, il cibo lenisce la crudeltà dell'addio e restituisce piacere della vita e le gioie del palato.
Ringo, una ragazza che lavora nelle cucine di un ristorante turco di Tokyo, rientra una sera a casa con l'intenzione di preparare una cena succulenta per il suo fidanzato col quale convive da un po'. Con suo sommo sgomento, però, scopre che l'appartamento è completamente vuoto. Niente televisore, lavatrice, frigorifero, mobili, tende, niente di niente. Spariti persino gli utensili in cucina, il mortaio di epoca Meiji ereditato dalla nonna materna, la casseruola Le Creuset acquistata con la paga del suo primo impiego, il coltello italiano ricevuto in occasione del suo ventesimo compleanno. È, soprattutto, sparito il fidanzato indiano, maître nel ristorante accanto al suo, un ragazzo con la pelle profumata di spezie. Lo choc di Ringo è tale che resta impietrita al centro della casa desolatamente vuota, la voce che non le esce più dalla bocca. Decide allora di ritornare al villaggio natio, dove non mette più piede da quando, quindicenne, è scappata di casa in un giorno di primavera. Là, appartata nella quiete dei monti, matura il suo dolore. Una mattina, però, osservando il granaio della casa materna, Ringo ha un'idea singolare per tornare pienamente alla vita: aprire un ristorante per non più di una coppia al giorno, con un menu ad hoc, ritagliato sulla fisionomia e i possibili desideri dei clienti.
La pioggia cessa e il cielo diventa sereno all'improvviso, mentre qualche goccia continua a cadere. L'erba di un verde sfolgorante accarezza i piedi nudi di una bellissima fanciulla dai lunghi e lucidi capelli neri. Fin dalla sua prima giovinezza Kenzaburo Oe è rimasto incantato dalla scena di questo film. Ma quello che più l'ha folgorato è stata lei, Sakura, attrice al suo debutto di fronte alla macchina da presa. La ragazza è poi diventata una stella del cinema hollywoodiano, specializzata nel ruolo di bellezza orientale, acclamata e adorata da registi e produttori famosi. Molti anni sono passati. Le proteste politiche degli anni Settanta a favore dei diritti dell'uomo stanno infiammando le piazze e le aule universitarie giapponesi. Sakura è ormai un'affermata artista internazionale, sposata a un professore di letteratura americano. Ma il Giappone e le cupe foreste dello Shikoku le sono rimaste nell'anima, insieme al desiderio di celebrarle in un film che la veda insieme protagonista e produttrice. Grande è la sorpresa di Kenzaburo Oe nell'apprendere che è proprio lui, scrittore emergente, che la donna vuole come sceneggiatore della pellicola, ispirata a un famoso romanzo di Heinrich von Kleist. Un impegno prestigioso e lusinghiero, ma che diventa invece una discesa agli inferi per tutti coloro che vi lavorano. Prima fra tutte Sakura, che è costretta a fronteggiare i fantasmi del suo passato.
È mattina presto e la luce dell'alba deposita minuti pulviscoli dorati sugli scaffali robusti dello studio dell'anziano Kogito, uno scrittore famoso in tutto il Giappone. L'uomo sta guardando il contenuto di un'enorme e vecchia valigia: centinaia di audiocassette, tutte registrate dal suo più vecchio e caro amico, Goro, famoso regista e fratello di sua moglie. Goro gli ha spedito la valigia pochi giorni prima, accompagnata da un messaggio ermetico. E poco dopo Kogito è venuto a sapere che l'amico si è tolto la vita. Senza lasciare scritto nulla, senza un perché. Kogito cerca una spiegazione proprio nella voce di Goro che ha affidato le sue ultime parole a quei fragili nastri. Parole che portano l'anziano scrittore in Germania, alla ricerca di una donna enigmatica che ha conosciuto Goro e che custodisce un libro misterioso. Un libro che parla di un'antica leggenda, la storia di un bambino scambiato, e che è legato a doppio filo a un avvenimento di molti anni prima e che ha sconvolto la vita di un'intera famiglia. Ma è tra le brumose foreste del sud del Giappone che si nasconde la verità sul segreto che Goro ha custodito per decenni nel suo cuore. Ed è lì che Kogito deve trovare il coraggio di tornare. Kenzaburo Oe, premio Nobel per la letteratura, ha definito questo romanzo il più importante della sua vita.
Augusto, italiano giramondo, funzionario della Banca Mondiale, era sposato con Michaela, americana dai capelli biondo-rossi. Il loro figlio Lorenzo cresceva bello e intelligente fra l'Africa e gli Stati Uniti, la vita era una cosa meravigliosa. A sei anni però Lorenzo inizia a mostrare degli strani sintomi: è aggressivo con gli altri bambini, non riesce a tenersi in equilibrio sulla bicicletta, non sente bene quando la madre gli legge le favole. La diagnosi dei medici non lascia scampo: "Adrenoleucodistrofia... un disordine neurologico... la progressione è molto rapida... non sopravvivono per più di due anni... mi dispiace, nessuna cura". Ma Augusto e Michaela non si rassegnano, non si arrendono. Decidono di sfidare la medicina ufficiale e il pensiero comune. Lui non sa niente di biologia, ma si inventa ricercatore. Contatta tutti gli esperti mondiali, passa i giorni e le notti in biblioteca a studiare. Poi l'illuminazione, la scoperta: un derivato dell'olio d'oliva in grado di bloccare la malattia del figlio, e di salvare tutti gli altri bambini a cui viene diagnosticata. I giornali di tutto il mondo parlano del miracolo dell'Olio di Lorenzo, e Hollywood gli dedica un grande film con Susan Sarandon e Nick Nolte. Adesso che Michaela è morta, che anche Lorenzo se n'è andato (più di vent'anni dopo la previsione dei medici), Augusto è tornato nella sua Italia e ha deciso di raccontare tutta la sua storia.
La città di Napoli è all'alba di una nuova stagione politica che genera entusiasmi e grandi aspettative. Merito anche del nuovo, dinamico sindaco appena eletto. Tre suicidi molto sospetti, però, scuotono uno dopo l'altro i palazzi del potere e i salotti dell'alta borghesia: e tutte e tre le vittime vengono trovate impiccate. Il questore chiede aiuto a due consulenti molto particolari: l'avvocato Agatino Dell'Aquila, notissimo in città, e un suo giovane ed eccentrico amico di origini siciliane, Pietro Maiorana di Altomonte, professore di Matematica all'università. Intorno ai due investigatori, occasionali ma tutt'altro che improvvisati, ruotano personaggi di una città aperta e internazionale - come l'affascinante fidanzata giapponese di Pietro Maiorana - ma anche figure tipiche della Napoli più tradizionale e immobile. Tutti impegnati in una spietata lotta per il potere, che ha come campo di battaglia i cantieri delle grandi opere e delle archistar, e che porta alla luce le diverse anime, parallele e intrecciate, che coesistono da sempre in una città perennemente in bilico tra la magia e la ragione. Solo la matematica, con le sue ardite ipotesi e la sua stringente coerenza, potrà fermare la serie di morti che si stringe come un cappio intorno alla città.
Ci sono storie delle quali non potremmo mai fare a meno, storie che ci appartengono come un nome, un destino. Per Natalia, giovane medico in un Paese balcanico uscito dalla guerra, a contare soprattutto sono le storie che le raccontava suo nonno: quella misteriosa di Gavran Gailé, il mitico uomo senza morte; e quella della tigre di Galina, giunta in montagna dallo zoo della Città bombardata a terrorizzare o a sedurre le persone che incontra. E adesso che il nonno se ne è andato - andato a morire lontano da tutto e da tutti in uno sputo di villaggio di là della frontiera - tocca a Natalia provare a far luce sul mistero dei suoi ultimi giorni. E insieme riavvolgere il filo di quelle storie, per ritrovare finalmente il bandolo, doloroso e irrinunciabile, della memoria. "L'amante della tigre" segna l'esordio di una narratrice nata, capace di raccontare, con tocco leggero e una scrittura sensibile alle minime vibrazioni della realtà, cosa vuol dire vivere e crescere in un Paese che ha attraversato la follia e l'orrore della guerra civile. In corso di traduzione in 23 Paesi, "L'amante della tigre" ha conquistato la critica e scalato le classifiche internazionali, proiettando la sua autrice - la più giovane vincitrice nella storia dell'Orange Prize inglese - al centro della scena letteraria mondiale.
«La sera la mamma mi domandò che cosa avevo fatto durante il giorno. Le raccontai che ero stato insieme ai ragazzi più grandi. Mi domandò se mi prendevano così senz'altro con loro e io le spiegai che ora sì, mi prendevano con loro, perché avevo superato al prova. Ero stato all'osservatorio. Lei mi domandò che cos'era, un osservatorio. Risposi che lo sapeva benissimo, che lì c'erano i cadaveri e che sapeva anche benissimo che mio padre era stato gettato sopra gli altri cadaveri e che non aveva neppure un lenzuolo e io avevo detto ai bambini che ne aveva sì uno, mentre avevo visto benissimo che non ne aveva. Mi misi a strillare che lei era matta a lasciare che lo buttassero così sugli altri cadaveri senza lenzuolo e che non mi aveva neppure raccontato che era stato portato via dalla baracca dell'infermeria e che io volevo andare almeno a salutarlo un'ultima volta e che lei era stata cattiva e che era colpa sua se era lì così nudo sopra i cadaveri».