
In un futuro imprecisato ma spaventosamente vicino, gli uomini hanno costruito rifugi sotto l'oceano per ripararsi dalla forza assassina della luce del sole. E negli abissi hanno scoperto una specie nuova, cosi favolosa e leggendaria da volerla subito imprigionare. Le sirene sono feroci e bellissime donne del mare: hanno capelli azzurro vivo, capezzoli verdecupo, il muscolo della coda capace di spezzare in un istante la schiena del maschio. Scoprono piccoli denti perlati e affilatissimi quando schiudono le labbra per emettere il loro richiamo, un canto che fa impazzire i cani - e forse anche gli uomini. Un'atmosfera sospesa e sensuale domina questa favola nera: la scrittura di Laura Pugno ha una potenza incantatrice, capace di coniugare visioni apocalittiche e inquietudini del nostro presente in un unico, ipnotico racconto di amore e di morte.
"Tessa aprì la porta sul buio del bosco": così comincia "La ragazza selvaggia", e davvero il quinto romanzo di Laura Pugno è tutto uno spalancarsi di porte sul buio: sul buio del bosco; sul buio del dramma della famiglia Held - la madre alienata dopo la sparizione della figlia adottiva Dasha e l'incidente in seguito al quale Nina, la gemella, vive in stato vegetativo; sul buio di Nicola Varriale, il cui padre generoso ed entusiasta - socio di Held in affari con la riserva naturale sperimentale di Stellaria - si è gettato ubriaco dal balcone; sul buio, finalmente, della protagonista Tessa, biologa, che vive in un container ai margini della riserva conducendo osservazioni e studi: una donna che ormai "abita la solitudine come un altro corpo". A lei toccherà la sorte di ritrovare casualmente Dasha, vissuta anni nel bosco e ormai del tutto selvaggia. Ci interroga, questo romanzo che può essere descritto come una storia di revenant, o il racconto d'un groviglio di vite umane osservato con una compassione senza lacrime. Ci interroga su che cosa è - attorno a noi, in noi - ciò che chiamiamo "natura"; sui confini tra l'umano e l'animale; sul senso di legami familiari frutto di scelte, o del caso, e non della carne.
Ajatashatru Lavash Patel, un indiano di professione fachiro che vive di espedienti e trucchi da quattro soldi, si sveglia un mattino e decide che è giunto il momento di comprare un nuovo letto di chiodi. Apre il giornale e trova una promozione davvero vantaggiosa: un letto di chiodi (ben 15000 per l'esattezza) in offerta a 99,99 euro. Un prezzo incredibilmente conveniente, specie se si ha l'intenzione di pagarlo con una banconota falsa. Il mobile è firmato Ikea e si trova soltanto nei punti vendita di Parigi. Ajatashatru si agghinda per l'occasione indossando uno sgargiante abito di seta lucida (con cravatta), mette il suo turbante migliore e parte con destinazione Parigi Charles de Gaulle. All'aeroporto sale su un taxi guidato dallo scaltro gitano Gustave che tenta di truffarlo, per restare però a sua volta truffato, e arriva all'Ikea. Incantato dalla sapienza espositiva del megastore svedese, e dalla magia infinita delle sue porte scorrevoli, Ajatashatru decide di prendersela comoda e trascorrere la notte a curiosare, ma l'arrivo di una squadra di commessi lo costringe a nascondersi dentro un armadio. Peccato che al mattino proprio quell'armadio debba essere imballato e spedito in Inghilterra. Per il candido fachiro è l'inizio di un'avventura fatta di incontri surreali - dalla bellissima attrice Sophie Marciò al saggio clandestino Wiraj -, inseguimenti, fughe e inimmaginabili peripezie che lo porteranno in giro per l'Europa e il Nord Africa.
Il racconto di un coraggioso addio, ispirato alla vera storia dell'autrice, cresciuta nella comunità religiosa dei Testimoni di Geova. "Sei sempre stata un faro per la nostra famiglia", le ripeteva sua madre. Alessandra, però, seconda di cinque figli, non voleva portare luce, voleva che qualcuno illuminasse la strada per lei e rispondesse alle sue domande di bambina. Cresciuta sotto la rigida disciplina dei Testimoni di Geova, ha sempre cercato di soddisfare le attese dei genitori e di non creare problemi. Così, fino a ventinove anni, non ha mai partecipato a un compleanno né spento una candelina. Non ha ascoltato la musica che ascoltavano i suoi coetanei né letto libri non approvati in comunità. E anche l'amore, quando l'ha incontrato, è stato subito sacrificato. Dopo aver sposato Federico, un uomo più grande scelto per lei all'interno dei Testimoni, Alessandra da figlia devota diventa moglie devota. Ma quando scopre di essere incinta qualcosa dentro di lei cambia. Non può più ignorare i propri desideri e per i suoi bambini vuole essere migliore: loro devono avere la libertà che a lei è sempre stata negata. Inizia così il coraggioso atto di allontanamento dalla comunità, un percorso di ricostruzione di sé stessa che stravolge il suo destino e quello delle persone che ama. Al suo esordio nella narrativa, Martina Pucciarelli scrive un romanzo potente ed emozionante, con il quale si inserisce tra le scrittrici contemporanee che hanno saputo trasformare la propria biografia in letteratura, come Tara Westover nel suo "L'educazione" e Deborah Feldman in "Unorthodox". Il Dio che hai scelto per me è una storia intima e dolorosissima, fatta di privazioni, abusi e violenza, ma anche un libro impregnato di una forza straordinaria che ci mostra come il coraggio di cambiare nasca sempre da una forma altissima di amore, in questo caso da quello puro e incondizionato di una madre.
Renata Pucci Di Benisichi, docente universitaria, traduttrice, giornalista siciliana e nobildonna, raccoglie in questo volume gi scritti apparsi sulla sua rubrica del principale quotidiano di Palermo: le analisi dei modi di dire, le storpiature della lingua, usati inconsapevolmente dai siciliani come se fosse l'italiano corretto, variazioni a metà tra l'aneddoto e l'antropologia che diventano, attraverso l'esame divertito dei dialettismi correnti anche tra i parlanti colti, critica di costume, tagliente, ironica, ma divertente e affettuosamente partecipativa.
Un vecchio cuoco tossico uscito da un libro d'avventure, uno stasatore di cessi innamorato della lirica e un anziano attore shakespeariano lobotomizzato, con un corredo di giovani assistenti dediti a piccoli crimini e decisi a sopravvivere in ogni modo a mille guai. Questa è la banda che condivide vita, avventure e lavoro con un italiano emigrato in Inghilterra. Altro che 'cervelli in fuga': qui si parla dei sotterranei, dalle pulizie dei bagni a Bristol a una mensa scolastica nel Dorset, fino a una pizzeria di turchi che si fingono napoletani. Sullo sfondo la Brexit e una classe operaia impoverita che cerca il proprio orgoglio. Tra risse, birre e calcio, personaggi di vecchi romanzi si rincarnano nelle cucine d'Oltremanica mentre il fantasma della Baronessa Thatcher perseguita il protagonista. Fino al ritorno in un'Italia dove le acciaierie di Piombino, quelle delle rotaie di 108 metri, rimangono come torri arrugginite a sfidare il cielo terso della Toscana.
Prudenzio, nato a Calagurris, in Spagna neL 348 d.C., fu avvocato e governatore della provincia ed è considerato il poeta più rappresentativo della lelteratura cristiana latina. La "Psychomachia", ispirata alle scene belliche dell'Eneide, narra l'allegorica battaglia tra vizi e virtù per il possesso dell'anima umana.
"Parigi, 1906. Un uomo decide di impegnarsi in un'impresa folle: la ricerca del "tempo perduto". Il risultato non sarà una seconda vita ma un libro, in sette volumi, intitolato appunto "alla ricerca del tempo perduto". Marcel Proust si congeda anzitempo dalla vita per riabbracciarla tutta intera in un grandioso romanzo. Una tattica suicida, direte voi. Sì, gli scrittori sono un club di suicidi, ma la vita è quella scemenza in cui tutto il mondo perduto della giovinezza, a volte, può riemergere d'un tratto nel sapore di un biscottino inzuppato nel tè. E allora, un romanzo, solo un grande romanzo può raddrizzare questo "perpetuo errore che è esattamente la via"." (Antonio Scurati)
"A confronto con l'opera di Proust, quasi tutti i romanzi che si conoscono sembrano dei semplici racconti. Alla ricerca del tempo perduto è una cronaca ricavata dal ricordo: nella quale la successione empirica del tempo è sostituita dal misterioso e spesso trascurato collegarsi degli avvenimenti, che il biografo dell'anima, guardando all'indietro e dentro di sé, sente come l'unica cosa vera. Gli avvenimenti passati non hanno più potere su di lui, ed egli non finge mai che quanto da tempo è accaduto non sia ancora accaduto, e che non sia ancora deciso quanto da tempo è deciso. Perciò non c'è tensione, non c'è acme drammatico, non c'è assalto e scontro, ne susseguente soluzione e pacificazione. La cronaca della vita inferiore scorre con armonia epica, poiché è soltanto ricordo e introspezione. E la vera epica dell'anima, la verità stessa, che qui irretisce il lettore in un dolce, lungo sogno in cui egli soffre molto, ma soffrendo gode anche la libertà e la pace; è il vero pathos del decorso delle cose terrene, quel pathos che sempre scorre, che mai si esaurisce, che costantemente ci opprime e costantemente ci sostiene." (Erich Auerbach)
Nel 1906 esce in Francia la traduzione proustiana di Sesamo e gigli di John Ruskin, accompagnata da una prefazione - Sulla lettura - nella quale Proust, prendendo le distanze dalle teorie del critico inglese, rende presente la sua idea di lettura, offrendoci un primo assaggio di quel peculiare stile di scrittura che troverà la sua massima espressione nella Recherche. Queste pagine, tra le più affascinanti che siano state dedicate all'attività di leggere, sono presentate insieme a un articolo, Giornate di lettura, pubblicato su "Le Figaro", dove - a dispetto del titolo - è un altro il magico oggetto in grado di evocare presenze e atmosfere assenti, il telefono, dispositivo all'epoca ancora estremamente raro e d'élite. È un piccolo esempio di scrittura mondana e d'occasione, un divertissement nel quale, tuttavia, traluce la capacità affabulatoria, ironica e ammaliante del primo Proust. Prefazione di Emanuele Trevi.
La comunione con l'universo misterioso della pagina scritta è sempre carica di ricordi. E Proust, maestro della rievocazione, fa di questa esperienza un racconto perfetto, in cui la felicità infantile della lettura e la benedizione adulta della memoria, custodita tra le pagine di un libro letto in anni lontani, si rivelano nella loro maestosa dolcezza. Ma leggere è anche indissolubile compagno dello scrivere, per il quale costituisce un'essenziale palestra di umiltà e libertà: così, un giorno, all'attenzione silenziosa del lettore corrisponderà la purezza profonda dello scrittore.

