
Il viaggio alla scoperta della Divina Commedia, per i ragazzi e per chiunque ha conservato lo sguardo di un bambino, arriva al compimento. Dopo i primi due volumi dedicati a inferno e Purgatorio, ecco il Paradiso: la cantica solitamente bollata come "astratta" e "disincarnata" si rivela invece, nella lettura che ne fanno Nembrini e Recalcati, come una progressiva scoperta di quanto può essere libera e lieta la vita vera, sulla Terra, quando è vissuta secondo il disegno che Dio aveva nel crearla. Età di lettura: da 11 anni.
Una squadra di ricercatori della Numa sta raccogliendo dei campioni nell'oceano Indiano, per indagare su alcune anomalie riscontrate nella temperatura dell'acqua, quando uno degli studiosi nota una chiazza scura e densa sulla superficie. Sembrerebbe petrolio, ma stranamente non viene rilevata dagli strumenti di bordo. Poco dopo, come un'orda di formiche assassine, la misteriosa sostanza avvolge improvvisamente il catamarano mandandolo a fuoco, senza lasciare scampo all'equipaggio. L'imbarcazione, distrutta dalle fiamme, viene avvistata alla deriva qualche giorno dopo. Dirk Pitt, direttore della Numa, insospettito dalla dinamica dell'incidente, chiede a Kurt Austin di far luce su quello che è successo. Quando arriva sul luogo del disastro insieme a Joe Zavala, suo immancabile braccio destro, Austin si trova di fronte a un'agghiacciante scoperta sulla natura della sostanza letale. Ben presto emerge un collegamento tra l'incidente e un piano, ordito da un nemico invisibile, che minaccia di alterare il clima dell'intero pianeta. Un disegno diabolico che, se portato a termine, potrebbe provocare la morte di milioni di persone e la scomparsa di intere zone del mondo. Mentre il tempo scorre inesorabile verso la catastrofe, Austin si imbatte in un'isola abitata da un'oscura setta...
Pubblicato per la prima volta nell'almanacco "Nedra (Mosca, 1925), il romanzo breve "Uova fatali", narra le vicende di Vladimir Ipat'evic Pérsikov, uno geniale scienziato che scopre un raggio misterioso in grado di moltiplicare l'attività della sostanza vivente, ma che rimane vittima della propria scoperta, lanciata in un mondo oppresso da una burocrazia asfissiante e disumana, nella quale non è difficile riconoscere l'apparato statale dell'ancor giovane Russia sovietica. Il romanzo, insieme al famoso "Cuore di cane", costituisce una prima messa a fuoco dell'ambiente da cui doveva scaturire, in una lunga gestazione iniziata pochi anni più tardi, il romanzo "Il maestro e Margherita".
Uomovivo è uno dei più complessi e affascinanti romanzi della letteratura inglese. Scritto da Gilbert Keith Chesterton nel 1912, narra la storia del fantastico Innocent Smith, il debordante e incredibile protagonista che in un caldo pomeriggio estivo irrompe nel giardino di casa Beacon, sospinto da un vento turbinoso. Annunciato da un panama bianco e da un ombrello verde sospinti con le foglie nel giardino della pensione della taciturna signora Duke, Innocent plana col suo vestito verde da vacanziere al cospetto di tre giovani uomini, il dr. Warner, l'irlandese Michael Moon e Artur Inglewood, impegnati in una discussione su un bizzarro e delirante telegramma. L'omone esordisce e persevera in comportamenti inconsueti, irrazionali e incomprensibili, che lo trasformano agli occhi dei villeggianti in un pericoloso individuo. Subirà quindi un bizzarro "processo casalingo-, dove le orribili accuse che gli verranno pregiudizialmente mosse, sono quelle di tentato omicidio, omicidio, furto con scasso e bigamia. Nelle vesti di mite imputato, Innocent si lascia docilmente processare. Alla fine, l'avvocato difensore smonterà tutte le accuse, svelando ai presenti il senso stesso del nome del suo straordinario cliente: Uomovivo.
In una pensione sulle colline di Londra arriva all'improvviso un vento impetuoso che scuote ogni cosa, compresi gli ospiti un po' annoiati che vi alloggiano. E porta sulla scena uno strano individuo: Innocent Smith, un gigante scomposto, allegro, rumoroso, eccentrico, forse un po' matto. Anzi, magari è un pericoloso criminale, visto che in sua presenza accade di tutto: pistolettate, una violazione di domicilio, rapimenti di innocenti fanciulle, un tumultuoso processo. E magari non è neppure da solo quando compie le sue azioni dirompenti. Per dichiarare guerra a tutto ciò che spegne una sana meraviglia verso l'esistere non basta l'azione isolata e solitaria di un singolo, occorre un'incursione congiunta: un complotto di famiglia. Chi è l'Uomovivo? O, meglio, chi sono? Chesterton è davvero al suo meglio in questo romanzo "filosofico" pubblicato nel 1912, ma che mantiene intatta, dopo oltre cento anni, la sua carica lietamente eversiva nei confronti di ogni specie di conformismo e di tutte le idee troppo ovvie per essere vere. Dale Ahlquist ricorda Edoardo Rialti nell'Introduzione - una volta mise i lettori saggiamente in guardia: "Quanto più leggi Chesterton, tanto più ti sottoponi allo spaventoso pericolo di vedere le cose per la prima volta". Prefazione di Edoardo Rialti.
Uomovivo, qui presentato nella una nuova traduzione di Paolo Morganti, è uno dei più complessi e affascinanti romanzi della letteratura inglese. Scritto da Gilbert Keith Chesterton nel 1912, narra la storia del fantastico Innocent Smith, il debordante e incredibile protagonista che in un caldo pomeriggio estivo irrompe nel giardino del piccolo cottage, che è casa Beacon, sospinto da un vento turbinoso. Annunciato da un panama bianco e da un ombrello verde sospinti con le foglie nel giardino della pensione della taciturna signora Duke, Innocent plana col suo vestito verde da vacanziere al cospetto di tre giovani uomini, il dr. Warner, l'irlandese Michael Moon e Artur Inglewood, impegnati in una discussione su un bizzarro e delirante telegramma. L'omone esordisce e persevera in comportamenti inconsueti, irrazionali e incomprensibili, che lo trasformano agli occhi dei villeggianti in un pericoloso individuo. Subirà quindi un bizzarro "processo casalingo", dove le orribili accuse che gli verranno pregiudizialmente mosse, sono quelle di tentato omicidio, omicidio, furto con scasso e bigamia. Nelle vesti di mite imputato, Innocent si lascia docilmente processare. Alla fine, l'avvocato difensore smonterà tutte le accuse, svelando ai presenti il senso stesso del nome del suo straordinario cliente: Uomovivo.
Leonardo, scrittore e professore universitario, dopo lo scandalo che ha distrutto la sua vita familiare e la sua carriera letteraria, si è ritirato nel piccolo paese natale dove conduce un'esistenza ritirata e solitaria. I tempi in cui era un padre felice, le sue lezioni affollate e le sue letture che riempivano i teatri, sono lontani: Leonardo da sette anni non scrive e non ha notizie della moglie e della figlia. Ma non è solo la sua vita ad aver subito un tracollo. Nel paese dilaga la barbarie. Rapine, sopraffazioni, omicidi, bande. L'esercito che tutti pensavano impegnato a bloccare l'invasione degli "esterni" è allo sbando. La gente ha paura e si arma: nascono ronde e corpi armati per difendere le frontiere, le città, le case. I telefoni smettono di funzionare, la televisione di fornire notizie, le banche di erogare denaro. L'ondata di violenza giunge anche fra le colline dove Leonardo ha cercato rifugio, costringendolo a fare i conti con il nuovo mondo e la sua spietatezza. Unica via di scampo sembra essere la fuga a occidente. Inizia così un viaggio pieno di insidie, avventure, drammi che porterà il protagonista a sperimentare sulla sua pelle l'evoluzione dell'odio, del coraggio e del male. Davide Longo, tra le voci più importanti della nuova narrativa, scrive un romanzo sul nostro paese senza mai nominarlo, un luogo dove l'odio comanda, unisce e divide gli uomini ridotti a distruggersi e umiliarsi per sopravvivere.
Una delle caratteristiche del ciclo di Martin Beck, con cui gli scandinavi Maj Sjöwall e Per Wahlöö hanno iniziato il poliziesco procedurale, è che gli attori di questa commedia umana in chiave criminale invecchiano in tempo reale. Per esempio, in questo romanzo, la figlia del commissario, che abbiamo conosciuto bambina alcuni romanzi prima, adesso, è una giovane capace di dare influenti consigli al padre. È questo uno degli effetti con cui gli autori intendevano conferire più oggettività alla loro creazione, per uno scopo dichiarato: «Molte persone forse credono che i nostri libri siano dei cosiddetti gialli. Quello a cui in realtà stiamo lavorando è una seria indagine sociologica sulle relazioni dei poliziotti verso i loro compagni di società. E lo facciamo insieme perché la materia è tanto vasta e perché non possiamo produrre uno studio corretto se non lo affrontiamo da diversi punti di vista. In questo caso quello dell’uomo e della donna». Eppure a leggere oggi questi «romanzi su un crimine» (così il sottotitolo ricorrente), un senso di pessimismo domina sulla sociologia, un profondo scetticismo sulle ragioni del cosiddetto «ordine pubblico». Sjöwall e Wahlöö danno corpo narrativo a una generale riflessione sulla funzione della violenza sociale, sui cambiamenti che essa induce in chi vi è esposto, come poliziotto, come criminale o come vittima; una riflessione capace di insistere, oltre che sulle circostanze sociali, sui sottili meccanismi psicologici. Ed è questo che ha fatto del ciclo di Martin Beck un riferimento classico dell’attuale romanzo criminale, riconosciuto da tutti. L’uomo sul tetto è l’inchiesta sull’omicidio, avvenuto tramite un colpo di baionetta mentre era ricoverato in ospedale, di un alto papavero della polizia, uomo crudele e violento, le cui malefatte si vanno scoprendo più efferate ed intricate del previsto; si conclude con una vendetta di sangue, piena di caos e simbolismo, contro il corpo di polizia: una vetta di realismo, di suspense e di pietà insieme, da parte di chi sapeva bene come le città capitalistiche di cui parlavano siano dei perfetti teatri naturali per il crimine.
Maj Sjöwall (1935) e Per Wahlöö (1926-1975), compagni nella vita, hanno scritto la serie dei dieci romanzi di Martin Beck: tradotta in una trentina di lingue e soggetto di film e telefilm. Una collaborazione con un fine anche politico: la denuncia della società neocapitalistica svedese. Questa casa editrice ha già pubblicato Roseanna, L’uomo che andò in fumo e L’uomo al balcone (ora raccolti anche nel volume I primi casi di Martin Beck della collana «Galleria»), Un assassino di troppo, Il poliziotto che ride, L’autopompa fantasma e Omicidio al Savoy.
Già negli anni Trenta, quando scrisse Addio a Berlino, Christopher Isherwood sosteneva di voler trasformare il proprio occhio di romanziere nell’obiettivo di una macchina fotografica. Ma per lungo tempo – attraverso libri molto diversi fra loro, e spesso segnati dai personaggi fittizi o reali che raccontavano – l’intenzione rimase una di quelle fantasticherie stilistiche che spesso gli scrittori inseguono per tutta la vita, senza realizzarle mai. E invece nel suo ultimo romanzo – questo – Isherwood trasforma una giornata nella vita di George, un professore inglese non più giovane che vive in California, in un’asciutta, e proprio per questo struggente, sequenza di scatti. Non è una giornata particolare per George: solo altre ventiquattr’ore senza Jim, il suo compagno morto in un incidente. Ventiquattr’ore fra il sospetto dei vicini, la consolante vicinanza di Charlotte, la rabbia contro i libri letti per una vita ma ormai inutili, e il desiderio per un corpo giovane appena intravisto ma che forse è già troppo tardi per toccare. Quanto basta per comporre un ritratto che non si può dimenticare, e un racconto che alla sua uscita sorprese tutti, suonando troppo vero per non essere scandaloso.
Questo capolavoro incompiuto del Novecento, da mezzo secolo al centro di un tormentato lavoro di sistemazione critica e filologica, ora in una edizione che organizza i materiali inediti in una prospettiva capace di illuminare l'architettura segreta del lavoro di Musil.
Questo capolavoro incompiuto del Novecento, da mezzo secolo al centro di un tormentato lavoro di sistemazione critica e filologica, ora in una edizione che organizza i materiali inediti in una prospettiva capace di illuminare l'architettura segreta del lavoro di Musil.