
Gilgul, nella Qabbalah ebraica, è il frenetico movimento delle anime vagabonde che ruotano intorno a noi quando la separazione dal corpo è dovuta a circostanze ingiuste o dolorose. Tanto violenti possono essere i conflitti che attendono gli spiriti rimasti sulla terra, che la tradizione parla addirittura di "scintille d'anime" prodotte dalla loro frantumazione. Gad Lerner si addentra nel suo gilgul familiare, nelle "scintille d'anime" della sua storia personale. Suo padre Moshé reca il trauma della Galizia yiddish spazzata via dalla furia della guerra. Dietro di lui si staglia enigmatica la figura di nonna Teta, incompresa e dileggiata perché estranea alla raffinatezza levantina della Beirut in cui è cresciuta Tali, la moglie di Moshé. Ma anche la Beirut degli anni Quaranta si rivela un recinto di beatitudine illusoria. Vano è il tentativo di rimuovere lo sterminio degli ebrei d'Europa e la Guerra d'indipendenza nella nativa Palestina: anche se taciuti, questi eventi si ripercuotono nella vicenda familiare generando malessere e inconsapevolezza. Un'indagine sulla memoria e sui conflitti familiari si rivela occasione per un viaggio nel mondo contemporaneo minato dalla crisi dei nazionalismi. Una storia sospesa tra biografia e reportage.
CD Mp3, versione integrale. Un racconto appassionante felicemente sospeso tra biografia e reportage; un viaggio che porta Lerner da Beirut ad Aleppo, fino alla regione ucraina di Leopoli, per concludersi sorprendentemente al confine tra Libano e Israele. Letto da Gad Lerner.
Il libro
In questo racconto inatteso, di straordinaria intensità e autenticità, Gad Lerner si addentra nel suo Gilgul familiare, nelle "scintille d'anime" della sua storia personale.
Un racconto appassionante felicemente sospeso tra biografia e reportage; un viaggio che porta Lerner da Beirut ad Aleppo, fino alla regione ucraina di Leopoli, per concludersi sorprendentemente al confine tra Libano e Israele.
Specifiche
Formato: CD Mp3, versione integrale. Per ascoltare questo audiolibro è necessario un lettore Mp3.
Durata: 8 ore 4 minuti
Letto da: Gad Lerner
Tecnico del suono: Stefano Mariani
Studio di registrazione: Omnia - B - Milano
Immagine di copertina: Cartolina di Beirut in una elaborazione dell'ufficio grafico Feltrinelli
Progetto grafico: Internozero
L'autore si sentiva vicino a Dante, come francescano e per antica consuetudine personale: circolava infatti la voce che sapesse tutta la Divina Commedia a memoria. «Mai si era trattato per lui di un vezzo intellettuale o di una superficiale ricreazione: padre Allegra sentiva Dante calzante a proposito delle domande che la sua vita poneva, ancora di più in Cina, dove era a diffondere la Parola di Dio, in una parola umana che non l'aveva conosciuta, ma che pure aveva altissima dignità» (dall'Introduzione).
Padre Allegra sente Dante rispondente alle domande del proprio cuore e adatto al bisogno spirituale dei popoli che incontra, da missionario. E trova in Dante il tema centrale del mistero della conversione dei pagani. La Roma antica come la Cina: i due grandi imperi che nella storia non erano mai entrati in contatto diventano nei due Diari danteschi, scritti da p. Allegra nel 1965 e nel 1967, l'uno lo specchio dell'altro.
Il volume raccoglie una riflessione quotidiana, per lo più di ordine spirituale, partendo da versi della Divina Commedia.
Sommario
Prefazione. Introduzione. Cronologia essenziale della vita di padre Gabriele M. Allegra. Nota ai testi. Bibliografia e sigle utilizzate. I. IL VII CENTENARIO DELLA NASCITA DI DANTE, 1965. II. SCINTILLE DANTESCHE, 1967. Appendice. Gabriele M. Allegra: Universalità e attualità del messaggio di Dante. Indice delle citazioni. Indice dei nomi.
Note sull'autore
GABRIELE MARIA ALLEGRA (San Giovanni la Punta [CT] 1907 - Coloane [Macau] 1976), al secolo Giovanni, nel 1923 entra nel convento dei frati minori francescani a San Vito di Bronte (CT). Nel 1931 giunge come missionario in Cina per dirigere il seminario minore di Heng Yang. Nel 1945 inaugura a Hong Kong l'Istituto biblico, di cui sarà prefetto e vice-prefetto. Apre l'Istituto sociologico a Singapore, che dirige dal 1961 al 1963, anno in cui fonda la Società dei buoni scrittori. Tra le sue opere ricordiamo la traduzione della Bibbia (1968) e il Dizionario biblico (1975), entrambe in cinese, oltre a due trattati di dottrina sociale (De doctrina sociali christiana e Tractatus de Ecclesia et de Statu). Dopo l'avvio della sua causa di beatificazione, nel 2002 Giovanni Paolo II decreta il suo primo miracolo.
In breve
Gilgul, nella Qabbalah ebraica, è il frenetico movimento delle anime vagabonde che ruotano intorno a noi quando la separazione dal corpo è dovuta a circostanze ingiuste o dolorose. Gad Lerner si addentra nel suo gilgul familiare seguendone le tracce da Beirut ad Aleppo, da Leopoli a Boryslaw, fino al confine tra Libano e Israele dove si riuniscono le molteplici nazionalità dell’autore.
Il libro
"Parto con delle vecchie fotografie color ocra, le più recenti furono scattate mezzo secolo fa. Nella mappa mentale che mi sono predisposto Beirut è mia madre, Boryslaw è mio padre. Un amalgama impossibile? Eppure è il mio mondo, e non solo il mio."
Gilgul, nella Qabbalah ebraica, è il frenetico movimento delle anime vagabonde che ruotano intorno a noi quando la separazione dal corpo è dovuta a circostanze ingiuste o dolorose. Tanto violenti possono essere i conflitti che attendono gli spiriti rimasti sulla terra, che la tradizione parla addirittura di “scintille d’anime” prodotte dalla loro frantumazione.
Con questo libro inatteso, di straordinaria intensità e autenticità, Gad Lerner ha deciso di addentrarsi nel suo gilgul familiare, nelle “scintille d’anime” della sua storia personale. Suo padre Moshé reca il trauma della Galizia yiddish spazzata via dalla furia della guerra, e mai davvero trapiantata in Medio Oriente. Dietro di lui si staglia enigmatica la figura di nonna Teta, incompresa e dileggiata perché estranea alla raffinatezza levantina della Beirut in cui è cresciuta Tali, la moglie di Moshé. Ma anche la Beirut degli anni Quaranta, luogo d’incanto senza pari, si rivela un recinto di beatitudine illusoria. Vano è il tentativo di rimuovere lo sterminio degli ebrei d’Europa e la Guerra d’indipendenza nella nativa Palestina: anche se taciuti, questi eventi si ripercuotono nella vicenda familiare generando malessere e inconsapevolezza. Le anime vagabonde nel gilgul reclamano di essere perpetuate nel riconoscimento, senza il quale non c’è serenità possibile.
Il racconto si snoda da Beirut ad Aleppo, fino alla regione ucraina di Leopoli e Boryslaw, lo shtetl in cui perse la vita gran parte dei Lerner, per concludersi sorprendentemente al confine tra Libano e Israele, presidiato dai soldati italiani, dove si riuniscono le molteplici nazionalità dell’autore. Così l’indagine sulla memoria e sui conflitti familiari si rivela occasione per un viaggio nel mondo contemporaneo minato dalla crisi dei nazionalismi, tuttora alla ricerca di convivenza armonica. Un itinerario attraverso nuove e vecchie frontiere che scava nel passato per rivelarne il peso sul presente. Una storia appassionante, felicemente sospesa tra biografia e reportage.
Dopo gli studi universitari a Padova, Tommaseo si fa luce come intellettuale che alla formazione umanistica unisce una viva sensibilità romantica. Nelle sue peregrinazioni dovute a motivi politici e a un'inquieta ansia vitale, matura l'idea di una nuova arte che unisca il sublime di Dante e Omero alla letteratura del popolo. Escono cosi nel 1841-42 i "Canti popolari toscani, corsi, illirici, greci", accompagnati da queste "Scintille", libro creativo e critico, ricco di prose d'arte e di riflessione, di poesie dello stesso Tommaseo e dei suoi corrispondenti. L'opera è plurilingue: italiano, francese, greco, latino, slavo si alternano alle traduzioni dell'autore. Nelle "Scintille" si individua dunque un'idea plurale di nazioni e culture, un discorso rivolto a individui e collettività dell'Italia e della Franda, del mondo slavo del Sud e della Grecia. In questo progetto la letteratura ha un suo ruolo: è espressione di un io che esce dal proprio chiuso, narcisistico isolamento, per trasmettere un messaggio di amore.
Apparso a puntate tra il 2004 e il 2005 su Nazione Indiana suscitando la curiosità e l'interesse dei navigatori della rete, "Le scimmie sono inavvertitamente uscite dalla gabbia" è il testo dove meglio si manifesta la dimensione di "opera in corso", segno distintivo dell'itinerario letterario di Dario Voltolini. Questo diario in versi, o meglio "spartito da far interpretare a un certo numero di voci sintetiche" sfugge a qualunque classificazione di genere e si presenta come un libero susseguirsi di immagini poetiche, di intensi squarci dello sguardo sulla bellezza, sulla normalità o l'assurdità del reale e del genere umano. Se le scimmie uscissero dalla gabbia forse vedrebbero ciò che noi immaginiamo, forse leggerebbero nei pensieri che Voltolini, con uno stile chirurgico e trasecolato, descrive.
Nadezda Chazina non ha ancora vent'anni quando, in un cabaret di Kiev per artisti e bohémien, incontra un giovane dalle lunghe ciglia che recita versi misteriosi e incantatori. Lui è il bizzarro e anticonformista Osip Mandel'stam: uno dei più grandi poeti del Ventesimo secolo. Nella Russia sconvolta dalla rivoluzione e dalla guerra civile, tra speranza e paura, nasce un amore destinato a diventare leggendario. Separati per quasi due anni dalle turbolenze della storia, Nadezda e Osip si ritroveranno nel 1921 e non cesseranno di amarsi fino a quando, nel 1938, al culmine del terrore staliniano, Osip sarà deportato e morirà in un campo di concentramento in Siberia.
Bernard Schwartz ha perso la moglie, la carriera e, infine, dopo una dose di antidepressivi, anche la coscienza. Quando si risveglia dal coma trova ad attenderlo due figli adolescenti ancora più squinternati di lui: il diciassettenne Chris, una sorta di Holden Culfield che detesta Salinger e tutto ciò che gli assomiglia, e Cathy, di quindici anni, ebrea come tutti gli Schwartz ma convertita al cattolicesimo perché folgorata dalla storia di Teresa d'Avila e di Edith Stein, di cui sogna di condividere il martirio. Una famiglia, insomma, come i Tenenbaum, in un romanzo paragonato dalla critica alle "Correzioni" ma molto, molto più cattivo.
«Dentro ognuno di noi c’è una voce che ci critica e punta a sminuirci. Spesso ci spinge a fare paragoni tra la nostra vita e quella degli altri, e vuole farci sentire invidiosi. Gli altri sembrano avere di più, l’auto più nuova, un lavoro più interessante, maggiori possibilità economiche, ci appaiono più sicuri di sé, o più fortunati.
Per far tacere quella voce, basta ricordare a sé stessi che i pensieri negativi danneggiano una sola persona: voi. Quel che si può fare invece è un elenco di tre cose belle che vi sono successe nella giornata.
Io l’ho fatto, e una volta iniziato, ho realizzato che ne avevo molte di più: ho lasciato passare un’auto in coda e l’autista mi ha sorriso, ho dato un morso a una mela fragrante, ho chiamato il tecnico per la lavastoviglie dopo mesi di rinvii, ho regalato un mazzo di fiori a una persona che li ha apprezzati tantissimo... E la vostra lista di piccoli piaceri potrebbe essere anche più lunga.
Il profumo di pane appena sfornato, una passeggiata a piedi nudi sulla spiaggia, dormire in lenzuola fresche di bucato, un bambino che affida la sua mano nella vostra, comprarsi un paio di scarpe, uscire una sera con le amiche, sfogliare una rivista. Siamo circondati da una rete di piccoli miracoli e meravigliose delizie. Il segreto è aprire le braccia e accoglierle.»
Max Barabander, ebreo con un passato di affari loschi e la morte prematura di un figlio alle spalle, rientra in Polonia dopo gli anni dell'emigrazione in Argentina. Ha quarantasette anni e un dolore tanto lacerante da incrinare irrimediabilmente il rapporto con la moglie. È il 1906. In Polonia Max rientra anche per trovare un'altra donna, per risvegliare l'eros a lungo sopito nel lutto, per dimostrare a se stesso di essere ancora un uomo. All'arrivo trova una Varsavia che, al crocevia dei due secoli, è profondamente cambiata. Ritrova il suo quartiere, crogiolo di ricordi e legami di sangue, brulicante di emarginati, prostitute, truffatori, babele che lo risucchia in un vortice di inganni e dissoluzione.
Lo scrittore di narrativa presenta il mistero attraverso il sociale, la grazia attraverso la natura, ma sempre, giunto al termine, deve perdurare quel senso del Mistero che nessuna formula umana può liquidare.