
1 agosto 1936, cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Berlino. Una ragazzina omaggia Adolf Hitler con un mazzo di fiordalisi e viene immortalata dalle telecamere come emblema della gioventù ariana. A questo episodio storico è ispirata la storia narrata in questo romanzo, in cui la piccola si chiama Ester, è estremamente dotata in ginnastica artistica ed è una "mischling", ossia figlia di madre tedesca e padre ebreo. Uno scandalo, se si venisse a sapere. Un pericolo per lei e per la sua adorata insegnante di ginnastica, la giovane e idealista Linzie. Con lo sbriciolarsi della vita quotidiana degli ebrei tedeschi, i genitori di Ester si lasciano e si perdono. La ragazzina viene affidata a Linzie perché possa essere portata in salvo con un'identità falsa, grazie al suo talento di ginnasta. Nelle settimane successive, la grande Storia scorre sotto i loro occhi, intrecciata a una vita fatta di finzione, ma anche di affetti, amore, talento e legami indissolubili. Età di lettura: da 11 anni.
Il cuore umano è un mistero.
Come il cuore dei cani.
Prima e più degli uomini, i cani sanno cogliere ciò che ci riserva il futuro. Almondine è poco più che un cucciolo della razza speciale che la famiglia Sawtelle alleva da generazioni quando capisce che la casa in cui vive nasconde un segreto: l’arrivo di un bambino, Edgar, il figlio dei suoi padroni, giunto da “chissà quale mondo distante, silenzioso nella gioia e silenzioso nel dolore”. Perché Edgar Sawtelle, di cui Almondine diventerà l’inseparabile compagna, è nato senza voce. Parla una lingua fatta di gesti con i genitori e con i cuccioli con cui condivide le giornate, è vivace, intelligente, straordinariamente sensibile, e imparerà con passione il difficile e affascinante mestiere dell’addestratore. Ma quando un’oscura tragedia sconvolge la vita di Edgar e quella della sua famiglia, sarà un’epica fuga nella foresta a segnare il passaggio a una crudele età adulta. La storia di Edgar Sawtelle, caso letterario dell’anno negli Stati Uniti ai primissimi posti delle classifiche per molti mesi, è un grande romanzo dal respiro classico sul potere di un’amicizia che supera i confini delle parole. È la storia dell’amore per un mondo, quello dei cani, mai dipinto con tanta irresistibile umanità. È una profonda esplorazione dei misteri del cuore.
Capelli di uno strano colore biondo ramato, occhi blu, un fascino irresistibile sugli uomini che la incontravano, la diciannovenne May era fuggita dall'Irlanda verso gli USA rubando i risparmi della sua povera famiglia di contadini. Giunta prima a Chicago e poi a New York, aveva lavorato come ladra, come ballerina e come prostituta, facendosi conoscere per la sua violenza e i suoi anelli di diamanti. Era la "regina dei bassifondi" della città. E poi l'incontro con il grande amore della sua vita, un altro viaggio transoceanico verso Parigi, i primi anni di carcere, il tentativo di uccidere l'uomo che amava, la condanna ad altri dieci anni di reclusione. E il ritorno a New York, nel 1917, una città profondamente cambiata che la accoglie nelle vesti di un nuovo amante violento, ancora la prostituzione, ancora un'altra fuga.
Elena e Lila, le due amiche la cui storia i lettori hanno imparato a conoscere attraverso "L'amica geniale" e "Storia del nuovo cognome", sono diventate donne. Lo sono diventate molto presto: Lila si è sposata a sedici anni, ha un figlio piccolo, ha lasciato il marito e l'agiatezza, lavora come operaia in condizioni durissime; Elena è andata via dal rione, ha studiato alla Normale di Pisa e ha pubblicato un romanzo di successo che le ha aperto le porte di un mondo benestante e colto. Ambedue hanno provato a forzare le barriere che le volevano chiuse in un destino di miseria, ignoranza e sottomissione. Ora navigano, con i ritmi travolgenti a cui Elena Ferrante ci ha abituati, nel grande mare aperto degli anni Settanta, uno scenario di speranze e incertezze, di tensioni e sfide fino ad allora impensabili, sempre unite da un legame fortissimo, ambivalente, a volte sotterraneo a volte riemergente in esplosioni violente o in incontri che aprono prospettive inattese.
Una donna ricorda, attraverso i suoi occhi di bambina, le drammatiche esperienze della popolazione italiana dell'Istria durante e dopo la Seconda guerra mondiale. I bombardamenti, l'occupazione tedesca, l'arrivo degli slavi, l'esodo. A simboleggiare il trauma dell'esilio forzato, lo straziante momento della separazione dal cane York, cui la legava un affetto profondo, abbandonato la notte della fuga. York che come Argo, il cane di Ulisse, ha continuato ad aspettare invano il suo ritorno fino alla morte. Il testo è accompagnato da una nota di Claudio Magris.
I protagonisti sono italiani e non lo sono, ogni confine identitario è labile e i tormenti giovanili scatenano terremoti che squarciano la crosta terrestre delle loro esistenze, facendo fuoriuscire il magma dei sentimenti allo stato liquido e incontrollabile. Ma il male del mondo, che con i suoi tentacoli putridi inquina anche la sorgente più pura, è lì pronto a tendere il suo agguato. I sogni di felicità sono limpidi, ma si scontrano con la realtà violenta, sempre pronta a farli a pezzi. Eppure loro, i giovani, come pazzi sognatori si ostinano a piantare i loro fiori nel campo dove infuria la battaglia. Anche perdendo la guerra, saranno sempre vincitori.
Gli piaceva il calcio. Per questo, quando a sei anni ha lasciato il suo villaggio nel deserto, Alì era contento: perché il deserto è pieno di sabbia e nella sabbia il pallone non rimbalza. Se non è diventato un campione come Baggio è perché nella vita le circostanze contano più dei sogni di un bambino. Però ha visto il mondo e se lo porta dietro sotto forma di un mappamondo che di notte gli serve da abat-jour. Durante il suo viaggio ha chiesto l'elemosina per conto di un cugino che aspirava a diventare 'guerriero dell'Islam', ha lavorato in un circo, ha fatto il pizzaiolo in una città irta di grattacieli. Come a ogni essere umano, tutto gli accade per la prima volta, e Ali lo affronta con candore e coraggio.
Se universalmente nota è la poesia di Pablo Neruda, meno conosciute sono invece le sue prose, e in particolare le brevi prose qui riunite, che precedono i due grandi volumi memorialistici usciti postumi. Ma proprio queste prose sono un terreno privilegiato per avvicinarsi al cuore dell'uomo Neruda, alle ragioni e soprattutto alle fonti della sua grande poesia, perché, come scrive Giuseppe Bellini nell'introduzione, "Neruda, legato intimamente al mondo nativo, suo interprete appassionato, divorato dalla nostalgia di un territorio d'acque e di boschi... mantiene costantemente attivo un filo del cuore con le piovose solitudini del Sud".
Giorgio Pasquali, maestro della filologia classica italiana, arriva in Germania guidato dall'amore per l'antichità; lo stesso sentimento spinge Ludwig Curtius, il grande archeologo tedesco, verso l'Italia. Le due vicende si intrecciano per qualche attimo appena - ma per sempre i due spiriti rimarranno affini. In questo libro Pasquali ripercorre la vita di Curtius attraverso la filigrana dei ricordi dell'archeologo, cui affianca costantemente i propri. Ne nasce una biografia a specchio che pone a confronto l'esperienza umana e intellettuale di due protagonisti dell'antichistica europea, tratteggiando la storia culturale dei rispettivi paesi a cavallo di due secoli. Le avventurose esperienze di Curtius - in Oriente e in Occidente, tra le cantine bavaresi e sul fronte balcanico - offrono lo spaccato di un'Europa colta che danza sull'orlo del vulcano e al tempo stesso consentono a Pasquali di far emergere i propri giudizi, le proprie impressioni, le proprie valutazioni autonome. Al disfacimento degli ambienti intellettuali e universitari nella Germania di Weimar, e alla crisi dell'intero mondo tedesco, si legano così le sofferte meditazioni su questioni sociali e sui problemi della cultura italiana. Le osservazioni critiche, le digressioni, i ritratti di grandi studiosi che costellano la narrazione rendono il libro un'opera in cui i toni vivaci corrispondono alle sfumature dell'entusiasmo che Pasquali prova per un campione della humanitas. Con uno scritto di Eduard Fraenkel.
Nel secolo XI, un logico e teologo di fama europea, chierico e canonico della cattedrale di Parigi, incontra una figura eccezionale per il medioevo: una giovane donna altrettanto famosa per cultura e intelligenza. La storia d'amore di Abelardo e Eloisa ci è nota attraverso una sorta di autobiografia in forma epistolare e le lettere che i due amanti, separati dal destino, si scambiarono nel corso degli anni. La loro corrispondenza è scritta in modo così mirabile, con tale libertà d'espressione ed è così vicna al nostro modo di sentire che a più riprese gli studiosi ne hanno messo in dubbio l'autenticità.
"Ho incontrato Reda una notte di Natale. Verso le quattro del mattino stavo tornando a casa dopo una cena da amici. Mi ha avvicinato per strada e alla fine gli ho proposto di entrare nel mio studio. Lì mi ha raccontato la storia della sua infanzia e l'arrivo in Francia di suo padre, in fuga dall'Algeria. Abbiamo trascorso il resto della notte insieme, abbiamo parlato, abbiamo riso. Alle sei del mattino, ha tirato fuori una pistola e ha detto che mi avrebbe ucciso. Mi ha insultato, strangolato, violentato. Il giorno dopo è iniziato il procedimento medico e legale. Più tardi, mi sono confidato con mia sorella. E l'ho poi sentita raccontare quegli avvenimenti a modo suo. Guardando indietro alla mia infanzia, ma anche alla vita di Reda e di suo padre, riflettendo sull'emigrazione, il razzismo, la povertà, il desiderio e gli effetti di un trauma, anch'io vorrei capire che cosa è successo quella notte. E da lì tracciare una storia di violenza." E.L.
«Per chi non la conoscesse già, vorrei presentare la protagonista di questa storia. Chiqui è una piccola volpe che è entrata nella mia vita quando decisi di lasciarmi alle spalle i ritmi frenetici di una società che sentivo sempre più estranea. Quando vivi seguendo i tuoi sogni, il tempo vola e io ancora stento a credere che siano già trascorsi tre anni da quando Chiqui è entrata nella mia vita e nel mio cuore. Questo breve racconto è un tributo alla piccola volpe che ho avuto il privilegio di conoscere e che ha contribuito a rendere incredibili questi tre anni nella Casa di Luce. La forza con la quale affronta le avversità è stata una lezione preziosa, ma, cosa più importante, Chiqui mi ha permesso di condividere il suo mondo, i suoi amici, e quello che ho imparato seguendola e scoprendo ciò che lei conosceva, e io ignoravo, mi ha dato la spinta per imbarcarmi in una nuova, grande avventura: dedicare tutte le mie energie a difendere chi non può farlo da solo e a diffondere tra i miei simili la consapevolezza del danno che stiamo arrecando alla nostra casa comune, la Terra. Spero davvero che anche voi, cari amici, possiate apprendere da lei come ho fatto io, e impegnarvi in prima persona per cambiare le cose.» (Sergio Bambarén)

