
Jorge Luis Borges commentò, insieme a Eugène lonesco, il tema centrale dell'opera di Bevilacqua: "Nelle sue storie è espressa con forza la manifestazione massima del mistero dell'uomo: il potere e l'attesa di essere stupiti. Lo stupore di cui parla Bevilacqua è una forma di felicità, allontana la paura della morte". Le storie qui riunite, nel loro insieme, consentono dunque al lettore di inoltrarsi, con intensità, in questa stupefazione, partecipando a un viaggio iniziatico dalle esperienze più personali dello scrittore all'analisi delle vicende dell'uomo contemporaneo. Il viaggio si snoda per stazioni: le "prime cerimonie dei sensi" (rivelazioni dell'Eros, rapporti quasi coniugali); la follia della madre e la follia che devasta il tempo d'oggi; le avventure fra i giovani dei nostri giorni; le straordinarie leggende delle origini, e via via. Secondo lonesco: "Una logica diversa, prettamente naturale, che comprende anche il grottesco". Per convenire con Leonardo Sciascia: "È il libro di una vita. Ma è anche pietà, è anche amore".
Negli anni Ottanta Álvaro Mutis crea il personaggio di Maqroll il Gabbiere, protagonista di una serie di romanzi che sono valsi all'autore numerosi premi internazionali. Ed è proprio Maqroll, accanto al diplomatico portoghese di «I testi di Alvar de Mattos» o allo stratega dell'imperatrice Irene di «La morte dello stratega», uno dei personaggi che il lettore può incontrare in questa raccolta di racconti.
Dal 1950 al 1962 Pasolini collabora a diversi quotidiani e periodici con racconti che disegnano il profilo della "sua" Roma, periferica, devastata e umana. Questi raccontini delineano una passeggiata romana che è anche un mondo interiore, un po' come se Pasolini si trovasse a raccontare la città intorno a lui attraverso le forme diverse del narrare: la letteratura, il cinema, la fotografia, il reportage. L'autore sembra continuamente sottoporre a verifica sia la realtà che il modo di raccontarla, in un diario interno dell'arte che è cronaca del suo tempo.
Narrate ai grandi perché le ripetano ai bambini, come recita il sottotitolo, le "Storie del buon Dio" furono scritte tra il 10 e il 21 novembre 1899 e pubblicate l'anno successivo in occasione del Natale. Opera singolare nella produzione del grande poeta praghese, ma anche opera 'centrale' nella sua evoluzione, le Storie furono la prima delle sue opere in prosa che Rilke non volle disconoscere. "Il Dio delle Storie" scrive Sabrina Mori Carmignani nella prefazione" è un dio cercato, atteso, smarrito, persino dimenticato e mai posseduto", un dio che "vede, scruta, osserva, prova immensa nostalgia, ma tra lui e l'uomo tornano a frapporsi immagini di una lontananza, o di un dissidio, che lo costringe a ritrarsi sempre più nei suoi cicli". Ma non è mai vera 'assenza', tutt'altro; questo buon Dio resta insieme protagonista e 'sfondo' delle Storie: un protagonista molto discreto ma insostituibile, che sembra non comparire se non come motivazione ultima del narrare; e invece 'sfondo' onnipresente, perché la purezza di ascolto dei bambini sente quella presenza, come uno sguardo innocente e nuovo che sa ancora cogliere la freschezza del mondo e della vita.
Di ritorno dal suo primo viaggio in Russia, Rilke vive un'importante fase di slancio creativo da cui nascono le "Storie del buon Dio" (Geschichten vom lieben Gott) scritte nel giro di pochissimo tempo, nelle notti tra il 10 e il 21 novembre 1899, come riferisce lo stesso Rilke. Influenzate dalle esperienze del viaggio russo le "Storie del buon Dio" narrano dell'infinito amore di Dio che per le proprie creature si strappa dal braccio la mano destra e la manda a incarnarsi sulla terra prendendo le stesse sembianze dell'uomo. La sua mano percorre la via dolorosa della Croce e della salita al Calvario, per poi fare ritorno presso Dio. Ma forse, come afferma il narratore a conclusione del racconto, la sua missione tra gli uomini non è ancora finita. Si tratta certamente di una prosa narrativa-fiabesca incentrata su Dio ma in una cornice di vita reale. È la prima ed unica volta che Rilke utilizza la fiaba come forma espressiva. Il libro consta di 13 storie dove i piani di lettura si intrecciano e si dispiegano nelle narrazioni: dalla critica sociale al senso della vita, dall'amore di Dio per l'uomo alla relazione con gli altri. Più in profondità assistiamo a sottili disquisizioni teologiche, certamente non prive di umorismo.
Opera singolare nella produzione del grande poeta praghese, ma anche opera "centrale" nella sua evoluzione, le Storie furono la prima delle sue opere in prosa che Rilke non volle disconoscere. Il Dio delle Storie è un dio cercato, atteso, smarrito, persino dimenticato e mai posseduto, un Dio che vede, scruta, osserva, prova immensa nostalgia, ma tra lui e l'uomo tornano a frapporsi immagini di una lontananza, o di un dissidio, che lo costringe a ritrarsi sempre più nei suoi cicli. Ma non è mai vera "assenza", tutt'altro; questo buon Dio resta insieme protagonista e "sfondo" delle Storie: un protagonista molto discreto ma insostituibile, che sembra non comparire se non come motivazione ultima del narrare; e invece "sfondo" onnipresente, perché la purezza di ascolto dei bambini sente quella presenza, come uno sguardo innocente e nuovo che sa ancora cogliere la freschezza del mondo e della vita. Presentazione di Peter Girardi.
Quando la furetta Cheyenne annuncia la sua decisione di partire per Hollywood e diventare un'attrice, il suo inseparabile amico Monty ne è terribilmente rattristato. Ma non se ne stupisce. Non è questione di semplice bellezza: Cheyenne ha una trasparenza particolare, e sa entrare nella mente di chi la guarda e le sta accanto. E, poi, ha trascorso tutte le serate estive al CineFur per imparare i segreti dei grandi attori. La sera prima della partenza, Cheyenne è malinconica e spaventata dall'idea di lasciarsi alle spalle il villaggio che conosce così bene. Monty ha lo sguardo triste, ma i furetti come lui non si lamentano mai e non cercano di far cambiare idea a chi ha preso una decisione. Il suo regalo d'addio è una semplice margherita di campo, che Cheyenne porterà sempre con se. Da quel momento, e fino a quando si ritroveranno, le strade dei due amici prendono direzioni solo apparentemente diverse: Cheyenne diventerà una star, ma rimarrà la furetta sincera del villaggio, mentre Monty, allevatore di pecore Arcobaleno, sarà anche un furetto filosofo, che insegna ai suoi allievi cowboy l'arte di saper perdere.
Non tutti lo sanno, ma uno dei compiti più amati dagli intrepidi furetti è quello di guardacoste, pronti a salvare in mezzo alle tempeste tutti gli animali in difficoltà. Il lettore assisterà così alle sorprendenti imprese di Bethany, una giovane e determinata marinaia-furetta che dai gradi più umili della carriera assurge a quello glorioso di comandante di una veloce imbarcazione di salvataggio. E a quelle di Chloe, una graziosa, carismatica giornalista-furetta che, coinvolta in una serie di eventi drammatici, scopre in sé risorse che non avrebbe mai creduto di possedere.
Nel volume finale dell'amatissima saga dei furetti, Richard Bach parla di valori e sentimenti eterni: la paura, il perdono, la voglia di cambiare il mondo. Non solo quello dei furetti.
Due aspiranti scrittori sono i protagonisti della nuova avventura dei furetti di Richard Bach. Budgeron, un autore di storie per bambini (anzi, per cuccioli), non riesce ad andare oltre la prima pagina della Grande Opera che, ne è certo, rivoluzionerà la letteratura dei furetti. L'amata Danielle, invece, sforna di getto un romanzo di intrighi e passioni destinato a diventare un bestseller. Grazie all'aiuto di Danielle, anche Budgeron riscoprirà la sua vera vocazione, ed entrambi conosceranno il successo. Il terzo libro delle Storie dei furetti è una fiaba sulle cose che contano davvero nella vita: lottare per trovare la propria strada, inseguire i sogni superando tutte le difficoltà, amare ed essere amati.
C'è un drago al Corviale, il quartiere della periferia di Roma detto dagli abitanti "il Serpentone", un vero lucertolone, grande un intero appartamento, che terrorizza tutti. Con questa fiaba di Antonio Manzini si apre l'arazzo con cui sei scrittori raffigurano Roma. Racconti che si possono leggere anche seguendo la traccia fiabesca. La Stazione Termini, secondo Fabio Stassi, diventa un luogo magico e reale, che incanta "l'eterno andare solitario per il mondo". A Trastevere, racconta Chiara Valerio, scende un marziano che agisce in base al passato come noi facciamo in prospettiva del futuro, e vede oltre la luce visibile agli umani: si insinuerà misterioso nella vita di una ragazza. Giordano Tedoldi immagina un amore adolescente tra Monteverde Vecchio e il Vaticano, che esce dalle vecchie mura di un liceo clericale e si immerge nella libertà del colonnato del Bernini. Nel racconto di Gianni Di Gregorio, è lo squallore della periferia che diventa un balcone da cui osservare il globo: Roma caput mundi di tre "poracci" d'oggi che progettano una vita alla grande in un paradiso per pensionati miseri. Quella inventata da Giosuè Calaciura è un'avventura di barbari: una banda di ladri ragazzini si tira dietro un bambino "per bene" che sta diventando cieco, il quale per un giorno vede con i loro occhi una specie di città tardoimperiale, preda molle e meraviglia.
Il volume presenta in due sezioni l'intera opera di Mario Rigoni Stern. La prima sezione contiene i 'romanzi' e la seconda sezione contiene i 'racconti'. Inoltre il testo offre: una Cronologia; Note all'edizione; Notizie sui testi e una bibliografia.

