
New York, notte. Un uomo e una donna camminano lungo la Quinta Strada. Entrano in un bar. Ne escono. Un altro bar. Come se non potessero fare altro che camminare. Come se la notte non dovesse mai finire. Lui non sa niente di lei, lei non sa niente di lui. Sono come due naufraghi, e ora "sono così tenacemente avvinti l'uno all'altro che la sola idea della separazione risulta loro intollerabile". Un grande maestro del giallo si lascia scoprire come romanziere della passione.
New York, notte. Un uomo e una donna camminano lungo la Quinta Strada. Entrano in un bar. Ne escono. Un altro bar. Come se non potessero fare altro che camminare. Come se la notte non dovesse mai finire. Lui non sa niente di lei, lei non sa niente di lui. Sono come due naufraghi, e ora "sono così tenacemente avvinti l'uno all'altro che la sola idea della separazione risulta loro intollerabile". Un grande maestro del giallo si lascia scoprire come romanziere della passione.
New York, notte. Un uomo e una donna camminano lungo la Quinta Strada. Entrano in un bar. Ne escono. Un altro bar. Come se non potessero fare altro che camminare. Come se la notte non dovesse mai finire. Lui non sa niente di lei, lei non sa niente di lui. Sono come due naufraghi, e ora "sono così tenacemente avvinti l'uno all'altro che la sola idea della separazione risulta loro intollerabile". Un grande maestro del giallo si lascia scoprire come romanziere della passione.
Il XX secolo sta per iniziare e un uomo e una donna giungono a Cuba dalla Spagna: si stabiliscono nell'incantevole isola, ma continuano a far ritorno di tanto in tanto in Spagna per far visita ai rispettivi parenti. Durante uno di questi viaggi, fatti di lunghi ed estenuanti soggiorni in nave, alla donna capita persino di mettere al mondo una delle sue tre figlie: Virginia. Le tre ragazze che danno il titolo al libro, vivono l'intera loro infanzia e giovinezza a Cuba, ricevendo l'educazione propria delle fanciulle per bene di inizio Novecento: suonare il piano, ricamare, studiare, tutto in vista di un futuro spasimante. E gli spasimanti, trascorso un po' di tempo, non tardano a manifestarsi: cognati eccentrici e bizzarri che non esitano a competere tra loro: le famiglie si allargano, nascono i primi nipoti. Finché un giorno Gonzalo Celorio, il figlio scrittore di Miguel e Virginia, divenuto una delle glorie della letteratura messicana contemporanea, ritorna a Cuba a visitare la zia Ana Maria, a contemplare i luoghi della sua infanzia, a ricordare la storia della sua famiglia e a intrecciarla alla storia di un paese dove il Novecento ha scritto una delle sue pagine più intense.
Il romanzo racconta l'incredibile storia di José Cantoná, un giovane solitario e senza qualità, sempre in vestaglia e boxer, indolente, che fa la prima colazione a base di vodka. Vive nell'immaginaria Miranda, riconoscibilissima però nell'odierna Colombia. Ebbene, José è anche il sosia perfetto di Pedro Akira, leader dell'opposizione al presidente dittatore Tomás del Pito. Akira viene ucciso in una trattoria italiana della capitale con tre colpi di pistola in mezzo alla fronte. È in ospedale, morto, ma la cosa resta segreta. José viene contattato dal principale collaboratore di Akira e, strappato alla sua routine, si ritrova a dover impersonare il leader dell'opposizione almeno fino alle elezioni, prima in ospedale come degente e poi in pubblico. Ma la faccenda si fa sempre più pericolosa e, coinvolto in un vortice di eventi, combattuto tra l'amore per un'infermiera che lo contraccambia appassionatamente e l'insinuante attrazione per il ruolo che interpreta, finisce per acquisire una dignità che neppure lui immaginava di possedere. La storia inizia con toni che dall'ironico sconfinano nel grottesco, e pagina dopo pagina assume sempre più spessore; il protagonista evolve da caricatura a dolente eroe suo malgrado, in un crescendo di coinvolgimento per il lettore, passando dalla superficialità di una visione scanzonata e sprezzante della sanguinosa realtà della Colombia alle viscere dei drammi individuali e collettivi di un intero continente.
"Io mi chiamo Silvano ma la provincia è sempre pronta a trovare un soprannome. E da Silvano a Silver la strada è breve". Con la sua voce dimessa e magnetica, sottolineata da una nota sulfurea e intrisa di umorismo amaro, il protagonista ci porta dentro una storia che, lette le prime righe, non riusciamo piú ad abbandonare. Con "Tre atti e due tempi" Giorgio Faletti ci consegna un romanzo composto come una partitura musicale e teso come un thriller, che toglie il fiato con il susseguirsi dei colpi di scena mentre ad ogni pagina i personaggi acquistano umanità e verità. Un romanzo che stringe in unità fili diversi: la corruzione del calcio e della società, la mancanza di futuro per chi è giovane, la responsabilità individuale, la qualità dell'amore e dei sentimenti in ogni momento della vita, il conflitto tra genitori e figli. E intanto, davanti ai nostri occhi, si disegnano i tratti affaticati e sorridenti di un personaggio indimenticabile. Silver, l'antieroe in cui tutti ci riconosciamo e di cui tutti abbiamo bisogno.
Certi amori sembrano distanti anni luce. Eppure a volte sono i più importanti, gli unici che contino davvero per noi: quelli che fanno nascere l'universo in cui viviamo. Cecilia e Claudio, medici nello stesso ospedale, imparano a parlarsi e a desiderarsi in un tempo cadenzato dalla ritualità dei pranzi, dall'infittirsi di conversazioni e confidenze, da un'attrazione reciproca che, per quanto intensa, non riesce a manifestarsi, come una costellazione non ancora tracciata. Ma a vederla da fuori la loro storia è visibilissima: visibili le cautele che li allontanano - sono un uomo e una donna che vengono da convivenze esaurite e tuttavia non spente, lei accesa da una tormentata maturità di madre, lui protetto da una polvere di timide certezze -, visibile l'amore che li unisce. È proprio allora che al loro tavolo siede un giorno la sorella di Cecilia, l'estroversa e generosa Silvia. In un gioco sempre più accelerato di rivelazioni e rincorse, Claudio, Cecilia e Silvia finiscono con l'abitare un triangolo singolare. E da lì in poi è come se l'amore cercasse un'altra strada, e questa strada s'aprisse il varco fra le scorie del passato, verso l'imprevedibile disegno di un nuovo universo affettivo.
1986. Adrien, Étienne e Nina si conoscono in quinta elementare. Molto rapidamente diventano inseparabili e uniti da una promessa: lasciare la provincia in cui vivono, trasferirsi a Parigi e non separarsi mai. 2017. Un'automobile viene ripescata dal fondo di un lago nel piccolo paese in cui sono cresciuti. Il caso viene seguito da Virginie, giornalista dal passato enigmatico. Poco a poco Virginie rivela gli straordinari legami che uniscono quei tre amici d'infanzia. Che ne è stato di loro? Che rapporto c'è tra la carcassa di macchina e la loro storia di amicizia?
Mosso dal desiderio di liberarsi dei ricordi che non smettono di tormentarlo, il narratore di questo libro decide di compiere un viaggio nella sua città, trasformata per l'occasione in un grande teatro della memoria. E come in ogni avventura che si rispetti, si dota delle armi magiche necessarie all'impresa: una mappa quadrata di ottantuno caselle, una raccolta di lettere d'amore e alcune vecchie agende fitte di appunti. La città è Torino, la storia è quella di una coppia italiana del dopoguerra, del loro innamorarsi, sposarsi e vivere prima felici e contenti, e poi infelici e scontenti. S'incontrano nel 1943: lui, ufficiale del Genio e futuro ingegnere, è appena tornato dalla Russia; lei ama la musica e la poesia. Si sposano nel 1946, mettono su famiglia. Gli anni della ricostruzione diventano presto gli anni del miracolo economico, che diventano presto gli anni della contestazione e della crisi. L'ingegnere, soccombendo alla melanconia, scava un tunnel personale dove rimane intrappolato, intrappolando anche la moglie e i figli. Disseminati i frammenti del tempo nello spazio della città, il narratore indaga i motivi misteriosi della depressione del padre. Alla fine, però, nessuna ragione gli sembra sufficiente a spiegare trent'anni di tristezza irrimediabile. Capisce che sono proprio i ricordi più dolorosi quelli che gli permettono di non interrompere il dialogo con i genitori - che, dopotutto, non vuole far scomparire dalla propria vita. In questa Traversata, il lettore sceglierà se indugiare nei luoghi del romanzo familiare o avventurarsi su sentieri più imprevedibili e nascosti. Qui incontrerà case stregate, martiri e reliquie, monumenti equestri, bilance svizzere, papiri egizi, antropologi e architetti; e poi cavalli bianchi, volpi pallide, pesci siluro e molti altri animali. Ma giunto alle ultime pagine riconoscerà le voci che risuonano nitide tra le righe: quelle di chi se ne è andato e offre un'ultima occasione di incontro a chi è rimasto.
Nel 1936, il quarantunenne Ernst Jünger si imbarca sul Monte Rosa, storico piroscafo che collegava Amburgo al Sud America, e approda in Brasile. Il suo resoconto delle otto settimane di viaggio, pubblicato solo dopo la guerra, seduce pagina dopo pagina: per le preziose descrizioni di paesaggi esotici e di piante incontrate finalmente nel loro habitat naturale, come accade alle Azzorre, e poi di pesci volanti, serpenti velenosi, cacce agli insetti... La flora e la fauna delle foreste tropicali catturano il suo sguardo più di ogni altra cosa, ma non mancano le annotazioni sulla vita di bordo, che dà spunto a ritratti di personaggi singolari, né le osservazioni sugli abitanti del posto, con il loro lavoro e la loro stratificazione sociale, e sull'impronta lasciata dalla vecchia Europa nel nuovo mondo; la curiosità per i prodigi della meccanica, poi, spinge Jünger fin dentro il ventre del piroscafo, dove lavorano nell'aria rovente i grandi motori diesel. Non una parola sulle minacce di guerra che ormai si colgono in quegli anni, ma l'atmosfera serena e a tratti perfino felice che si respira in queste pagine è turbata verso la fine del viaggio dalle fiamme che, preludio di catastrofi, «già guizzano all'orizzonte». Questo diario è arricchito delle lettere confidenziali, aneddotiche, a tratti divertenti, che l'autore scrisse al fratello Friedrich Georg durante la traversata.
Chi è il capitano Kerrigan, che imbarca su un veliero scrittori, scienziati e donne misteriose per un viaggio verso il polo Sud? Sembra un personaggio alla Corto Maltese, affascinante, malinconico, con un amore infelice alle spalle e una ricchezza dalle origini incerte. In questa avventura d'altri tempi, l'enigma della sua vita si intreccia con altri enigmi (vi sono pure degli omicidi), e non tutti verranno risolti. In un ironico e beffardo gioco di realtà e finzioni, di curiosità e frustrazioni, un giovanissimo Marías - qui al secondo romanzo - ha ripercorso con divertimento contagioso le atmosfere dei suoi maestri d'elezione: James, Conrad, Conan Doyle.

