
Capricciosa, dispotica e tranchant: così è Aurora Greenway, vedova quarantanovenne di Houston, in Texas. In compenso ha capelli stupendi e un corpo che mantiene sodo cucinando in modo sopraffino e mangiando di gusto. Gli spasimanti, quindi, non le mancano, ma come scegliere tra il vicepresidente di banca impacciato, la vecchia fiamma sentimentale e il vicino che la spia con il binocolo, quando lei stessa sa che «solo un santo riuscirebbe a vivere con me, e io non riuscirei a vivere con un santo»? Di tutt'altra pasta è sua figlia Emma, una ragazza pacata e malinconica alle prese con un matrimonio sbagliato (cosa che Aurora non perde occasione di rinfacciarle). Suo marito, docente di letteratura e aspirante scrittore, dopo soli due anni ha già perso interesse nei suoi confronti, la loro vita sessuale è noiosa, le conversazioni litigiose. Forse un figlio sistemerà le cose? Non è di questo avviso sua madre, che al dolce annuncio anziché felicitarsi dà in escandescenze: chi, chi mai vorrà accompagnarsi con una nonna? La vita matrimoniale non sembra granché nemmeno per Rosie, la combattiva e instancabile donna di servizio di Aurora, che dopo ventisette anni e sette figli scopre che il marito le ha fatto un torto ben peggiore dell'occhieggiare la padrona sotto il suo naso. Bisticci, tumulti e scaramucce si smorzano nella birra e nel bourbon, fra tragicomici blackout di lucidità e giudizio.Ma una sotterranea rete d'amore lega le protagoniste, pronta a entrare in campo quando la vita colpisce più duro.
Gilda, Maria, Arialda, Erodiade, Gertrude, Virginia, Letizia, Felicita: memorabili figure femminili del vasto universo espressivo di Giovanni Testori. La donna è portatrice di una furiosa voglia di vivere e di un incessante desiderio di felicità che sembrano iscritti nel suo grembo e che si scontrano con l'evidente limite della morte, in particolare quella dei più vicini e cari (figli, mariti, fidanzati). Eppure, in quello stesso grembo, nasce la vita a testimoniare un amore in grado di superare ogni limite. Due estremi lacerati e laceranti che si riconcilieranno, significativamente, in alcuni episodi centrali del lungo cammino artistico di Testori, per trovare una definitiva sintesi nella figura conclusiva della Mater Strangosciàs dei Tre Lai. Nei cinque capitoli del volume sono stati isolati i vari tratti del femminino testoriano - corpo, linguaggio, amore, morte, maternità -, nel tentativo di districare e separare, per meglio vedere, ciò che in realtà si pone intrecciato e inevitabilmente connesso nell'unità della coscienza umana. Testori non rappresenta solo le donne, ma attraverso il grande affresco del femminile guarda la vita intera, nella sua origine e nelle sue istanze essenziali.
Da una festa patronale all'altra, presentati durante la loro attività professionale ma anche a casa loro, con le loro abitudini e nel loro ambiente, non è soltanto alla musica dei contadini della Sardegna cui veniamo iniziati, ma ai costumi della popolazione di quest'isola che l'autore ha percorso con amore e pazienza. Nella serie di brevi ritratti che ci propone, il suo approccio con i protagonisti dei suoi studi, musicisti o no, prende l'aspetto di un'avventura. Personaggi reali, gli uomini e le donne incontrati dall'autore durante il suo soggiorno sull'Isola sono resi in tutto il loro spessore vitale. I racconti che li riguardano ci informano nella maniera più diretta sul loro carattere e sui tratti dell'ambiente sociale in cui vivono.
Elias Canetti soggiornò per un certo periodo a Marrakech, nel 1954. Il grande lavoro su "Massa e potere" era giunto a un momento di stasi e lo scrittore sentiva il bisogno di nuove voci, di voci incomprensibili, come quelle che lo avvolsero nella splendida città marocchina. Vagando per i suk, per le strette vie, per i mercati e le piazze, fra cammelli, mendicanti, donne velate, cantastorie, farabutti, ciechi e commercianti, Canetti capta forme e suoni: "gli altri, la gente che ha sempre vissuto là e che non capivo, erano per me come me stesso".
Le voci, le luci, i colori, gli angoli, i conflitti di una metropoli cosmopolita ancorata alla tradizione e tentata dalla modernità. È questa Istanbul ma anche la Turchia che si dibatte tra tolleranza e fondamentalismo, nazionalismo e spirito europeo, repressione e democrazia. In questo libro vengono raccolti scritti e interviste degli ultimi anni che toccano vari temi: dal ruolo della donna ai diritti umani, dal genocidio degli armeni alle stragi dei curdi, dal terrorismo islamico all'incapacità dell'Occidente di comprendere l'umiliazione dei popoli dannati del Terzo Mondo.
"Deviazioni" è il nome che Ed McBain ha deciso di dare a questa raccolta, dopo aver invitato dieci fra i più grandi nomi del suspense, del mystery e del thriller a misurarsi con una storia più lunga di un racconto e più breve di un romanzo. Ovvero con un romanzo breve, genere in auge nei mystery magazine degli anni '40-'60, ma oggi non più diffuso. I testi qui riuniti - mai pubblicati prima - sono quindi deviazioni dalle forme attualmente più comuni nel poliziesco e nel thriller. Questo volume raccoglie "Le voci delle cose" di Stephen King e "La donna del faro" di John Farris.
Nel gelido inverno del 1944, il giovane maestro Oriol Fontelles e sua moglie si trasferiscono a Torena, nelle valli dei Pirenei, ignari degli odi che la guerra civile ha seminato nel paese e delle drammatiche vicende che da lì a poco sconvolgeranno per sempre le loro vite. Sessant'anni dopo la maestra Tina Bros recupera per caso dei quaderni nascosti dietro la lavagna della vecchia scuola di Torena che sta per essere demolita. Sono le confessioni che Oriol Fontelles, prima di morire, scrive per scagionarsi agli occhi della figlia che non ha mai conosciuto. Intrecciando la sua vita personale a quella di Oriol e dell'affascinante nobildonna Elisenda Vilabrù, Tina riporta alla luce odi e amori, tradimenti e segreti volutamente custoditi per mezzo secolo. Con Le voci del fiume Cabré, grande conoscitore dell'animo umano e delle sue ombre, indaga il sentimento della vendetta e dell'odio, ma anche il valore del ricordo e della memoria, come unica forma di salvezza.
La sera del 18 ottobre 1944 il maestro e falangista Oriol Fontelles viene ucciso durante un'incursione dei maquis. Solo i testimoni di questa morte conoscono l'inconfessabile segreto che la circonda. Quando sessant'anni dopo Tina Bros scopre nella vecchia scuola, nascosti dietro una lavagna, i quaderni di Oriol, non immagina che questo ritrovamento riporterà alla luce un segreto che è rimasto custodito per mezzo secolo. Rivivrà con Oriol la sua tragica relazione con la bella ed enigmatica Elisenda Vilabrù, il suo coinvolgimento con il regime franchista e il tardivo riscatto, ma non solo. Come delle ombre riaffiorano dalle nebbiose valli dei Pirenei, le storie, gli odi, gli amori e i tradimenti di un tempo segnato dal fanatismo e dalla passione. Sentimenti antichi che sopravvivono ad un passato che non è mai passato. Con straordinaria abilità stilistica Jaume Cabré alterna i piani temporali, e come un direttore d'orchestra, crea una storia polifonica che attraverso le voci e le vicende dei personaggi mette a nudo la verità storica dell'impossibilità di dimenticare e perdonare.
Autore
Frederic Prokosch
Risvolto
«In Voci, il mio libro di memorie, mi sono sforzato di cogliere la verità delle mie varie vittime, così come ho tentato di cogliere la fugace iridescenza delle mie farfalle. Ma, nello sforzarmi di cogliere quella verità, mi sono sorpreso a brancolare in un paesaggio di fantasmi meravigliosi, quel fregio sonnambolico di silhouettes erranti e di sfondi mutevoli che compone il nostro ‘passato’. Per essere veritieri, bisogna sempre mentire un poco, così come per mentire bisogna essere un poco veritieri. E il passato non risuscita che in un chiaroscuro onirico dove gioia e dolore diventano le maschere molteplici che celano i volti e le voci degli anni scomparsi per sempre, con il solo fine di riapparire in un nuovo camuffamento»
Frederic Prokosch
Fin da ragazzo, Prokosch elaborò un’arte sottile nello stanare gli scrittori che amava. Li sorprendeva ogni volta nel luogo giusto e al momento giusto, registrava, implacabile, le loro battute e oggi, a distanza di decenni, ce le ripropone in minuscoli pastiches, dove con sbalorditivo mimetismo viene fatto riecheggiare lo stile di ogni singolo autore – stile della pagina e della persona. Leggere questo libro, scritto da un sapiente romanziere e collezionista di farfalle, che ha attraversato il secolo con gli occhi, e gli orecchi, ben aperti, vuol dire ripercorrere, esilarati e leggeri, tutta la letteratura del Novecento. Già un parziale elenco degli incontri qui raccontati può dare un’idea della sovrabbondante ricchezza di queste memorie, anche se soltanto la lettura ci confermerà quanto sia giustificata la pretesa di Prokosch in questo suo libro: «penetrare nella natura segreta dei fluidi che finiscono per addensarsi in opere d’arte». Ben intagliate come altrettanti cammei, le scene raccontate da Prokosch accompagneranno d’ora in poi la nostra immagine di certi autori, qui amabilmente costretti a rivelarsi.
Eccone alcuni: Virginia Woolf nel suo antro della Hogarth Press; Auden che parla di Kafka in un bagno turco; James Joyce in visita nella libreria di Sylvia Beach; Wallace Stevens che parla di squash; E.M. Forster sul prato del King’s College; Walter de la Mare che evoca elfi e fantasmi; Brecht in un bar a New York; Thomas Wolfe alle prese con le bacchette in un ristorante cinese; Gide in vestaglia di velluto rosso; Colette, fra tanti cuscini, che elenca le sue farfalle preferite; T.S. Eliot sulle rive del lago di Nemi; Maugham che balbetta vicino alla tomba di Cecilia Metella; Dylan Thomas a Ostia; Gertrude Stein che discetta sugli ortaggi; Ezra Pound che si infuria giocando a tennis, perché una certa signorina Piaggio lo batte; Hemingway sottoposto a interrogatorio da Lady Cunard; Marianne Moore che riflette sugli armadilli; Santayana che riceve in convento; Mario Praz che riceve nella sua casa di via Giulia; Norman Douglas che depreca i suoi colleghi più giovani in un caffè di Capri; Karen Blixen che parla degli spiriti dell’Africa; Nabokov che si abbandona ai suoi ricordi di entomologo.
Senza mai chetarsi, ora infuriata ora implacabile, la voce delle onde ci accompagna durante tutta la lettura di questo romanzo. Si tratta di una storia d'amore che sulla sponda del mare nasce e si sviluppa, raggiungendo apici di toccante e poetica spontaneità e semplicità. La vita, fatta di coraggio e di sacrificio, di un povero villaggio di pescatori giapponesi è lo sfondo per le uscite sul mare in tempesta, la pesca delle perle e i convegni d'amore di due giovani protagonisti, Shinji e Hatsue, su al tempio di Yashiro, che dall'alto del monte domina l'Isola del canto - Uta-jima - come armoniosamente la chiamano i suoi abitanti.