
"Li ho riletti, questi sei racconti, tutti d'un fiato. Con un unica preoccupazione: capire se e quanto sono invecchiati, se e quanto i cento e passa anni che ci separano da loro hanno lasciato traccia. Che sollievo. Nessuna traccia. E che rinnovata consonanza, che piacere, che felicità nella lettura. Cent'anni? Andiamo! Sono storie di oggi, aggiustate certe situazioni, che tutti viviamo in prima persona, che ci sentiamo raccontare, che osserviamo intorno a noi. Mogli, mariti, amanti, padri, madri, figli, figlie: siamo noi, niente è cambiato. Mi sono anche chiesto il perché di questa inesauribile modernità di Cechov. Forse una ragione me l'ha data Orhan Pamuk nel suo recente discorso per il Nobel: 'Un autore parla di cose che tutti sanno senza averne consapevolezza. Esplorare questo sapere e vederlo crescere dà al lettore il piacere di visitare un mondo al contempo familiare e miracoloso'. In fondo anche Gor'kij diceva la stessa cosa di Cechov: 'Non dice nulla di nuovo, ma ciò che dice è così convincente, semplice, chiaro, da far paura'." (dall'Introduzione di Fausto Malcovati)
Uno scrittore altissimo che ebbe in sorte di vivere e raccontare uno degli orrori più intensi e più vasti che l'umanità abbia escogitato.
Oltre alla produzione poetica, Fernando Pessoa si era cimentato anche nella composizione di narrazioni brevi, alternando il registro metafisico a quello poliziesco, sempre con esiti felicissimi. Questa edizione presenta al pubblico italiano anche una serie di inediti, tra cui spicca il bellissimo "Quaresima". L'eterogeneità di questi testi rappresenta perfettamente la personalità complessa e travagliata, eppure coerente, di Pessoa e ne fa tessere imprescindibili di quel mosaico che è il progetto estetico cui l'autore lavorò per l'intera esistenza.
"Humour nero, azioni fulminee, diàloghi serrati e scoppiettanti, uno stile secco e rapido, come quello di un Hemingway eroicomico", scriveva Italo Calvino a proposito della scrittura di Soriano. E non vi è modo migliore per scoprirla che leggendo i testi editi e inediti compresi nei "Racconti degli anni felici". Questa raccolta presenta un'estesa panoramica dei suoi scritti "brevi": un'antologia di racconti e reportage di altissimo livello, dove lo stile del giornalista sconfina e si ibrida con quello del narratore smaliziato. E dove compaiono tutti i temi che hanno reso famoso Soriano: da Gardel alla Coca-Cola, dagli emigrati italiani agli esuli argentini, da Monzón a Cassius Clay, da Cortàzar a Garcia Marquez... Inoltre, appaiono qui per la prima volta quattro testi sinora inediti in Italia, che consentono di apprezzare come agli esordi del "mestiere" Soriano fosse già uno scrittore dotato e capace di praticare con esiti eccellenti "quella piccola utopia e quella piccola avventura che è il racconto".
In Bosnia raccontare si dice "divaniti", dalla radice del turco "divan" sofà, canapé, ottomana - per alludere a un raccontare disteso, lento, da fare (e ascoltare) in compagnia, come un rito. Chi racconta bene è tenuto in grande considerazione, come una specie di eroe nazionale. L'antologia presenta al lettore italiano le prose di diciannove scrittori del Novecento, autori che hanno lasciato una traccia indelebile nella letteratura bosniaco erzegovese del Novecento.
Secondo una leggenda, un dio dell'Indostan chiese a un altro dio di cedergli una delle sue 14.516 mogli. «Prenditi quella che trovi libera» fu la benevola risposta. Ma in tutti i 14.516 palazzi la moglie giaceva col suo signore, che «si era sdoppiato 14.516 volte» affinché ciascuna credesse di essere la favorita. La fonte di questo «racconto breve e straordinario», un libro apparso a Goa nel 1887, è in realtà illusoria. E grazie a Bioy Casares sappiamo come sono andate le cose: «Domani compro il libro dove l'ho letta» gli aveva detto Borges riferendosi alla leggenda. E Bioy: «No, raccontiamola noi e attribuiamola a un autore qualsiasi» - nella fattispecie, un gesuita portoghese. Così, con estro sfrenato e giocoso, hanno lavorato i due appassionati antologisti: ritagliando brani da una sbalorditiva molteplicità di opere (dal taoista Trattato del Vuoto Perfetto a Max Jacob), ricorrendo ad amene falsificazioni, inventando spudorati lemmi bibliografici e apocrifi: come le Memorie di un bibliotecario di Francisco Acevedo, alias Borges, o la magnifica Storia dei due re e dei due labirinti, sempre di Borges malgrado la depistante attribuzione. Senza peritarsi di manipolare le fonti: in un'iscrizione che evoca la verginità di Iside, un semplice «(finora)» aggiunge al referto di Plutarco una maliziosa connotazione: «nessun mortale (finora) ha sollevato il mio velo». Ma l'obiettivo è uno solo: mostrare come un'antologia di vertiginosa varietà possa racchiudere «l'essenziale di ciò che è narrazione» - vale a dire uno dei grandi piaceri che la letteratura può offrire.
I racconti di Lezama Lima si situano nella stessa linea di inesausta ricerca, di forzatura del limite dei generi, che caratterizza l'intera opera del grande romanziere, poeta e saggista cubano. Come nel postumo "Oppiano Licario" e nel suo grande romanzo "Paradiso", anche in questi racconti saltano gli schemi: si espandono o s'ignorano, con allegria barocca, gli assiomi classici e ogni precetto formale che inquadra il genere "racconto". Ovunque è in agguato la sorpresa, con indizi dell'invisibile; racconti da considerare frutti di quella battaglia con le parole che Lezama, infaticabile, ha sempre combattuto.
L'animo umano è un paesaggio eterogeneo ed enigmatico. Anton Cechov è stato capace di raccontarlo in decine di racconti straordinari. Ogni racconto è una piccola sinfonia che indaga gli abissi e le increspature di ogni personaggio, andandone a recuperare il nucleo di mistero più nascosto. Il grande narratore russo registra gli ultimi sussulto della borghesia del suo paese, costruendo un affresco unitario, nitido e intenso; un'opera, la sua, della quale Tolstoj ebbe a dire che sembrava un dipinto: da vicino dava la sensazione di pennellate distribuite a caso, mentre facendo un passo indietro tutto mostrava "un quadro chiaro, indiscutibile".
Sepúlveda racconta il lato più avventuroso e intimo della sua vita: gli amici, gli incontri con i grandi scrittori come Francisco Coloane e Osvaldo Soriano, i momenti condivisi con i compagni, Hernan Rivera Letelier, Mario Delgado Aparain, Mempo Giardinelli e Mario Benedetti. Rivive i festival letterari, le occasioni di incontro pubbliche e private, sullo sfondo dei luoghi dove il suo "gruppo" è solito ritrovarsi: da Parigi a Santiago del Cile, da Gijon a Guadalajara, da Roma alle tante province italiane. E lo fa conversando con Bruno Arpaia, egli stesso scrittore e conoscitore della letteratura sudamericana.
Sepúlveda racconta il lato più avventuroso e intimo della sua vita: gli amici, gli incontri con i grandi scrittori come Francisco Coloane e Osvaldo Soriano, i momenti condivisi con i compagni, Hernan Rivera Letelier, Mario Delgado Aparain, Mempo Giardinelli e Mario Benedetti. Rivive i festival letterari, le occasioni di incontro pubbliche e private, sullo sfondo dei luoghi dove il suo "gruppo" è solito ritrovarsi: da Parigi a Santiago del Cile, da Gijon a Guadalajara, da Roma alle tante province italiane. E lo fa conversando con Bruno Arpaia, egli stesso scrittore e conoscitore della letteratura sudamericana.
Abbiamo tutti una storia da raccontare. "Non credo che nessuno possa trascorrere la vita senza che gli capiti almeno una cosa speciale", dice Urna ai suoi compagni di viaggio. Ma è un viaggio da fermi quello che la ragazza e altre otto persone sono costrette a compiere. Si sono incontrati per caso solo poche ore prima, in una sala d'attesa nell'ufficio consolare di una città americana: a parte il funzionario e la sua segretaria, sono tutti lì per ottenere un visto per l'India. Devono partire quando all'improvviso il terremoto scuote l'edificio facendolo crollare: "fu come se un gigante avesse appoggiato le labbra sulle fondamenta e si fosse messo a urlare". Così quelli che dovevano essere viaggiatori per l'Oriente si ritrovano intrappolati tra le pericolanti mura di uno stanzino, con il rischio che il soffitto crolli da un momento all'altro, l'acqua invada i locali o una fuga di gas faccia esplodere tutto. Una nonna cinese che ha vissuto tanti anni in India e la sua nipotina punk e occidentalizzata, una coppia di bianchi unita più dalle reciproche debolezze che dall'amore, un giovane musulmano in cerca di risposte e un veterano ancora ossessionato dalle domande, due colleghi infedeli e Urna, una studentessa universitaria che sta preparando un esame sui Racconti di Canterbury... E proprio Urna ha un'idea: perché ognuno non racconta la propria storia, anzi la storia di una cosa speciale che è accaduta nella loro vita?