
Il naufragio di Piscine Molitor Patel, un ragazzo indiano chiamato da tutti Pi, e quattro insoliti compagni di viaggio - una zebra ferita, un orango, una iena e una tigre - si trasforma in un'avventura sospesa tra realtà e magia. La sfida del protagonista sarà la sopravvivenza nonostante la sete, la fame, gli squali e la furia del mare. Un libro unico, un po' romanzo d'avventura e un po' favola surreale dall'inattesa anima nera.
Le pagine più poetiche e profonde scritte da uno dei maestri del Novecento spagnolo, riproposte oggi al pubblico in occasione del centenario della prima pubblicazione. Nata come commento al romanzo di Cervantes, "La vita di Don Chisciotte e di Sancio" è in realtà molto più di un'erudita interpretazione storica, filologica o critica: il commento alle gesta dell'hidalgo per antonomasia è solo un pretesto per elaborare una "libera e personale esegesi del Chisciotte" e dare così vita a una monumentale prova di "agudeza" filosofica e di maestria letteraria.
Miguel de Unamuno è stato il fautore di una religione poetica, issata sull'esperienza della parola creatrice, mediante la quale non soccombe alla tentazione del nulla. Tra le sue opere fondamentali, un ruolo peculiare svolge il celebre libro su "Don Chisciotte". La forma del commento, che consente di attuare un dialogo interiore, è opera di uno spirituale piuttosto che di un intellettuale, la cui attitudine è contrassegnata dal pessimismo trascendente e dall'esistenza tragica. Unamuno confessa che il suo libro contiene "tutto un sistema filosofico", oltre a rappresentare un potente incitamento ad abbracciare una vita fondata sull'ideale etico, sull'eroismo tragico onde conquistare quella gloria e fama individuali e collettive, in ultima analisi l'immortalità, alla quale si può pervenire solo con una fede basata sul forte volere. Don Chisciotte è pervaso da una rassegnazione attiva, da una lotta titanica e utopica contro il mondo, alla ricerca del senso ultimo dell'esistenza e del proprio destino. Esprimendosi nella forma paradossale, ritenuta il linguaggio tipico della passione oltre che affermazione della volontà di creazione disperata, Unamuno assurge a pensatore tragico.
Elizabeth Costello, anziana e popolare romanziera, riesce a mettere in crisi tutti i sapienti accademici, a cominciare da suo figlio, professore di fisica in una città universitaria "politically correct", dove è stata invitata a parlare dei suoi libri. Con la sua voce pacata, Elizabeth parlerà invece delle "vite degli animali" e di come vengono maltrattate dagli uomini, gettando i suoi ascoltatori in un insanabile imbarazzo.
Elizabeth Costello, anziana e popolare romanziera, riesce a mettere in crisi tutti i sapienti accademici, a cominciare da suo figlio, professore di fisica in una città universitaria "politically correct", dove è stata invitata a parlare dei suoi libri. Con la sua voce pacata, Elizabeth parlerà invece delle "vite degli animali" e di come vengono maltrattate dagli uomini, gettando i suoi ascoltatori in un insanabile imbarazzo.
Eroe di guerra, diplomatico, cineasta, Romain Gary si suicidò il 3 dicembre 1980. La sua scomparsa fece scalpore ma il vero colpo di scena arrivò quando, pochi mesi dopo la morte, si scoprì che Gary ed Emile Ajar, autore del romanzo "La vita davanti a sé", erano in realtà la stessa persona. Il libro, che narra le vicende di Momo, ragazzo arabo nella banlieu di Belleville, figlio di nessuno, accudito da una vecchia prostituta ebrea, vinse il Goncourt inaugurando uno stile gergale da banlieu e da emigrazione, cantore di quella Francia multietnica che cominciava a cambiare il volto di Parigi.
Un inno alla vita e all'amore terreno; ma anche un canto di dolore e di disperazione. È questo il senso della lunga lettera indirizzata ad Aurelio Agostino, il grande Padre della Chiesa, vissuto nel IV sec. d.C, da Floria Emilia, sua ex amante e madre del suo unico figlio. Una lettera mai venuta alla luce, fino al 1995, quando Jostein Gaarder, spulciando tra gli scaffali di una vecchia libreria antiquaria di Buenos Aires, non s'imbatte nel prezioso codice. Un ritrovamento importante, poiché attraverso le struggenti parole di Floria prende forma una figura appena accennata nelle celebri Confessioni ed emergono i tratti di quell'unione felice. Dalla voce di Floria scaturisce, così, un racconto accorato e commovente, ironico fino al sarcasmo ma vibrante ancora di tenerezza e desiderio, in cui una donna, ferita nel proprio orgoglio, ma non rassegnata, si ribella alla perdita del proprio uomo, ponendo a lui, a se stessa e a noi le eterne domande sul divino, la natura umana e il significato dell'amore.
«È forse impazzito, Brausen?
Si può dire che è diventato pazzo alla maniera di quei memorabili personaggi della letteratura raggirati dalla vita immaginaria, come il don Chisciotte dei romanzi di cavalleria o la Madame Bovary dei romanzetti d'amore, che finiscono per sostituire la vita reale con quella delle loro fantasie. Tale temeraria pretesa, insita nella condizione umana, ha sempre spinto alcuni uomini e donne a cercare di raggiungere l'impossibile, a ribellarsi contro la propria condizione e ad ambire a qualcosa di diverso. Tendenza che ha reso possibili il progresso e la civiltà, ma che genera anche frustrazione e sofferenza quando i sognatori si rendono conto che la vita reale non coincide mai con quella della finzione.
Sognare e fantasticare è l'ultimo rifugio di Brausen dal momento in cui la sua visione pessimista e disperata del mondo sembra non lasciargli altra scappatoia se non il suicidio».
dal saggio di Mario Vargas Llosa
Le storie d'amore non sono così frequenti nell'opera di Kadaré, e questo romanzo ne cela una delle più belle e delle più tragiche. Lul Mazrek, giovane aspirante attore, Vjollcia Morina, bella ragazza impiegata alla banca di Stato, il ministro a capo della polizia segreta dell'Albania comunista, più molti altri personaggi insoliti, si trovano coinvolti in questa vicenda singolare dagli sviluppi enigmatici, ambientata in una stazione balneare del sud del Paese, prima e dopo la caduta della dittatura. I crimini perpetrati nell'ex impero comunista non sempre si manifestano sotto le loro vere spoglie. In quelli - basati su fatti veri - narrati in questo romanzo, l'orrore si traveste pubblicamente da spettacolo teatrale: all'autore provare a svelare come attori e spettatori siano potuti soggiacere insieme alla stessa suggestione quasi ipnotica.
Prima della discesa agli inferi della Kolyma, la sterminata distesa di paludi e ghiacci nella Siberia nordorientale dove il regime sovietico portò al massimo livello di efficienza il sistematico annientamento delle sue vittime, Šalamov aveva già avuto modo di sperimentare la durezza della repressione staliniana: arrestato nel 1929 per «propaganda e organizzazione sovversiva», fu infatti condannato a scontare tre anni di lavori forzati in uno dei primi lager sovietici, quello di Višera, nel Nord degli Urali. Al ricordo di quell'esperienza - il primo impatto di uno spirito libero e forte con la spietata realtà politica e sociale del Paese - Šalamov torna in due momenti distinti della sua vita, dopo il ritorno a Mosca da uomo libero. Nel 1961, mentre già sta lavorando ai Racconti della Kolyma, scrive i due frammenti che aprono il volume, La prigione di Butyrki (1929) e Višera: testi incompiuti, eppure fondamentali per introdurre il corpo centrale del libro - quello che nel diario egli definì L'antiromanzo Višera, scritto tra il 1970 e il 1971, ma destinato a vedere la luce solo nel 1989. In queste pagine, che si saldano indissolubilmente ai Racconti della Kolyma e che spesso ne richiamano temi e personaggi tanto da costituirne l'indispensabile preludio, prende via via forma l'epopea negativa dei lager staliniani: la storia della loro nascita, di chi li abitò e di chi li diresse, dell'incrudelirsi delle regole che li trasformarono in un perfetto meccanismo - congegnato «a immagine del mondo» - atto non solo a infliggere sofferenze estreme, ma soprattutto a stravolgere ogni norma etica, distruggendo moralmente tanto le vittime quanto i carnefici: «Che cosa mi ha dato Višera? Tre anni di disillusioni quanto agli amici e di speranze infantili infrante. Un'insolita sicurezza nella mia forza vitale ... solo, senza amici, e senza nessuno che la pensasse come me, sopravvissi a quella prova fisica e morale. Ero saldo sulle mie gambe e la vita non mi faceva paura».
Violeta nasce in una notte tempestosa del 1920, prima femmina dopo cinque turbolenti maschi. Fin dal principio la sua vita è segnata da avvenimenti straordinari, con l'eco della Grande guerra ancora forte e il virus dell'influenza spagnola che sbarca sulle coste del Cile quasi nel momento esatto della sua nascita. Grazie alla previdenza del padre, la famiglia esce indenne da questa crisi solo per affrontarne un'altra quando la Grande depressione compromette l'elegante stile di vita urbano che Violeta aveva conosciuto fino ad allora. La sua famiglia perde tutto ed è costretta a ritirarsi in una regione remota del paese, selvaggia e bellissima. Lì la ragazza arriva alla maggiore età e conosce il suo primo pretendente... Violeta racconta in queste pagine la sua storia a Camilo in cui ricorda i devastanti tormenti amorosi, i tempi di povertà ma anche di ricchezza, i terribili lutti e le immense gioie. Sullo sfondo delle sue alterne fortune, un paese di cui solo col tempo Violeta impara a decifrare gli sconvolgimenti politici e sociali. Ed è anche grazie a questa consapevolezza che avviene la sua trasformazione con l'impegno nella lotta per i diritti delle donne. Una vita eccezionalmente ricca e lunga un secolo, che si apre e si chiude con una pandemia.
Un romanzo che, tra finzione e verità storica, lega il nazismo all'estremismo islamico. A raccontare la storia di questo romanzo sono due fratelli nati da madre algerina e da padre tedesco. Parlano al lettore attraverso le intime pagine dei loro diari. Entrambi sono stati allevati nella banlieue parigina da un vecchio zio immigrato, mentre i due genitori sono rimasti in Algeria. A Parigi Rachel si è sposato con la bella Ophélie e ha fatto carriera in una multinazionale, mentre il fratello minore Malrich non è riuscito a integrarsi. Nel 1994 il Gruppo Islamico Armato massacra nel villaggio dei genitori trenta persone in nome della guerra santa. Al dolore per la perdita dei genitori si aggiunge, per i due fratelli, una scoperta ancora più atroce: loro padre - che in Algeria aveva partecipato alla guerra d'indipendenza dalla Francia, diventando poi il capo del villaggio - era stato un ufficiale delle SS e come ingegnere chimico aveva fatto esperimenti sul gas usato nei lager. Rachel è sconvolto. Decide di fare i conti col passato del padre; ma quello che scoprirà sarà insostenibile. Basato su una storia vera, il romanzo porta in primo piano tre episodi che sembrano dissimili, ma che invece hanno molti punti di contatto: la Shoah, vista attraverso gli occhi di un giovane arabo che scopre con orrore la realtà dello sterminio degli ebrei.