
Un saggio contro la follia di chi ogni giorno e in tutto il mondo, incita gli uomini a suicidarsi in nome della loro identità. Maalouf si rifiuta di contemplare questo massacro con fatalismo e rassegnazione. Il suo stesso destino di uomo d'Oriente e d'Occidente lo spinge a spiegare ai suoi contemporanei, con parole semplici e riferimenti diretti alla storia, alla filosofia e alla teologia, che si può restare fedeli ai propri valori senza sentirsi minacciati dai valori di cui gli altri sono portatori.
Vi sono situazioni in cui per un istante non riconosciamo chi ci sta accanto, istanti in cui l'identità dell'altro si cancella mentre, di riflesso, dubitiamo della nostra. Kundera trasforma una percezione così segreta e sconcertante in materia romanzesca.
Sono passati loti anni da quando Ida, ambiziosa e bellissima, ha sceso per la prima volta i trenta gradini del music-hall che avrebbe consacrato il suo successo. Ora, i suoi impresari vogliono provare il nuovo numero senza veli di una ballerina americana agli esordi. Quel corpo giovane riporta Ita ai tempi dei suoi difficili passi suasa scena, quando era solo una ragazza povera in terra straniera. La lunga gavetta, poi il successo, la fama, la ricchezza, e un segreto tenuto nascosto perfino a se stessa, un episodio terribile che torna con tutta la sua forza al momento di entrare in scena, nell'atto di fragilità estrema.
Un nuovo titolo della collana dedicata ai grandi classici per l'infanzia, con confezione raffinata e copertina/poster: le sorprendenti avventure del medico Gulliver, che raggiunge isole e Paesi popolati da creature bizzarre, come uomini minuscoli e giganteschi, maghi, cavalli parlanti e che, tramite metafora, mette in luce i difetti della natura umana, della società e dei sistemi politici. Età di lettura: da 8 anni.
Spinto dalla lettura di favolosi libri di viaggio, Beniamino si avventura nel mondo accompagnato dal burlesco e assennato scudiero Senderl. Questa versione ebraica del Don Chisciotte è il capolavoro poetico di un'odissea comune alla letteratura yiddish, i cui eroi lasciano i piccoli e circoscritti borghi ebraici dell'Europa orientale per avventurarsi nel vasto e sconosciuto mondo. Non tanto per ricercare il nuovo, quanto per scoprire e accertare - sotto le apparenze, non di rado inquietanti, del diverso e del moderno - la presenza consolante di ciò che è già noto e familiare.«Mendele è un classico; nei suoi racconti la vita non finisce mai, e l'avvicendarsi di riso e pianto è sempre intriso di significato. Ci insegna a ridere delle nostre sventure e questo riso è l'espressione della resistenza e dell'amore, di quella che Saba avrebbe chiamato "la calda vita"». (Claudio Magris)
Una madre e la figlia smarrite misteriosamente su un'isola; una donna che torna in Polonia dopo decenni per aiutare il suo primo amore a morire; la sorella di Chopin che porta il suo cuore da Parigi a Varsavia per seppellirlo a casa; un anatomista olandese che scopre il tendine di Achille dissezionando la propria gamba amputata; la storia di Soliman, rapito bambino dalla Nigeria e portato alla corte d'Austria come mascotte, infine, alla morte, impagliato e messo in mostra; un popolo di nomadi slavi che conducono una vita itinerante, contando sulla gentilezza altrui, come i dervisci, gli yogi e i monaci buddisti. Storie apparentemente sconnesse, legate tra loro da un uso naturale della lingua e dal senso di sradicamento che ci accomuna in quanto esseri umani. «La fluidità, la mobilità, l'illusione: sono queste le qualità che ci rendono civilizzati. I barbari non viaggiano. Vanno semplicemente a destinazione o fanno razzie». In un tempo in cui i grandi spostamenti di popoli diventano tratte crudeli, oggetto di furibondi scontri politici, il richiamo al nomadismo naturale dell'essere umano si trasforma in un messaggio di profonda attualità.
I turbamenti, le angosce e la solitudine di "un ragazzo senza qualità": pubblicato nel 1906, il romanzo di esordio di Robert Musil colloca, attraverso un'ardita analisi interiore, la crisi adolescenziale del piccolo Törless all'interno della crisi della società mitteleuropea. Nei tratti psicologici del protagonista si delinea il rifiuto di un patrimonio di valori svalutato, paragonabile al vuoto "ideologico" e alla noia esistenziale di molti giovani d'oggi. Al contempo però il lettore contemporaneo non potrà non riconoscere in Beineberg e Reiting - i compagni di Törless che lo stesso Musil nel 1937 definì "gli attuali dittatori in nucleo" - una prefigurazione dei vari "duci" che di lì a qualche decennio avrebbero assoggettato l'Europa. Da qui (e non solo per correttezza filologica) anche la scelta di togliere il protagonista dalla dimensione esclusivamente "giovanile" per restituirlo a quella più ampiamente sociale di "allievo" di un preciso sistema educativo, politico e culturale. Introduzione di Franco Marcoaldi.
Inverno 1937. La guerra è arrivata a Nanchino. Le allieve del collegio di Santa Maria Maddalena, sotto la guida di padre Engelmann, devono lasciare al più presto quel luogo in procinto di sprofondare nel terrore e nel caos. Mentre attendono sulla banchina l'arrivo del vaporetto che dovrebbe condurle a Pukou, un gruppo di soldati feriti viene fatto passare davanti a loro. Sulla barca non c'è più posto per le ragazze, e padre Engelmann non può far altro che riportarle al collegio: restare allo scoperto è pericoloso per chiunque, figuriamoci per delle fanciulle di buona famiglia terrorizzate e sotto shock. Tra loro c'è anche Shujuan, giovane zia dell'autrice. Da giorni aspetta invano che i genitori, in viaggio negli Stati Uniti, tornino a prenderla nella città assediata dai giapponesi e dalla fame. Ma quando tredici prostitute poco più che bambine e un drappello di soldati cinesi si presentano al collegio in cerca di rifugio, una realtà dura e aliena quasi quanto la guerra irrompe nella vita di Shujuan e delle compagne. Costrette a fare i conti con un mondo del quale ignoravano l'esistenza, le ragazze scopriranno che i fiori più belli, a volte, si nascondono dove meno te lo aspetti.
In poche parole: Come l’Anticristo irrompe nella storia dell’uomo ormai desacralizzata e priva di trascendenza causandone l’epilogo.
Scritto nel 1899, I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo è l’ultima opera di Vladimir Solov’ëv, concepita come risposta allo sterile razionalismo della filosofia europea, alla desacralizzazione mascherata da nuova religione, al problema del male e alla falsificazione del bene. Scegliendo la forma di un dialogo polemico e ironico, l’Autore profetizza l’epilogo del nostro processo storico attraverso la parabola dell’Anticristo: un uomo di genio, convinto spiritualista, pacifista, ecologista, filantropo e animalista, dal linguaggio inclusivo, antropocentrico e libertario, capace di ridare unità ai cristiani divisi da secoli di separazioni e scismi. Il suo avvento nel mondo ammalia religiosi, intellettuali e governanti, e irrompe in una storia umana desacralizzata e priva di trascendenza: uno scenario quanto mai attuale nel deserto di senso e di valori che ci troviamo a vivere oggi.
I Taeger vivono a Pittsburgh, Pennsylvania, e sono una famiglia molto in vista: una volta al mese la loro ampia magione accoglie la migliore società. Ciascuno nel suo ambito, i quattro figli sembrano avviati verso brillanti carriere. Nel novembre del 1922, tuttavia, zia Mansfield, sorella della signora Taeger, durante un ricevimento, all'improvviso e per cause inspiegabili muore. E con la sua morte ha inizio anche la disgregazione della famiglia: Elaine, la figlia, si suicida per un amore infelice, nonno Rudolph commette un omicidio, la signora Taeger scappa con un altro uomo e Davison, il marito, si trasferisce a Saint Louis. Solo di Milton, Edward e Arthur, i tre figli maschi, a Pittsburgh si sentirà ancora parlare, perché tutti loro, in un modo o nell'altro, godranno ben presto di grande notorietà. La fulminea disgregazione della famiglia Taeger, dà il via a un vero e proprio fuoco d'artificio di avventure che dagli anni Venti e Trenta ci conducono alla seconda metà del XX secolo e poi di nuovo indietro verso la Guerra di Secessione. Opera prima di un autore diciassettenne, "Il territori del lupo", è un romanzo che attraversa una grande varietà di generi letterari e che non fa nulla per nascondere i propri debiti verso culture che all'epoca, in piena era franchista, erano ancora considerate minori, in primo luogo quella cinematografica e della musica di intrattenimento.
È ancora possibile arginare la violenza con le parole? Fino a che punto la penna è più forte della spada? Di fronte a uno dei problemi più urgenti del nostro tempo, il terrorismo, Frank Westerman si mette personalmente in gioco per capire le strategie e i margini d azione di chi si affida alle armi della trattativa, del ragionamento, della persuasione: frequenta un corso per mediatori dell'Accademia di Polizia, partecipa come ostaggio alla simulazione di un sequestro aereo a Schiphol, incontra un ex dirottatore di treni, uno psichiatra che è stato tra i primi a trattare con i terroristi negli anni Settanta, e un veterano degli accordi di pace convinto che tutto è negoziabile e che finiremo per sederci a un tavolo anche con l'ISIS. In un'inchiesta lucida e appassionante che coniuga suspense narrativa e riflessione storica, etica e politica, Westerman ci proietta nel mezzo degli attentati di un commando molucchese a cui assistette da bambino nei Paesi Bassi, rievoca il suo incontro con una combattente della RAF all'Avana, ricostruisce l'escalation del terrore ceceno e della brutale repressione di Putin di cui fu testimone quando era corrispondente in Russia. E scavando nel complesso duello tra potere e dissenso armato, indaga le ragioni del dialogo contro il rifiuto di scendere a compromessi con i terroristi, chiedendosi se le attuali azioni jihadiste possano ammettere un'efficace risposta verbale. Ma non è forse la parola il pericolo più temuto da chi impone i propri dogmi con la violenza? Non è la via del confronto a garantire quella stessa democrazia che intendiamo difendere?

