
Crescere in un mondo "senza passato" può segnare una vita intera. Non stupisce dunque che Naipaul, da ragazzo, a Trinidad, si sentisse "tagliato fuori dalla storia": nessuno, intorno a lui, sapeva che Chaguanas, la sua città d'origine, trae il nome dai nativi che Colombo aveva chiamato "indiani" e che ora non esistono più; a nessuno interessava che l'isola fosse servita agli spagnoli solo come base per la corsa all'oro nella giungla sudamericana; e su quanto rimaneva delle piantagioni di canna da zucchero nessuno si interrogava. La storia era stata sostituita dai favoleggiamenti, che depuravano i fatti dalle loro scorie livide, e soffondeva di un'aura fantastica i tumultuosi eventi delle Indie Occidentali. Ma alla fine degli anni Sessanta, attraverso lo studio rigoroso dei documenti conservati al British Museum, Naipaul intraprende un viaggio che lo sprofonda "in un orrore al quale non era preparato": ma lo spinge anche a scrivere questa lucida, scabra cronaca, dove il fiabesco Eldorado si tinge di barbarie e lascia affiorare schiavitù, massacri e torture divenuti e rimasti per secoli agghiacciante normalità. Visitando sotto la sua guida i grandi momenti in cui Trinidad è stata "toccata dalla storia", vedremo così gli europei "civilizzatori" in una sinistra quotidianità, e l'epopea della Conquista trasfigurarsi in catastrofe. E verificheremo che Naipaul sa diagnosticare e curare una malattia tipicamente coloniale: la perdita della memoria.
Decisamente, il piccolo Yehoshua non è portato per la santità: le preghiere infinite del padre, i libri di morale della madre, l'onnipresenza della Torah che pesa "come un macigno" sulla sua famiglia, quel mondo in cui è attribuita più verità alle fiamme dell'inferno che alla natura circostante e agli uomini concreti che la abitano - tutto ciò suscita in lui solo una sensazione di soffocamento e accende un grande desiderio di fuga. Yehoshua anela ai pascoli, ai cavalli, ai giochi nei campi con i coetanei; alle letture della Bibbia preferisce le storie di ladri, briganti, soldati, vagabondi; ama usare sega e pialla nella bottega del falegname piuttosto che stare rinchiuso ore e ore a scuola, sottoposto alla dura disciplina dei maestri, e mal sopporta la tirannia del senso del peccato: "Qualsiasi cosa uno facesse era peccato. E ovviamente essere sfaccendati era peccato". Eppure, da questi irriverenti ricordi d'infanzia, che Singer ripercorre con la precisione e la brillantezza di una scrittura come sempre magistrale, traspare la nostalgia immedicabile per un mondo, quello dello shtetl, che ancor prima che il nazismo ne sancisse la definitiva cancellazione era già avviato al dissolvimento; di questo mondo, popolato da studenti di Talmud, macellai rituali, rabbini, artigiani, mendicanti, scaccini zoppi, maestri folli e scolari riottosi, Singer ci consegna un ritratto così vivido che ci pare di udirne le voci, di percepirne gli odori - e quasi saremmo tentati di scrollarcene di dosso la polvere.
"Ogni vita umana è come uno schiaffo del vento." Così cantava Maria Tanase, la grande interprete rumena che la dittatura volle censurare ma la cui voce non poté spegnere nel cuore della gente. Alla verità di queste parole, alla violenza di un secolo e ai suoi totalitarismi, alla propria esperienza di vita e di scrittura sono dedicati i saggi qui raccolti, che Herta Müller ha scritto nel corso degli ultimi anni e fra i quali è compreso anche il discorso pronunciato dalla scrittrice in occasione del conferimento del premio Nobel nel 2009. Alla lettura intensamente personale dell'opera di autori e artisti, da Elias Canetti al poeta e amico Oskar Pastior, da Emil Cioran a Maria Tanase e altri, si affiancano testi in cui il racconto su di sé è sempre anche l'accusa di ogni collaborazione all'abuso e alla violenza. Ed è nello stesso tempo un profondo scavo nel rapporto fra la percezione e la parola, dal quale sorge una poesia di così dura bellezza. Politica, raffinata riflessione letteraria e sulla scrittura, autobiografia: qui tutto nasce dal medesimo nervo, bruciante e scoperto. Poiché, come scrive l'autrice: "Io non devo una sola frase alla letteratura, bensì all'esperienza vissuta. A me stessa e soltanto a me, perché voglio poter dire quel che mi circonda".
Quattro pensionati - un giudice, un avvocato, un pubblico ministero e un boia - ammazzano il tempo inscenando i grandi processi della storia: a Socrate, Gesù, Dreyfus. Ma certo è più divertente quando alla sbarra finisce un imputato in carne e ossa: come Alfredo Traps, rappresentante di commercio, che il fato conduce un giorno alla villetta degli ex uomini di legge. La sua automobile ha avuto una panne lì vicino, ma lui non se ne rammarica, anzi: pregusta già il lato piccante della situazione. Si ritrova invece fra i quattro vegliardi, che gli illustrano il loro passatempo. L'ospite è spiacente: non ha commesso, ahimè, nessun delitto. Come aiutarli? Niente paura, lo rassicurano: "un crimine si finisce sempre per trovarlo". E se la colpa non viene alla luce, la si confeziona su misura: "bisogna confessare, che lo si voglia o no, c'è sempre qualcosa da confessare". Tra grandi abbuffate e abbondanti libagioni, il gioco si fa sempre più pericoloso, finché il piazzista si avvede d'essere non già un tipo banale, mosso solo da meschine aspirazioni di carriera e sesso, bensì un delinquente machiavellico, capace di usare la sua amante come un'arma infallibile contro il superiore cardiopatico.
Il fabbro Vakula è innamorato di Oksana, la ragazza più bella del villaggio di Dikan'ka, ed è determinato a sposarla. Il suo progetto viene però ostacolato dal diavolo in persona, che da tempo medita di vendicarsi di lui e di tutte le «frottole che ha messo in giro sui diavoli»: quatto quatto sale in cielo, ruba la luna e se la infila in tasca, mentre Dikan'ka cade nell'oscurità più nera. «La notte prima di Natale», pubblicato nel 1832 nella raccolta «Le veglie alla fattoria vicino a Dikan'ka» e qui proposto nella traduzione di Paolo Nori, è una prova magistrale dello stile di Gogol': come lo ha definito Nabokov, «qualcosa di ridicolo e di stellare al tempo stesso».
Da quando la sua amatissima moglie, Hazel Bannock, è stata barbaramente uccisa, Hector Cross non ha più pace. Uno solo dei due colpevoli è rimasto in vita: Johnny Congo, psicopatico violento, estorsore e assassino, responsabile dell’inferno in cui è piombato l’ex maggiore dei SAS. Ora che il criminale è stato assicurato alla giustizia, Hector lo vuole morto, e con lui il governo degli Stati Uniti. Congo è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza e conta i giorni che lo separano dall’esecuzione. Gli restano poche settimane, e vuole scappare; lo ha già fatto in passato, sa che può farlo di nuovo… Intanto, l’attività della Bannock sembra essere entrata nel mirino di un doppio attacco, dietro il quale si nascondono interessi ramificati e letali. Nel suo ruolo di responsabile della sicurezza della multinazionale, Hector si prepara a intervenire, accompagnato dalla sua squadra. Quello che sembrava un gioco da ragazzi si rivela però una missione che mette a dura prova Hector, costringendolo a fare i conti con i propri limiti fisici ed emotivi, proprio ora che uno spiraglio di luce tornava a illuminare la sua vita sentimentale. Ma Hector non ha intenzione di fermarsi prima di aver preso in trappola la sua preda...
"Ciò che affermo è che questa testimonianza, che viene dopo tante altre e che descrive un abominio del quale potremmo credere che nulla ci è ormai sconosciuto, è tuttavia differente, singolare, unica. (...) Il ragazzo che ci racconta qui la sua storia era un eletto di Dio. Non viveva dal risveglio della sua coscienza che per Dio, nutrito di Talmud, desideroso di essere iniziato alla Cabala, consacrato all'Eterno. Abbiamo mai pensato a questa conseguenza di un orrore meno visibile, meno impressionante di altri abomini, ma tuttavia la peggiore di tutte per noi che possediamo la fede: la morte di Dio in quell'anima di bambino che scopre tutto a un tratto il male assoluto?" (dalla Prefazione di F. Mauriac)
Quando ogni speranza sembra vana, un singolo gesto può cambiare il mondo. Ispirato alla storia vera di una donna che ha sacrificato tutto per salvare le vite innocenti dei bambini di Auschwitz. In una mattina come tante del 1943, Helene Hannemann si sta occupando dei suoi cinque bambini, quando la polizia tedesca irrompe in casa. La paura più oscura di Helene si realizza quando gli agenti, sotto diretto ordine delle SS, prelevano i bambini e suo marito, a causa della loro discendenza rom. Anche se è tedesca, Helene si rifiuta di essere separata dalla sua famiglia e decide di affrontare insieme ai suoi cari un destino che non avrebbe potuto immaginare nemmeno negli incubi più spaventosi. Dopo una terribile marcia attraverso il continente, Helene e la sua famiglia arrivano ad Auschwitz e si ritrovano negli orrori del campo di concentramento. Suo marito Johann viene portato via, ma lei riesce a rimanere insieme ai figli. E quando i nazisti scoprono che, oltre a essere tedesca, è anche un'infermiera specializzata, Helene viene destinata all'ospedale del campo, dove dovrà lavorare accanto allo spietato dottor Mengele. Fisicamente ed emotivamente provata, Helene diventerà un rifugio per i bambini di Auschwitz: con la sua vita darà una straordinaria prova di gentilezza e altruismo in grado di illuminare il momento più buio della storia dell'umanità.
Prima metà dell'Ottocento: nello sterminato Impero ottomano, che abbraccia "ventinove popoli, sei religioni, quattro razze, quaranta lingue e quattro climi diversi", la provincia d'Albania è in rivolta. A ottantadue anni il pascià Ali di Tepeleni ha deciso di sfidare il sultano. Vuole ricreare lo stato albanese, come ha fatto il grande Scanderbeg quattrocento anni prima di lui. Ma il suo popolo non sembra disposto a seguirlo... Intanto, nella capitale dell'Impero, la 'nicchia della vergogna' aspetta la testa mozzata di Ali, o quella dei generali che non saranno riusciti a sconfiggerlo. E il suo guardiano, il giovane Abdullah, a volte sogna di finire anche lui nella nicchia, ma è solo un sogno, perché Abdullah è un uomo docile che non si ribella mai, neanche contro se stesso. Ismail Kadaré ripercorre la storia della rivolta di Ali pascià trasformandola in una metafora degli orrori del Novecento: personaggi ed eventi reali s'intrecciano a spaventose fantasie come la "denazionalizzazione", il lento e metodico processo che permette di soffocare l'identità di un popolo, realizzato "in base all'antica dottrina segreta del cra-cra . Pubblicato per la prima volta in Italia, "La nicchia della vergogna" è romanzo visionario e affascinante, tra i più cupi di Kadaré, che tuttavia non rinuncia a gettare una debole luce di speranza nell'"immenso impasto grigio del cielo".
Quando Friedrich Amberg riacquista un barlume di coscienza, in una stanza d'ospedale, è come "un essere privo di personalità". Finché, di colpo, ricorda tutto: è il 1932, lui è un medico, e a gennaio aveva preso servizio a Morwede. Sì, ora ricorda: gli inquietanti segni premonitori durante il viaggio verso quella località della Vestfalia; l'arrivo nel villaggio, "oppresso dalla triste monotonia di quel paesaggio"; l'inatteso incontro con l'altera donna cui non aveva mai avuto il coraggio di dichiararsi; e il barone von Malchin, con il suo feroce, anacronistico legittimismo - e il suo visionario esperimento mediante quella che, un tempo, era nota come "Neve di San Pietro", capace di provocare uno stravolgimento del mondo.
Il motorino che si rompe, la pioggia che le sferza il viso, il freddo che s'insinua tra i vestiti: Sandra Sahlmann desidera soltanto tornare a casa. Ma, non appena apre la porta, si sente sprofondare in un incubo. Suo padre si è impiccato. In un attimo, il salotto brulica di paramedici e agenti di polizia, che si affrettano ad archiviare il caso come suicidio. Soltanto la giovane Olivia Rivera ha l'impressione che qualcosa non vada. Innanzitutto Bengt Sahlmann non ha lasciato neppure un biglietto, pur sapendo che sarebbe stata la figlia a trovarlo. Inoltre lavorava all'Agenzia delle Dogane, da dove è scomparsa una grossa partita di droga sequestrata a un trafficante. Possibile che Sahlmann fosse coinvolto nel furto? O forse stava per smascherare il colpevole e perciò è stato messo a tacere? Nonostante il parere contrario dei colleghi, Olivia è determinata a scoprire la verità. E, avanzando da sola lungo un cammino costellato di velate minacce e di persone sparite nel nulla, ben presto si renderà conto che la morte di Bengt Sahlmann è solo la punta di un iceberg immerso in un mare nero di verità inconfessabili...